La cerimonia di Gongyo riproduce il ritmo del sole che sorge ogni mattina e tramonta ogni sera, permettendoci, come spiega Nichiren nella Raccolta degli insegnamenti orali, di rivelare in ogni istante della giornata la nostra vera identità originale: quella di Budda dal tempo senza inizio
«La forza o la debolezza dei nostri convincimenti dipende più dal nostro coraggio che dalla nostra conoscenza». Queste sagge parole del filosofo francese Vauvenargues (1715-47) erano scritte in una lettera che ho ricevuto da una donna del gruppo Molti tesori. Sono pienamente d’accordo con questa osservazione.
Può essere scortese parlare dell’età di una donna, tuttavia i membri della nostra Divisione donne nel pieno dell’età d’oro stanno davvero facendo sforzi meravigliosi per realizzare kosen-rufu. Sono di ispirazione e di esempio per tutta l’organizzazione, e sono lodate da tutti.
Ricordo le parole del pensatore svizzero Carl Hilty (1833-1909): «[Se si vive in crescendo], la terza età diventa un periodo di azione, maturità, e raccolto. Un periodo di realizzazione. Se posso ripetermi, è il periodo migliore della vita [perché è il più completo]».
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Nel luglio del 1960 visitai Capo Inubosaki a Choshi, nella prefettura di Chiba, assieme al gruppo Suiko-kai della Divisione giovani uomini. Questo luogo tuttora mi richiama alla memoria bellissimi ricordi. Capo Inubosaki si affaccia sull’Oceano Pacifico e ogni volta che penso al sole che spunta luminoso all’orizzonte, il mio cuore si libra in volo.
Toda non era presente a quel corso. Se n’era andato due anni prima, all’età di 58 anni, dopo aver visto realizzato il suo obiettivo più caro. Ma nel mio cuore il mio maestro era sempre accanto a me. Eravamo un tutt’uno inseparabile. Nella mia mente rivedevo le immagini della sua guida dinamica e riecheggiava il suono della sua voce possente che incoraggiava costantemente i discepoli.
Sentivo terribilmente la mancanza di Toda ai nostri corsi del Suiko-kai. Ma non ho mai trascurato di dedicarmi alla crescita degli appartenenti al gruppo. Nutrivo in loro speranze e pregavo per il loro sviluppo, affinché avanzassero con fermezza e integrità lungo il sentiero dei successori di kosen-rufu, lungo il sentiero di maestro e discepolo della Soka Gakkai. Credevo fermamente che tra le loro fila sarebbero emerse persone capaci che avrebbero preso la guida di kosen-rufu, apportando un contributo attivo in tutti gli ambiti, vivendo con fiducia e orgoglio. L’emergere di persone capaci è la speranza della Soka Gakkai. È la speranza dei suoi membri. È la speranza per la vittoria futura.
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Alcune persone di Chiba mi hanno inviato una fotografia del sole sorto il primo giorno di quest’anno sull’Oceano Pacifico. Io e mia moglie la guardiamo spesso assieme.
L’autore giapponese Doppo Kunikida (1871-1908), nato a Choshi, nella prefettura di Chiba, ha scritto un racconto dal titolo Alba (Hinode). Trovai questo pezzo così stimolante che in gioventù continuai a leggere molte altre sue opere.
Alba racconta di una riunione tra sette o otto ragazzi giapponesi durante l’era Meiji (1868-1912). Molti di loro s’erano laureati presso prestigiose università straniere come Oxford e Harvard e domandano a un nuovo arrivato dove lui s’era laureato. La sua risposta: Scuola Elementare Oshima, una scuola elementare che nessuno aveva mai sentito nominare. Mentre gli altri cominciano a sorridere affettatamente, ammiccando, il giovane risponde con dignità e fermezza, raccontando loro la storia della scuola.
Stando al suo racconto, Shin’ichi Oshima era il direttore e Gonzo Ikegami il suo fondatore. In gioventù Gonzo, disperato, era andato su uno strapiombo con l’intenzione di suicidarsi, quando un anziano signore gli si era avvicinato dicendo: «Guarda, il sole sta sorgendo!». Era la prima alba dell’anno nuovo. «Non dimenticare quest’alba!», sembrava lasciar intendere. «Vivi con coraggio, per vedere l’alba ogni giorno!». L’incontro con quest’uomo anziano – che si chiamava Jinzo Oshima – gli cambiò la vita. Prendendo le parole “Guarda il sorgere del sole!” come ancora e ispirazione, Gonzo lavorò sodo e fece fortuna in agricoltura. Alla morte del vecchio Oshima, Gonzo costruì, nel paesino dove vivevano, la Scuola Elementare Oshima come segno di gratitudine nei suoi riguardi. Il figlio di Oshima, Shin’ichi divenne il direttore della scuola. A oggi, spiega il giovane, le parole “Guarda il sorgere del sole!” sono il motto della scuola. Queste parole mi sembrano un invito a far sorgere il sole nel proprio cuore.
