Con una bella immagine, Nichiren paragona se stesso al re della foresta e i seguaci ai suoi cuccioli. La relazione fra il maestro e i suoi discepoli è forte e speciale. In questa prima parte, che verrà sviluppata ulteriormente nell’undicesima puntata della serie, Ikeda si sofferma su quattro elementi individuati da Nichiren per realizzare una vita veramente libera
«Il mio desiderio è che i discepoli di Nichiren siano i cuccioli del re leone e che non si facciano mai deridere dai branchi di volpi.
È difficile incontrare un maestro come Nichiren che, dai remoti kalpa del passato fino a oggi, non ha mai lesinato né il corpo né la vita per svelare le colpe dei potenti nemici!»
(Nel continente di Jambudvipa, WND, 2, 1062)
Il mio mentore, il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, una volta disse a un gruppo di studenti: «Se davvero desiderate unirvi a me nel ricercare questo Buddismo, allora dovete comportarvi come degli autentici discepoli! Un atteggiamento da indifferente spettatore esterno non è accettabile». I veri discepoli sono coloro che mettono in pratica con sincerità gli insegnamenti del loro maestro. La SGI è l’organizzazione che sta realizzando realmente lo scopo e il mandato del Budda. I suoi membri stanno praticando con coraggio il Buddismo del Daishonin in questa epoca e lo stanno diffondendo nel mondo intero.
Il 28 aprile è l’anniversario della proclamazione dell’insegnamento da parte di Nichiren Daishonin. Quel giorno del 1253, il Daishonin recitò per la prima volta Nam-myoho-renge-kyo presso il tempio Seicho nella provincia di Awa. Così facendo, egli dette inizio a una grande battaglia per kosen-rufu, volta a condurre ogni persona all’Illuminazione nell’Ultimo giorno della Legge. Questo gli attirò immediatamente l’ostilità e le persecuzioni dei preti e seguaci delle scuole buddiste dell’epoca e delle autorità secolari in carica.
In molte delle sue lettere, il Daishonin si riferisce alla comunità dei credenti che lottano al suo fianco come “discepoli di Nichiren” oppure “seguaci di Nichiren”. Dopo che ebbe proclamato il suo insegnamento, un numero sempre maggiore di fedeli ispirati dalla sua profonda compassione e integrità iniziò ad apparire in diverse parti del paese. Il numero dei discepoli, fermamente determinati a sostenere e proteggere la Legge mistica aumentò fino a coprire aree considerevoli. Per esempio, a Kamakura, che era sede del governo militare, c’erano fedeli come Shijo Kingo; nelle province che oggi comprendono la prefettura di Chiba, erano attivi Toki Jonin e altri discepoli. C’erano numerosi seguaci anche nell’area intorno al monte Fuji, con cui Nikko Shonin, uno dei principali discepoli del Daishonin, aveva un forte legame. Più tardi apparvero seguaci perfino sulla lontana isola di Sado, dove il Daishonin era stato esiliato.
La comunità dei credenti è una meravigliosa alleanza basata sulla fede, fatta di individui che sostengono la causa di kosen-rufu insieme al loro maestro, offrendosi reciproco sostegno morale e incoraggiamento. In chiave moderna essa corrisponde all’organizzazione che propaga la Legge mistica. Quanto sarebbe felice oggi il Daishonin nel vedere la crescita della comunità dei “discepoli di Nichiren” che si estende in centonovantadue paesi.
Lo spirito fondamentale di un discepolo
Torniamo adesso al brano tratto da Nel continente di Jambudvipa che studiamo stavolta: «Il mio desiderio è che i discepoli di Nichiren siano i cuccioli del re leone e che non si facciano mai deridere dai branchi di volpi. È difficile incontrare un maestro come Nichiren che, dai remoti kalpa del passato fino ad oggi, non ha mai lesinato né il corpo né la vita per svelare le colpe dei potenti nemici!».
Benché questa lettera sia solo un frammento e il suo destinatario sia sconosciuto, essa trasmette lo spirito fondamentale che dovremmo impegnarci a sviluppare come discepoli di Nichiren Daishonin. “Re leone” è un termine utilizzato per descrivere il Budda, e qui esprime il sommo stato vitale del Daishonin come sostenitore della Legge mistica. Il messaggio del Daishonin è che, poiché il maestro è un “re leone”, i suoi discepoli devono comportarsi come “cuccioli del re leone”, in altre parole, devono lottare con coraggio e non farsi ridicolizzare dal “branco di volpi”, riferendosi agli astuti che disprezzano e offendono l’insegnamento buddista e tentano di ostacolare kosen-rufu.
