Il Buddismo è una pratica dinamica che porta le persone ad affrontare le sofferenze e le conduce verso la felicità. In questa sezione affrontiamo i princìpi fondamentali della filosofia buddista, raccontiamo attraverso testimonianze i cambiamenti che le persone hanno sperimentato nella loro vita, percorriamo le tappe principali della storia del Buddismo, rispondiamo ad alcune domande e presentiamo alcuni scritti di Nichiren avvertendo i lettori che gli articoli che compongono queste pagine non sono sempre legati fra loro
Grande io e piccolo io Il concetto buddista di “grande io” (taiga in giapponese) può essere descritto come la consapevolezza di sé che partecipa e si identifica completamente con la vita universale; è un’apertura e un’espansione del carattere che si estende non solo agli altri, ma alla vita nel suo complesso, compreso l’ambiente naturale, un sé basato sul profondo rispetto per la dignità della vita – inclusa la propria – e sulla saggezza in grado di percepire l’interdipendenza che collega i fenomeni.
A questa condizione di apertura nei confronti della vita si contrappone il più limitato “piccolo io” (shoga in giapponese), caratterizzato da pensieri e desideri egocentrici.
La pratica buddista è uno sforzo costante di espandere la propria condizione vitale per manifestare il “grande io”, un processo di ricerca interiore che il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, definì rivoluzione umana.
È importante notare che lo sviluppo del “grande io” non riguarda semplicemente un passivo cambiamento della percezione, ma deve riflettersi nelle scelte e nelle azioni del nostro vivere quotidiano. Il “grande io” si esprime in un accresciuto senso di responsabilità e nel desiderio di contribuire al benessere altrui e del pianeta.
La società contemporanea esprime chiaramente la difficoltà di trascendere il “piccolo io”. Il consumismo che alimenta desideri sempre più insaziabili; la discriminazione che esaspera le differenze tra le persone e arriva a giustificare l’oppressione e la violenza; una ottusa insensibilità verso altre forme di vita, con le quali condividiamo il pianeta… sono tutti esempi del “piccolo io” in azione.
Il punto non è rinnegare o reprimere il “piccolo io”, con il suo bagaglio di desideri e di impulsi; al contrario, dobbiamo imparare a trasformare e a indirizzare i desideri nella giusta direzione, modificando un modo di pensare dominato dall’egoismo in un modo di vivere incentrato su valori culturali e umani; per citare la Carta della Terra, lo sviluppo umano riguarda soprattutto l’essere e non l’avere.
Un processo di trasformazione consapevole inizia abbracciando un ideale e decidendo di muoversi verso una direzione positiva e di crescita. In questo senso, il Budda è la proiezione o l’incarnazione degli aspetti di positività e di benevolenza peculiari dell’essere umano. Come dice Nichiren Daishonin, il “vero Budda” non è altro che una persona comune. La Buddità non è qualcosa che è lontana da noi, ma si manifesta nelle azioni delle persone ordinarie che lottano per questo ideale.
La caratteristica principale che contraddistingue il Budda è l’ardente desiderio e la lotta incessante per la felicità altrui. Agendo sempre in accordo con la realtà dell’epoca e della società, un Budda cerca costantemente di alleviare le sofferenze altrui e di donare la felicità a tutte le persone, desiderando sinceramente la loro crescita e indipendenza, con un impegno che non ha nulla a che vedere con un atteggiamento paternalistico o con il controllo coercitivo.
È proprio lottando contro il proprio egocentrismo attraverso l’impegno altruistico che possiamo espandere e allargare il “piccolo io” verso l’ideale del “grande io”, creando una nuova armonia per noi e per l’ambiente, come indicano le parole del presidente Ikeda: «È il “grande io” che è fuso con la vita dell’universo, attraverso la quale causa ed effetto si intrecciano fino ai confini illimitati dello spazio e del tempo. Il “grande io” cosmico è simile al Sé unificante e integrante che Carl G. Jung percepiva nelle profondità dell’io. È simile anche alla “bellezza universale con la quale ogni parte e particella è ugualmente in relazione: l’Uno eterno” di cui parlava lo scrittore Ralph Waldo Emerson. Sono fermamente convinto che un risveglio al “grande io” su larga scala condurrà il mondo a una coesistenza creativa nel prossimo secolo. […] Il “grande io” del Buddismo mahayana è un altro modo di esprimere l’apertura e l’espansione del carattere che abbraccia le sofferenze di tutte le persone come se fossero le proprie. Questo io cerca sempre modi per alleviare il dolore e aumentare la felicità degli altri, qui, nella realtà della vita di tutti i giorni. Solo la solidarietà che può generare una così naturale nobiltà umana spezzerà l’isolamento dell’io moderno e farà sorgere una nuova speranza per la civiltà. Inoltre il risveglio dinamico e vitale del “grande io” permetterà a ognuno di noi di sperimentare con pari piacere sia la vita che la morte» (BS, 91, 45).
