Sono consapevole che tutti i nostri sforzi per avvicinarci alle persone e consentire loro di creare un legame con il Buddismo ci aiuteranno a manifestare il vero potenziale, nostro e loro: questo è il profondo scopo della vita che stavo cercando, la mia missione di Bodhisattva della Terra
Nel 2007, quando avevo ventidue anni, mi parlarono del Buddismo. Ero alla ricerca dello scopo della mia vita.
Ho ricevuto il Gohonzon alla fine di quell’anno e ho subito iniziato a impegnarmi nelle attività della Soka Gakkai. Sono profondamente grata per questo.
Durante l’estate del 2008 è emersa in me una profonda sofferenza che mi ha permesso di decidere di diventare felice, così ho riposto la mia fede nel Gohonzon per trasformare la mia sofferenza in gioia. Per la prima volta ho sentito la gioia di essere viva e in poche settimane ho costruito nuove fondamenta di speranza nella mia esistenza. Risultati concreti sono emersi evidenti e veloci e riuscivo a parlare con convinzione del Buddismo alle persone intorno a me.
Mia madre, con la quale vivevo, vedendo la mia trasformazione iniziò a praticare e ricevette il Gohonzon. Suo marito, che apprezzava i valori del Buddismo, iniziò a leggere La nuova rivoluzione umana.
Mi accorsi che a volte il mio entusiasmo nel condividere il Buddismo metteva a disagio le persone e generava fraintendimenti. Mantenni la determinazione di condividere la grandezza di questo insegnamento e studiai per approfondire come fare shakubuku.
Daisaku Ikeda scrive: «Parlare del Buddismo agli altri inizia dall’amicizia. Si può stabilire un vero dialogo solo quando si rispetta la persona di fronte a noi». Compresi che avrei dovuto ascoltare molto più di quanto parlavo, che avrei dovuto rispettare gli altri e le loro scelte e che voler risolvere i problemi delle persone senza condividere le loro sofferenze non consente loro di aprirsi, perché non si sentono comprese. Ispirata dagli incoraggiamenti quotidiani del mio maestro ho aperto sempre di più il mio cuore e, ascoltando sinceramente le persone, le cose cominciarono a cambiare.
Nel 2013 un cugino al quale avevo parlato anni prima del Buddismo mi chiamò per saperne di più e ricevette il Gohonzon qualche mese dopo. La stessa cosa con un altro cugino, che ricevette il Gohonzon nel 2015.
Ho continuato a parlare di Nam-myoho-renge-kyo ogni volta che potevo, considerando tutti come potenziali amici e facendo del mio meglio per condividere i valori buddisti attraverso il mio comportamento.
Un giorno un cliente, che era diventato un buon amico, stava attraversando un periodo duro, così gli parlai del Buddismo. Mi invitò a cena insieme alla sua fidanzata per saperne di più. Entrambi iniziarono a praticare e lui ricevette il Gohonzon qualche mese più tardi.
Adesso sono una preziosa risorsa nel gruppo e spesso offrono la loro casa per le riunioni.
Ho condiviso la Legge mistica anche con un altro cliente, malato di cancro. Ha trascorso l’ultima fase della sua vita recitando Daimoku e io ho pregato al suo capezzale il giorno prima che morisse. La moglie, colpita dal mio comportamento, mi ha chiamata e così ho avuto l’opportunità di sostenerla e trasmetterle quanto sia meraviglioso recitare Daimoku.
Nell’ottobre del 2016, superando molti ostacoli e l’opposizione di suo marito, una delle mie sorelle ha ricevuto il Gohonzon. Il marito alla fine le ha costruito il butsudan, il mobiletto che lo costudisce. Un altro amico e mia cognata hanno ricevuto il Gohonzon lo stesso giorno.
Nel novembre 2016 ho incontrato un ragazzo meraviglioso che è diventato il mio compagno e al nostro primo appuntamento gli ho parlato del Buddismo. Dopo aver recitato insieme Daimoku mi ha detto: «Abbiamo appena sperimentato qualcosa di favoloso, vero?».
Nel 2017 è diventato membro della SGI e responsabile di gruppo e mi sostiene tantissimo. Il suo migliore amico ha iniziato a praticare, suo cugino ha deciso di ricevere il Gohonzon a ottobre di quest’ anno, e sua sorella e il marito hanno iniziato a recitare Daimoku e a partecipare agli zadankai.
All’inizio del 2017, la figlia di tre anni di mia sorella si ammalò gravemente. Dovette essere operata d’urgenza e tutta la famiglia si unì per sostenerla. Mia madre, le mie due sorelle, mia cognata e io abbiamo recitato Daimoku di fronte agli altri membri della famiglia, incluso mio padre che era divorziato da mia madre da vent’anni.
L’operazione andò bene e fummo travolti dalla felicità! Con nostra grande sorpresa la “guerra fredda” tra mio padre e il compagno di mia madre cessò. La rabbia e l’avversione di sempre erano sparite, e la giornata si concluse con un commovente abbraccio tra loro.
Ciò che ho compreso con la mia esperienza è che le persone sono colpite dalla nostra sincerità e non dall’insistenza. Inoltre, ho imparato che nessun dialogo è vano e ogni seme che piantiamo germoglia di sicuro.
Sono anche consapevole che tutti i nostri sforzi per avvicinarci alle persone e consentire loro di creare un legame con il Buddismo ci aiuteranno a manifestare il vero potenziale, nostro e loro: questo è il profondo scopo della vita che stavo cercando, la mia missione di Bodhisattva della Terra.
Anche quest’anno ho deciso di impegnarmi in numerosi dialoghi, incoraggiata da queste parole di sensei: «Perché creiamo dialoghi con le persone intorno a noi? È per aiutarle a diventare felici. Toda spesso diceva che kosen-rufu inizia con un dialogo cuore a cuore, da una persona all’altra. Il Buddismo è una religione basata sul dialogo» (BS, 187, 48).
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