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I colori della speranza - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

11 dicembre 2025 Ore 02:47

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I colori della speranza

Massimo Pucci, Pisa

Come un pittore dipinge un quadro con i colori della tavolozza, io avevo dipinto il mio con i colori della speranza e della fede

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Come un pittore dipinge un quadro con i colori della tavolozza, io avevo dipinto il mio con i colori della speranza e della fede

Ho quarantotto anni e pratico il Buddismo dal 2000. Prima di iniziare a recitare la mia vita scorreva normalissima, “priva” di problemi: non avevo rapporti sentimentali né tanto meno un dialogo con i miei genitori, non avevo amici ed ero disoccupato, insomma, “stavo bene”. Avevo annullato ogni tipo di desiderio, pensando che fosse inutile sperare in una vita diversa. Le paure e il pessimismo mi attanagliavano e mi stavano portando verso un punto di non ritorno, ma esisteva qualcosa a mio favore: mio fratello praticava da diversi anni e il suono di Gongyo e Daimoku mi svegliava ogni mattina, inoltre frequentavo i buddisti della città, non perché fossi attratto dalla religione, ma perché con loro mi trovavo bene.
Il Buddismo continuava a non interessarmi. Un giorno però incontrai Gina, oggi mia moglie, e si ribaltò tutto: praticava da alcuni anni e stava attraversando un periodo difficile con la sua famiglia. Dentro di me scattò qualcosa: iniziai a recitare Nam-myoho-renge-kyo, all’inizio sporadicamente, poi sempre più assiduamente. Vedevo che il mio Daimoku la faceva stare meglio, in seguito iniziai a stare bene anch’io e a sentire che anche la mia vita poteva cambiare.
Andammo in Calabria per conoscere i miei suoceri, ma l’ambiente che trovammo era ostile alla nostra fede e mi procurava molta sofferenza. Gina non poteva recitare, se non di nascosto, allora praticavo io per entrambi, di giorno e anche di notte. Non avevo altro a cui aggrapparmi, e piano piano le cose iniziarono a cambiare e ad alleggerirsi.
Tornato a casa decisi, con una forza che non avevo mai avuto prima, di trasformare la mia vita e creare delle basi solide per fare della nostra famiglia, una famiglia felice. Ricevetti il Gohonzon nell’aprile del 2001, accettai la responsabilità di gruppo e aprii la casa all’attività. Consigliato dai membri più anziani nella fede utilizzavo tutto il mio tempo libero, e ne avevo tanto, visto che ancora ero disoccupato, per fare attività di protezione al Centro culturale più vicino.
Nel frattempo ebbi l’opportunità di partecipare a un concorso bandito da un ente pubblico. Avevo lavorato presso il Genio Civile a tempo determinato, l’ambiente mi era piaciuto molto ed ero più che convinto di voler proseguire il mio cammino professionale in quel settore: ma un posto fisso in un ente pubblico per me era un sogno impossibile. Il bando era per tre persone e io mi classificai sessantacinquesimo. Ero fuori, anche se restavo in graduatoria. Dopo una prima delusione, ebbi la forza di reagire e non mi feci prendere dallo sconforto. C’era una frase che mi incoraggiava in modo particolare: «Usa la strategia del Sutra del Loto prima d’ogni altra. […] L’essenza della strategia e dell’arte della spada derivano dalla Legge mistica. […] Un codardo non potrà mai ottenere risposta a nessuna delle sue preghiere» (La strategia del Sutra del Loto, RSND, 1, 889).
Intensificai la recitazione del Daimoku, l’attività per gli altri, lo studio. A dicembre fui chiamato a tempo determinato da quella graduatoria. Ogni giorno andavo a lavorare a Firenze, la sera rientravo a casa stanco, ma contento della giornata. Parlando del Buddismo ai miei colleghi l’ambiente si trasformò, intorno a me le persone iniziavano a leggere i testi buddisti. La mia giornata si basava unicamente su Nam-myoho-renge-kyo. La graduatoria però non scorreva… iniziavo a dubitare di riuscire nel mio obiettivo di lavorare stabilmente, ma il presidente Ikeda ci incoraggia a sperimentare che non c’è niente di più forte del Daimoku e che pregare è la chiave per ottenere la vittoria e non essere mai sconfitti.
Recitando capii che dovevo aprire la mia vita agli altri, piano piano iniziai a desiderare la felicità di tutte le persone in graduatoria. Dopo poco la lista iniziò a scorrere più velocemente, iniziarono a chiamarmi a tempo indeterminato svariati enti, ma non ancora quello che volevo io. Il mio desiderio era di lavorare per la Regione perché avendo conosciuto molti ambienti lavorativi era quello dove mi ero trovato meglio; un altro desiderio, apparentemente impossibile, era di poter lavorare nella mia città, che però non era prevista nelle sedi del concorso. Come un pittore dipinge un quadro con i colori della tavolozza, io avevo dipinto il mio con i colori della speranza e della fede.
Desideravo tutto questo per avere più tempo libero da dedicare alla mia famiglia, ai membri e alle attività. Ero consapevole del difficile momento di crisi economica, ma grazie al sostegno di Gina abbiamo lottato insieme per avere fiducia nel potere del Gohonzon. Dopo poco arrivò il telegramma d’assunzione nella Regione: la gioia era al massimo. Ho ringraziato dal profondo del cuore per l’obiettivo raggiunto.
Il giorno del colloquio in cui ci avrebbero comunicato la destinazione eravamo in tre; io sarei stato l’ultimo a entrare e se non avessi accettato la destinazione rimasta sarei stato escluso dalla graduatoria. La mia sensazione iniziale fu di avere perso, ma riuscii a ribaltare il mio pessimismo intuendo che la mia vita mi avrebbe risposto nella maniera più giusta sia per la mia felicità che per quella dei due colleghi. Quando fu il mio turno, la responsabile del personale mi comunicò che sarei entrato come dipendente in un ufficio che non esisteva ancora, ma che sarebbe nato lo stesso giorno della mia assunzione, e la sede sarebbe stata nella mia città, Pisa. In quel momento percepii la potenza delle nostre preghiere e provai una gioia immensa quando mi disse che anche lei era soddisfatta perché era una delle poche volte che era riuscita a rendere tutti felici.
Ho continuato a fare attività, accettando la responsabilità di settore e poi quella dello staff di protezione; la mia vita stava cambiando, sentivo emergere i miei desideri senza averne più timore. Gli sforzi continui nell’attività e le giornate passate a recitare Daimoku mi hanno permesso di affrontare la vita, con tutti i suoi lati positivi e negativi e di vincere la paura più grande, quella della morte, che mi aveva impedito di avere figli per i primi anni di matrimonio. Ancora una volta il mio pessimismo mi portava a concentrarmi sull’aspetto finale del percorso, la morte, non riuscendo a percepire la vera essenza della vita. Mi sono affidato nuovamente alle parole del presidente Ikeda: «La nostra determinazione e le nostre azioni da questo momento in poi sono importanti. Una lotta continua è la forza motrice per realizzare immensi risultati. Il Buddismo del Daishonin è il Buddismo della causa originale. Ciò che facciamo ora, da questo momento in poi, decide tutto.[…] Se ci impegniamo seriamente per kosen-rufu, ogni nostro sforzo diventerà fonte di beneficio personale. E un beneficio infinito scorrerà anche verso i nostri discendenti e successori nelle generazioni future. Tutto dipende dal nostro atteggiamento» (NR, 441, 9).
Così mi sono impegnato ancora più seriamente per kosen-rufu, costruendo questa certezza dentro di me. Nel 2006 è nata Gaia, è la mascotte dei nostri amici membri, la conoscono tutti. Ringrazio i compagni di fede, che in questi anni mi hanno sostenuto e che continuano a sostenermi, la mia strada è appena iniziata e questa è soltanto una delle tante esperienze che ho vissuto.

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