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"Giustizia", puntate 38-66 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:31

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“Giustizia”, puntate 38-66

La prova concreta che ciascuno offre nel proprio ambiente è fondamentale per una comprensione corretta degli insegnamenti buddisti. Shin’chi ne era consapevole e non perdeva occasione per lodare, sostenere e incoraggiare i membri sia durante le riunioni ufficiali che negli incontri occasionali

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La prova concreta che ciascuno offre nel proprio ambiente è fondamentale per una comprensione corretta degli insegnamenti buddisti. Shin’chi ne era consapevole e non perdeva occasione per lodare, sostenere e incoraggiare i membri sia durante le riunioni ufficiali che negli incontri occasionali

Si conclude il secondo capitolo del volume 27, “Giustizia”

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[38] Il pomeriggio del 16 aprile, Shin’ichi Yamamoto partì da Saitama per tornare a Tokyo. Appena si mise al lavoro nella redazione del Seikyo, ricevette la notizia che alcuni membri della Divisione donne del Kansai e della regione di Hokuriku appartenenti al gruppo Ishizue [il cui significato è “fondamenta”, n.d.r.] che si occupava della custodia dei Centri culturali, erano presso la sede centrale per un corso.
Pensò: «Davvero? Mi piacerebbe incontrarle con calma per ringraziarle del loro impegno. Sono tutte persone che, senza essere viste, si sforzano per proteggere i nostri Centri culturali. Purtroppo oggi non ho molto tempo, però se queste signore lo desiderano, potremo fare insieme una foto commemorativa».
Nonostante gli impegni, se veramente vogliamo incoraggiare qualcuno, troveremo sempre il modo di farlo. Un po’ prima delle 17, di fronte alla redazione del Seikyo, Shin’ichi partecipò a una foto con una cinquantina di membri a cui rivolse alcuni incoraggiamenti: «Benvenute e grazie per essere venute da così lontano. Sono a conoscenza di tutti gli sforzi che state facendo rimanendo sempre nell’ombra. Essere sempre attenti a mantenere buone relazioni con il vicinato è un impegno notevole. Ci saranno magari persone che fraintendono le nostre attività o che hanno una cattiva impressione della Gakkai. Tuttavia, vi prego di ampliare la sfera di comprensione del nostro movimento tra i vicini, nelle vostre comunità, consapevoli della vostra missione di “ambasciatrici plenipotenziarie” della nostra organizzazione, dicendo a voi stesse: “Io sono qui proprio per questo”.
«Lo spirito della Gakkai e del Buddismo si trasmetteno da persona a persona. Per questo il Daishonin afferma: “La Legge non si propaga da sola; poiché sono le persone a propagarla, sia le persone che la Legge sono meritevoli di rispetto” (GZ, 856). Il vostro comportamento di tutti i giorni, le vostre voci quando salutate le persone, tutto ciò contribuisce ad aprire nuove vie verso la realizzazione di kosen-rufu. Le “fondamenta” di un edificio non sono visibili dall’esterno; tuttavia sono queste a sostenerlo. Allo stesso modo, tutte voi del gruppo Ishizue state sostenendo solidamente la Soka Gakkai. Se tutti i responsabili determinassero come voi di diventare le fondamenta di kosen-rufu, della Soka Gakkai e di tutti i membri, anche se nessuno dovesse accorgersi della loro esistenza, potremmo accelerare di chissà quanto l’avanzamento di kosen-rufu rispetto ai ritmi attuali!».

