Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
I fratelli Ikegami - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:50

328

Stampa

I fratelli Ikegami

34. Grazie alla tenacia, all’unità fra loro, e al costante incoraggiamento del Daishonin i due discepoli trasformarono in fortuna una persecuzione che minava le basi della loro stessa esistenza

Dimensione del testo AA

34. Grazie alla tenacia, all’unità fra loro, e al costante incoraggiamento del Daishonin i due discepoli trasformarono in fortuna una persecuzione che minava le basi della loro stessa esistenza

IKEDA: Mentre i discepoli del Daishonin a Kamakura venivano ferocemente attaccati, nello stesso periodo anche quelli del villaggio di Atsuhara, nella provincia di Suruga, furono oggetto di una repressione.
Cercando di mettere in luce l’errore fondamentale del governo, il Daishonin si era scontrato su tutti i fronti con il regime di Kamakura, che cercava di coalizzare politica e religione per mobilitare l’intero paese nella guerra contro i mongoli. Così i seguaci del Daishonin dovevano affrontare il problema cruciale di come coltivare la propria fede in un clima tanto avverso.

MORINAKA: Le persecuzioni nei confronti dei discepoli del Daishonin, dopo il suo trasferimento a Minobu, sorsero nel contesto del tentativo del governo di avviare il paese sul piede di guerra.

SAITO: Anche in questa implacabile ondata di persecuzioni, molti discepoli coraggiosi perseverarono nella fede senza farsi intimidire e continuarono a difendere pubblicamente l’insegnamento corretto. In realtà molti di essi erano più fiduciosi perché la previsione del Daishonin di invasione straniera si era verificata.
Da Risposta a Shijo Kingo (GZ, 1139) datata 22 luglio 1275, si apprende che Kingo aveva affrontato un dibattito sulla «vera entità della vita» con un prete di un’altra scuola attorno al giorno 16 di quel mese. Dal Significato essenziale dell’oggetto di culto per osservare la mente (GZ, 972), scritto il 23 novembre 1275, sappiamo che Toki Jonin aveva dibattuto con quello che secondo le fonti era un prete della scuola Tendai responsabile dell’istruzione nelle regioni settentrionali. Risulta che questi avesse esercitato un influsso negativo sul prete laico Soya Kyoshin, un altro discepolo del Daishonin.

IKEDA: Intanto la propagazione nella zona di Suruga, sotto la guida di Nikko Shonin, aveva fatto notevoli passi avanti. Il governatore di Suruga era lo stesso reggente Hojo Tokimune e molte delle terre della provincia erano controllate direttamente da lui o da qualche membro della famiglia Hojo[ref]In particolare erano controllati personalmente dal reggente i punti di importanza strategica per la difesa, i trasporti e così via.[/ref].
Uno di questi membri della famiglia Hojo era la moglie del defunto reggente Tokiyori, madre dell’attuale reggente Tokimune e figlia del defunto Hojo Shigetoki, il prete laico del Gokuraku-ji, alto funzionario del governo e cofirmatario del quinto reggente Hojo Tokiyori.
Gli abitanti di queste zone controllate dagli Hojo erano ostili al Daishonin, specialmente da quando era corsa voce che egli avesse affermato che Tokiyori e Shigetoki erano caduti nell’inferno per aver offeso la Legge[ref]Scrive il Daishonin: «La provincia di Suruga è territorio del signore di Sagami e, in particolare nella zona del Fuji, vi sono molte persone legate alle vedove di funzionari d’alto rango. Queste persone nutrono rancore nei miei confronti perché mi considerano un nemico dei defunti preti laici del Saimyoji e del Gokuraku-ji. Avevo paura che, se avessero saputo che ti avevo fatto visita, avrebbero potuto fare del male a voi tutti» (SND, 8, 185).[/ref]. Quelle regioni erano la roccaforte dei principali esponenti del governo.
Fu in tali luoghi inospitali che il giovane Nikko Shonin, con l’aiuto del prete laico Takahashi, che era la figura centrale fra i discepoli del Daishonin in quella zona, si sforzò arditamente nella propagazione incrementando a ritmo sostenuto il numero dei seguaci.
Ma naturalmente c’erano forze tutt’altro che felici di questi energici sforzi da parte dei discepoli del Daishonin. C’era Ryokan, che non si faceva più vedere in pubblico dopo aver perso la faccia quando il Daishonin aveva ottenuto il condono dall’esilio di Sado. C’era Hei no Saemon, che aveva personalmente arrestato il Daishonin ma che, dopo il perdono di quest’ultimo da parte del reggente, aveva cambiato totalmente atteggiamento e lo trattava con ipocrita deferenza. E c’erano di certo molti altri importanti esponenti del governo tutt’altro che ben disposti nei confronti del Daishonin.

