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I discepoli di Nichiren / 2 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:36

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I discepoli di Nichiren / 2

In questa seconda parte Ikeda approfondisce il tema – iniziato nel saggio pubblicato nel 442 – dell’indissolubilità del legame tra Nichiren e i seguaci e di come questa relazione sia stata ereditata in tempi moderni dai primi tre presidenti della Soka Gakkai

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In questa seconda parte Ikeda approfondisce il tema – iniziato nel saggio pubblicato nel 442 – dell’indissolubilità del legame tra Nichiren e i seguaci e di come questa relazione sia stata ereditata in tempi moderni dai primi tre presidenti della Soka Gakkai

«Il mio desiderio è che i discepoli di Nichiren siano i cuccioli del re leone e che non si facciano mai deridere dai branchi di volpi. È difficile incontrare un maestro come Nichiren che, dai remoti kalpa del passato fino a oggi, non ha mai lesinato né il corpo né la vita per svelare le colpe dei potenti nemici!»
(Nel continente di Jambudvipa, WND, 2, 1062).

«Giustizia: porto da solo lo stendardo della giustizia». Queste furono le parole che scrissi al Centro culturale di Kanagawa il 5 maggio 1979 [subito dopo aver lasciato la carica di terzo presidente della Soka Gakkai, n.d.r.] in una stanza con vista sul porto di Yokohama. Membri dal sincero spirito di ricerca provenienti non solo da Tokyo e Kanagawa, ma anche dal Kansai, dallo Shikoku e da altri luoghi del Giappone, avevano viaggiato fino al centro di Yokohama nella speranza di incontrarmi. Sono passati trent’anni da allora. Adesso, insieme ai miei compagni di fede sparsi in Giappone e su tutto il globo, vorrei proclamare a voce alta, in modo che tutti possano udire, che la giustizia ha prevalso. Noi della SGI abbiamo vinto!
Come reagì la società giapponese, sotto il regime del governo militare di Kamakura, al rapido sviluppo della comunità di seguaci dopo la proclamazione dell’insegnamento da parte del Daishonin? Indubbiamente i preti delle altre scuole buddiste tradizionali – anche quelli che avevano manifestato un riluttante apprezzamento per il Sutra del Loto – covarono una vera e propria ostilità, risentimento e gelosia verso il Daishonin.
Poiché le loro dottrine non potevano competere con il corretto insegnamento che afferma la supremazia del Sutra del Loto, complottarono per screditare e ridurre al silenzio il suo principale maestro, il Daishonin. Queste furono le bieche motivazioni che spinsero le autorità religiose a cospirare contro il Daishonin assieme a potenti personaggi del governo.
Toda si doleva: «Troppo spesso gli esseri umani vengono spinti alla pazzia dalla gelosia. Le calunnie ispirate dall’invidia hanno causato nella storia indicibili sofferenze a persone rispettabili e oneste. Questa è la triste verità».
Il Daishonin comprendeva a tutto tondo la natura fondamentale della persecuzione subita dai praticanti del corretto insegnamento e dunque restò assolutamente imperturbabile quando anche lui venne colpito. Pur sapendo perfettamente che gli attacchi contro di lui si sarebbero intensificati se avesse parlato, egli ha «abbattuto i cancelli degli insegnamenti provvisori» (RSND, 1, 347), e confutò «i maestri e le dottrine di tutte le altre scuole» (RSND, 1, 348). Così facendo, egli voleva trasformare il clima della società giapponese, fuorviata dagli insegnamenti erronei.

