Per migliorare le condizioni del luogo in cui viviamo, a volte basta guardarsi intorno. Sorridere ai vicini di casa è apparentemente un piccolo gesto che può innescare una reazione a catena. Mauro ha verificato nel proprio condominio i valori del Buddismo
A Milano, dove vivo, sta sorgendo il nuovo Centro culturale Ikeda per la Pace e, finalmente, dal 9 al 29 marzo la nostra città ospita la mostra Senzatomica. Nel sostenere queste iniziative, mi sono domandato dove fosse la mia sfida, quella da affrontare nella mia quotidianità. Ho pensato che, proprio alla luce delle motivazioni alla base delle attività buddiste, il mio obiettivo avrebbe dovuto essere lottare contro la sfiducia nella società e portare speranza. Sì, ma da dove cominciare?
Daisaku Ikeda ci spinge costantemente ad agire dove siamo e a prenderci cura del vicinato. Così ho riflettuto sul fatto che proprio nel condominio nel quale vivo, dove ci sono tanti appartamenti, la situazione era piuttosto disastrosa. Avevamo problemi di manutenzione del palazzo, poco dialogo tra gli inquilini e un amministratore non molto presente. Inoltre, c’era un appartamento “misterioso” in cui abitavano un numero imprecisato di persone che noi altri inquilini del palazzo non riuscivamo quasi mai a incontrare. Tutto ciò aveva anche attirato l’attenzione della polizia, che un giorno venne alla ricerca di informazioni. La ciliegina sulla torta era che, nonostante i tanti appartamenti, non avevamo le cassette della posta. Per quanto possa sembrare banale, non avere le cassette della posta creava parecchio disagio a tutti, perché le lettere e tutta la corrispondenza, incluse le mie riviste buddiste, venivano lasciate nel cortile, praticamente per strada. Ho capito che questa era la sfida che avevo di fronte.
Ho cominciato a recitare Daimoku per la felicità di tutti gli inquilini – anche quelli dell’appartamento “misterioso” – e a fare shakubuku, impresa piuttosto facile, visto che le mie riviste buddiste venivano lasciate in cortile dal postino e molti inquilini rientrando a casa ci davano un’occhiata! Incrociando le persone sulle scale o davanti al portone, mi sono reso conto che quasi nessuno sorrideva e solo pochi erano inclini a scambiare qualche parola. Effettivamente non erano molti i motivi per sorridere, soprattutto se l’argomento erano le condizioni dello stabile, ma il punto fu che mi accorsi che io per primo non sorridevo! Così ho cominciato a farlo e a parlare con tutti gli inquilini che incrociavo, anche se magari ero di fretta! Ho compreso che il sorriso era la causa da porre, non l’effetto da aspettare. A volte la sfida più grande è fare le cose più semplici. Mi fermavo a parlare con varie persone che a loro volta sono diventate sempre più amichevoli e aperte. Una donna che aveva visto le mie riviste sul Buddismo e con la quale mi ero sforzato di creare un legame, un giorno, piena di gioia, mi regalò una statuetta di un Budda, un suo modo per esprimere apprezzamento. Alcuni mesi dopo quella donna morì. Capii che il momento di incoraggiare è sempre quello presente, mai il domani, perché come dice Nichiren, questa vita non è altro che un sogno. Recitai Daimoku con ancora più determinazione e coraggio e continuai con quelle semplici azioni, come fermarsi qualche minuto a parlare con le persone, salutare sempre calorosamente e qualche volta fare dei piccoli regalini ai miei vicini. Nel frattempo, una persona del quartiere che avevo avvicinato al Buddismo, anche se non nel mio palazzo, ricevette il Gohonzon. Lo vidi come il risultato dei passi avanti fatti con i miei vicini.
Quello che accadde, nel tempo, fu che noi inquilini sistemammo di nostra iniziativa alcuni problemi, l’amministratore si palesò per risolverne altri, l’appartamento “misterioso” fu abbandonato all’improvviso senza che ce ne accorgessimo e ora ci vive una famiglia. Ma soprattutto, sono state installate le cassette della posta e io devo… trovare un nuovo modo per fare shakubuku! La “mia prova concreta” è stata qualche tempo fa, quando una vicina, incontrandomi, ha detto: «Quando ti vedo, mi sento meglio». Penso che questo sia parte del nostro essere buddisti: le persone quando ci incontrano dovrebbero sentirsi meglio. Ho sentito in quel momento che il presidente Ikeda era al mio fianco e quanto ero grato di avere un maestro come lui.