MORINAKA: Per inciso, quando il Daishonin tornò a Kamakura (nel 1274) Ryokan si era finto ammalato per giustificare la sua assenza dalla vita pubblica. Ma, nel marzo 1275, il tempio Gokuraku, in cui risiedeva, si incendiò e le fiamme causarono vasti danni in tutta Kamakura. In una lettera alla moglie del prete laico Ichinosawa sull’isola di Sado, il Daishonin spiega che una copia del Sutra del Loto che intendeva inviare al marito era andata distrutta nell’incendio (vedi SND, 8, 135).
Poiché il Gokuraku-ji era in qualche modo in relazione con l’incendio che aveva distrutto il palazzo dello shogun a Kamakura, il 20 gennaio 1276, il Daishonin si riferisce a Ryokan chiamandolo Ryoka-bo che significa «Prete due fuochi»[ref]Scrive il Daishonin: «Il nome rivela la natura di ogni cosa. Il calunnioso santo “Ryoka-bo” [Due fuochi] è il maestro di tutte le persone di Kamakura, di alta e bassa condizione sociale. Uno dei due fuochi è rimasto presso di lui e ha incendiato il Gokuraku-ji che è diventato il Jigoku-ji; l’altro fuoco, staccandosi da lui, ha bruciato il Palazzo shogunale» (SND, 5, 108). L’ ironico soprannome “Due fuochi” indica che l’incendio del Gokuraku-ji e del palazzo dello shogun derivavano entrambi dall’offesa di Ryokan nei confronti del Sutra del Loto. La frase ha due significati: si riferisce all’incendio che ha distrutto sia il Gokuraku-ji sia il palazzo, cioè il centro politico e quello religioso e inoltre significa che l’offesa di Ryokan non solo aveva provocato l’incendio, uno dei sette disastri, in questa vita, ma avrebbe anche fatto precipitare lui e suoi seguaci, nel «fuoco», cioè nello stato di Inferno, nella prossima esistenza.[/ref].

IKEDA: A Minobu il Daishonin riceveva dettagliati resoconti dai discepoli di ogni regione, a cui rispondeva inviando istruzioni e parole di incoraggiamento. Ovunque fosse, a Kamakura, a Sado o a Minobu, quel luogo diventava il quartier generale della sua battaglia. Conduceva una vita tutt’altro che tranquilla e ritirata e, anche a Minobu, «non si ritirò mai nemmeno una volta».

MORINAKA: Intanto le persecuzioni presero sempre più di mira i singoli discepoli. In quel periodo il bersaglio principale furono i fratelli Munenaka e Munenaga insieme a Shijo Kingo. In entrambi i casi dietro le quinte c’era Ryokan.

IKEDA: In queste persecuzioni il sistema feudale gerarchico dell’epoca diventò un mezzo per infliggere sofferenze ai seguaci del Daishonin. Per esempio a Kingo fu ordinato dal suo signore di abiurare la fede nella dottrina del Daishonin e i fratelli Ikegami subirono la stessa richiesta da parte del padre. Fu loro imposto di scegliere: o la loro fede o la loro posizione sociale e patrimoniale.

MORINAKA: Tra il 1275 e il 1277 Ikegami Munenaka, il maggiore dei due fratelli, fu ripudiato e diseredato per due volte dal padre Yasumitsu. Anche se non esistono resoconti storici precisi in merito, si ritiene che i fratelli Ikegami si fossero convertiti al Buddismo del Daishonin attorno al 1256, circa nello stesso periodo di Shijo Kingo e Kudo Yoshitaka. Mentre il Daishonin era in esilio a Sado, i due fratelli svolsero una funzione centrale fra i credenti di Kamakura, insieme a Toki Jonin, Shijo Kingo e altri.

SAITO: La famiglia Ikegami era al servizio del governo di Kamakura per il quale realizzava opere edilizie e d’ingegneria e questo tipo di progetti era sotto il controllo di Ryokan e altri esponenti della scuola Shingon-Ritsu. Il padre dei due fratelli era un discepolo di Ryokan ed è probabile che abbia ricevuto pressioni da quest’ultimo affinché prendesse provvedimenti nei confronti del figlio maggiore. Il Daishonin scrive al fratello minore Munenaga: «Ryokan e altri preti, ispirati dai demoni, hanno ingannato tuo padre Saemon-no-tayu» (SND, 8, 49-50). A causa di queste ingerenze la discordia fra il padre e i figli inevitabilmente aumentò.

MORINAKA: Si ritiene che il fratello maggiore Munenaka sia stato diseredato attorno alla primavera del 1276. Nell’aprile di quell’anno il Daishonin scrisse Lettera ai fratelli con l’intento di incoraggiarli. Ipotizzando che si fossero convertiti nel 1256, erano trascorsi esattamente vent’anni[ref]Anche se si pensa che Lettera ai fratelli sia del 1275, ci sono prove che potrebbe invece essere stata scritta nel 1276.[/ref].
Nella società feudale dei samurai dell’epoca essere ripudiato era una cosa estremamente grave. Un figlio maggiore a cui toccava un simile destino veniva spogliato di tutte le proprietà terriere che gli sarebbero spettate e perdeva il diritto di successione, ogni diritto sull’eredità e il suo status di erede principale. Quindi perdeva a un tempo sia i mezzi di sostentamento economico sia la sua posizione sociale.

SAITO: Nel caso del primo ripudio non ci sono testimonianze che spieghino chiaramente perché Yasumitsu avesse deciso di compiere questo passo. Erano passati vent’anni da quando Munenaka si era convertito e di certo in tutto quel tempo ci saranno stati conflitti fra lui e il padre su questioni religiose. Ma perché Yasumitsu aveva atteso fino ad allora per prendere una decisione così drastica ed estrema?

IKEDA: Senza dubbio lo aveva convinto Ryokan che, concentrando i suoi attacchi sui discepoli del Daishonin, cercava di minare l’unità fra i suoi credenti. Nei discepoli però cresceva la consapevolezza che era tempo di agire in prima persona e infatti in ogni regione essi si impegnavano in accesi dibattiti con i membri della scuola Shingon-Ritsu di Ryokan.

