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Il Buddismo a Cuba - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:32

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Il Buddismo a Cuba

Joannet Delgado, direttrice generale della SGI Cuba, racconta come ha scoperto il Buddismo di Nichiren Daishonin e della sua diffusione nel paese

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Joannet Delgado, direttrice generale della SGI Cuba, racconta come ha scoperto il Buddismo di Nichiren Daishonin e della sua diffusione nel paese

di Joannet Delgado, L’Avana

La mia famiglia conobbe il Buddismo nel 1974, l’anno in cui mia sorella sposò un membro della Soka Gakkai e ricevette il Gohonzon; in seguito si trasferì a Yokohama, in Giappone, dove partecipò alle attività della Soka Gakkai. Un giorno, durante un incontro della Divisione donne, raccontò come fosse cambiata la sua vita in quei sei anni di pratica buddista. Al meeting era presente anche la signora Kaneko Ikeda. Dopo l’incontro la signora Kaneko, venuta a conoscenza delle difficoltà economiche che mia sorella e la sua famiglia stavano affrontando, la incoraggiò calorosamente con queste parole: «Praticando il Buddismo con sincerità, svilupperai uno stato vitale che ti consentirà di viaggiare dal Giappone a Cuba e da Cuba al Giappone ogni volta che lo vorrai».
Circa una settimana dopo, presso la stessa sede, mia sorella incontrò il presidente Ikeda, il quale le disse di aver saputo da sua moglie che era una persona dal valore inestimabile, con un’importante missione. Questo forte incoraggiamento costituì la svolta nella vita di mia sorella. Determinata a propagare il Buddismo, ha cominciato a recitare con grande impegno e nel 1984 è riuscita a tornare a Cuba dopo dieci anni di assenza e ha parlato del Buddismo a nostra madre, che ne rimase così impressionata da decidere di iniziare a praticare, seguita da nostro padre a distanza di un anno.
Nel 1990, dopo avere superato le difficoltà economiche, mia sorella e suo marito ospitarono i nostri genitori in Giappone, dove poterono approfondire il Buddismo. All’epoca io non ne ero molto interessata. Mi ero laureata in biochimica all’Università dell’Avana, lavoravo come ricercatrice e non mi convinceva l’idea che fosse possibile trasformare qualunque cosa recitando Nam-myoho-renge-kyo, come sosteneva mia sorella.
In seguito mia madre mi chiese di tradurre in spagnolo alcuni libri di Buddismo scritti dal presidente Ikeda. Grazie a queste traduzioni scoprii di avere interesse per il Buddismo e a poco a poco capii quello che mia sorella aveva cercato di spiegarmi in merito alla filosofia della <Hpl:=rivoluzione umana. Decisi di iniziare a recitare Daimoku e il primo beneficio non tardò ad arrivare: nel 1993 riuscii a partecipare a una conferenza scientifica internazionale in Ecuador e la mia presentazione ebbe un grande successo. Tuttavia, la mia vera fortuna fu quella di incontrare lì i calorosi membri della SGI, uniti come una famiglia, e grazie a loro iniziai ad apprezzare più profondamente la Soka Gakkai.
Una volta tornata a Cuba parlai di Buddismo a molti miei colleghi. Pur essendoci il socialismo, nel nostro paese è garantita la libertà religiosa, tuttavia la maggior parte delle persone sono cristiane o praticanti di religioni indigene, per cui pochi erano interessati a una religione come il Buddismo.