Nichiren Daishonin paragona la grandiosità del recitare Nam-myoho-renge-kyo all’alba. Scrive: «Quando a est sorge il sole, i cieli del continente meridionale di Jambudvipa si illuminano tutti grazie alla grande luce emanata dal sole» (SND, 6, 37).
Gongyo, una base fondamentale della nostra pratica, potrebbe essere descritto come la cerimonia in cui facciamo sorgere ogni giorno il sole primordiale della Buddità nel vasto cielo della nostra vita.
Nella Raccolta degli insegnamenti orali, il Daishonin cita il seguente brano tratto da un commentario buddista: «Ogni mattina ci alziamo con il Budda e ogni sera ci corichiamo con il Budda. Con ogni istante conseguiamo la via, con ogni istante riveliamo la nostra identità originale» (OTT, 83). Mattina e sera recitiamo Gongyo con vigore davanti al Gohonzon. In questo modo viviamo sempre “insieme al Budda”. Questo è l’insegnamento del Buddismo del Daishonin. Inoltre, in ogni momento ci risvegliamo alla grande forza vitale della Buddità che è in noi dal tempo senza inizio, e la manifestiamo nella nostra vita.
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Mattino e sera,
armonizzate con gioia la vita
con la melodia dell’universo,
recitando i capitoli Espedienti
e Durata della vita del Tathagata.
Questa è una poesia su Gongyo che ho composto qualche anno fa. Dall’autunno del 2004 la Soka Gakkai ha adottato una nuova forma di Gongyo che comprende la recitazione di una parte del capitolo Espedienti e la sezione in versi del capitolo Durata della vita, assieme alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Si è semplificato Gongyo per creare nel ventunesimo secolo un movimento di kosen-rufu mondiale ancora più grande. In seguito alla richiesta di numerosi membri, le organizzazioni della SGI al di fuori del Giappone hanno per prime adottato questa nuova forma.
In una spiegazione di Gongyo, Nichikan Shonin (1665-1726), noto come il grande restauratore del Buddismo di Nichiren Daishonin, descrive la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo come la “pratica principale” e la recitazione dei capitoli Espedienti e Durata della vita del Tathagata (Juryo) come la “pratica supplementare” o “pratica di supporto”.
Il Daishonin scrive che nel bel mezzo della persecuzione di Tatsunokuchi, in cui rischiò di perdere la vita, recitò «la parte in versi del capitolo Durata della vita del Tathagata» (SND, 4, 50). Alcuni dei suoi seguaci laici hanno «continuato a leggere i dieci fattori della vita [del capitolo Espedienti (Junyoze)], la parte in versi (Jigage) del capitolo Durata della vita del Tathagata e […] recitato Daimoku [Nam-myoho-renge-kyo]» (SND, 5, 172 e 173 – WND, 756). Questa è più o meno la forma di Gongyo che seguiamo noi adesso. Oggi, il suono vibrante di Gongyo, accompagnato dalla preghiera per la felicità di se stessi e degli altri, può essere ascoltato in 190 paesi del mondo; ventiquattr’ore al giorno, in tutto il pianeta, le voci dei membri della nostra organizzazione recitano senza sosta Nam-myoho-renge-kyo. Nonostante parlino lingue diverse e siano di diverse nazionalità, conducano differenti stili di vita e abbiano differenti retroterra culturali e religiosi, la rete di membri della SGI che recitano Nam-myoho-renge-kyo si è diffusa in tutto il mondo e questo di sicuro farebbe felice il Daishonin. «È certo che l’ampia propagazione della Legge [kosen-rufu] – scrive Nichiren – verrà infine raggiunta in tutto Jambudvipa [il mondo intero]» (GZ, 816). Non c’è il minimo dubbio che egli pregherebbe senza riserve per tutti i nostri ammirevoli membri della SGI.
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Praticando il Buddismo di Nichiren Daishonin, compreso quando recitiamo Gongyo e Daimoku, dovremmo sempre tenere presente i nostri vicini di casa. Se Gongyo o Daimoku sono troppo rumorosi, potremmo disturbarli. Per la stessa ragione, potrebbe altresì essere meglio trattenersi dal tenere lunghe recitazioni in luoghi dove questo potrebbe costituire un problema.
Nei primi tempi della mia pratica, spesso rientravo a casa tardi la notte e facevo Gongyo sera. La coppia che viveva nell’appartamento accanto si lamentò più di una volta delle mie preghiere ad alta voce. «Mio marito è un autista di taxi e ha bisogno di dormire», mi diceva la moglie. Aveva perfettamente ragione, ovviamente.
Naturalmente bisogna confutare rigorosamente le maldicenze gratuite, ma kosen-rufu è prima di tutto la promozione della fiducia e dell’amicizia. Ricordo con un filo di nostalgia che facevo visita ai miei vicini con regolarità e parlavo loro apertamente, conquistandomi molti nuovi amici.