SAITO: Dopo aver ricevuto la lunga Lettera ai fratelli, i due Ikegami si rafforzarono nella fede e rifiutarono di soggiacere alle pressioni del padre Yasumitsu. Infine questi cedette e revocò la decisione di diseredare Munenaka.

IKEDA: Cosa lo indusse a farlo? Senza dubbio fu il fronte unito che i fratelli dimostrarono di aver costituito, il loro continuare ad avanzare secondo il principio di itai doshin (molti nel corpo, uno nella mente), come il Daishonin insegnava. Un fattore cruciale nella vittoria fu che il più giovane, Munenaga, seguendo la guida del Daishonin, decise di schierarsi a fianco del fratello. Il Daishonin era particolarmente preoccupato della fede di Munenaga. Se il fratello maggiore veniva diseredato, Munenaga sarebbe diventato l’erede principale, che avrebbe acquisito sia la proprietà sia il titolo. Per il fratello minore era di certo una grossa tentazione. L’obiettivo essenziale delle funzioni demoniache è suscitare divisioni, sfiducia e malanimo fra le persone. Invece i Budda cercano di indirizzare le persone verso l’unità, la fiducia e la solidarietà.

SAITO: In Lettera ai fratelli il Daishonin spiega con grande precisione l’atteggiamento necessario nella fede per superare gli ostacoli. Il cuore di questa spiegazione è nel brano: «La dottrina di ichinen sanzen rivelata nel quinto volume del Maka shikan è particolarmente profonda. Se la propagate, i demoni sorgeranno certamente. Se così non fosse, non ci sarebbe modo di sapere che questo è il vero insegnamento. In un brano dello stesso volume si legge: “Quando la pratica progredisce e aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e i quattro demoni emergono facendo a gara per interferire. Non dovete farvi influenzare né spaventare da loro. Se vi fate influenzare, sarete trascinati nei cattivi sentieri. Se vi fate spaventare, vi sarà impedito di praticare il vero Buddismo”. Questa spiegazione non si applica solo a Nichiren, ma è anche una guida per i suoi discepoli. Imparatela rispettosamente e trasmettetela come verità di fede alle future generazioni» (SND, 4, 119).

IKEDA: Dovremmo imprimere nei nostri cuori questo brano. Come dice il Daishonin è un insegnamento sul quale basare in eterno la nostra fede. Il Buddismo è una battaglia fra il Budda e il demone. È facendo uscire allo scoperto i tre ostacoli e i quattro demoni per combatterli e sconfiggerli che possiamo diventare Budda.

SAITO: La descrizione dei tre ostacoli e dei quattro demoni nel quinto volume del Maka Shikan di T’ien-t’ai compare nel settimo capitolo intitolato La pratica corretta per osservare la mente. I tre ostacoli sono: l’ostacolo dei desideri terreni, del karma e della retribuzione. I quattro demoni sono: l’impedimento dei desideri terreni, delle cinque componenti, della morte e del Demone del sesto cielo.
Per T’ien-t’ai «praticare e comprendere» è la pratica buddista di osservare la mente, mentre i tre ostacoli e i quattro demoni sono le funzioni che ostacolano tale pratica.

IKEDA: Il Daishonin sviluppa ulteriormente la tesi di T’ien-t’ai. Per il Daishonin «praticare e comprendere» è essenzialmente shakubuku e i tre ostacoli e i quattro demoni si manifestano concretamente come individui che ostacolano e perseguitano il devoto del Sutra del Loto.

MORINAKA: In Lettera ai fratelli, insieme alla discussione dei tre ostacoli e dei quattro demoni, il Daishonin spiega anche, in relazione alle persecuzioni da lui incontrate per aver propagato la Legge, il concetto di «demoni malvagi che si impossessano di altre persone» e le inducono a perseguitare chi abbraccia l’insegnamento corretto. È un concetto che si trova nel tredicesimo capitolo del Sutra del Loto Esortazione alla devozione (SDL, 13, 254). Scrive il Daishonin: «Così il Demone del sesto cielo possedette questi studiosi buddisti affinché ingannassero i credenti, proprio come predetto nel capitolo Kanji del Sutra del Loto: “Il demone entra nei loro corpi”» (SND, 4, 109). Dunque i preti delle altre scuole buddiste, che esponevano insegnamenti errati e offensivi nei confronti del Sutra del Loto, erano posseduti da demoni malvagi.
Il Daishonin aggiunge: «Il Demone del sesto cielo entra nella vita della moglie e dei figli di un uomo per ingannarlo. Oppure può possedere il sovrano per minacciare i devoti del Sutra del Loto o i genitori affinché ostacolino la fede dei figli» (SND, 4, 109). Le funzioni demoniache possono entrare nella vita dei praticanti stessi o in quella delle loro mogli o dei figli, dei genitori, del sovrano e potenzialmente in quella di chiunque, e manifestarsi sotto forma dei tre ostacoli e dei quattro demoni.