[39] Il 19 aprile Shin’ichi andò al Taiseki-ji (tempio principale) dove ebbe un colloquio con il patriarca Nittatsu. Il giorno seguente si recò in visita al nuovo Centro culturale per la pace di Ito, nell’omonima città della prefettura di Shizuoka. Per l’inaugurazione si tennero due cerimonie di Gongyo, una il primo pomeriggio e una la sera, e per partecipare a quest’ultima, Shin’ichi raggiunse il Centro un po’ dopo le tre e mezzo: il verde che circondava l’edificio sotto i raggi del sole risplendeva di toni brillanti. Shin’ichi arrivò proprio quando la prima cerimonia di Gongyo stava finendo. Per incoraggiare i partecipanti, propose di fare insieme una fotografia in ricordo di quel giorno.
A quella notizia inaspettata, tutti esultarono di gioia. Nella grande sala dove si era tenuta la cerimonia, Shin’ichi fece delle foto con i partecipanti suddivisi in cinque gruppi e intanto, tra una foto e un’altra, li incoraggiava: «Vi auguro tanta felicità. Mi raccomando, siate felici. È per questo che pratichiamo: diventate a ogni costo dei vincitori nella vita. Come il fiore di loto nell’acqua: la fede ci consente di costruire la felicità nel modo più consono alla nostra natura, anche nella più torbida, difficile realtà della vita». Anche un solo incoraggiamento può diventare fonte di coraggio, la svolta decisiva per superare difficoltà e sofferenze.
Shin’ichi si sforzava al massimo per fare di ogni attimo l’occasione per piantare un seme nel cuore delle persone, affinché prendessero coscienza della loro capacità di risvegliare la Buddità innata nella vita, per aprire nuove vie per la grande, eterna crescita degli esseri umani. Successivamente, dopo aver assistito a una piantumazione commemorativa e a una riunione informale con i responsabili dell’area di Izu, si recò in visita a un tempio di Ito dove incontrò il prete responsabile: il suo obiettivo era che potesse sviluppare una corretta comprensione della Gakkai e che vegliasse sulla crescita dei membri. Dopo la conversazione con il prete, Shin’ichi fece ritorno al Centro culturale alle 19,50. Senza un attimo di riposo, si diresse verso la sala dove si stava per tenere la cerimonia serale di Gongyo.
Nichiren insegna: «La vita è il più prezioso di tutti i tesori. Anche un solo giorno di vita in più ha maggior valore di dieci milioni di ryo d’oro» (Il prolungamento della vita, RSND, 1, 848). Ogni giorno, ogni attimo, è un tesoro unico e Shin’ichi non ne sprecava nemmeno uno, cosciente che la vita è limitata. Perciò aveva deciso di impegnarsi sempre al massimo, in ogni momento.

[40] Dopo la cerimonia commemorativa per l’inaugurazione del Centro, Shin’ichi si rivolse ai presenti con un discorso informale. Cominciò a parlare dell’esilio a Izu di Nichiren Daishonin e delle grandi persecuzioni subite dal fondatore e primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, che fu costretto a presentarsi alle autorità giudiziarie di Shimoda, sulla penisola di Izu, e poi chiuso in carcere, dove terminò i suoi giorni.
Quando Nichiren afferma «Saranno oggetto di odio e gelosia ancor maggiori di quelli che sorsero durante l’esistenza del Tathagata» (La pratica dell’insegnamento del Budda, RSND, 1, 346) intende dire che Shakyamuni ha subìto molte persecuzioni, ma le persone che propagano l’insegnamento corretto nell’Ultimo giorno della Legge ne dovranno affrontare di maggiori, e subiranno ancor più forti sentimenti di odio e invidia. Sino a oggi la Soka Gakkai, a causa del continuo impegno per la causa di kosen-rufu, ha dovuto lottare contro ripetute persecuzioni, violente critiche e calunnie. Esistono forse altre organizzazioni religiose che hanno subìto, come la Soka Gakkai, persecuzioni per aver propagato l’insegnamento originale del Daishonin? Credo che ciò, alla luce del Gosho e delle scritture buddiste, sia la dimostrazione che questa è l’organizzazione che ha veramente agito per il progresso di kosen-rufu. Cosa ne pensate?».
Ci fu un fragoroso applauso. Shin’ichi parlò inoltre dei legami tra i membri: «I membri che abbracciano la Legge mistica, sono uniti da legami che perdurano sin dal tempo senza inizio. Nella Gakkai, quando si viene a sapere che una persona sta soffrendo per una malattia o per altri problemi, molti compagni di fede recitano Daimoku per lei. Allo stesso modo, al momento della morte di un membro, i suoi compagni pregano con tutto il cuore. Molti si impegnano anima e corpo nell’incoraggiare assiduamente amici più giovani nella pratica, con il desiderio che approfondiscano un po’ di più la loro fede e diventino felici. Ascoltano i loro problemi facendoli propri, e preoccupandosi sinceramente fanno di tutto per incoraggiarli.
«Sono relazioni umane assolutamente disinteressate. Non esiste un altro mondo di umanità e benevolenza così bello, puro e prezioso. Quando questi tesori spirituali, costruiti all’interno dell’organizzazione, saranno apertamente condivisi nella società, inizierà la seconda fase del movimento di kosen-rufu. Proprio perché la nostra è un’epoca avvolta dalla sfiducia, dalla diffidenza e dalla gelosia, vi prego di costruire nella vostra comunità, qui a Izu, magnifici esempi di armonia e coesistenza umana pacifica».

