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Il flusso della Legge - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:50

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Il flusso della Legge

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Shoji ichidaiji kechimyaku sho. È il titolo originale di uno dei Gosho più importanti di Nichiren Daishonin che in italiano viene chiamato L’eredità della Legge fondamentale di vita e morte, spiegato da Katsuji Saito al corso europeo tenutosi a Trets dal 18 al 23 agosto. La spiegazione integrale, durata sei ore, sarà pubblicata prossimamente, ma intanto i partecipanti al corso nazionale italiano hanno potuto averne una intensa sintesi, che ha catturato l’attenzione della sala per l’intera mattinata di sabato, dalla viva voce di due partecipanti: Anna Conti, vice responsabile nazionale della Divisione donne, e Andrea Bottai, vice direttore generale.
Proprio dalla spiegazione del titolo, la cui traduzione in una lingua occidentale non riesce mai a esprimerne compiutamente il significato, è partita Anna Conti.
Shoji = vita e morte (il ciclo che si ripete per l’eternità);
Ichidaiji = la cosa più importante;
Kechimyaku = letteralmente, vaso sanguigno, arteria, indica la corretta trasmissione della Legge dal Budda agli esseri viventi. Nichiren utilizza la metafora della circolazione sanguigna per indicare il flusso ininterrotto della trasmissione della Legge.
La traduzione italiana “eredità” in realtà è riduttiva in quanto non si tratta di un patrimonio che si può tenere per sé (come spesso si intende con “eredità”) ma di un flusso continuo da trasmettere da persona a persona.
Al tempo del Daishonin nella scuola Tendai a cui apparteneva originariamente il destinatario della lettera, il prete erudito Sairen-bo, era in corso un acceso dibattito proprio su cosa fosse questa “eredità” della Legge, il cui significato era gradualmente degenerato fino a corrispondere a un non meglio precisato insieme di fogli scritti, trasmessi segretamente soltanto ai propri figli o addirittura a chi era disposto a pagare per riceverli.
Ma cos’è in realtà l’eredità della Legge? È proprio per rispondere a questa domada cruciale di Sairen-bo, appena convertito ai suoi insegnamenti, che Nichiren Daishonin scrive questo Gosho.
La sua risposta è lapidaria: ciò che si riceve o meglio si trasmette è la Legge di Myoho-renge-kyo. O, per meglio dire, ha spiegato Andrea Bottai, poiché la Legge di per sè è connaturata in ogni persona, l’oggetto della trasmissione è la missione di propagare la Legge a tutti gli esseri viventi. È la missione che nella Cerimonia nell’aria del Sutra del Loto il Budda Shakyamuni affidò ai Bodhisattva della Terra e che concretamente ogni discepolo di Nichiren sta portando avanti nel momento in cui fa conoscere Nam-myoho-renge-kyo a un’altra persona.
Come si eredita correttamente questa Legge, in parole povere, come si fa a manifestare istantaneamente nella nostra vita, qui e adesso, la condizione vitale della Buddità che ci permette di cavalcare ogni difficoltà e sperimentare la massima realizzazione nella propria esistenza?
Tre sono i punti che devono caratterizzare il nostro atteggiamento, ha precisato Anna Conti sintetizzando i concetti fondamentali del Gosho che poi sono stati analizzati parola per parola:
1) Pregare con la convinzione che non esistono differenze tra il Budda, la Legge e noi esseri umani. Vale a dire che occorre ricercare dentro di noi la convinzione che abbiamo la natura di Budda e che sicuramente raggiungeremo la Buddità. Così dobbiano porci davanti al Gohonzon, recitando ogni volta Nam-myoho-renge-kyo con tutto noi stessi, come se fosse l’ultimo istante della nostra vita, desiderando di ottenere l’Illuminazione in quel preciso momento. «Quando si recita con questa convinzione – ha osservato Andrea Bottai – il risultato è simultaneo e nella nostra vita tutto inizia a cambiare molto velocemente».
2) Perseverare sempre, non smettere mai di praticare nei tre tempi. Se l’eredità della Legge consiste proprio in questo flusso continuo, dall’infinito passato all’infinito futuro, di trasmissione della legge cosmica da una persona all’altra, è ovvio che mantenere la fede sia la seconda condizione per conseguire la Buddità. Se i tre tempi sono contenuti nel momento presente, è nel momento presente che si creano le cause per smettere di praticare o perseverare.
3) La terza condizione riguarda non solo l’atteggiamento di ognuno davanti al Gohonzon ma il comportamento reciproco dei credenti. Per ereditare la Legge, conseguire la Buddità e realizzare kosen-rufu è indispensabile praticare in itai doshin, una condizione di unità che va ben oltre la somma delle singole capacità individuali.
E, per realizzare itai doshin occorre aprire il proprio cuore agli altri “gettando via” l’egocentrismo e l’arroganza di un cuore chiuso e preoccupato di difendersi contro tutto ciò che minaccia il proprio ego.
«Con itai doshin, “diversi corpi, stessa mente”, si possono realizzare le più difficili imprese, come il conseguimento della Buddità e la pace nel mondo, in quanto tale principio permette di armonizzare l’individualità del singolo con la forza del gruppo» ha fatto osservare Andrea Bottai commentando questo punto. La “stessa mente” che ognuno di noi dovrebbe coltivare è quella di Nichiren, il suo desiderio immenso e al tempo stesso semplicissimo: che ogni essere vivente, senza eccezione alcuna, possa realizzare un’esistenza felice. Dunque quando ci sono contrasti fra i membri non si tratta di trovare superficialmente la maniera di “mettersi d’accordo” bensì di elevare il proprio stato vitale fino a pecepire dentro di sé questo grande desiderio.
«Questa religione fa appello all’enorme forza della Legge – ha concluso Bottai – posseduta da ogni essere umano affinché la sua vita sia ricca, saggia e compassionevole».

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