Far conoscere il maestro

Le azioni volte a diffondere il nome e la filosofia del Daishonin equivalgono a “spargere i semi della Legge mistica facendo ascoltare l’insegnamento”1 – e cioè a propagare la grande pura Legge di Nam-myoho-renge-kyo. Per i discepoli autentici far conoscere il proprio maestro è fonte di orgoglio. Molti dei seguaci del Daishonin, che come Shijo Kingo, Toki Jonin e Nanjo Tokimitsu avevano sperimentato la sua sconfinata compassione, erano orgogliosi di potersi definire suoi discepoli ed erano attivamente impegnati nella propagazione della Legge.
Le persone riluttanti a far conoscere il proprio maestro sono state sconfitte dalla loro stessa debolezza interiore e alla fine hanno dimenticato il significato di essere un discepolo fedele. Dopo la morte del Daishonin ci furono anche individui codardi che avevano troppa paura di ammettere di essere discepoli del Daishonin. I cinque preti anziani – cioè tutti i maggiori discepoli del Daishonin, tranne Nikko Shonin – rivelarono immediatamente la loro debolezza a questo proposito. Dichiararono di essere “preti della scuola Tendai”2 – cioè “discepoli di T’ien-t’ai”- e addirittura distrussero alcuni degli scritti del Daishonin, buttando via i preziosi insegnamenti in essi contenuti3. Abbandonando il corretto sentiero di maestro e discepolo tradirono il Daishonin e i suoi insegnamenti e si autoesclusero dalla linea di successione dei “discepoli di Nichiren”.
Toda chiarì esplicitamente: «Sebbene i cinque preti anziani avessero promesso di propagare Nam-myoho-renge-kyo mentre il Daishonin era in vita, essi si lasciarono intimidire dalla grande persecuzione che seguì dopo la sua morte. Di conseguenza, si definirono “preti Tendai”». Solo Nik­ko Shonin proclamò senza paura il nome del maestro e firmò le sue lettere di petizione agli ufficiali governativi come “Nikko, discepolo del saggio Nichiren”. Affermò con coraggio la validità dell’insegnamento del Daishonin e continuò a confutare gli errori di quelli che avevano tradito il maestro. Questa battaglia di Nikko Shonin per proteggere la Legge costituisce un modello per ogni autentico discepolo. L’essenza del Buddismo può essere diffusa solo attraverso gli sforzi dei discepoli che seguono sinceramente un maestro della Legge e che comunicano agli altri con fiducia le proprie convinzioni e l’integrità del loro maestro. È altrettanto fondamentale denunciare scrupolosamente quegli individui sleali le cui azioni rispecchiano quelle dei cinque preti anziani, che persero lo spirito di shakubuku trasmesso loro dal Daishonin, cedendo a interessi mondani e seminando discordia nell’armoniosa assemblea dei credenti dediti a kosen-rufu.

Legami indistruttibili

La linfa vitale del legame tra maestro e discepolo che univa Nichiren Daishonin e Nikko Shonin è stata direttamente ereditata in tempi moderni dai primi tre presidenti della Soka Gakkai e, grazie a loro, diffusa in tutto il mondo. Toda curò e finanziò la pubblicazione del libro di Makiguchi Soka Kyoikugaku Taikei (Sistema educativo della creazione di valore), fece anche incidere in lettere d’oro il titolo e il nome dell’autore sulla copertina della prima edizione. Anche questa fu un’espressione del suo sincero rispetto e della devozione verso il suo maestro.
Dopo la guerra, in virtù del legame che lo legava a Makiguchi – morto in prigione per le proprie convinzioni – Toda si rialzò da solo nel suo paese ormai devastato per portare avanti gli ideali del suo maestro. Decise con risolutezza di dimostrare al mondo che Makiguchi era nel giusto. Promise solennemente di diventare un Conte di Montecristo della fede che avrebbe realizzato qualcosa di grandioso per vendicare il suo mentore e ripagare il debito di gratitudine che aveva con lui.
Non dimenticherò mai quanto ho lavorato con Toda per donare il libro di Makiguchi Kachi Ron (Teoria del valore) a più di quattrocentoventi università e istituzioni accademiche in qualcosa come cinquanta paesi in tutto il mondo. Lo facemmo per onorare il decimo anniversario della morte di Makiguchi. Toda diceva: «È nostro dovere condividere gli scritti di Makiguchi con la società perché sono grandi capolavori. Dobbiamo incoraggiare le persone di ogni luogo a leggerli e studiarli».

