Pubblichiamo la seconda parte di un saggio inedito sui fatti di Osaka e sul significato del 3 luglio, in cui il presidente Ikeda scrive: «Il 3 luglio è un giorno che celebra per sempre lo spirito invincibile di maestro e discepolo uniti da una determinazione incrollabile e decisi a lottare fino in fondo». La prima parte del saggio è pubblicata su NR, 713
Membri del potente Kansai!
Creiamo la storia,
insieme,
voi e io,
sempre vittoriosi.
Il 3 luglio del 1957, la notizia che ero stato arrestato in base a false accuse – durante quello che in seguito fu denominato “l’incidente di Osaka”[ref]Il presidente Ikeda, allora responsabile di staff del Gruppo giovani della Soka Gakkai, fu arrestato e falsamente accusato di violazione delle leggi elettorali nelle elezioni di Osaka del 1957. Il processo ebbe inizio il 17 ottobre 1957 e terminò il 25 gennaio 1962, con la sua piena assoluzione.[/ref] – si propagò come un incendio in tutto il Kansai facendo infuriare i membri.
Allora come oggi, i membri del Kansai erano perfettamente uniti nello spirito di itai doshin (diversi corpi, stessa mente). Erano tutt’uno nello spirito, fino a ogni singola persona nella prima linea nell’organizzazione locale. È questo che li ha resi forti.
Quando vennero a sapere del mio arresto, i membri si riunirono spontaneamente nella sala del Gohonzon presso la sede centrale della Soka Gakkai di Osaka e iniziarono a recitare un potente Daimoku all’unisono. Tutti pregavano ardentemente per la mia sicurezza e perché la verità trionfasse, mettendo in pratica le parole di Nichiren Daishonin che avevano studiato insieme: «Sto pregando con tanta convinzione come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal terreno riarso affinché, nonostante questa sia un’epoca di disordini, il Sutra del Loto e le dieci fanciulle demoni proteggano ciascuno di voi» (Rimproverare l’offesa alla Legge e cancellare le colpe, RSND, 1, 395).
Non dimenticherò mai quei nobili membri del Kansai che condivisero con me gioie e sofferenze. Il loro ricordo continuerà a brillare nella profondità della mia vita, per l’eternità.
A Osaka, in piena estate, fui sottoposto a ripetuti abusi verbali durante gli interrogatori che si svolgevano in una stanza chiusa. Tuttavia, nella mia cella in prigione mi fu concesso di tenere una copia del Gosho. Leggendo delle grandi persecuzioni che il Daishonin aveva sopportato, la mia vicenda appariva insignificante.
Stavo seguendo la via di maestro e discepolo per la propagazione altruistica della Legge, proprio come avevano fatto i maestri Toda e Makiguchi prima di me. Era il nobile sentiero per “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese” che mi stavo impegnando ad aprire insieme ai miei amati compagni di fede. Non potevo, non volevo accettare la possibilità della sconfitta.
Era chiaro che le autorità miravano a coinvolgere Toda. Decisi quindi fermamente di fare io da scudo per impedire che toccassero in alcun modo il mio maestro.
Nel Sutra del Loto è scritto che coloro che propagano questo insegnamento nell’Ultimo giorno della Legge devono essere “pazienti” (cfr. SDL, 239) di fronte alle persecuzioni.
E il Daishonin, spiegando questo punto, afferma: «Ma ora Nichiren e i suoi seguaci, che recitano Nam-myoho-renge-kyo, pensano al Budda e al compito che questi gli ha affidato, e perciò reagiscono con pazienza» (cfr. La raccolta degli insegnamenti orali, BS 113, 50).
Finché ci impegniamo profondamente per adempiere il mandato del Budda di realizzare kosen-rufu, che è il cuore della lotta condivisa di maestro e discepolo, potremo sopportare qualsiasi cosa e vincere su ogni ostacolo.