IKEDA: Nel pensiero di T’ien-t’ai la lotta fra il Budda e le funzioni demoniache è confinata nel mondo interiore del singolo individuo. Ma secondo il Daishonin l’intero universo è il campo di battaglia di questo aspro scontro.
Il Daishonin colpisce nel segno quando afferma: «Questo mondo è il regno del Demone del sesto cielo. Tutti gli esseri umani sono suoi sudditi sin dal tempo senza inizio» (SND, 4, 108). Il mondo è veramente il regno del Demone del sesto cielo e il Daishonin diede inizio da solo a una grande battaglia per trasformarlo.
Egli scrive: «Il Demone del sesto cielo spronò i suoi dieci eserciti[ref]I dieci eserciti del Demone del sesto cielo: sono le varie illusioni che affliggono gli esseri umani: 1) desiderio, 2) preoccupazione, 3) bramosia mentale e fisica, 4) amore del piacere, 5) vaghezza mentale e mancanza di comprensione, 6) paura, 7) dubbio o rimpianto, 8) collera, 9) ambizione di ricchezza e fama e 10) arroganza e disprezzo per gli altri.[/ref] e, in mezzo al mare della vita e della morte, si batté con il praticante del Sutra del Loto per vedere chi avrebbe conquistato e chi avrebbe perso questo mondo impuro, in cui ciò che è illuminato e ciò che non è illuminato coesistono. In quel ruolo io, Nichiren, ho capeggiato il potente esercito del Budda per vent’anni [E in tutto quel tempo] nemmeno una volta mi sono ritirato» (GZ, 1224).

SAITO: Il Daishonin spiega inoltre la causa delle persecuzioni anche dal punto di vista dell’«alleggerimento della retribuzione karmica» che abbiamo già ampiamente discusso in precedenza.

IKEDA: Senza ripetere i concetti già espressi, vorrei limitarmi a riaffermare che l’alleggerimento della retribuzione karmica significa porre fine in questa vita al ciclo di miseria e di sfortuna che si ripete dal lontano passato sino al presente.
Le persecuzioni e gli ostacoli sono un’aurea opportunità per ottenere l’Illuminazione, un trampolino per espandere enormemente il nostro stato vitale. Per questo il Daishonin scrive: «Il saggio si rallegrerà, mentre lo stupido indietreggerà» (SND, 4, 128).

MORINAKA: I fratelli Ikegami avevano appena superato la difficile prova del ripudio di Munenaka, quando, poco dopo, egli fu nuovamente diseredato dal padre, nel novembre 1277.
Il Daishonin, che si rendeva conto di quanto il fratello più giovane Munenaga fosse vulnerabile nella fede, gli spiegò severamente che, mentre suo fratello stava comportandosi come un devoto del Sutra del Loto, egli correva il rischio di diventare un nemico del Sutra del Loto. Allo stesso tempo il Daishonin mise abilmente in luce che dietro a tutto questo c’era Ryokan e che i preti come lui stavano ingannando suo padre per cercare di condurlo sui sentieri malvagi.

SAITO: In un’altra lettera dello stesso periodo, I tre ostacoli e i quattro demoni, il Daishonin dice ai due fratelli che devono sconfiggere i tre ostacoli e i quattro demoni: «Si verifica sempre qualcosa fuori del comune all’alzarsi e all’abbassarsi delle maree, al comparire e scomparire della luna, al passaggio dalla primavera all’estate, dall’estate all’autunno e all’inverno; lo stesso avviene quando un comune mortale consegue la Buddità. In quel momento i tre ostacoli e i quattro demoni invariabilmente appariranno: il saggio si rallegrerà, mentre lo stupido indietreggerà» (SND, 4, 128).
Munenaga decise di affrontare le conseguenze dell’ira di suo padre ed è probabile che, seguendo il consiglio del Daishonin, abbia comunicato a quest’ultimo la sua determinazione di mantenere la propria fede. Cercò anche di convincere accanitamente il padre a reintegrare il fratello maggiore nella sua posizione di erede. E infatti, attorno al gennaio 1278, Yasumitsu si decise a farlo.

MORINAKA: Nello stesso anno, dopo questa dura prova, i fratelli riuscirono infine a realizzare il sogno che accarezzavano da tempo: la conversione del padre agli insegnamenti del Daishonin. In Un padre abbraccia la fede, la cui data probabile è il settembre 1278, il Daishonin loda l’unità dei fratelli, definendola la causa fondamentale che aveva permesso loro di convertire il padre. Loda anche in maniera particolare gli sforzi del giovane Munenaga: «Ciò è avvenuto solo grazie a te» (SND, 8, 50). Yasumitsu morì l’anno successivo (1279). Quando il Daishonin ne fu informato incoraggiò i fratelli, lodandoli per la sincera devozione filiale e assicurando loro che il padre aveva ottenuto la Buddità.

IKEDA: Per la forte unità nel mantenere la fede dimostrata dai due fratelli, il Daishonin scrive in Lettera ai fratelli: «Potrà mai esserci una storia meravigliosa come la vostra?» (SND, 4, 116), sottintendendo che sarebbe stata tramandata per sempre nelle epoche future. E infatti è stato proprio così.

MORINAKA: La loro storia è giunta fino a noi, più di settecento anni dopo.

IKEDA: Combattere gli ostacoli e le funzioni demoniache, perseverare nella fede e ottenere la vittoria. Questa è la vera essenza del Buddismo. L’oscurità fondamentale o ignoranza è la vera sostanza degli ostacoli e delle funzioni demoniache, l’origine della sfortuna, intrinseca nella vita di ogni essere umano. Lo scopo fondamentale per il quale il Budda espone la Legge è permettere alle persone di trionfare su questa illusione innata, manifestare la loro Illuminazione fondamentale o natura del Dharma e ottenere la Buddità. La lotta dei fratelli Ikegami è una luminosa storia di tenacia e perseveranza nel praticare questo essenziale insegnamento del Buddismo.