Una ferma determinazione

Il periodo in cui gli affari di Toda rischiarono il tracollo economico fu un momento di gravi difficoltà anche per la Soka Gakkai. Nell’agosto del 1950 Toda decise improvvisamente di rassegnare le dimissioni da direttore generale. Alla sua società di credito era stato ingiunto di cessare l’attività ed egli non voleva che i problemi dell’azienda ricadessero negativamente sulla Soka Gakkai o sui membri.
Raccolsi la sfida di garantire che l’enorme debito di Toda fosse saldato, lavorando instancabilmente soprattutto nelle negoziazioni con i creditori delle imprese fallite. Mi dedicai a ciò totalmente, con ferma determinazione.
Vedendo Toda sommerso da critiche e ingiurie, mi convincevo profondamente che quella fosse per me l’occasione perfetta per leggere il Gosho con la mia vita e diventare un vero praticante del Buddismo del Daishonin. «Toda è il mio unico e solo maestro. Lo sosterrò totalmente e lo vedrò nelle vesti di secondo presidente della Soka Gakkai. Questo è il sentiero di un discepolo» con questa determinazione nel cuore, mi imbarcai in quello che fu letteralmente un combattimento di vita o morte. Mi dedicai ad assistere Toda, disposto a condividerne il destino.
Molti di coloro che superficialmente avevano mostrato di rispettare Toda, fecero un improvviso voltafaccia. Lo abbandonarono mentre era in crisi, insultandolo e perfino maledicendolo. Era proprio come spesso affermava Toda: «La vera indole delle persone si rivela nei momenti cruciali». E mi diceva: «Daisaku, tu sei tutto ciò che ho».
Io solo continuai a considerare Toda il mio maestro e a far riferimento a lui come al leader del nostro movimento. Nel Buddismo è vitale che facciamo conoscere agli altri la grandezza del nostro mentore e degli insegnamenti che abbraccia. Finalmente, un membro sincero dopo l’altro rispose al mio appello, e nella Soka Gakkai crebbe una nuova consapevolezza e l’orgoglio di essere discepoli di Toda. Questo sentimento si rafforzò e si diffuse e infine Toda fu eletto come secondo presidente il 3 maggio 1951.
Nel mio diario ho scritto: «Proteggerò il presidente Toda al meglio delle mie possibilità, finché vivrò. Lo faccio per una sola ragione: perché proteggere il presidente Toda equivale a proteggere la diffusione della fede nel Gohonzon» (D. Ikeda, Diario giovanile, Esperia, 164). Sulla base di questa convinzione, ho combattuto per propagare il Buddismo del Daishonin come se fossi stato Toda e come fiero difensore della Legge mistica. Eravamo veramente uniti come maestro e discepolo.
E Toda mi disse in seguito: «Sono così fortunato ad averti avuto nella mia vita. Sei stato un meraviglioso discepolo e questo mi rende molto felice. Non dimenticherò mai quello che hai fatto. Tu hai reso questo giorno possibile».
Nessuno potrà mai smentire che la Soka Gakkai sia un’organizzazione basata sul legame tra maestro e discepolo. Dovunque io vada nel mondo, parlo con orgoglio alle persone delle idee e delle realizzazioni di Makiguchi e Toda. Trascurare di farlo, sarebbe un segno di codardia, debolezza e ingratitudine di un discepolo.

I veri eredi del Daishonin

A Makiguchi e a Toda oggi sono intitolati in tutto il mondo numerosi viali, ponti e parchi. I cittadini di molti paesi stimano i primi due presidenti della nostra organizzazione come importanti figure del ventesimo secolo, che lottarono per la pace e per il benessere dell’umanità. Questo riconoscimento è il risultato degli straordinari sforzi che i nostri membri della SGI stanno compiendo nelle loro comunità. Unendo i loro cuori con il mio, stanno percorrendo il nobile sentiero di maestro e discepolo.
È per me un onore eterno aver fatto conoscere i nomi di questi due grandi maestri Soka in tutto il mondo, condividendo con la gente di ogni luogo la loro vita e le loro opere. Nel proteggere il mio maestro ho fatto da scudo e da frangiflutti e per più di sessanta anni ho fatto lo stesso per la comunità di praticanti della Soka Gakkai, un sodalizio di Budda.
I maestri e discepoli Soka hanno sopportato ogni sorta di diffamazione o attacco, combattendo le funzioni del demone dentro e fuori l’organizzazione, mentre lavoravano per espandere la nostra cittadella di buona fortuna, amicizia e pace in centonovantadue paesi nel mondo. Credo fermamente che i nostri infaticabili sforzi per kosen-rufu e la magnifica prova concreta di vittorie dimostrino che noi siamo i veri eredi del Daishonin, il quale esortava i discepoli a seguire il suo esempio praticando con lo stesso spirito.

