Vittorio Sakaki, vice presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, condivide la sua esperienza dell’inaugurazione del Centro culturale italiano e della visita del presidente Ikeda in Italia nel 1992
Nel 1984 avevamo preso in affitto un piccolo ufficio a Firenze. Lì, ogni giorno, dalle 20:00 alle 21:30 c’era sempre qualcuno che recitava Daimoku con l’obiettivo di trovare il Centro culturale.
Cercavamo una villa con una bella sala, abbiamo visto centinaia di alternative. Poi abbiamo trovato la Villa di Bellagio, che abbiamo acquistato il 24 aprile 1986. Due giorni dopo mi trasferii lì, c’era bisogno di qualcuno che si occupasse di vari aspetti. Non era confortevole, mancava il riscaldamento, in inverno dormivo con sciarpa e cappello. Nel frattempo studiavo e cercavo lavoro. Ho potuto sostenere questi sforzi solo grazie a una guida di Sensei, che costituisce il mio punto di origine nella fede: «Non dimentichiamo che se consideriamo ogni cosa come parte della pratica buddista, tutti i nostri sforzi e difficoltà saranno la fonte di un’eterna felicità, e saranno le fondamenta della nostra crescita e del nostro sviluppo».
Quindi cominciarono i lavori di restauro, che durarono tre anni. Nei weekend i giovani venivano a lavorare come volontari. Per 150 weekend hanno partecipato a questi lavori oltre 20.000 giovani. Erano tutti animati da una grande passione per un grande ideale. Grazie a questi sforzi, il 2 maggio 1987 abbiamo terminato la sala principale, mentre nel 1989 è stata completata la sala esterna.
Poi, il 25 giugno 1992, Sensei arrivò in Italia per la sua settima visita e alla sua presenza venne inaugurato ufficialmente il Centro culturale italiano.
Personalmente ho fatto un’esperienza importante in occasione della riunione generale del Gruppo giovani che si tenne la mattina del 27 giugno. C’era la possibilità che per motivi di lavoro dovessi partire a ridosso della riunione… mi chiamarono all’ultimo e dovetti prendere l’aereo il giorno prima, nel tardo pomeriggio! Per me era importante terminare il lavoro affidatomi, ma non volevo assolutamente perdermi quella riunione storica con Sensei. Pregai con tutta la mia vita per realizzare l’impossibile e fare entrambe le cose. Lavorai tutta la notte per riuscire a prendere l’aereo della mattina per Firenze, ma arrivai pochi minuti dopo che il volo era stato chiuso.
Scoprii in quel momento che, incredibilmente, stava per partire un altro volo straordinario per un evento che si svolgeva proprio a Firenze. Così alla riunione generale ero in prima fila davanti a Sensei!
La visita di Sensei in Italia durò dieci giorni. Prima di andare a Milano, il 1 luglio 1992, alloggiò sempre al Centro culturale di Firenze. Io sono stato sempre al suo fianco, è stato un allenamento incredibile.
Sensei trasmetteva un amore enorme per l’Italia, che nutriva fin da quando, da giovane, aveva letto la Divina Commedia. Si rivolgeva a ognuno come a un Budda, con la decisione che tirasse fuori la sua Buddità.
Durante il suo viaggio nel 1981, Sensei ci disse che quella visita a distanza di cinquant’anni sarebbe stata ricordata come un evento storico.
Nel 2031 saranno passati cinquant’anni e la mia determinazione è che in Italia fiorisca un movimento culturale aperto a tutte le persone, per creare un “nuovo rinascimento” della civiltà, come ci ha incoraggiato il maestro Ikeda. Per realizzare questo, è fondamentale far emergere persone capaci e il ruolo dei giovani è cruciale. Grazie alle guide di Sensei riesco a comprendere quanto i giovani siano importanti: oggi mi rivolgo a loro con rispetto, senza arroganza e con grande fiducia. I giovani sono bravissimi, educati e gentili. Sono coloro che supereranno tutti i nostri limiti, come “il blu che diventa più blu dell’indaco” (cfr. RSND, 1, 404).