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I musei d’arte Fuji, palazzi di bellezza - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:32

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I musei d’arte Fuji, palazzi di bellezza

Nel profondo, pace e cultura sono una cosa sola. L’arte e la cultura sono espressioni umane che liberano gli uomini. Ma l’arte deve appartenere a tutti, così come la bellezza, perché ambedue creano felicità

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Nel profondo, pace e cultura sono una cosa sola. L’arte e la cultura sono espressioni umane che liberano gli uomini. Ma l’arte deve appartenere a tutti, così come la bellezza, perché ambedue creano felicità

«Senza osare, e osare all’estremo, non c’è bellezza» scriveva il pittore francese Eugène Delacroix nel 1850. Quanto è vero! E non solo per la bellezza. Il coraggio, e un coraggio fuori dall’ordinario, è la forza che rende la nostra vita brillante e magnifica come un grande quadro. In quello stesso 1850, vedeva la luce in Russia un meraviglioso tributo artistico al coraggio di affrontare una poderosa tempesta: Ivan Aivazovsky, che Delacroix salutava come un grande maestro di paesaggi marini, completava infatti il suo intenso lavoro, la Nona Onda, che è esposto attualmente al Museo Fuji di Tokyo.
Ho avuto modo di vedere il quadro di recente, e mi ha toccato profondamente. Ho condensato le mie emozioni in una poesia che ho dedicato ai nostri membri. La mostra che comprende il dipinto di Aivazovsky è una degna celebrazione del ventesimo anniversario del Museo Fuji di Tokyo e vorrei ringraziare di cuore sia il Museo Statale Russo che ha prestato dei dipinti, sia tutti coloro che hanno lavorato a lungo per rendere possibile questa mostra.
Quando la Nona Onda venne in Giappone per la prima volta – ventisei anni or sono – una delle gallerie in cui fu esposta fu proprio il Museo Fuji, da me fondato a Shizuoka e che, sono felice di annunciarlo, celebra il suo trentesimo anniversario quest’anno.

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Avendo vissuto la Seconda guerra mondiale, dal momento in cui a diciannove anni ho incontrato per la prima volta il mio maestro Josei Toda, ho sempre creduto fermamente che il Giappone dovesse diventare una nazione di cultura. Solo la cultura, ne ero certo, ci avrebbe permesso di riprenderci dalla tragedia della guerra.
Il poeta tedesco Friedrich Hölderlin, che da giovane leggevo avidamente, scriveva: «L’arte avvicina la gente, e la unisce». L’arte ha il potere di promuovere la comprensione e l’amicizia, e per questo è una potente forza di pace.
I Musei d’Arte Fuji, che prendono il nome dalla più celebrata montagna del Giappone, il monte Fuji appunto, fino a oggi hanno avuto scambi con trenta diversi paesi e hanno ospitato circa sessanta mostre permettendo ai visitatori giapponesi di ammirare i più bei tesori d’arte di varie nazioni da tutto il mondo, mentre a loro volta le loro collezioni di opere giapponesi e occidentali sono state esposte in ben ventotto città di ventuno paesi, tra cui la Francia, l’Austria, il Brasile, la Cina e la Corea del Sud.
Condividere attivamente la bellezza stessa è una prova della nostra dedizione alla pace e dimostra la creazione di una cultura di pace, perché al più profondo livello pace e scambio di culture sono una sola cosa. Quando il conflitto e la violenza si moltiplicano, la cultura declina e la storia si muove verso l’oscurità e la distruzione. Credo fermamente, e ho sempre agito in base a questo credo, che gli scambi culturali rappresentino un’“arma” spirituale con cui affrontare il cerchio della brutalità e della negatività.

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L’umanità non deve arrendersi alla violenza, sotto nessuna forma. Come tutti sappiamo, l’11 settembre 2001 un attacco terroristico contro gli Stati Uniti ha scioccato il mondo. È stato un atto di indicibile barbarie.
In quel periodo, si stavano completando i preparativi per una mostra intitolata Muse, Madonne e Damigelle: 500 anni di immagini femminili tra Oriente e Occidente, programmata per il mese successivo. Si trattava di una mostra innovativa per celebrare una nuova epoca delle donne che comprendeva opere come Ritratto di sconosciuta (chiamata talvolta la Monna Lisa russa della Galleria Tretyakov) e circa 250 importanti dipinti provenienti da cinquantaquattro musei, tra i quali il Louvre e la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Dopo l’attacco terroristico, però, molti musei espressero preoccupazione perché sarebbe stato pericoloso inviare le opere d’arte in Giappone. Tutto questo accadeva un mese prima dell’inaugurazione della mostra. Molti nel mondo erano sopraffatti dalla pura disperazione e avvertivano l’arte e la cultura come impotenti e inutili di fronte alla violenza terrorista. Quella situazione era la quintessenza della perenne lotta che è in atto tra civiltà e barbarie.
Il terrorismo e la guerra tentano di controllare la gente dal di fuori, attraverso la forza militare o altre forme di violenza. All’opposto, l’arte e la cultura sono espressioni di umanità, che liberano le persone da dentro.
È stato grazie alla fede, alla passione e al coraggio di persone che amano l’arte e sono totalmente dedite alla missione di conservare, promuovere e fare tesoro della cultura che quella crisi si risolse fino a trasformarsi in una grande vittoria. Lo staff del Museo d’Arte Fuji di Tokyo mandò un invito incalzante a tutte le istituzioni che avrebbero imprestato le opere che diceva: «Proprio perché il male del terrorismo in questo momento della storia cerca di dividere i popoli, è cruciale perseverare con decisione nel nostro impegno per avvicinare il cuore degli uomini, trascendendo i confini nazionali e i patrimoni culturali!». Per di più, questa doveva essere una mostra sul tema della bellezza delle donne, le divine inviate di pace e di cultura.
Da tutto il mondo i musei hanno risposto a questo appello sincero con sentite manifestazioni di solidarietà. Peter Parenzan, direttore della Galleria della Collezione Imperiale di Mobili Antichi, che ha contribuito con dipinti come il magnifico Giovanna D’Arco (di artista ignoto), sostenne con convinzione che non si deve abbandonare la speranza di fronte all’intimidazione della violenza terrorista e che continui scambi tra culture rappresentano senz’altro l’unica via percorribile.
Pian piano, gli staff dei musei in ogni paese giunsero alle stesse conclusioni e la mostra fu inaugurata secondo i programmi. Fu davvero una dichiarazione di vittoria, un proclama che il potere della cultura è più forte della barbarie.