[41] Ciò che Shin’ichi desiderava ribadire nella terra dove ebbe luogo la persecuzione contro il Daishonin, era che una profonda convinzione nel Buddismo costituisce la base della fede. Nell’estate del 1951, poco dopo la sua nomina a secondo presidente, Josei Toda redasse uno scritto dal titolo Storia e convinzioni della Soka Gakkai (che si trova nella terza raccolta degli scritti di Josei Toda).
In esso Toda descriveva la figura del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi che, lottando contro le persecuzioni del governo militare, morì martire in prigione. «Richiamate alla mente la profonda convinzione del presidente Makiguchi. Egli non si è forse alzato mosso da un’assoluta convinzione? Durante la guerra nel Pacifico, mentre quei preti codardi si piegavano di fronte al volere del governo egli, convinto invece che per la prosperità della nazione non ci fosse altra via che ammonire le autorità, intimò solennemente: “Ammonendo il governo dobbiamo salvare il popolo giapponese anche a costo di distruggere la Nichiren Shoshu e mantenere in vita la volontà del primo patriarca”. Alla luce di ciò comprendiamo quanto grande fosse la sua convinzione».
Makiguchi coltivava un’assoluta convinzione nel Buddismo di Nichiren Daishonin. Per questo motivo, anche di fronte a una grande persecuzione rimase saldo e portò avanti fino in fondo la correttezza del Buddismo di Nichiren. Toda, arrestato insieme a Makiguchi, durante la prigionia, attraverso la lettura attenta e la recitazione del Sutra del Loto, si risvegliò alla consapevolezza di essere egli stesso un Bodhisattva della Terra, venuto al mondo per diffondere la Legge di Myoho-renge-kyo nell’Ultimo giorno della Legge insieme al suo maestro. Questa è la famosa “Illuminazione che Toda raggiunse in prigione”.
Nel suo scritto affermava: «Noi siamo tutti Bodhisattva della Terra ma, dal punto di vista della fede, siamo allo stesso tempo i seguaci, gli umili discepoli di Nichiren Daishonin. Sia di fronte ai Budda e ai bodhisattva delle tre esistenze e delle dieci direzioni, che negli abissi dell’inferno, dobbiamo recitare a voce alta il Sutra del Loto dei sette caratteri davanti al nostro grande Gohonzon, e considerare questo grande Gohonzon che portiamo nel cuore il nostro orgoglio».
Per concludere, dopo aver ribadito la sua determinazione di dedicare tutta la vita a kosen-rufu per portare avanti il testamento del suo defunto maestro, scriveva: «Questa sua convinzione è l’essenza dello spirito della Soka Gakkai che sta pian piano prendendo forma. Non è forse questo il vero hosshaku kenpon (abbandonare il transitorio e rivelare il vero) della Soka Gakkai?». Toda riteneva che l’autentico hosshaku kenpon della Soka Gakkai risiedesse nella profonda convinzione che ciascun membro doveva coltivare di essere un Bodhisattva della Terra, di essere un seguace del Daishonin, un suo discepolo, e nel fatto che i membri stessero realmente vivendo fino in fondo per kosen-rufu.