La visita di Daisaku Ikeda a Cuba

Nel 1996 le relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti peggiorarono ulteriormente e nel mezzo di queste tensioni politiche accadde qualcosa di incredibile: il presidente Ikeda decise di venire a Cuba. La sua visita fu annunciata da tutti i media. La TV trasmise in diretta il suo arrivo in aeroporto, la lezione che tenne all’Università dell’Avana e la cerimonia durante la quale gli venne conferita l’onorificenza dell’Ordine Félix Varela di Primo Grado, la massima onorificenza della Repubblica di Cuba. Fu particolarmente sorprendente vedere il presidente Fidel Castro vestito in giacca e cravatta durante l’incontro con il presidente Ikeda. Mai lo avevamo visto indossare abiti diversi dalla divisa militare!
Nonostante i suoi numerosi impegni a Cuba, il presidente Ikeda riuscì a trovare il tempo per incoraggiare i membri della Soka Gakkai. Invitò i miei genitori all’hotel in cui alloggiava, li abbracciò incoraggiandoli calorosamente.
La visita di Ikeda durò solo tre giorni, ma riempì di speranza il cuore dei membri cubani sparsi in tutto il paese. Da quel momento la SGI cubana cominciò a prendere forma: passo dopo passo i nostri sforzi costanti miravano a ottenere la fiducia delle persone e a diffondere la filosofia buddista nel nostro paese comportandoci da cittadini esemplari.
Non era facile spostarsi per incontrare i membri. I trasporti pubblici erano molto limitati, spesso bisognava attendere delle ore prima di prendere un autobus. Per andare a incoraggiare i membri nelle aree più remote dell’isola bisognava noleggiare una macchina e non era affatto semplice, perciò recitavamo tanto Daimoku per questo obiettivo. Le auto a disposizione erano poche, si doveva negoziare a lungo prima di poter ottenere una macchina e, una volta che le trattative erano andate a buon fine, la sfruttavamo al massimo cercando di fare visita al maggior numero di membri possibile, spesso percorrendo oltre duemilacinquecento chilometri. Grazie ai nostri sforzi costanti, il 6 gennaio 2007, a dieci anni dalla visita del presidente Ikeda, la SGI Cuba è stata riconosciuta ufficialmente dal governo cubano come organizzazione religiosa.
Oggi, la filosofia di pace del Buddismo, è sempre più apprezzata nella società cubana. Nell’ottobre del 2015, ad esempio, siamo stati uno dei ventitré gruppi religiosi che hanno partecipato all‘Incontro internazionale per il dialogo interreligioso e la pace mondiale, tenutosi all’Avana, dove è stata presentata una mostra sull’abolizione delle armi nucleari, accolta con grande entusiasmo dal pubblico. Recentemente, nel corso di un dibattito sulle religioni nel Parlamento cubano, il presidente Raúl Castro ha usato parole di elogio nei confronti della SGI, riconoscendole un grande contributo alla stabilità e alla pace della nazione.
Quando sensei ha visitato Cuba nel 1996, eravamo appena sette famiglie, oggi siamo più di mille membri.
Amo il mio paese, mi piace la gente cubana che ama la musica e la danza, è allegra e gentile. Nel 2015 Cuba e gli Stati Uniti hanno ripreso le relazioni diplomatiche, e in questo momento cruciale per la nostra nazione, siamo determinati a fare del nostro meglio per condurre il nostro amato paese verso la pace e la felicità.

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Contro le armi nucleari

L’impegno per la pace e per il disarmo della SGI nel mondo nasce dalla storica dichiarazione che, l’8 settembre 1957, Josei Toda fece rivolgendosi a 50.000 giovani. Definendo le armi nucleari “il male assoluto” chiese ai suoi successori di impegnarsi per eliminarle dalla faccia della terra

Le armi nucleari minacciano il diritto dell’umanità alla sopravvivenza, perciò Toda era determinato a «strappare gli artigli celati nelle estreme profondità di simili ordigni» ed eliminare ogni concetto di sicurezza fondato sulla sofferenza e il sacrificio dei cittadini comuni.
«Se vogliamo lasciarci alle spalle l’era del terrore nucleare – scrive Daisaku Ikeda – dobbiamo combattere contro il vero “nemico”. Quel nemico non sono le armi nucleari di per sé, né gli Stati che le possiedono o le costruiscono. Il vero nemico da affrontare è il modo di pensare che giustifica le armi nucleari: l’essere pronti ad annientare gli altri qualora essi siano considerati una minaccia o un impedimento alla realizzazione dei propri interessi. Questo era il nemico al quale Josei Toda si riferiva quando parlava di recidere la minaccia profondamente nascosta nelle armi nucleari. […] Tutti noi possiamo parlare e agire in base al sentire comune a tutti gli esseri umani: il desiderio di vivere in pace e di proteggere le persone che amiamo, la ferma decisione di risparmiare sofferenze inutili ai bambini di tutto il mondo. È la passione dei giovani che diffonde la fiamma del coraggio nella società. Questo coraggio, trasmesso da una persona all’altra, può sgretolare i muri scoraggianti delle difficoltà e aprire l’orizzonte di una nuova era nella storia umana.
Basandomi sull’orgogliosa determinazione di rendere la lotta per l’abolizione delle armi nucleari il fondamento di un mondo senza guerra, e convinto che la partecipazione a questa impresa senza precedenti sia il dono più prezioso che possiamo offrire al futuro, chiamo tutte le persone di buona volontà a lavorare insieme per la realizzazione di un mondo finalmente libero dalla minaccia nucleare» (BS, 137, 2).

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