Ci sono anche persone che, a causa della loro situazione lavorativa, non riescono a fare Gongyo mattina e sera in quelle ore specifiche. Vi chiedo di essere flessibili su questo punto. Quel che conta è avere il desiderio di fare Gongyo e recitare Daimoku, di avere il desiderio di pregare per i nostri problemi. L’importante è voler sfidare i propri limiti e perseverare nel farlo.
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La Legge mistica è assoluta. Il solo modo per sfruttare il potere infinito del Budda e il potere della Legge è recitare Daimoku e impegnarsi per realizzare kosen-rufu con la stessa intensità di un leone che si scaglia all’attacco.
Nel periodo in cui Toda era in difficoltà finanziarie, lavoravo con zelo per aiutarlo a superare la crisi. Superare quotidianamente i miei limiti di resistenza fisica aveva serie ripercussioni sulla mia salute. Ero a pezzi. Un giorno Toda mi chiamò nella stanza del Gohonzon e disse: «Daisaku, non hai più un briciolo di forza vitale! Non vincerai alcuna battaglia in quelle condizioni. Dai, facciamo Gongyo assieme!». Mi rimproverò severamente come per tentare di scacciare il mio debole stato vitale e liberarmi dal demone della malattia. La compassione del mio maestro mi commosse e mi si riempirono gli occhi di lacrime. Appena mi sedetti di fronte al Gohonzon e incominciai a recitare accanto a Toda – la mia voce in sintonia con la sua – sentii sgorgare da dentro di me un forte spirito combattivo e un impeto di coraggio.
Durante quel periodo tumultuoso ebbi molte opportunità di fare Gongyo con il mio impareggiabile maestro. Adesso sono un meraviglioso tesoro e un ricordo che continua tutt’oggi a risuonare nella mia vita, riempiendomi di profonda gratitudine.
Un Gongyo “combattivo” è un’inesauribile fonte di vittoria sia nella vita che nella lotta per realizzare kosen-rufu.
Il Daishonin, con la dottrina di “tremila regni in un singolo istante di vita”, insegna che un cambiamento nel modo di pensare può determinare un cambiamento in tutti i fenomeni dei tremila regni. Quando cambia il nostro modo di pensare, anche noi cambiamo. E quando cambiamo noi, cambiano anche l’ambiente e il mondo.
La fonte di questa trasformazione sta in un radicale approfondimento della preghiera al Gohonzon. Essa è completamente diversa da quella che si trova in una fede dipendente e supplicante; non imploriamo da qualcuno una fiacca elemosina per la nostra salvezza o per ricevere un aiuto. La preghiera nel Buddismo di Nichiren Daishonin, di base, è una promessa. È l’impegno a seguire un certo corso d’azione, a impegnarsi per realizzare un obiettivo preciso. E cosa potrebbe essere più bello della promessa di realizzare la propria rivoluzione umana e far sì che kosen-rufu, con il suo traguardo della pace mondiale, diventino realtà?
Nell’affrontare i problemi, preghiamo per la felicità degli altri e per la vittoria di Soka. Preghiamo per realizzare gli obiettivi organizzativi dell’attività. Nella lotta contro i tre potenti nemici, preghiamo appassionatamente affinché la giustizia prevalga per sempre; intraprendiamo inoltre azioni coraggiose fino alla fine.
Basandosi su una preghiera costante e un Gongyo “combattivo”, la Gakkai ha superato tutte le macchinazioni ordite contro di lei e ha trionfato in ogni lotta per diffondere la Legge. Ecco perché i membri della nostra organizzazione traboccano di sconfinata saggezza e forza, e sono pieni di benefici che permettono loro di essere vittoriosi.
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«Per un uomo di preghiera non esiste il battere in ritirata», disse il Mahatma Gandhi.
Febbraio, il mese tradizionale della propagazione, è arrivato di nuovo e i nostri membri ovunque si stanno sforzando con tutto il cuore di condividere il Buddismo di Nichiren Daishonin con gli altri. La fonte essenziale della vittoria di quella prima campagna di febbraio del 1952 – una campagna che diede il via a una crescita dinamica di kosen-rufu – fu una preghiera sincera basata sulla ferma convinzione di uscirne di sicuro vincitori.
Scrive Nichiren Daishonin: «Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra» (SND, 4, 195). Imprimendo in cuor nostro questo passo, rimbocchiamoci di nuovo le maniche e diamoci da fare! Per la vittoria, per il futuro, per la realizzazione di tutti i nostri desideri.
Avanti! Sempre avanti! Avanziamo con la solida unità di “diversi corpi, stessa mente” alimentata da un Gongyo vibrante e vigoroso come il ritmo di un cavallo al galoppo. Otteniamo oggi, domani, e quest’anno una sonora vittoria, sfidandoci al massimo su tutti i fronti. Coloro che continuano a sforzarsi e a sfidarsi sono felici come possono esserlo dei vincitori. Questo è un fatto della vita.
Una volta offrii al mio maestro questa poesia in cui esprimevo il mio voto:
Percorrerò la via del discepolo
Pregando
E agendo
Con forza.