Con questi ragazzi ho passato due anni meravigliosi, pieni di colpi di scena, di pianti per problemi con la scuola o con il ragazzo o la ragazza, di domande per capire meglio la pratica buddista. Anche con i loro genitori ho creato delle relazioni forti
L’incontro con il Buddismo avvenne in modo insolito: una sera del 1996 andai a vedere il film Tina’s, senza sapere che raccontasse la storia della cantante Tina Turner, e udii per la prima volta il suono della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Parlando del film con una mia collega, le dissi anche che mi sarebbe piaciuto praticare il Buddismo, lei mi guardò stupita e mi disse: «Ma non lo sai che Sandra lo pratica?». La contattai immediatamente e questo fu l’inizio.
Fin da subito notai in me molti miglioramenti sia nel carattere che nelle relazioni con gli altri. Trovai il coraggio di iscrivermi a scuola: nel 2004 ho conseguito il diploma con 90/100 provando una felicità immensa per essere riuscita ad affrontare e superare tutte le difficoltà nonostante avessi una figlia ancora adolescente, un compagno, il lavoro e la casa da portare avanti. Proprio in sede di esami, incoraggiai una compagna di classe che “grazie” alla paura degli esami si buttò a capofitto nella pratica. In seguito ha ricevuto il Gohonzon.
Ero grata alla pratica buddista perché avevo scoperto di poter essere coraggiosa e di avere grandi capacità, prima inespresse. A quarant’anni mi gustavo tutto questo, pensando: «Ora ricomincia la mia vita!». Avevo ancora tante cose da affrontare, ma mi sentivo forte come non mai.
Il 13 maggio 2005 mia figlia viene a mancare: arresto cardiaco. In un’ora e mezza tutta la mia vita crolla, si frantuma insieme alla sua. Io non esisto più. È tutto finito.
Impossibile raccontare quei giorni tremendi, ero imbottita di calmanti e antidepressivi. Posso dire che è stato il sostegno dei compagni di fede che mi ha aiutato a muovere di nuovo ogni piccolo passo; ogni piccolo spostamento che riuscivo a fare per me era comunque immenso. Sono ripartita da zero, tutto era nuovo, provavo sensazioni strane e inspiegabili.
Dopo un anno il mio compagno mi lascia. Allora mi sono detta: «Questa è la mia vita? Fa male, ma voglio vederla fino in fondo». Così è stato. Ho stretto i denti e sono andata avanti. Insieme alla mia corresponsabile, Mariarosa, abbiamo cominciato a sognare di creare un gruppo con tanti giovani. Abbiamo recitato molto Daimoku per questo obiettivo e, quasi come d’incanto, si è realizzato. Nel nostro gruppo cominciarono ad arrivare sempre più ragazzi e ragazze, dai quattordici ai ventun’anni, e a ogni riunione di discussione il numero aumentava, tanto che facevamo fatica a ricordare tutti i nomi. Gli altri responsabili ci aiutavano a far fare loro i “primi passi”. Li voglio ringraziare tutti; è stata l’occasione per imparare che le vittorie più vere sono quelle realizzate insieme.
Per me era diventata un’impresa anche riuscire a contattarli, non solo per il tempo ma anche per il costo: mi facevano gli squilli al cellulare e poi aspettavano di essere richiamati, proprio come faceva mia figlia. Mi sono tuffata nel mondo di internet, per me ancora sconosciuto; un ottimo modo per comunicare con loro velocemente. Dopo poco tempo li sfidavo con partite di dama cinese online: talvolta la posta in gioco era l’”apertura” della riunione. Insomma ci divertivamo tantissimo e ancora oggi è così. Con questi ragazzi ho passato due anni meravigliosi, pieni di colpi di scena, di pianti per problemi con la scuola o con il ragazzo o la ragazza, di domande per capire meglio la pratica buddista e anche con i loro genitori ho creato delle relazioni forti.
L’impegno era tanto, ma questo per me era un grande beneficio. Mi veniva in mente ciò che dicevo a Denise: «Sei la mia unica figlia, ma da quante ne fai mi sembra di averne dieci» ecco in quei momenti vedevo mia figlia che se la rideva… quasi me li avesse mandati tutti lei! Nel gruppo c’erano due ragazze che avevano perso la mamma lo stesso giorno e mese in cui io avevo perso Denise. Oggi una delle due, Veronica, di diciannove anni, è la mia giovane corresponsabile, e con lei sto facendo esperienze straordinarie.
La pratica mi ha donato una manciata di “gioielli” ognuno con un suo valore, unico e insostituibile. Questi ragazzi e queste ragazze mi hanno regalato tanto: energia, forza, entusiasmo e prima di tutto la gioia di aver ritrovato in ognuno di loro un pezzetto di Denise. È nei loro occhi che rivedo il suo sguardo, nelle loro ingenuità, nella loro voglia di amare e di essere amati. Grazie a tutti voi ragazzi e ragazze e ai nostri maestri che hanno fatto giungere fino a noi questo meraviglioso insegnamento. Il mio desiderio più forte è di riuscire a trasmettere ancora di più quel potere infinito che la pratica del Buddismo ci dona.