Con la forza dell’universo fra le mani, nessuna sofferenza, paura o malattia potrà fermarci. Come dice Nichiren Daishonin, raggiungere la Buddità significa comprendere che non c’è differenza tra la nostra vita e la vita del Budda
«Volere è potere» recita un famoso proverbio. Come un’equazione, la sua semplicità la rende quasi banale. Ma a chi non è accaduto almeno una volta di aver messo in discussione la veridicità del vecchio detto? Ci possono essere casi in cui l’equazione sembra non tornare, magari per un pelo, neanche se si impiegano tutte le forze.
Sul “volere” è facile trovarsi tutti d’accordo. Vorrei… diventare, riuscire, cambiare, realizzare, guarire, aiutare, incontrare, superare, vincere, risolvere. Ognuno possiede la sua infinita gamma dei vorrei, ma quando si arriva al “potere” a volte ci si arena. «Ce l’avrei fatta… se fosse dipeso da me, se fossi stato un po’ più fortunato, se avessi previsto questo, se non fosse accaduto quello, se avessi avuto più coraggio, più aiuti, più soldi» e chi più ne ha, più ne metta. Allora, sembra che il tasto dolente sia il “potere”. Che cosa si può fare per prendersi la rivincita e renderlo invece il tasto vincente? Da cosa dipende poter o non poter riuscire a realizzare qualcosa?
Nel Buddismo di Nichiren Daishonin di poteri se ne trovano ben quattro che, in azione all’unisono, mettono in grado le persone di raggiungere l’Illuminazione e di vedere realizzati i loro desideri, trasformando l’impossibile in possibile. Sarebbe a dire che chiunque, praticando il Buddismo, può far tornare davvero l’equazione sempre, superando i vari “se fossi” e i “se avessi”.
Il Daishonin afferma che raggiungere la Buddità significa comprendere che non c’è differenza tra la propria vita e la vita del Budda. Anche se possono sembrare diverse, in realtà sono entrambe la manifestazione di Nam-myoho-renge-kyo. Il principio dei quattro poteri serve proprio a comprendere questa identità e a poter trovare la forza inesauribile dell’universo nella profondità della vita.
«Siamo uniti al Gohonzon – afferma Josei Toda – grazie ai quattro poteri della fede e della pratica, della Legge e del Budda. I primi due sono propri dell’essere umano, mentre gli altri due appartengono al Gohonzon. Per noi è vitale comprendere come questi quattro poteri interagiscono tra di loro e quale risultato determinano» (Il Nuovo Rinascimento, n. 114, pag. 11).
Analizziamoli singolarmente. Il potere della fede significa credere che recitando Nam-myoho-renge-kyo si può trasformare qualsiasi sofferenza e sperimentare lo stato vitale della Buddità con tutti i suoi attributi di felicità, purezza, libertà, altruismo, saggezza, convinzione, coraggio e benevolenza. Significa porsi ogni giorno nuovi obiettivi, sogni e sfide e allenarsi a pregare con forza per realizzarle. Significa affidarsi al Daimoku con la speranza e la convinzione che dalla nostra vita scaturirà la soluzione migliore.
«Dobbiamo sviluppare un grande potere della fede – continua Josei Toda – e nutrire la massima convinzione nel Gohonzon, ma nonostante una forte fede, chi non sviluppa il potere della pratica non potrà godere appieno dei benefici derivanti dai poteri della Legge e del Budda» (Il Nuovo Rinascimento, n. 114, pag. 12).
Il potere della fede diventa azione concreta attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo per se stessi e per gli altri. Questo è il potere della pratica. Si può riflettere, leggere o documentarsi, ma è soltanto recitando Daimoku, dedicandosi all’attività buddista e dando il proprio contributo al movimento di kosen-rufu che si manifesta davvero questo potere.
Gli altri due poteri, quelli del Budda e della Legge sono contenuti nel Gohonzon e vi sono rappresentati anche graficamente. Infatti proprio al centro dell’Oggetto di culto il Daishonin ha iscritto Nam-myoho-renge-kyo (la Legge) e Nichiren (il Budda). Il potere del Budda indica l’illimitata compassione per l’intera umanità e la Legge mistica ha il potere di rendere capace ogni persona di raggiungere l’Illuminazione.
Nel Gosho si legge che: «Le pratiche di Shakyamuni e le virtù che ne derivarono sono tutte contenute nei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo. Se noi crediamo in questi cinque caratteri, ci saranno concessi naturalmente gli stessi benefici delle sue pratiche» (SND, 1, 232). Commentando questa frase nell’Esegesi sul vero oggetto di culto, il ventiseiesimo patriarca Nichikan Shonin afferma: «Questa frase sta a indicare i quattro poteri. “Se noi crediamo” rappresenta il potere della fede e quello della pratica; “questi cinque caratteri” sta per il potere della legge; “ci saranno concessi naturalmente” è il potere del Budda».
Nichikan Shonin paragona inoltre i quattro poteri a un fiore di loto che cresce in uno stagno. Il seme del loto è il potere della pratica, il fiore il potere della fede, l’acqua il potere della Legge e il sole il potere del Budda. Il seme crescerà nutrito dall’acqua della Legge e riscaldato dal sole del Budda, per rivelare lo splendido fiore della fede.
Le parole del Gosho non lasciano spazio all’incertezza, ogni persona ha a disposizione questi quattro poteri: per riuscire a farli funzionare è necessario comprendere come essi interagiscono tra di loro. «Il potere della nostra fede e il potere della nostra pratica fanno scaturire dal Gohonzon il potere del Budda e il potere della Legge. In altre parole, la nostra fede e la nostra pratica si manifestano come i poteri del Budda e della Legge» (NRU, 8, 59).