Una sera, mentre gli aspri interrogatori proseguivano, fui condotto dal centro di detenzione a un edificio vicino che ospitava l’ufficio del procuratore distrettuale di Osaka. Con una palese violazione dei diritti umani fondamentali, fui condotto a sfilare in strada ammanettato. Quando il pesante cancello di ferro del centro di detenzione si aprì, scorsi un membro del Gruppo giovani di Tokyo che, soffocando le lacrime di rabbia, prima di venire sopraffatto dall’emozione riuscì a dire: «Il maestro Toda è preoccupato per lei».
Io gli risposi: «Sto bene. Sto tenendo duro. Per favore ditelo a Toda e portate i miei migliori saluti a tutti i membri. Dite loro di non preoccuparsi!». Dopo aver comunicato questo breve messaggio, ripresi la mia lotta con le autorità.
Quel giovane incise nella sua vita la lezione che kosen-rufu è una grande battaglia contro la natura demoniaca del potere che cerca di sfruttare gli altri, e in seguito diventò un coraggioso leader del nostro movimento nella prefettura di Saitama e nella regione del Kanto. Lo stesso spirito combattivo pieno di passione è stato ereditato dai nostri giovani di oggi.
Preoccupati per il mio stato, in quelle torride giornate di luglio molti membri si radunarono fuori dal centro di detenzione di Osaka.
I membri del Gruppo donne rimasero per ore davanti all’edificio sotto il sole cocente, mentre i giovani lanciavano sguardi furiosi verso le spesse mura del carcere. Alcuni piangevano lacrime amare.
Ricordai le parole che il Daishonin rivolse con gratitudine a un’anziana coppia che aveva rischiato la vita per aiutarlo a Sado: «Ambedue non avreste esitato a dare la vita per me, senza temere la punizione da parte degli ufficiali provinciali» (Lettera alla monaca laica di Ko, RSND, 1, 530).
Ogni membro manifestava il cuore intrepido di un re leone. Grazie ai legami tra i coraggiosi compagni di fede del “Kansai sempre vittorioso”, la Soka Gakkai non sarà mai sconfitta.
La propagazione del Sutra del Loto nell’epoca malvagia successiva alla morte di Shakyamuni viene definita come un’impresa incredibilmente difficile. Ma è proprio quando la lotta per diffondere la Legge si trova nella sua fase più impegnativa e critica che i Bodhisattva della Terra si fanno avanti con coraggio.
L’11 luglio, una settimana dopo il mio arresto, una responsabile del Gruppo donne recitava nella sala del Gohonzon della sede centrale della Soka Gakkai del Kansai. Davanti al Joju Gohonzon, che reca l’iscrizione “Prosperità della grande Legge e realizzazione di tutte le preghiere”, formulò il voto di fare del Kansai un’area che avrebbe sempre vinto, in ogni circostanza.
Il voto del Kansai di essere “sempre vittorioso” ebbe inizio da donne come lei.
I fatti di Osaka unirono i Bodhisattva della Terra di tutto il Giappone, che si alzarono e presero fermamente posizione insieme ai membri del Kansai.
Il 12 luglio, nell’Arena sportiva nazionale di Tokyo, a Kuramae, si tenne un raduno per protestare contro il mio arresto. Il maestro Toda denunciò con forza il comportamento arbitrario e prepotente delle autorità. Al raduno erano convenuti 40.000 membri dalle prefetture di Tokyo, Saitama, Kanagawa e Chiba, e l’arena era stracolma di persone. Era iniziata la controffensiva.
Prima di recarsi al raduno, Toda ricevette la visita di un uomo presso la sede centrale della Soka Gakkai, e si trattenne a parlare un po’ con lui. L’uomo era stato in prigione per motivi ideologici nello stesso periodo di Toda, presso il Centro di detenzione di Tokyo a Sugamo, durante la Seconda guerra mondiale. Dichiarando di non aver paura delle possibili persecuzioni, Toda disse al suo visitatore: «Adesso il mio discepolo è detenuto a Osaka e noi stasera terremo una manifestazione di protesta a Kuramae».