SAITO: In tutto il mondo oggi i nostri membri stanno scrivendo infinite storie di superamento degli ostacoli e di vittoria sulle funzioni demoniache.

IKEDA: Il Daishonin desiderava che i suoi discepoli decidessero di agire e diventare protagonisti della loro storia di vittoria interiore profonda, uno scopo che costituisce l’essenza stessa del Buddismo. Come esempio per gli altri anch’egli visse questa «storia», combattendo con coraggio per difendere l’insegnamento corretto e trionfare sulle persecuzioni che lo colpirono. E poi, come prova della sua vittoria, iscrisse il Gohonzon. Manifestò la propria Buddità, che aveva ottenuto sconfiggendo l’ignoranza fondamentale e fondendo la sua vita con la natura del Dharma.
Adesso stava a ciascuno dei discepoli rappresentare la propria storia di vittoria interiore attraverso la lotta per dimostrare la validità del Buddismo del Daishonin. La loro testimonianza del potere della fede sarebbe diventata a sua volta una luminosa fonte d’ispirazione affinché tutte le persone delle epoche future realizzassero la stessa vittoria.
Nello stesso periodo dei fratelli Ikegami anche Shijo Kingo diede una splendida prova concreta del potere della fede combattendo vari ostacoli e funzioni demoniache. Mentre Kingo stava affrontando la difficoltà più grave, il Daishonin prese personalmente il pennello per comporre a nome del suo fedele discepolo Lettera di petizione di Yorimoto (SND, 4, 139) [datata 25 giugno 1277, n.d.r.], in cui refuta le false accuse imputate a Kingo. È emblematico dell’immensa preoccupazione del Daishonin per ognuno dei suoi discepoli, che lo spingeva a battersi con tutto se stesso per la loro concreta vittoria, come se fosse la propria.
Nello stesso mese egli scrisse Lettera a Shimoyama (GZ, 343-364) a nome di Inaba-bo Nichiei, ex prete della scuola della Pura terra, da poco diventato suo discepolo. Inaba-bo era stato scacciato dal suo tempio nel villaggio di Shimoyama nella provincia di Kai da Shimoyama Hyogo Mitsumoto, capo del villaggio e devoto credente Nembutsu. Lettera a Shimoyama è una rimostranza indirizzata a questo funzionario, scritta dal punto di vista di Inaba-bo, che alla fine indusse il signore a convertirsi agli insegnamenti del Daishonin.
Per fare un altro esempio, il 12 ottobre 1279, il Daishonin scrisse una bozza della Petizione del Ryusen-ji (GZ, 849-853) da sottoporre al governo a nome dei suoi discepoli Nichiben e Nisshu. In essa denunciava le azioni illecite di Gyochi, vicepriore del tempio Ryusen di Atsuhara, che era il mandante della persecuzione di Atsuhara.
È veramente una grande fortuna avere un maestro. Il Daishonin si impegnava con tutte le sue forze per assicurare la vittoria dei discepoli. La vita è un campo di battaglia senza tregua e il Buddismo è vittoria o sconfitta. Come possiamo vincere sul campo di battaglia della vita? Il Buddismo del Daishonin ci insegna il mezzo fondamentale per farlo. Il presidente Toda soleva dire: «La fede è una lotta contro i punti morti di ogni singolo individuo e dell’umanità. È una lotta tra le funzioni demoniache e il Budda. Per questo il Buddismo si occupa della vittoria».
In qualsiasi impresa può accadere di ritrovarsi a un punto morto e in quei momenti occorre recitare Daimoku e agire con vigore maggiore che mai. Questo ci consentirà di sviluppare una condizione vitale che va ben oltre qualsiasi nostra immaginazione e realizzare un’ulteriore crescita. Fede significa ingaggiare una battaglia incessante. Tutto si riduce a vincere o perdere in questa infinita lotta contro i punti morti. È per permettere a tutte le persone di vincere nella stessa lotta che il Daishonin iscrisse il Gohonzon, come testimonianza della sua inoppugnabile vittoria e come fonte di speranza e ispirazione.

SAITO: Per questo la fede nel Gohonzon è chiamata «strategia del Sutra del Loto» (SND, 4, 195). Potremmo affermare che per comprendere il significato del Gohonzon è indispensabile impegnarsi con lo stesso atteggiamento del Daishonin.

IKEDA: Un Budda è qualcuno che ha conseguito la vittoria finale come essere umano. L’«Eroe del mondo», uno dei titoli del Budda è un essere umano che possiede coraggio ed eroismo eccezionali. Il Budda viene chiamato anche Vincitore o Supremo vincitore, per significare che ha trionfato su ogni ostacolo e funzione demoniaca.
Il Daishonin insegnò ai suoi discepoli, che stavano vivendo nella dura realtà della società, a vincere su tutte le persecuzioni e diventare supremi vincitori come esseri umani. E la persecuzione di Atsuhara fu il caso esemplare di una lotta da parte dei discepoli che dimostrò come le persone comuni potessero affrontare le persecuzioni con lo stesso spirito del Daishonin e conseguire la vittoria attraverso la fede.