La vita è una lotta. Il lavoro è una lotta. Nel Buddismo si tratta di vincere, come il Daishonin sottolinea nei suoi scritti. I giovani in particolare devono avere la forza per sconfiggere le avversità. È cruciale che essi acquisiscano quel tipo di capacità che li faccia vincere sempre e che ispira il rispetto degli altri. La base per farlo è la nostra pratica buddista che è la chiave per la vittoria assoluta. Toda diceva: «I discepoli del Daishonin sono i cuccioli del re leone, il che significa che maggiore è l’allenamento che ricevono, tanto più forti diventano». Per diventare noi stessi dei re leoni, dobbiamo vincere una sfida dopo l’altra, non importa quanto sia piccola o impegnativa, e non cedere mai alla negligenza o all’autocompiacimento. Il Daishonin afferma questo punto dichiarando in Risposta a Kyo’o: «Si dice che il leone, re degli animali, avanzi di tre passi, poi si raccolga su se stesso per saltare, sprigionando la stessa potenza nel catturare una piccola formica o nell’attaccare un animale feroce» (RSND, 1, 365). Nella lotta della vita, la vittoria conduce alla felicità mentre la sconfitta porta all’infelicità. Dobbiamo quindi impegnarci per vincere alla fine, a prescindere dagli impedimenti che abbiamo sperimentato lungo la strada. Seguite le orme del re leone, superate tutti gli ostacoli, non fatevi mai sconfiggere da forze malvagie e realizzate una brillante vittoria dopo l’altra! Questa è l’esortazione del Daishonin ai suoi discepoli. Poi egli chiarisce ulteriormente come dovrebbero comportarsi i suoi discepoli.
Lottare con lo stesso impegno del maestro
Nichiren Daishonin mette in risalto quattro punti in particolare. Primo, chiede ai propri seguaci di praticare come lui, in altre parole, chiede di lottare con lo spirito di non dualità fra maestro e discepolo, cioè di unirsi alla lotta del Daishonin per kosen-rufu, recitando Nam-myoho-renge-kyo e propagando diffusamente la Legge mistica.
In altre lettere il Daishonin sottolinea: «Coloro che si definiscono miei discepoli e praticano il Sutra del Loto devono tutti praticare come me» (RSND, 1, 869); e ancora: «Coloro che diventano discepoli di Nichiren e credenti laici devono rendersi conto della profonda relazione karmica che condividono con lui e propagare il Sutra del Loto con il suo stesso atteggiamento» (RSND, 1, 883). Inoltre, come ho accennato prima, egli si riferiva costantemente ai propri seguaci come ai “discepoli di Nichiren”, ai “miei discepoli”, a “Nichiren e i suoi seguaci”, “voi, che siete miei discepoli”, e così via. Il Daishonin fa tutto il possibile affinché i discepoli comprendano appieno il suo messaggio, così che ognuno di loro, senza alcuna eccezione, possa continuare ad avanzare con coraggio sul sentiero della relazione tra maestro e discepolo.
Il Daishonin incoraggiava i suoi discepoli nella fede, invitandoli a praticare insieme a lui con il suo stesso senso di dedizione. Forse nella storia della religione nessun altro maestro può essere paragonato a lui da questo punto di vista. Si trattava di un potente ruggito di leone in difesa della Legge mistica, un’affermazione della sua decisione di portare su di sé l’intero fardello della gelosia e dell’odio dei tre potenti nemici e delle inevitabili tempeste di persecuzioni. Possiamo anche interpretarlo come espressione del suo desiderio compassionevole di aiutare i discepoli ad acquisire una forza e una saggezza maggiori, emulando la sua fiera lotta contro le persecuzioni, per adornare le loro esistenze di onore e vittorie. Con una metafora, il maestro può essere paragonato a un ago e il discepolo al filo; solo se il filo segue l’ago un indumento può essere cucito. È missione e responsabilità dei discepoli preservare e trasferire l’eredità di questa relazione alle generazioni future. Unire i propri sforzi con il maestro, seguire il suo esempio: queste sono le fondamenta per realizzare kosen-rufu. Se tale spirito condiviso fra maestro e discepolo andasse perduto, l’insegnamento buddista non potrebbe fiorire, né essere trasmesso nelle epoche future. Come fare per realizzare la visione del nostro maestro? Riflettere e pregare costantemente su questa domanda e cercare di comprendere quale sia questo sogno; combattere nella fede con il suo stesso spirito. Ecco in cosa possiamo trovare la non dualità di maestro e discepolo.