[42] Nel suo scritto Josei Toda racconta che, convinto che la Gakkai avesse ormai compiuto il suo hosshaku kempon chiese nuovamente al patriarca Nissho Mizutani che la Soka Gakkai potesse ricevere un Gohonzon per la realizzazione del grande voto di shakubuku.
Il patriarca Nissho, elogiando la determinazione della Soka Gakkai, iscrisse il Joju Gohonzon “per la realizzazione del grande voto di kosen-rufu attraverso la compassionevole propagazione della grande Legge”.
Questo grande voto di Nichiren Daishonin non è altro che kosen-rufu.
Questo era anche il “grande voto” di Toda, il cui cuore ardeva della missione di Bodhisattva della Terra e della consapevolezza di essere un seguace del Daishonin, un suo umile discepolo.
Kosen-rufu è anche il grande voto di tutti i compagni di fede della Soka Gakkai e Toda descrive così i membri che, basandosi su questo Gohonzon, si dedicavano con gioia alla propagazione del Buddismo: «I membri che, partendo da una forte determinazione, si impegnano con dedizione in questo movimento della pratica concreta, sono pieni di coraggio e hanno iniziato ad avanzare, sotto una guida ineccepibile e all’interno di un’organizzazione impeccabile, tutti all’unisono verso l’ampia propagazione di shakubuku. È forse mai esistita in passato, in questi settecento anni, un’organizzazione come la Soka Gakkai? Grazie all’intrepido spirito combattivo di tutti i direttori, di tutti i responsabili di capitolo e allo spirito indomito dei membri, la Soka Gakkai, fra lezioni di studio e shakubuku, sta vivendo un momento di slancio».
I compagni di fede che fanno propria la missione della propagazione della Legge, della compassionevole propagazione tramite lo shakubuku, sono tutti Bodhisattva della Terra, inviati del Budda. Perciò, risvegliando questa consapevolezza e trasformando il proprio stato vitale, riescono a far pulsare dentro di sé una forza così vasta da permettere di superare ogni tempesta che il destino ha in serbo per loro. Toda dichiarava solennemente: «Il tempo è ormai giunto. È arrivato il momento di realizzare un’ampia propagazione. È finalmente arrivato il momento di realizzare kosen-rufu nel paese; anzi, di propagare la Legge in tutta l’Asia». La convinzione della Soka Gakkai è la convinzione nel Buddismo di Nichiren Daishonin, è la profonda convinzione nel Gohonzon. È la convinzione che tutti noi, membri della Soka Gakkai che diffondiamo la Legge, siamo i veri Bodhisattva della Terra, siamo i seguaci e i discepoli del Daishonin. È la profonda convinzione che riusciremo a innalzare il vessillo della vittoria di kosen-rufu. Shin’ichi lanciò questo appello ai compagni di fede di Izu: «La fede, in una parola, possiamo definirla “convinzione”. La convinzione diventerà un fermo e incrollabile credo che costituirà la struttura portante del vostro modo di vivere».