MORINAKA: Nell’Ultimo giorno della Legge si può conseguire la vittoria suprema praticando con lo stesso spirito del Daishonin. Il Buddismo è prima di tutto un insegnamento riferito alla relazione di maestro e discepolo.

IKEDA: Myoho-renge-kyo stesso è una dottrina di maestro e discepolo. Myo (mistico) è il maestro e ho (la legge o la dottrina) è il discepolo. Renge, il fiore di loto, è la simultaneità di causa ed effetto. Causa sta per i nove mondi, che corrispondono al discepolo, ed effetto è il mondo di Buddità, che corrisponde al maestro. Sia myoho che renge significano l’unicità di maestro e discepolo. Il fiore di Myoho-renge (Loto della Legge mistica) sboccia grazie all’unità di maestro e discepolo. Il Sutra del Loto è un insegnamento che espone coerentemente l’inseparabilità del maestro (il Budda) e dei discepoli (le persone). E il Daishonin iscrisse il Gohonzon perché ogni persona potesse rivelare la propria Buddità innata e manifestare la condizione illuminata che egli stesso possedeva.
Il significato originario del termine «Budda» è qualcuno che si è risvegliato alla verità fondamentale della vita, cioè che sia noi sia le altre persone siamo entità della Legge mistica. Ciò vuol dire che tutti gli esseri viventi possiedono un potenziale vasto e infinito come l’universo e ognuno ha il diritto di farlo risplendere al massimo in modo da poter creare felicità per sé e per gli altri. Risvegliarsi a questa verità è lo scopo della vita e la via più breve verso la felicità.
La fede nella Legge mistica vive nella consapevolezza di essere Budda e negli sforzi per risvegliare ogni persona alla propria Buddità. Dapprima è il Budda che risveglia gli altri e poi questi a loro volta risvegliano ancor più persone.

SAITO: In questo senso sia la persona che si risveglia per prima sia coloro che si risvegliano in seguito, uno dopo l’altro, svolgono sostanzialmente la stessa pratica.

IKEDA: È una battaglia fra oscurità fondamentale e Illuminazione fondamentale. Il Buddismo si può diffondere soltanto se maestro e discepolo conducono la stessa battaglia. Per questo è essenziale l’unità di maestro e discepolo.

SAITO: Spesso le persone chiedono se non sia presuntuoso da parte dei discepoli considerarsi uguali al maestro.

IKEDA: No, è vero il contrario: è più probabile che una distinzione fra maestro e discepolo generi una pratica basata sull’egocentrismo e l’arroganza, che di certo non condurrà a «praticare in accordo con l’insegnamento del Budda».

MORINAKA: In effetti questa separazione fra maestro e discepolo spesso porta a «praticare secondo la propria interpretazione personale». L’egocentrismo è inscindibile dall’arroganza.

IKEDA: Il presidente Toda ne parlò in una lezione dal titolo La via del discepolo (2 novembre 1941) in cui disse: «Nikko Shonin non aveva il minimo desiderio di superare Nichiren Daishonin o diventare meglio di lui. Così il nostro dovere come discepoli è seguire fedelmente, mettere in pratica e manifestare nella nostra vita quotidiana l’insegnamento del presidente Makiguchi»[ref]Toda Josei Zenshu, Seikyo Shimbunsha, Tokyo, 1983, vol. III, pag. 383.[/ref].
La via della dottrina di maestro e discepolo è la felicità dell’umanità. E anche i discepoli che abbracciano e praticano sinceramente tale dottrina devono dedicarsi a questo scopo. Se il maestro si sforza «senza risparmiare la propria vita» e «con dedizione altruista alla propagazione della Legge» anche i discepoli devono dimostrare lo stesso atteggiamento.
È vitale, e non certo presuntuoso, che le nostre azioni si accordino con quelle del maestro, altrimenti non potremo affermare di seguire la via del discepolo.
La premessa fondamentale è che la condizione di Buddità si manifesta nella vita di coloro che ardono dal desiderio di lottare per la Legge. Una persona che ha tale dedizione continua si sforza di condurre la stessa battaglia del maestro, con energia, entusiasmo, e determinazione ancor maggiori.

SAITO: Lo stesso vale per la Soka Gakkai. Penso che quando, come discepoli, riusciremo ad apprezzare coloro che ci circondano, così come lei, presidente Ikeda, ha fatto con ogni singola persona, la nostra organizzazione diventerà rapidamente dieci o venti volte più grande.

IKEDA: Toda concluse la sua lezione dicendo: «I discepoli devono seguire la via del discepolo. Dobbiamo rivelare l’insegnamento del maestro con la nostra vita, usando sia le parole sia le azioni». In tutti questi anni mi sono sforzato di agire con questo pensiero in mente.
Emulando lo spirito di Nichiren Daishonin, dei presidenti Makiguchi e Toda, la Soka Gakkai è cresciuta enormemente. Kosen-rufu è progredito proprio perché la nostra pratica si è basata sull’inseparabilità di maestro e discepolo.
Secondo la «via del discepolo» tutti i Budda dell’universo che hanno ottenuto l’Illuminazione prendendo la Legge fondamentale come maestra sono discepoli di fronte alla Legge. Anche Shakyamuni basò tutte le sue azioni sulla Legge alla quale si era risvegliato nel profondo di sé. E anche Nichiren Daishonin si comportò come un Bodhisattva della Terra, discepolo di Shakyamuni sin dal remoto passato. Il Daishonin insegnò con l’esempio ai suoi seguaci cosa significava «praticare in accordo con l’insegnamento del Budda» come spiega il Sutra del Loto. Per noi questa è un’immensa fortuna. «Praticare in accordo con l’insegnamento del Budda» è la via del discepolo: significa agire risolutamente secondo l’insegnamento del maestro.