I poteri del Budda e della Legge sono eterni e assoluti, cioè in essi è racchiusa, senza limiti di tempo o di spazio, tutta la forza dell’universo. Si manifestano soltanto quando vengono richiamati dal potere della fede e della pratica, che sono insiti nell’essere umano e la loro forza e profondità dipendono dalla decisione, proprio come l’energia elettrica e l’acqua fluiscono costantemente nei cavi e nelle tubature delle nostre case, ma si vedono e vengono utilizzate solo quando si fa l’azione concreta di scattare l’interruttore o girare il rubinetto.
«Non conta ciò che abbiamo fatto in passato -– ci incoraggia Daisaku Ikeda –, quello che importa è cosa facciamo da questo momento in poi. Ogni cosa dipende da quanto è forte la fede, il più grande potere di cui gli uomini dispongano. Noi attiviamo il potere del Budda e quello della Legge, materializzati nel Gohonzon a seconda dei nostri poteri della fede e della pratica» (Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, ed. Esperia, pag. 171).
Ogni persona quindi può sperimentare l’infinito potere del Gohonzon e manifestare lo stato di Buddità dal momento in cui decide di sviluppare al massimo la sua fede e la sua pratica. A questo proposito Daisaku Ikeda ne I protagonisti del XXI secolo spiega che «Il presidente Toda era solito dire: “Ovviamente quando colpite una campana otterrete un suono enormemente differente a seconda che usiate uno stuzzicadenti, un bastoncino o un batacchio. La campana è la stessa, ma se la colpite con forza risuonerà potentemente, se la colpite debolmente risuonerà flebilmente. Lo stesso vale per il Gohonzon. Il beneficio che riceviamo dipende interamente dal potere della nostra fede e della nostra pratica”. Come indicano le espressioni “potere della fede” e “potere della pratica”, la fede è un tipo di forza o di energia. Più grande è la vostra convinzione che le vostre preghiere verranno esaudite – più forte, cioè, è la vostra fede – più efficacemente il Gohonzon (la Legge mistica) risponde alle vostre preghiere» (Protagonisti, 2, 37).
La campana può anche essere enorme, ma ogni volta che si usa lo stuzzicadenti il Gohonzon risponderà debolmente alle preghiere. Finché la fede e la pratica saranno deboli o incostanti gli esiti si manifesteranno in modo esattamente uguale. Ogni volta che si pensa “non funzionerà”, probabilmente il risultato desiderato tarderà ad arrivare o non arriverà affatto.
In questi casi il nemico più pericoloso siamo noi stessi, o meglio la nostra parte oscura, quella dominata da quella gabbia lucida e dorata chiamata mente, che nei momenti in cui diventa padrona porta a misurare gli effetti e le circostanze con il metro delle capacità personali, a convivere in modo rassegnato con gli aspetti più dolorosi del karma, a pensare che dipende da qualcun altro, a sentire solo i limiti della vita senza ricordare che quei confini li poniamo noi, a dare per persa una battaglia soltanto perché la soluzione tarda a manifestarsi, a considerare una malattia inguaribile, a pensare che qualcuno o qualcosa non cambierà mai, a ritenere che non meritiamo di realizzare i nostri sogni.
Non occorrono formule speciali o particolari predisposizioni per avere la potente e infinita forza dell’universo, ma semplicemente occorre ritrovare il desiderio di credere nel principio dei quattro poteri e decidere di impegnarsi al massimo ad approfondire la fede e a rafforzare la pratica. Allora, in quell’esatto istante, l’assoluto potere del Gohonzon scaturirà dalla vita con pari forza, proprio come una voce flebile, con l’aiuto di un megafono, diventerà tonante. Allora la preghiera non sarà più «debole consolazione ma convinzione forte e possente» (Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, pag. 61).
A questo proposito, Daisaku Ikeda spiega che: «Il Gohonzon è la manifestazione suprema della saggezza umana e della saggezza del Budda. Questo è il motivo per cui il potere del Budda e il potere della Legge sono proporzionali ai poteri della nostra fede e della nostra pratica. Se i poteri della fede e della pratica sono pari a cento, allora anche i poteri del Budda e della Legge che riusciremo a far emergere saranno pari a cento. Se sono pari a diecimila, produrremo un potere pari a diecimila» (Protagonisti, 2, 38).
Quando il desiderio è quello di manifestare la natura di Budda e di vincere, si troverà il tempo per recitare più Daimoku e renderlo forte come il ruggito del leone, per rideterminare gli obiettivi, per sfidarci a incoraggiare anche chi non ci sta proprio simpatico o chi non la pensa come noi, per studiare con più assiduità per dissipare dubbi e incertezze che minano la purezza della fede, per contribuire al massimo per mantenere l’unità nel proprio ambito di attività e per ripescare ciò che abbiamo scagliato negli angoli bui del cuore e affrontarlo di petto e fino in fondo.
Allora sentiremo che i quattro poteri stanno funzionando al massimo e che la nostra vita è davvero Nam-myoho-renge-kyo, proprio come spiega Ikeda nel Mondo del Gosho: «Quando crediamo nella Legge mistica e diventiamo una cosa sola con essa, il nostro io impermanente diventa eterno e un potere infinito sgorga dalla nostra esistenza finita. Come effetto diventiamo capaci di superare qualsiasi impedimento. Questo è lo scopo della fede» (Il Nuovo Rinascimento, n. 270, pag. 20).
In quel momento tutti gli sforzi dedicati alla fede e alla pratica saranno un ponte solido tra la riva della sofferenza e la riva del Budda. Basterà attraversarlo e, guardandoci indietro, non avremo più paura delle acque agitate.