L’unità di maestro e discepolo, l’unità dei Bodhisattva della Terra, diventa più forte solo quando è messa alla prova dai venti impetuosi della persecuzione.
Quello storico giorno, il 12 luglio, oggi viene festeggiato come il Giorno della felicità e della vittoria del Gruppo donne della regione di Tokyo.
La mattina del 17 luglio, il giorno in cui era prevista la mia scarcerazione, dopo due settimane di detenzione, i membri della banda di ottoni si riunirono sulle rive del fiume Dojima e iniziarono a suonare le canzoni della Soka Gakkai, in modo che riuscissi a sentirli anche dalla mia cella.
Venni rilasciato poco dopo mezzogiorno. Le lacrime che scintillavano sui volti delle centinaia di membri che attendevano per salutarmi brillano ancora oggi nel mio cuore, come un ricordo prezioso e indimenticabile del mio amato Kansai.
Andai subito a incontrare il maestro Toda, che era giunto a Osaka, e quella sera stessa partecipammo insieme al raduno che si tenne nella Sala civica di Nakanoshima.
Quando ebbe inizio la riunione, alle sei del pomeriggio, il cielo limpido improvvisamente si annuvolò e iniziò una pioggia torrenziale, accompagnata da potenti tuoni. Era come se la giusta collera dei membri stesse rimproverando le autorità arroganti.
Circa 20.000 persone erano giunte da tutto il Kansai e da altre regioni del Giappone occidentale, fra cui il Chugoku, lo Shikoku e il Kyushu. La sala traboccava di membri che si erano riversati anche all’esterno. Nonostante il tempo orribile, nemmeno uno di loro se ne andò. Tutti rimasero decisi e fermi sotto la pioggia battente per l’intera durata della riunione.
Prima che prendessi la parola, Toda mi disse di fare un intervento breve, tenendo conto dell’imminente processo per i fatti di Osaka. Era un consiglio sensato e io lo seguii. Rivolgendomi ai presenti dissi: «Affrontiamo questo processo con la convinzione che l’insegnamento corretto del Buddismo e le persone che si sforzano tenacemente nella fede tenendo alto il vessillo del Gohonzon, ne usciranno sicuramente vittoriose». I membri risposero con un applauso scrosciante che sovrastò il fragore dei tuoni.
In seguito il maestro Toda mi disse: «I membri del Kansai si sono battuti magnificamente. Nemmeno uno di loro è rimasto indifferente alla notizia del tuo arresto. Hanno dato una meravigliosa prova di unità. Hanno recitato sinceramente, con il cuore colmo di legittima indignazione. Sono andati tra le persone e hanno fatto il massimo per rettificare le opinioni errate riguardo alla Soka Gakkai».
Poi aggiunse: «Il risultato è che la nostra organizzazione nel Kansai diventerà ancora più forte. I membri del Kansai hanno fatto un gigantesco balzo verso il conseguimento di uno stato vitale illimitato, traboccante di fortuna».
Il maestro Toda riponeva le sue aspettative per il futuro della Gakkai nella lotta condivisa che i membri del Kansai e io stavamo conducendo. Più infuriava la tempesta, più saremmo stati in grado di dispiegare le ali come discepoli che lottano al fianco del maestro, e di consentire al Kansai di librarsi nei cieli della vittoria eterna.
Il filosofo francese Voltaire (1694-1778) disse: «Quando cerchi di fare qualcosa di virtuoso, avrai sempre dei nemici […] L’invidia degli altri ti colpirà sicuramente».
E disse anche: «Le persecuzioni ignobili a cui sei stato sottoposto accresceranno la tua fama».
La storia dimostra che i paladini della libertà e dei diritti umani vengono inevitabilmente perseguitati dalle autorità tiranniche e corrotte.
