Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Ho trasformato la depressione - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:32

673

Stampa

Ho trasformato la depressione

Afra Carubelli, Cagliari

Afra racconta il suo lungo percorso nell’affrontare la profonda sofferenza che da sempre ha condizionato la sua vita, di come è riuscita a resistere, e di come infine grazie al Buddismo ha trasformato la depressione al livello più profondo

Dimensione del testo AA

Afra racconta il suo lungo percorso nell’affrontare la profonda sofferenza che da sempre ha condizionato la sua vita, di come è riuscita a resistere, e di come infine grazie al Buddismo ha trasformato la depressione al livello più profondo

Credo di avere sempre sofferto di depressione ricorrente. Di sicuro già nella prima adolescenza vivevo momenti in cui ero molto triste e pensavo alla morte come a una soluzione.
Riuscii, bene o male, ad andare avanti finché la mia vita non fu così piena di sofferenza che decisi così di dare retta a due amici che mi avevano parlato del Buddismo a distanza di qualche anno l’uno dall’altro e dopo pochi mesi decisi che avrei praticato per tutta la vita. Un po’ di tempo dopo mi proposero la responsabilità di gruppo e questa fu una grande occasione.
Fino ad allora avevo pregato per sentire meno dolore. Il Daimoku mi faceva sentire viva, in contatto col resto del mondo, mi faceva vedere i colori, mi faceva gestire il mio onnipresente senso di inadeguatezza. Ma non riuscivo ad avere scopi e non avevo la capacità di fare progetti per la mia vita, poiché non riuscivo a capire cosa desideravo. La responsabilità di gruppo mi diede la spinta a fare shakubuku e qualcosa per cui pregare: la felicità degli altri. E siccome il Daimoku è come la pioggia che quando cade irriga tutto, la mia vita cominciò a prendere forma e io cominciai a rafforzarmi.
Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 mia madre, malata di tumore, morì e ciò fu uno shock sia come figlia che come medico (sono una oncoematologa). Mi trovai sola con mio padre, con cui avevo un rapporto superficiale, facendo i conti anche con il suo dolore, mentre una storia sentimentale iniziò e terminò in modo confuso. Tutto ciò mi fece crollare.
Vivevo fasi di totale paralisi emotiva in cui, trascinandomi, facevo quello che potevo con la sensazione che da un momento all’altro si sarebbe scatenato su di me chissà quale rimprovero, che si sarebbe manifestata chissà quale evidenza della mia inadeguatezza. Spesso di notte mi trovavo a pensare alla mia vita e la vedevo come una fila ininterrotta di fallimenti, non trovavo il modo di far cessare questa tempesta interiore di negatività che a volte sfociava in crisi di angoscia insopportabili. In quel periodo, saggiamente, decisi di farmi aiutare anche farmacologicamente, mentre allo stesso tempo cercavo di affrontare e illuminare la mia oscurità.
In quei momenti di sofferenza atroce fui salvata da Nichiren Daishonin che nel Gosho L’arco e la freccia scrive: «Adesso la mia preoccupazione principale è la tua malattia. […] Anche tu pratichi il Sutra del Loto e la tua fede è come la luna crescente o la marea che si alza. Sii profondamente convinta che la tua malattia non può durare e che non è possibile che la tua vita non venga prolungata! Prenditi cura di te e non affliggere la tua mente» (RSND, 1, 585).
Nel Gosho trovai tutto quello di cui avevo necessità: il senso dello sforzo quotidiano, piccolo e proporzionato alle mie forze con cui però potevo costruire un cambiamento, la fiducia totale che l’affidamento al Gohonzon avrebbe trasformato la mia sofferenza. Compresi che anche io meritavo di essere felice. E Nichiren Daishonin mi invitava a rasserenare la mente. Cominciai a fare Daimoku in modo diverso, un Daimoku in cui compariva finalmente il desiderio di liberarmi del fardello della depressione, di provare a vedere cosa c’era oltre quella coltre di pensieri pesanti come macigni che sembrava facessero ineluttabilmente parte della mia vita.
Nell’attività buddista facevo tutto quello che potevo, cercando di diventare felice insieme agli altri. Le azioni per sostenere gli altri furono determinanti per la mia risalita. Non fu una cosa facile né breve (sospesi gli psicofarmaci due anni dopo) ma cominciai a sentirmi viva. Feci anche shakubuku a due persone che ricevettero il Gohonzon.
Ho anche trasformato una situazione molto complessa sul lavoro. Le persone che conoscevano questa situazione mi consigliavano di chiedere il trasferimento.
Il mio capo mi diceva che ero sì molto preparata, ma che secondo lui ero caratterialmente inadatta a fare il mio lavoro. Non male per una persona che già stava combattendo per costruire un po’ di autostima! Ma proprio quello, paradossalmente, mi stimolò a combattere con tutte le mie forze, perché amavo il mio lavoro. Furono due anni di battaglia a denti stretti, ma alla fine ottenni la vittoria. Dopo tre mesi di malattia per una frattura rientrai al lavoro e trovai tutto cambiato: nuove mansioni, belle e gratificanti, nuova stanza tutta per me, nuovo modo di relazionarsi con me da parte di tutti. Non ho mai capito cosa sia successo e cosa abbia provocato quel cambiamento, ma so che ho pregato con tutta me stessa e che tutto ciò era sicuramente il riflesso di questa preghiera. E venne il giorno in cui interruppi la terapia, e non perché l’avevo chiesto io ma su indicazione del terapeuta.
Grazie alla preghiera al Gohonzon ho trasformato il mio ichinen, smantellando la negatività e sostituendola con la certezza che la vita ha infinite possibilità. E ho potuto “conquistare la vita” con azioni quotidiane che mirano a costruire un’esistenza felice e che già mentre le compio, mi rendono felice: ciò non è altro che la rivoluzione umana. Quella di cui parlano i nostri eterni maestri. Quella che il presidente Ikeda ci incoraggia a fare spendendosi costantemente per infondere in noi il coraggio di essere “protagonisti sul palcoscenico della vita”.
Le prime volte che lessi parole di questo tipo, mi sentivo lontanissima dall’esserne all’altezza. Ma il nostro maestro è veramente un grande maestro. Se lo segui, se ti sforzi di condividerne il cuore, ti porta lontano. E la cosa bella è che lontano senti di esserci arrivato coi tuoi piedi.
Ho capito anche cosa significa “trasformare il karma in missione”. La lotta che ho dovuto fare dentro di me mi ha reso più capace di comprendere la sofferenza dei pazienti, e avere guardato gli abissi dentro me stessa mi ha reso più capace di confrontarmi con gli abissi altrui, con le paure di chi affronta la malattia e la morte. Riuscendo a sostenerli con empatia e serenità.
Dal primo gennaio sono in pensione dalla mia attività di medico ospedaliero. Ho chiuso questa esperienza con un grande senso di vittoria. Ora si è aperta una nuova fase della mia vita. Sto pregando per mantenermi in salute e cominciare tante nuove sfide, voglio fare ancora tanto per kosen-rufu. Desidero viaggiare e scrivere diari di viaggio, fare volontariato.
Punto al 2030, centesimo anniversario della Soka Gakkai, per arrivarci con nuove vittorie e ancora più gratitudine verso la mia vita.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata