Nel marzo del 1977 Shin’ichi Yamamoto visita Koriyama, nella prefettura di Fukushima. Durante la riunione di inaugurazione del centro culturale, loda profondamente i membri per i loro sforzi nell’agire ogni giorno per realizzare kosen-rufu. Incoraggia i responsabili a costruire solide radici di unità, ricercando sempre la relazione con il maestro.
Portando l’esempio del primo presidente, Tsunesaburo Makiguchi, Shin’ichi sottolinea l’importanza della pratica per sé e per gli altri: porre al centro una preghiera altruistica, rafforzare la forza vitale e aprirsi al dialogo con le persone senza temere nulla.
Tutto il capitolo è ricco di incoraggiamenti di Shin’ichi ai giovani e di esperienze dei membri della Soka Gakkai. Tra queste, viene riportata quella di due donne, Utae e Ai, che si dedicarono con tutto loro stesse a dialogare con quante più persone e famiglie possibile, ma che erano sconfortate perché non riuscivano a ottenere i risultati che desideravano…
«…Si sentivano terribilmente deluse da loro stesse per non essere state capaci di spiegare chiaramente il potere del meraviglioso Buddismo che praticavano e che desideravano trasmettere agli altri.
[…] Shin, il figlio di Utae [un bambino delle scuole elementari che la mamma si era portata con sé, n.d.r.], cominciò a fare i capricci per la stanchezza. Si sedettero tutti e tre ai bordi del campo. Osservando il grano maturo, Shin, forse perché affamato, disse a sua madre di volerne mangiare un po’. «No, non puoi» gli rispose. «Non è nostro». […] Shin guardò Utae risentito e scoppiò a piangere.
Utae aveva i nervi talmente tesi che poco dopo si ritrovò in lacrime e Ai, vedendo madre e figlio in questo stato, non poté fare a meno che mettersi a singhiozzare.
Una signora anziana che viveva nei paraggi e passava di là, vedendo loro tre che piangevano, chiese con sguardo inquisitorio: «Che cosa succede?». Non poteva certo ignorarli. Da tale domanda scaturì un dialogo buddista, che riaccese gli occhi e riportò la luce sul volto di Utae e Ai. La signora ascoltava e annuiva con enfasi alle loro parole. Successivamente decise di provare a praticare. Utae e Ai piansero nuovamente, ma questa volta di gioia» (NRU, 25, 63)