Diventare re leone

Il Daishonin afferma: «Il mio desiderio è che i discepoli di Nichiren siano i cuccioli del re leone e che non si facciano mai deridere dai branchi di volpi». Dedico questa frase ai miei giovani successori, con le mie più grandi speranze per le loro imprese.
Il Buddismo è la filosofia del re leo­ne. Makiguchi era un re leone, così come Toda. Anche io ho lottato da leone e ho trionfato. Gli individui dal cuore di leone non vengono mai sopraffatti. Essi non si affidano a manipolazioni o a macchinazioni ambigue. Essere considerato un leone nel Buddismo del Daishonin è il più alto riconoscimento per un indiscusso vincitore nel regno della fede.
Perciò io chiedo che voi, miei giovani successori, facciate di tutto per essere dei leoni in grado di sconfiggere coraggiosamente il branco delle volpi, cioè coloro che insultano il corretto insegnamento e i suoi praticanti. Per favore battetevi coraggiosamente per la nostra nobile causa con un coraggio e una passione sempre crescenti. Prodigate i vostri cuori affinché la gente possa imparare ad apprezzare davvero le attività della SGI. Date a tutti dimostrazione del potere del Buddismo di Nichiren Daishonin e sorprendeteli con la vibrante energia della Divisione giovani della SGI.
Come scrive il Daishonin: «Quando il re leone ruggisce […] i cento cuccioli prenderanno coraggio e la testa delle altre fiere e uccelli da preda [che tentano di attaccarli] si romperà in sette pezzi» (RSND, 1, 843). Il ruggito del re leone dà coraggio al buono, ma spaventa i malintenzionati. Parlare chiaro – ecco ciò che conta. Perché «la voce svolge il lavoro del Budda» (Raccolta degli insegnamenti orali, BS, 109, 41). È una guerra fatta di parole. Maggiori sono i nostri sforzi per riuscire a parlare agli altri, maggiore è il numero di persone che potremo aiutare a creare un legame con il Buddismo, promuovendo così la nostra causa umanistica.
Più ci sfidiamo e maggiore forza e saggezza possiamo acquisire. Questa è l’essenza del Buddismo del Daishonin. Il cambiamento deve iniziare prima da noi stessi. E la chiave per avviare il cambiamento in tutti gli aspetti della nostra vita è condividere attivamente con gli altri gli insegnamenti del nostro mentore. Così facendo, non solo riusciremo a trasformare la nostra vita giorno dopo giorno, ma anche a cambiare positivamente il nostro ambiente.
Come il Daishonin fa notare, è difficile incontrare un esperto o un grande maestro di Buddismo, cioè un re leone della fede. E quindi, quanto è straordinario riuscire a incontrare un tale grande maestro e dedicarci a kosen-rufu, una nobile impresa per condurre tutte le persone all’Illuminazione. Non è una pura coincidenza che noi oggi stiamo lottando tutti insieme come membri della Soka Gakkai. Siamo tutti Bodhisattva della Terra uniti da profondi legami karmici, apparsi in questo tormentato mondo di saha con la nostra importante missione da compiere.
Il Daishonin afferma: «I seguaci di Nichiren sono come leoni ruggenti» (RSND, 1, 885). Noi della SGI personifichiamo queste parole in quanto gruppo di praticanti impegnati a realizzare il volere e il mandato del Budda.

Rinnovare il voto dall’infinito passato

Una volta Toda disse: «Per quanto riguarda la pratica del Buddismo ho una totale fiducia. Sebbene io sia indegno, eccomi qua, sette secoli dopo la morte di Nichiren, come suo inviato. Quindi, se la gente vuole dire che la Soka Gakkai è solo menzogne e rifiuti, lasciatela pur dire. Ma aspettate a vedere cosa succederà. Noi trionferemo su tutto».
Miei giovani amici, inaugurate una nuova epoca. Trovate individui capaci. Vincete in modo chiaro e gridate un evviva di vittoria che risuoni in tutto l’universo.
Molti tra i più eminenti pensatori del mondo stanno ammirando il nostro movimento. Nicholas Gier, emerito professore di filosofia all’Università dell’Idaho, ha detto: «Per poter trasformare il bene individuale in bene sociale, i leader sono indispensabili. Un tale traguardo può essere raggiunto solo dove ci sia una rete di individui capaci di progredire e di migliorarsi grazie all’esempio di un maestro. È necessario che questo diventi un sistema di valori condiviso da tutta l’umanità. Con un simile atteggiamento, potremo crea­re una nuova cultura umanistica per il futuro. Vedo questo avvenire nell’interazione tra i membri della SGI e il presidente Ikeda».
Rinnovando il nostro voto dal tempo senza inizio avanziamo energicamente e realizziamo sempre nuove vittorie.

Il nostro gruppo di re leoni,
uniti insieme
da legami da vita a vita,
avanza con coraggiosa imperturbabilità
attraverso le tre esistenze.

(Tokyo, 8 marzo 2010)

 

  1. Il Buddismo di Nichiren Daishonin è il Buddismo della semina. Ci sono due modi per spargere i semi della Legge mistica: facendo ascoltare agli altri l’insegnamento e conducendo le persone a risvegliare la fede nell’insegnamento.
  2. Scuola Tendai: l’equivalente giapponese della scuola cinese di Buddismo T’ien-t’ai (in giapponese Tendai), fondata agli inizi del nono secolo dal prete giapponese Dengyo (767-822), conosciuto anche con il nome di Saicho. Tuttavia, a causa dell’atteggiamento di tolleranza verso le dottrine erronee di altre scuole che includono la Vera Parola (Shingon), la Pura Terra (Nembutsu) e lo Zen, ai tempi di Nichiren Daishonin essa aveva perso la propria impostazione basata rigorosamente sul Sutra del Loto.
  3. I cinque preti anziani bruciarono o distrussero in altro modo gli scritti del Daishonin che consideravano troppo imbarazzanti o poco dignitosi, perché scritti in dialetto e non nel colto cinese classico, usato dalla maggior parte degli studiosi buddisti dell’epoca.

 

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