Lo spirito di non risparmiare la propria vita
Secondo punto: il Daishonin evidenzia lo spirito coraggioso di non risparmiare la propria vita. Il segno distintivo di un vero discepolo è la ferma determinazione di difendere l’eterna Legge mistica con dedizione sincera. Se le restiamo fedeli fino alla fine, anche le nostre vite brilleranno di eterno splendore. Per tutta la sua vita il Daishonin ha dimostrato uno spirito di dedizione assoluta alla Legge, propagando incessantemente l’insegnamento senza farsi fermare dalle persecuzioni. Il mentore indica la strada, diventando un esempio per i discepoli; la via del discepolo è quella di lottare energicamente e senza riserve per seguire la sua guida. Non c’è spazio per la vuota ostentazione. I discepoli danno se stessi per proteggere il loro maestro dagli attacchi, anche se dovessero esserne colpiti in prima persona; decidono di attirare le persecuzioni su di loro per proteggere il maestro; determinano di diventare pilastri e di contribuire allo sviluppo della comunità dei credenti. Nelle preghiere e nelle azioni di questi discepoli fluisce l’eredità del nobile spirito del maestro. Al contrario, gli individui ingrati, che calpestano il debito profondo verso il loro mentore, riceveranno sicuramente una severa retribuzione, secondo la legge di causa ed effetto.
Toda dichiarò: «Kosen-rufu può essere certamente realizzato se anche un solo giovane è disposto a dedicarvi la sua intera vita». E perciò io decisi di essere quel giovane. Nell’agosto del 1950, quando una delle società di Toda stava attraversando una crisi tale da dover cessare l’attività, scrissi nel mio diario:
Non aver paura, anche se gli ostacoli ti circondano,
tu sei un Bodhisattva della Terra. […]
Onde minacciose che vi alzate imponenti
Abbattetevi con tutta la furia.
Date prova della vostra forza contro di me!
(D. Ikeda, Diario giovanile, Esperia, pag. 55)
È impossibile per me esprimere pienamente a parole la gioia e l’onore che provo per aver lavorato al fianco di un grande maestro come Toda. Ho fatto tutto ciò che potevo per sostenerlo e assisterlo, pronto a dare la mia vita e tutto ciò che possedevo, se ce ne fosse stato bisogno. Ero pronto a sacrificare i miei desideri personali, la vita familiare e tutto il resto, se avessi dovuto. È unicamente grazie a questa determinazione che la Soka Gakkai è diventata la grande organizzazione mondiale che è oggi.
Confutare il falso e rivelare il vero
Terzo punto: il Daishonin specifica l’importanza di “denunciare le colpe dei potenti nemici”, cioè la necessità di smentire gli errori e affermare la verità. Con questo si riferisce alla denuncia chiara per impedire l’azione di coloro che distruggono l’insegnamento del Buddismo e la felicità della gente.
Nel brano che stiamo studiando, l’espressione i “potenti nemici” si riferisce implicitamente ai preti della scuola Tendai, che avevano abbracciato insegnamenti esoterici1. In senso più ampio, comunque, può essere inteso come un riferimento a tutti i preti delle varie scuole buddiste e alle autorità secolari dell’epoca, che provavano ostilità verso il Daishonin e i suoi seguaci, e che avevano unito le forze per perseguitarli.
In un altro scritto il Daishonin afferma: «Può sembrare irriverente che io muova accuse di questo genere, ma, se non lo facessi, si continuerebbe a fraintendere, come accade ora, i rispettivi meriti del Sutra di Mahavairochana e del Sutra del Loto. Per questo motivo rischio la vita portando avanti queste accuse» (Ripagare i debiti di gratitudine, RSND, 1, 633).
Qui possiamo percepire il profondo valore del Daishonin: rischiò la sua vita per indicare le dottrine errate che erano praticate dalle autorità religiose di quel tempo, continuò poi a esporre con chiarezza e a dimostrare gli errori di questi potenti nemici del Buddismo e della felicità della gente. Questi errori si erano profondamente radicati nella società, influenzando negativamente le convinzioni delle persone e sviandole.
In un contesto simile, una volta Toda dichiarò: «Dobbiamo creare una tradizione per sconfiggere i potenti nemici nel momento cruciale. Per fare ciò, dobbiamo dedicarci con senso di responsabilità. Quando denunciamo questi attacchi e facciamo il massimo per sostenere il nostro maestro nella fede, possiamo accumulare un’incredibile fortuna. Ecco come poniamo le cause per lo sviluppo futuro della Soka Gakkai».
