“Libriamoci nel cielo immenso della nostra missione” è il titolo del corso che si è tenuto a Montecatini a fine agosto. Circa tremila partecipanti da tutta Italia hanno ricevuto incoraggiamenti sulla fede attraverso lo studio, sessioni di domanda e risposta ed esperienze
Unità e vittoria.
Unità fra i compagni di fede, sulla base del voto condiviso di maestro e discepolo, vittoria sulle difficoltà che, alla luce del Buddismo, diventano cause di sviluppo e crescita.
Nel suo intervento di apertura il direttore generale Nakajima è stato molto chiaro: «Bisogna creare unità. È un dovere, non è questione di “mi va” o “non mi va”». Dobbiamo avere una completa fiducia nelle persone e decidere che d’ora in poi non penseremo male di alcun praticante; è una decisione essenziale per riuscire a cambiare, se questa manca continueremo per sempre a guardare fuori di noi attribuendo la colpa agli altri, ma questo non è il Buddismo del Daishonin; chi si comporta così «sembra che stia lodando il sutra, ma in realtà uccide il cuore del sutra».
La responsabile europea delle donne e giovani donne, Suzanne Pritchard, ha invece spiegato attraverso il Gosho l’atteggiamento corretto di fronte alle difficoltà: «Possiamo comportarci come “lo stolto che indietreggia” o come “il saggio che si rallegra”» cioè raccogliere la sfida, riconoscere l’opportunità di trasformare il karma ed elevare la propria condizione vitale. La prima cosa da superare è la nostra fondamentale sfiducia. Combattere da soli, però, è difficile: per questo sono di vitale importanza i legami tra compagni di fede, la Soka Gakkai e il voto condiviso di maestro e discepolo. Le difficoltà esistono per essere trasformate in vittorie, in sviluppo dinamico; nessuna di esse è casuale, ma nell’ottica di kosen-rufu hanno tutte un profondo significato.
Non troveranno invece spazio in questo report gli altri temi del Corso estivo italiano perché sono già stati trattati nel numero scorso de Il Nuovo Rinascimento, a proposito del Corso europeo di studio, e molto più ampiamente verranno affrontati sul numero 173 (novembre-dicembre) di Buddismo e Società. Ma questo corso, il primo che si è tenuto dopo la revisione dell’articolo 2 di “Regole e regolamenti della Soka Gakkai” (vedi NR, 556, 8 e segg.), difficilmente avrebbe potuto tralasciarli.
Dal 28 novembre del 1991, quando la Nichiren Shoshu intimò alla Soka Gakkai di sciogliersi, il movimento di kosen-rufu guidato dal presidente Ikeda ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti. Secondo l’antropologo Nur Yalman, professore onorario dell’Università di Harvard, la Soka Gakkai si è sviluppata nel mondo grazie alla separazione dalla Nichiren Shoshu (cfr. Il Buddismo della gente, IBISG, 2013, pag. 18) e, in modo ancora più esplicito, Daisaku Ikeda ha proclamato il 18 novembre “giorno dell’indipendenza spirituale della Soka Gakkai e della SGI”, l’inizio di una nuova era di sviluppo senza precedenti per kosen-rufu.
Ventitré anni dopo, questa revisione chiude un ciclo per aprirne uno nuovo nel quale la SGI vedrà consolidarsi il suo ruolo di religione mondiale.
Ed ecco quindi gli argomenti trattati durante il corso: “Religione umanistica e religione autoritaria”, nel quale si esaminano le differenze fra l’interpretazione della dottrina e della pratica del Buddismo di Nichiren secondo il clero e quella della SGI, certamente più adatta ai tempi, ma allo stesso tempo più fedele e ortodossa; “Il Gohonzon per realizzare kosen-rufu”, per chiarire come non abbia dottrinalmente alcun senso considerare un singolo Gohonzon – quello iscritto il dodicesimo giorno del decimo mese del secondo anno di Koan (12 ottobre 1279) – quale supremo oggetto di culto senza il quale nessun altro Gohonzon avrebbe potere, e come invece sia dottrinalmente corretta la posizione della Soka Gakkai che non riconosce più la supremazia di un Gohonzon in particolare e – come insegna il Daishonin – considera il Gohonzon «il vessillo della propagazione del Sutra del Loto» (RSND, 1, 737).
A chiusura del corso Tamotsu Nakajima ha chiesto di continuare ad avanzare in unità con i compagni di fede e con il maestro, mantenendo la determinazione finché i nostri obiettivi non siano completamente realizzati. «Nel Gosho – ha affermato – c’è scritto che, quando ascoltiamo sinceramente, dentro di noi si risveglia l’ardore di fare, ma quanto dura? Possiamo mantenere questa passione che nasce dal Corso estivo almeno fino all’anno prossimo e realizzare gli obiettivi che ci siamo posti? È facile da dire, più difficile da fare, ma la cosa veramente difficile è continuare. Tutto quello che faremo da oggi in avanti dipende solo da noi».
Tutto questo, nella cornice di un entusiasmo contagioso dovuto in buona parte all’alta percentuale di partecipanti della Divisione giovani, oltre un terzo del totale: la prova concreta che il futuro di kosen-rufu in Italia non potrebbe essere in mani migliori.