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le Domande / Il Gohonzon ai tempi di internet
Due domande ad Andrea Bottai, vice direttore generale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.
Quali sono i rapporti tra l’UBI e la Soka Gakkai?
L’UBI, l’Unione Buddhista Italiana, unisce i centri buddisti di tutte le tradizioni presenti in Italia che sentivano la necessità di unirsi e cooperare. Tra UBI e Soka Gakkai c’è fratellanza religiosa e uguaglianza sul piano legale e non ci sono fratture. La Soka Gakkai italiana non fa parte dell’UBI perché già aderisce alla Soka Gakkai Internazionale che ha un suo statuto.
Che differenza c’è tra il Gohonzon ricevuto dalla Soka Gakkai e quelli che si trovano su internet?
Nichiren Daishonin iscriveva e affidava i Gohonzon ai discepoli di forte fede, chiedendo loro di proteggerlo. Il Gohonzon rappresenta il vessillo per la propagazione di Nam-myoho-renge-kyo, che avviene tramite la trasmissione tra devoti del Sutra del Loto. Nel caso di un Gohonzon scaricato da internet manca questa relazione di affidamento: piuttosto che di una trasmissione si tratta di un’azione unilaterale, di un appropriarsi di qualcosa senza creare alcuna relazione con il resto dei discepoli. Non scordiamo che la comunità dei fedeli è uno dei tre tesori.
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Gli Scritti di Nichiren Daishonin
Virtù invisibile e ricompensa visibile (RSND, 1, 806)
La cosa più temibile per un essere umano è la slealtà. Poiché tuo fratello maggiore e tuo fratello minore hanno scelto volontariamente di diventare nemici del Sutra del Loto e si sono allontanati da te, loro sono stati sleali, tu non ne hai alcuna colpa. Ma, se non proteggi le loro mogli, sarai tu a essere considerato sleale. Dato che i tuoi possedimenti sono aumentati, falle venire presso di te e provvedi al loro mantenimento meglio che puoi. Se fai così, sicuramente i tuoi defunti genitori ti proteggeranno e infine anche le preghiere di Nichiren otterranno risposta. Non importa quali difetti possano avere le mogli dei tuoi fratelli, tu non badarci. Se in questa situazione ti comporterai come ti ho detto, penso che otterrai un feudo ancor più grande e riguadagnerai la stima degli altri.
Come ho già affermato varie volte, si dice che dove c’è una virtù invisibile ci sarà una ricompensa visibile. I tuoi colleghi samurai hanno parlato male di te al tuo signore ed egli ha anche dubitato che dicessero il vero, ma, poiché per molti anni hai nutrito il forte e sincero desiderio di salvare il tuo signore nella prossima vita, hai ottenuto questo beneficio. E questo non è che l’inizio: sii sicuro che la ricompensa grande deve ancora venire.
Inoltre, la cosa importante è mantenere buoni rapporti con coloro che credono in questo insegnamento, non è vedere, sentire o dire ciò che può dispiacerti. Continua con calma a offrire preghiere. Quanto ti ho esposto non è una mia opinione personale. Ho estrapolato e trascritto i punti fondamentali dei tremila volumi delle scritture non buddiste e dei cinquemila volumi delle scritture buddiste.
Con profondo rispetto,
Nichiren
Il ventitreesimo giorno del quarto mese
Risposta [a Shijo Kingo]
CENNI STORICI – Si ritiene che il Daishonin abbia scritto questa lettera a Shijo Kingo, mentre si trovava a Minobu, nel quarto mese del primo anno di Koan (1278).
Il manoscritto originale era probabilmente composto di dodici pagine, di cui le prime nove sono andate perdute. Quanto alle ultime tre, la decima è conservata in un tempio, l’undicesima e la dodicesima in un altro; solo queste ultime due pagine furono incluse nelle Opere complete di Nichiren Daishonin (Nichiren Daishonin Gosho Zenshu), con il titolo Virtù invisibile e ricompensa visibile, mentre la pagina dieci, ritenuta un frammento a sé stante, era stata intitolata Sulla slealtà, e non venne inclusa nelle Opere complete. Studi più recenti hanno tuttavia dimostrato che la pagina dieci contiene la parte immediatamente precedente a Virtù invisibile e ricompensa visibile. Qui sono state tradotte tutte e tre le pagine, la prima delle quali, di recente integrazione, corrisponde alla parte iniziale, da «La cosa più temibile» a «sicuramente i tuoi defunti genitori ti proteggeranno».
Dalla lettera si intuisce che Shijo Kingo aveva cominciato a riguadagnare il favore del suo signore che, infatti, di lì a sei mesi gli avrebbe concesso un feudo ancora più grande del precedente.