Il premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel, attivista argentino per i diritti umani con il quale ho pubblicato un dialogo, fu arrestato e incarcerato per essersi battuto contro gli abusi della dittatura militare del paese. Era un periodo in cui chi osava opporsi alla dittatura veniva fatto semplicemente “scomparire”, cioè prelevato dalla propria abitazione e giustiziato, eliminato. Egli trascorse ogni giorno dei suoi quattordici mesi di carcere sotto costante minaccia di morte.
Un giorno improvvisamente lo caricarono su un aereo e sembrava che stessero per ucciderlo gettandolo dal velivolo. Ma all’ultimo minuto l’areo cambiò rotta e la sua vita venne risparmiata.
Alla fine, la dittatura militare non aveva più potuto ignorare l’insistenza instancabile dei molti sostenitori che chiedevano il suo rilascio.
Il desiderio popolare di pace e libertà diventò un’ondata possente che travolse la dittatura e così Pérez Esquivel fu liberato, fra gli applausi del mondo intero.
Alla fine la giustizia prevalse. Fu una vittoria della solidarietà popolare, un’ode allo spirito umano. Ripensando alle sue battaglie, Esquivel ha affermato: «La capacità dell’essere umano è straordinaria quando è diretta verso gli obiettivi del bene comune, della libertà e della pace».
Quattro anni dopo il mio discorso al raduno di Osaka, anch’io fui scagionato da ogni accusa legata a quei fatti. La prima udienza del processo ebbe luogo il 18 ottobre 1957 e le arringhe finali del pubblico ministero e della difesa furono pronunciate il 16 dicembre 1961. La sentenza fu emessa il 25 gennaio 1962.
In tutto c’erano state ottantaquattro sedute. Dopo una lunga e dura battaglia, la verità aveva vinto. Tutti noi avevamo vinto.
Nel corso della storia, quante persone innocenti sono state falsamente accusate e fatte soffrire? Una società che fa del male ai giusti e agli innocenti, che infligge sofferenza ai cittadini onesti e laboriosi, deve cambiare. Questo è lo scopo della nostra lotta per adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese.
Qual è il più grande orgoglio dei primi tre presidenti della Soka Gakkai?
È l’aver combattuto con tutte le forze contro la natura demoniaca dell’autorità, per proteggere la libertà e la felicità delle persone, e l’aver vinto.
Il Daishonin afferma: «Se maestro e discepolo non hanno la stessa mente, non realizzeranno nulla» (Fiori e frutti, RSND, 1, 808).
Il 3 luglio è un giorno che celebra per sempre lo spirito invincibile di maestro e discepolo, uniti da una determinazione incrollabile e decisi a lottare fino in fondo.
Impetuoso come la cascata,
instancabile come la cascata,
audace come la cascata,
allegro come la cascata,
fiero come la cascata.
Un uomo dovrebbe avere
il portamento di un re[ref]Vedi l’apertura del libro L’orgoglio di essere pilastri d’oro di kosen-rufu, Esperia.[/ref].
Questa è una poesia che scrissi mentre mi trovavo presso le Gole di Oirase, nella regione del Tohoku.
I miei amici del Gruppo uomini si stanno impegnando con valore nelle loro attività, dimostrandosi all’altezza di queste parole.
Quando penso a questa poesia mi torna in mente la scena dei miei coraggiosi compagni di fede del Kansai in piedi fuori dalla Sala civica di Nakanoshima, il giorno del raduno di Osaka, per chiedere giustizia sotto una pioggia torrenziale che si abbatteva su di loro con la potenza di una cascata. Erano tutti campioni sconosciuti dal “nobile portamento di un re”.
Come una cascata! Impetuosi, instancabili, audaci, allegri e fieri, ci battiamo come campioni, riportando una vittoria dopo l’altra. Insieme conquistiamo nuove e clamorose vittorie del nostro movimento di kosen-rufu, con gioia ed energia.
Vivete pienamente,
vincete assolutamente,
ottenendo senza dubbio
eterna buona fortuna
in questa esistenza.