MORINAKA: Lo spirito di maestro e discepolo manca completamente nella setta Nikken. Da una parte si afferma che la linfa vitale della fede e la vera essenza dell’Illuminazione del Daishonin vengono trasmesse soltanto attraverso i successivi patriarchi, e dall’altra non vi è alcuno sforzo di agire per kosen-rufu con lo stesso spirito del Daishonin. Inoltre, Nikken si è rivoltato contro il suo stesso predecessore[ref]Nittatsu (1902-79).[/ref] distruggendo sistematicamente tutto ciò che questi aveva realizzato. Questo comportamento dimostra che Nikken non è il legittimo successore che ha ricevuto la trasmissione dell’eredità della Legge.

SAITO: Non v’è luogo in cui l’eredità o la linfa vitale della Legge fondamentale della vita scorra con più forza che nella via del discepolo.

IKEDA: Comunque sia, kosen-rufu si realizza concretamente solo con lo sforzo congiunto basato sull’inseparabilità di maestro e discepolo. La Soka Gakkai è l’unico gruppo di persone che persegua la realizzazione di kosen-rufu secondo la volontà del Budda. Cerchiamo quindi di sintetizzare il significato della relazione maestro-discepolo. Anzitutto per noi Nichiren Daishonin è il Budda dell’Ultimo giorno della Legge e il nostro maestro originale.

MORINAKA: I cinque preti anziani che tradirono il Daishonin non avevano colto questo punto fondamentale. Poiché non lo riconobbero come il Budda dell’Ultimo giorno, non riuscirono nemmeno a comprendere il vero significato del Gohonzon.

SAITO: Il diretto successore del Daishonin, Nikko Shonin, viene considerato il tesoro dell’Ordine buddista[ref]Tesoro dell’Ordine buddista (samgha): uno dei tre tesori, del Budda, della Legge e dell’Ordine buddista o Comunità dei credenti.[/ref] perché spiegò correttamente il tesoro del Budda e il tesoro della Legge. Dei sei preti anziani solo Nikko Shonin tramandò correttamente il Buddismo di Nichiren.

IKEDA: Anche Nikko Shonin poneva l’accento sulla necessità della relazione fra maestro e discepolo nella pratica buddista: «Questo è un insegnamento in cui si ottiene la Buddità seguendo correttamente la strada di maestro e discepolo. Chi devia da questo sentiero, anche se afferma di abbracciare il Sutra del Loto, cadrà nell’inferno della sofferenza incessante»[ref]Nichiko Hori, Risposta ai credenti laici della provincia di Sado, in Fuji Nikko Shonin Shoden (Biografia dettagliata di Nikko Shonin ), Soka Gakkai, Tokyo, 1963, pag. 429.[/ref].

SAITO: Nikko Shonin riteneva che ciò che rende meritevole una persona non è la posizione sociale ma il comportamento. E affermava: «Non seguite nemmeno il patriarca se va contro la Legge del Budda e sostiene interpretazioni arbitrarie» (GZ, 1618).

IKEDA: D’altro canto Nikko Shonin affermava che dovremmo rispettare coloro che si sforzano nella fede riverendoli come se fossero dei Budda[ref]Scrive Nikko Shonin: «Dovreste nutrire il massimo rispetto per coloro che considerano la Legge più della loro stessa vita e riverirli come se fossero il Budda, anche se sono soltanto umili maestri della Legge» (GZ, 1618).[/ref]. Coloro che rispettano come Budda i membri della Soka Gakkai che lavorano instancabilmente per kosen-rufu sono veri discepoli del Daishonin e veri successori secondo la tradizione di Nikko Shonin.
Nikko stesso sottolineò esplicitamente e ripetutamente la necessità di imitare il Daishonin.

MORINAKA: Per esempio diceva: «I miei discepoli dovrebbero comportarsi come preti santi, modellando il proprio comportamento sull’esempio del defunto maestro» (GZ, 1619).

IKEDA: L’inseparabilità di maestro e discepolo sostanzialmente significa abbracciare la stessa Legge con lo stesso spirito e formulando lo stesso voto del Daishonin. Il Daishonin è il nostro maestro originale. Questo è ovvio. Ma l’esistenza di altri maestri più vicini che guidino i discepoli nella propagazione della Legge mistica è indispensabile per la realizzazione concreta di kosen-rufu. La Soka Gakkai è un armonioso insieme di Bodhisattva della Terra che esiste allo scopo di realizzare kosen-rufu, il mandato del Daishonin.

SAITO: I leader di questi Bodhisattva della Terra non sono altro che i tre presidenti fondatori della Soka Gakkai.