Non dobbiamo ignorare o lasciare senza controllo le influenze negative che arrestano il flusso di kosen-rufu. Il Daishonin afferma: «Se essi [gli insegnamenti provvisori] sono fonte di confusione, devono essere precisamente refutati dal punto di vista del vero insegnamento [il Sutra del Loto]» (La pratica dell’insegnamento del Budda, RSND, 1, 349).
Grazie all’azione coraggiosa di “affermare la verità e la giustizia” e di “correggere gli errori”, possiamo allargare la nostra cerchia di amicizia e di fiducia nella società. Solo procedendo instancabilmente su questo sentiero possiamo sperare di realizzare l’ideale del Daishonin di una società pacifica e prospera, basata sui princìpi umanistici del Buddismo, e cioè “stabilire il corretto insegnamento per la pace del paese”.
La fortuna di incontrare un grande mentore
Quarto punto: il Daishonin fa notare che è difficile incontrare un grande conoscitore o maestro di Buddismo. Con questa affermazione ci ricorda l’importanza di provare gratitudine per il proprio mentore.
Il “grande conoscitore” o “maestro di Buddismo” a cui qui si fa riferimento, ovviamente indica proprio il Daishonin. È lui che ha mostrato al mondo intero l’esemplare stato vitale dell’invincibile re leone. Il primo e il secondo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, si impegnarono a portare avanti la realizzazione di kosen-rufu in esatto accordo con gli insegnamenti del Daishonin. Loro sono i grandi maestri nel regno della fede della Soka Gakkai.
Non c’è niente di più meraviglioso che essere nati nella stessa epoca di un grande maestro e poter condividere e lottare con lui per gli stessi ideali e le stesse aspirazioni. Avendo avuto la grande fortuna di incontrare Josei Toda, questo è ciò che sento profondamente. Non riesco a esprimere pienamente la mia gratitudine per lo straordinario legame karmico che ho con lui.
Questi quattro punti costituiscono il nucleo dello spirito dei “discepoli di Nichiren”, la cui missione è la propagazione della suprema dottrina della Legge mistica. Essi rappresentano il reale sentiero della nostra pratica “fin da remoti kalpa nel passato a oggi”.
Vincere con il “cuore del re leone”
Il Daishonin mette la propria vita in pericolo per proteggere la comunità dei suoi seguaci devoti. Le sue lettere ai discepoli traboccano di profonda compassione e apprensione. Quanto profondamente il Daishonin deve aver pregato per la salute, la vita, lo sviluppo, la felicità e la vittoria dei suoi seguaci. Egli conosceva con precisione le loro situazioni personali: la salute, il carattere e persino i pregi e le debolezze. Forse li conosceva molto meglio di quanto loro immaginassero. Con tale conoscenza e comprensione profonde, recitava Daimoku per la felicità dei suoi discepoli, li incoraggiava e li guidava nella fede così che potessero farsi strada verso la vittoria assoluta. Per questi motivi il Daishonin personifica le “virtù del maestro”.
Toda rifletteva spesso sullo stato vitale del Daishonin durante l’esilio sull’isola di Sado. Era certo che Nichiren dovesse essere stato spinto dall’appassionata determinazione di guidare ogni suo singolo discepolo verso la vittoria e la felicità. Il debito che i suoi discepoli hanno verso Nichiren è veramente incalcolabile.
La linfa vitale della compassione e dell’integrità del Daishonin pulsa vivacemente in tutta la comunità dei “discepoli di Nichiren”. Questa armoniosa comunità di credenti è essa stessa personificazione dell’immenso stato vitale del Daishonin come Budda dell’Ultimo giorno della Legge, che possiede le “tre virtù di sovrano, maestro e genitore” e incarna il principio di “non dualità di persona e Legge”.
Oggi noi della SGI siamo gli autentici “discepoli di Nichiren”, un’assemblea di praticanti che sta concretamente realizzando kosen-rufu. Ho combattuto con tutto il mio cuore e tutto il mio essere per proteggere la nostra nobile organizzazione e i suoi membri. Ho risolutamente difeso questa organizzazione che il mio maestro definiva come più importante della sua stessa vita. Ho scrupolosamente custodito la magnifica fortezza Soka, agendo come un “tetto” o una “volta” per più di dieci milioni di membri. E l’ho fatto con lo spirito di essere una continuazione del mio mentore, un campione di altruistica dedizione alla Legge, un messaggero di verità e giustizia e un discepolo colmo di eterna gratitudine.
In perfetta armonia con questo brano, tratto da Nel continente di Jambudvipa, noi della SGI, uniti dal legame di maestro e discepolo, abbiamo praticato il Buddismo del Daishonin con convinzione e lo abbiamo condiviso con persone in tutto il mondo. Continuiamo ad avanzare con il “cuore di un re leone”.