Conosco il Buddismo da tutta la vita poiché i miei genitori praticano da molti anni, ma ho deciso di sperimentare la pratica seriamente, superando i miei dubbi, solo da qualche mese.
Uno dei principali motivi per i quali ho deciso di cominciare a recitare Nam-myoho-renge-kyo è stato il manifestarsi di alcune grandi insicurezze: la difficoltà nel relazionarmi con le persone, la mancanza di autostima, il continuo senso di inadeguatezza.
Ho deciso così di praticare con costanza ogni giorno e ho notato subito un miglioramento sia nella mia condizione vitale che nell’ambiente intorno a me: quando recitavo mi sentivo bene e serena.
Dopo un po’ di tempo, però, è successo un evento che mi ha fortemente destabilizzata. Di nuovo sono stata aggredita da un senso di isolamento, inadeguatezza: mi sentivo invisibile a chiunque, come se a nessuno importasse di me.
Ho istantaneamente provato un forte senso di delusione e ho subito messo in dubbio l’efficacia della pratica buddista. Nonostante ciò, ho sentito il desiderio di tornare davanti al Gohonzon con sincerità e fiducia.
Dopo aver fatto Daimoku ho deciso di condividere quelle mie sensazioni e dubbi con mio papà e lui mi ha incoraggiata dicendomi che recitare Daimoku non solo aiuta a placare le nostre sofferenze ma fa anche emergere quelle più profonde, perché solo in questo modo è possibile vederle, affrontarle e trasformarle. Le sue parole mi hanno portata a riflettere sul mio percorso.
Così quella situazione è diventata l’opportunità per capire che dietro alla mia insicurezza si nascondeva la paura di essere me stessa. Ho provato un forte senso di gratitudine per aver compreso questo punto fondamentale e ho deciso di continuare a praticare per vincere.
Successivamente si è verificato un altro episodio in cui sono riemerse tutte le mie sofferenze e insicurezze e sono arrivata nuovamente a mettere in discussione la mia fede nel Gohonzon e la possibilità di poter davvero incoraggiare gli altri. Ma ancora una volta, nonostante lo sconforto iniziale e il senso di oppressione, ho sentito il desiderio di mettermi a recitare Nam-myoho-renge-kyo per vincere sulla mia sofferenza.
Pensare di poter tornare davanti al Gohonzon mi dava fiducia e speranza. Così ho recitato un’ora di Daimoku con determinazione, e ancora una volta ho sentito il mio stato vitale alzarsi.
La mattina seguente non solo mi sono sentita in pace con me stessa, ma sono riuscita a vedere la mia situazione da una prospettiva più ampia: ero consapevole di quello che mi faceva soffrire e riuscivo a vedere il mio dolore, ma ero felice e sorridente.
Anche se le situazioni esterne apparentemente stavano facendo emergere le mie debolezze e la paura di non essere abbastanza, ho deciso di percepire il valore della mia vita davanti al Gohonzon e ho vinto.
Sono consapevole che si tratti di un percorso caratterizzato da alti e bassi e in costante evoluzione. Anche se queste sofferenze riemergeranno in futuro, sono convinta che riuscirò ogni volta a vincere in questa sfida e a trasformarle radicalmente, sentendomi totalmente a mio agio, perché ho nelle mie mani l’arma più potente e ho fiducia in essa. Essenziale è il legame con il mio maestro, Daisaku Ikeda: fin da piccola i miei genitori mi parlavano di lui e ricordo il suo volto sin dalla più tenera età.
È bellissimo come adesso io possa davvero percepire la sua saggezza, e di come le sue parole siano sempre incoraggianti e idonee per ogni tipo di situazione.
Ho sperimentato che recitare Nam-myoho-renge-kyo permette di fare la propria rivoluzione umana giorno dopo giorno, passo dopo passo.
Ho compreso che non può accadere niente di sbagliato nell’essere me stessa, ma soprattutto che non c’è niente di più bello dell’esserlo. C’è una frase di Nichiren Daishonin tratta dal Gosho Il generale tigre di pietra che mi ha dato molto coraggio: «“Più forte è la fede, maggiore è la protezione degli dèi”. Questo vuol dire che la protezione degli dèi dipende dalla forza della fede di una persona. Il Sutra del Loto è un’eccellente spada , ma la sua forza dipende da chi la impugna» (RSND, 1, 846).
Dopo mesi di pratica buddista, il 25 aprile sono diventata membro della Soka Gakkai. Una decisione che so che rivoluzionerà la mia vita.
Sono molto riconoscente per avere incontrato il Buddismo e sono fiera di avere la missione di condividerlo con più persone possibili. Ho fiducia che – tirando fuori davanti al Gohonzon la mia vera essenza, la mia Buddità – la mia luce interiore risplenderà anche intorno a me, rivelando che questa tumultuosa strada non è altro che la fioritura del mio bocciolo.
Una pagina dal Diario giovanile
di Daisaku Ikeda
25 giugno 1959, nuvoloso
«Sono stanco sia fisicamente sia mentalmente. Comunque mi sto sforzando di recitare Daimoku. Un quotidiano ha riportato la notizia secondo cui sono state chieste le dimissioni dei dirigenti del partito socialista.
I tempi cambiano da un momento all’altro. Mi chiedo se stiamo entrando in un periodo di conflitto sia per quanto riguarda la religione che la politica. Se è così, allora il Giappone corre un grave pericolo. Devo realizzare kosen-rufu al più presto possibile per salvare il nostro paese e il mondo intero.
Sempre di più, in questi giorni, sento nel profondo della mia vita la grandezza di Sensei. Devo diventare un leader onesto e capace, di cui ogni persona si può fidare. Per ripagare il debito di gratitudine che ho nei confronti del mio maestro, devo svilupparmi fino a diventare un leader pieno di compassione e di spirito giovanile».
(Diario giovanile, Esperia, pag. 742)