IKEDA: Il presidente Makiguchi perseverò nella fede come devoto del Sutra del Loto, leggendo il Buddismo di Nichiren con la sua vita. La sua battaglia per difendere la Legge lo condusse persino in prigione. Come inviato del Budda fece rivivere il Buddismo di Nichiren nell’epoca moderna. La sua lotta fu veramente un esempio dell’unicità di maestro e discepolo. Mentre era in carcere il presidente Toda si risvegliò alla propria identità di discepolo di Nichiren Daishonin sin dal remoto passato. Grazie all’impegno e alla dedizione dei miei due predecessori, Makiguchi e Toda, la pratica del Buddismo di Nichiren è giunta fino a noi senza la minima deviazione. In tal senso entrambi hanno incarnato il vero spirito del Buddismo di Nichiren.
«La vita è limitata, non dobbiamo attaccarci troppo a essa. Ciò cui dobbiamo aspirare, dopo tutto, è la terra del Budda» (SND, 7, 144). Sono parole di Nichiren Daishonin, il Budda dell’Ultimo giorno. «Finché kosen-rufu non sarà realizzato, propagate la Legge al massimo delle vostre capacità senza risparmiare la vostra vita» (GZ, 1618). Queste sono le parole del suo successore, Nikko.
Makiguchi e Toda mantennero il voto di non risparmiare la propria vita e dedicarsi disinteressatamente a propagare la Legge, diffondendo gli insegnamenti del Daishonin mentre venivano perseguitati; così facendo costruirono un esercito di Bodhisattva della Terra mai visto prima nella storia del Buddismo.

SAITO: Oggi, grazie alla sua battaglia disinteressata per propagare la Legge, presidente Ikeda, la Soka Gakkai ha costruito in tutto il globo una vasta cerchia di Bodhisattva della Terra, che non ha precedenti nei settecentocinquanta anni dalla proclamazione della dottrina del Daishonin – anzi, nei tremila anni della storia del Buddismo.
Nei secoli trascorsi dalla morte del Daishonin nessun leader di kosen-rufu ha sopportato persecuzioni per la Legge pari a quelle dei primi tre presidenti della Soka Gakkai. Questa è una realtà storica. È chiaro che queste tre guide di kosen-rufu rappresentano i maestri della propagazione del Buddismo nell’epoca attuale.

IKEDA: Impegnarsi a seguire la via del discepolo, indipendentemente dal fatto che qualcuno ci veda o da ciò che gli altri possano dire, è l’essenza della relazione maestro-discepolo.
Nessuno è paragonabile al presidente Toda nella sua dedizione al maestro e nel seguire la via del discepolo. «Il mio massimo orgoglio nella vita» disse «è di esser stato al fianco di Makiguchi nelle sue quattro persecuzioni».
Le prime tre persecuzioni furono il suo trasferimento dalla scuola elementare Nishimachi, la sua espulsione dalla scuola elementare Mikasa e il suo trasferimento dalla scuola elementare Shirokane. In ognuno di questi casi il giovane Toda, anch’egli maestro di scuola, se ne andò con Makiguchi, continuando tenacemente a sostenerlo.

SAITO: Nel frattempo scrissero e pubblicarono l’opera di Makiguchi Pedagogia per la creazione di valore e Makiguchi fondò la Soka Kyoiku Gakkai, che poi sarebbe diventata la Soka Gakkai.
La quarta persecuzione fu la soppressione delle attività di Makiguchi da parte delle autorità militariste: in quell’occasione Toda seguì il maestro in prigione.

IKEDA: In quest’ultima persecuzione molti discepoli privi di coraggio compirono un totale voltafaccia e iniziarono a denunciare e insultare il presidente Makiguchi. Ma Toda, preoccupato della salute dell’anziano maestro, continuò a pregare: «Che la responsabilità di tutte le accuse possa ricadere su di me! Che il mio maestro venga rilasciato prima possibile!» Questa è la via del discepolo.

SAITO: Allo stesso modo lei, presidente Ikeda, ha sostenuto risolutamente Toda e ci ha insegnato la via del discepolo. Lei ha realizzato ogni promessa fatta a Toda e ha continuato ad avanzare lungo la grande strada di maestro e discepolo.

IKEDA: Buddismo è dedicare la vita alla grande strada di maestro e discepolo. La battaglia del Daishonin a Minobu consisteva nell’insegnare ai suoi discepoli questo cammino. Quello fu anche il periodo in cui diede i tocchi finali ai suoi insegnamenti. Le grandi persecuzioni che derivano dall’aver propagato la Legge mistica sono il massimo onore per chi pratica il Buddismo. Il Daishonin attendeva la comparsa di veri discepoli in grado di vincere su queste persecuzioni insieme a lui.
Kosen-rufu avanzerà a grandi passi solo nella misura in cui ci saranno veri discepoli che agiranno. Credo che egli stesse cercando di insegnare loro questo basilare principio della propagazione della Legge.
Il Daishonin afferma: «Sebbene io e i miei discepoli possiamo incontrare varie difficoltà, se non nutriamo dubbi nei nostri cuori, raggiungeremo naturalmente la Buddità» (SND, 1, 200). Stava cercando di allevare autentici discepoli che si unissero a lui nella coraggiosa lotta per vincere su ogni sorta di persecuzione. L’opera finale del Budda è davvero l’educazione.
«Guardate i miei discepoli!». Non c’è gioia più grande per un maestro che vedere innumerevoli giovani e promettenti discepoli apparire l’uno dopo l’altro come tante stelle. Il Daishonin anelava a veder emergere veri discepoli in mezzo alle persone comuni. E questi discepoli del Budda apparvero fra i contadini di Atsuhara, teatro degli eventi che avrebbero assicurato la perpetuazione del Buddismo umanistico di Nichiren Daishonin.

(continua)

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata