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Il calore dell’umanesimo buddista - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:35

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Il calore dell’umanesimo buddista

Sara Falconi, Torino

Grazie alle attività nella Soka Gakkai, Sara è riuscita a costruire una base solida nel suo lavoro realizzando il sogno di dare il suo contribuito nell’ambito dei progetti di accoglienza dedicati ai migranti

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Grazie alle attività nella Soka Gakkai, Sara è riuscita a costruire una base solida nel suo lavoro realizzando il sogno di dare il suo contribuito nell’ambito dei progetti di accoglienza dedicati ai migranti

Ho ricevuto il Gohonzon nel 2013 e da subito fui colpita dalle persone che si dedicavano alla protezione del Centro culturale, così iniziai a fare attività byakuren, che è diventata la base della mia vita.
Come ci incoraggia Sensei ne La nuova rivoluzione umana: «Insegnamento originale vuol dire anche passare dal teorico al concreto, cioè dalle parole ai fatti. Invece di rimanere nell’ambito delle parole, facciamo del nostro meglio per ottenere qualcosa di concreto nella realtà. Questo rappresenta il passaggio da uno stato dove parliamo di determinazione e voto a uno in cui si dimostra la prova concreta della vittoria» (NRU, 24, 108).
Così, all’inizio del 2018, in un momento di difficoltà lavorativa in cui ero precaria, decisi di sfidarmi ogni settimana facendo un turno byakuren e la guida alla mostra di Senzatomica, (campagna di sensibilizzazione per l’abolizione delle armi nucleari), che era in corso a Torino.
Proprio in quel periodo ricevetti una proposta di lavoro per un progetto di accoglienza dedicato ai migranti, uno dei miei grandi desideri professionali.
Quello stesso anno ebbi l’opportunità di fare attività byakuren al corso europeo studenti a Francoforte e nello stesso periodo un mio caro amico al quale avevo parlato del Buddismo tempo prima, decise di ricevere il Gohonzon. Il corso a Francoforte fu un’esperienza potentissima. Eravamo giovani provenienti da ogni parte d’Europa, con lingue e culture diverse ma uniti tutti dallo stesso cuore e verso lo stesso obiettivo.
Come beneficio ulteriore di questo corso, proprio mentre ero lì mi arrivò la notizia che un’associazione di Torino aveva accettato la proposta di un progetto psicoeducativo sulla sessualità da me ideato e che desideravo concretizzare da sempre.
A novembre 2018 poi ho coronato il mio sogno di festeggiare i miei cinque anni di Gohonzon rinnovando il voto per kosen-rufu al Kosen-rufu Daiseido, in Giappone.
Tornata, mi specializzai con il massimo dei voti in psicoterapia e contemporaneamente venni contattata per un altro progetto che coniugava due delle mie passioni professionali: l’orientamento al lavoro e l’area migranti. L’obiettivo del progetto era concretizzare l’inserimento lavorativo per dieci richiedenti asilo.
Passavano i mesi e nulla sembrava muoversi per loro. Il mio senso di impotenza cresceva sempre di più perché sentivo di non riuscire a sostenerli concretamente nel migliorare la loro vita. Questo ovviamente andava a risvegliare il mio senso di inadeguatezza e la paura di non essere mai abbastanza.
Ogni giorno ho dovuto affrontare la diffidenza delle aziende del territorio nei confronti degli stranieri e allo stesso tempo la frustrazione e la delusione di queste persone che avevano e hanno il desiderio di lavorare e integrarsi nella nostra società.
A settembre 2019 decisi di fare un viaggio in Africa, precisamente in Ghana, dove ho avuto anche la possibilità di conoscere i compagni di fede ghanesi e ho partecipato a una riunione di lancio dell’attività di protezione, ancora poco presente in quelle zone. Ho avuto così modo di raccontare la mia esperienza alle giovani donne del posto che, entusiaste, stavano iniziando questa attività.
Ritornata da questo meraviglioso viaggio ho iniziato a recitare Daimoku con la decisione che avrei creato il massimo valore nel progetto per l’inserimento lavorativo dei migranti.
Il risultato è stato che sono riuscita a coinvolgere sette delle dieci aziende che hanno partecipato al progetto, e oggi cinque dei dieci ragazzi che seguivo hanno iniziato a lavorare (uno di loro a tempo indeterminato) e tutti gli altri sono in trattativa per iniziare a lavorare con contratto di tirocinio.
All’inizio di quest’anno, sapendo che a febbraio il mio contratto sarebbe scaduto, ho deciso di sfidarmi con tutto il cuore nel fare l’offerta per kosen-rufu e vincere così la paura della precarietà che mi attanagliava.
Anche se le prospettive non erano affatto positive, ero decisa a non essere sconfitta e a dare la prova concreta della pratica buddista. Di lì a poco sono stata chiamata dal presidente della cooperativa per essere aggiornata sulla mia situazione. Così mi è stato offerto un contratto a tempo indeterminato, in un ufficio vicino casa e con orari migliori.
Sono stata l’unica, fra tutti i miei colleghi, a ricevere questa proposta.
I “miei” ragazzi mi mancheranno tanto e per questo ho deciso che fino all’ultimo giorno continuerò a prendermi la massima cura di queste persone con l’obiettivo di lasciare loro la speranza e il calore dell’umanesimo buddista proprio come ci insegna il maestro Ikeda.
Ho inciso nel mio cuore queste parole di Sensei che ci incoraggia così: «Il percorso per conseguire la felicità e la Buddità in questa esistenza consiste, di fondo, nel lucidare il proprio carattere e manifestare la condizione vitale del Budda e del Bodhisattva che giace dentro di noi. È di vitale importanza costruire un io forte, vigoroso e imperturbabile come una montagna imponente. […] Se siamo in grado di stabilizzare uno stato vitale di felicità indistruttibile dipende dalla sincerità del nostro Daimoku e da quanto ci stiamo dando da fare per realizzare la pace nel mondo» (NRU, 24, 115).

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