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La prima mostra tenuta al Museo d’arte Fuji di Tokyo, venti anni or sono (1983) era intitolata Capolavori dell’Arte Francese e comprendeva molte opere importanti, tra cui La Grecia sulle rovine di Missolonghi di Delacroix (Museo Statale di Bordeaux). La mostra non si sarebbe mai potuta realizzare senza il sostegno di un mio caro amico, lo storico d’arte francese René Huyghe, oggi scomparso.
Huyghe fu un paladino dell’arte e della cultura, e durante la Seconda guerra mondiale impedì che i maggiori tesori del Louvre cadessero nelle mani dei nazisti. Non scorderò mai il suo spirito indomito.
Nel febbraio 1993, visitai per la prima volta la Colombia, per presenziare, tra le altre cose, all’apertura della mostra Tesori d’arte giapponese del Museo d’Arte Fuji di Tokyo. Subito prima ero stato a Miami, in Florida, dove avevo ricevuto un messaggio urgente dall’ufficio del presidente colombiano che chiedeva se avessi realmente intenzione di visitare il paese come programmato. Una delle organizzazioni criminali della droga, infatti, aveva appena lanciato un attacco terrorista uccidendo molti innocenti e una conferenza internazionale che si sarebbe dovuta tenere in Colombia di lì a poco era stata annullata mentre molti giornalisti stranieri stavano lasciando il paese.
Anche a me fu consigliato di cancellare la visita, ma avevo un debito di gratitudine che ero fermamente deciso a ripagare; desideravo ringraziare per tutto il sostegno ricevuto dal popolo colombiano per la mostra I tesori d’oro della Colombia che si era tenuta tre anni prima al Museo d’Arte Fuji di Tokyo, quando erano stati ceduti in prestito molti importanti tesori nazionali, tra cui numerosi manufatti in oro e alcuni smeraldi tra i più preziosi del mondo. La mostra Tesori d’Arte giap-ponese era stata una dimostrazione della nostra amicizia.
Risposi allo staff del presidente, assicurando che avrei senz’altro visitato il paese come segno di solidarietà per i coraggiosi cittadini della Colombia.
Il presidente César Gaviria Trujillo, insieme alla moglie Ana Milena Muñoz e a molti colombiani, ci diede un caloroso benvenuto. Vera amicizia significa esserci quando gli amici hanno bisogno di voi. Questo è anche il segno distintivo di una persona civile.

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Lo scrittore russo Leone Tolstoj diceva: «Al momento in cui l’arte cessa di appartenere a tutti quanti e diventa proprietà di una ristretta élite benestante, cessa anche di essere un’importante attività umana e degenera in un divertimento banale». Quando inaugurai il Museo d’Arte Fuji a Shizuoka tre decenni fa, dissi: «Rendiamolo un museo che faccia la sua parte nel creare vera cultura fatta dalla gente e per la gente».
L’arte deve essere aperta e accessibile a tutti. Il primo presidente della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi sottolineava l’importanza del valore della bellezza perché lo considerava a disposizione di tutti gli esseri umani al fine di creare felicità. Per questo ho fondato i Musei d’arte Fuji, l’Associazione concertistica Min-On, e altre istituzioni culturali.
I primi musei vennero creati in Occidente come conseguenza della lotta per la democrazia; furono fondati per rendere l’arte, che un tempo era riservata a pochi eletti, fruibile a tutti, al pari della missione dei Musei d’Arte Fuji di Tokyo e di Shizuoka che è appunto quella di mettere l’arte a disposizione di tutti.
La via del trionfo di cultura e civiltà è la battaglia spirituale che mira a elevare la condizione vitale di tutti gli uomini allo stato di una salda dedizione alla pace che metterà fine a tutti gli atti barbarici di distruzione.
T.S. Eliot, il grande poeta del ventesimo secolo che studiò a Harvard e che fu fortemente attratto dal Buddismo, chiamava un errore molto diffuso il pensare che «la cultura possa essere preservata, estesa e sviluppata in assenza di religione». Brillanti intelletti in ogni epoca hanno cercato una religione universale che potesse divenire fondamento per una nuova civiltà dell’uomo. Il nostro magnifico movimento culturale di Soka offre proprio questa possibilità.
Le attività dei nostri coraggiosi membri della Divisione artisti continuano a brillare. È con profonda gratitudine che vorrei dedicare loro questi versi del grande poeta tedesco Friedrich von Schiller intitolati appunto Gli artisti:
«La dignità del genere umano è nelle vostre mani. / Proteggetela! / Perché con voi essa declina, e con voi si leva alta!»

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