[43] «Come possiamo essere in grado di coltivare una salda convinzione?». Shin’ichi Yamamoto proseguì dicendo: «La prima cosa è percepire il potere della fede; dipende cioè dalle esperienze che si è in grado di realizzare nella propria vita. Le persone che fanno esperienze di fede sono forti perché percepiscono il potere del Gohonzon con la propria stessa vita». È certamente importante comprendere a livello teorico il Buddismo, e questa comprensione costituisce la spinta per andare avanti, eppure ciò non ci rende ancora forti. Una cosa è comprendere il Buddismo con la mente, altra cosa è percepirlo con la vita.
Anche nel kendo e nel judo non si diventa forti solamente imparando le regole e assimilando i metodi di allenamento. Solo continuando a esercitarsi e facendo esperienza attraverso tanti incontri il corpo apprende e la vita percepisce “come si può vincere” e “come comportarsi in un determinato frangente”. La nostra tecnica si affina così.
Lo stesso vale per la fede. Le esperienze di fede rappresentano la via più rapida per acquisire convinzione nella pratica. Nel corso della vita ci attendono numerose prove e sofferenze grandi e piccole. Possiamo incontrare difficoltà sul lavoro, nelle relazioni umane o, ad esempio, nel crescere i figli. Può accadere di essere coinvolti in un incidente o soffrire per una malattia e vi sono persone che si affannano perché non riescono a fare shakubuku.
Bisogna affrontare ogni singola preoccupazione, ogni singola prova che si presenta dicendo: “Questo è ciò che devo affrontare”, e impegnarci con forza nella recitazione del Daimoku e nell’attività della Soka Gakkai. Agendo in questo modo potremo sicuramente superare le nostre preoccupazioni.
A volte saremo in grado di risolverle una a una, altre volte riusciremo a risolverle tutte insieme, in un sol colpo, come afferma il Daishonin nel Gosho: «Le sofferenze dell’inferno svaniranno immediatamente» (Alleggerire la retribuzione karmica, RSND, 1, 173). Anche se il problema che ci affligge dovesse persistere, saremo in grado di elevare il nostro stato vitale in modo tale da non soffrire sentendoci assillati e facendoci sconfiggere. Accumulando questo tipo di esperienze alla fine riusciremo ad approfondire e a rafforzare la nostra convinzione in questo Buddismo.

[44] La Soka Gakkai è paragonabile a un’assemblea di Bodhisattva della Terra incaricati della grande missione di kosen-rufu. Riguardo alla pratica buddista per la concretizzazione di questo ideale, Nichiren Daishonin afferma: «Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri» (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 342).
Nei momenti in cui ci impegniamo nelle attività, nella pratica per sé e per gli altri, nell’obiettivo di realizzare kosen-rufu, nel nostro cuore pulsa l’immenso e gioioso stato vitale dei Bodhisattva della Terra. Negli anni pionieristici della Gakkai i nostri compagni di fede si dedicavano con entusiasmo alle attività volte alla propagazione della Legge mistica tra difficoltà e sofferenze, che potevano riguardare la salute, la situazione economica o quella familiare. Tuttavia, le persone che prestavano ascolto erano davvero poche.
I membri venivano spesso derisi, offesi, a volte evitati o esclusi dalla loro comunità, ma nonostante ciò non si arresero mai. Come fu possibile? Perché si rendevano conto che le difficoltà che stavano affrontando erano ciò che i compagni più anziani nella fede avevano spiegato loro e che il Gosho e le scritture buddiste insegnano. Quelle stesse difficoltà si mutarono in gioia e convinzione, rafforzando lo spirito combattivo per dedicarsi ancora più intensamente alla propagazione del Buddismo del Daishonin.
Le sfide coraggiose fanno emergere una gioia mai provata, una più forte determinazione e rendono il nostro spirito incrollabile. Questa gioia e questa determinazione fanno scaturire una grande energia vitale che ci consente di superare qualsiasi ostacolo, diventando la forza motrice che ci fa avanzare con coraggio nelle attività per la propagazione del Buddismo. La forza dei pionieri del nostro movimento deriva dalla pratica dello shakubuku e della propagazione del Buddismo di Nichiren a cui si dedicavano anima e corpo.
Grazie a questa pratica, il grande stato vitale dei Bodhisattva della Terra e l’immensa gioia di far parte della schiera di discepoli del Daishonin pulsavano nei nostri cuori. Proprio per questo non ci siamo piegati di fronte a nulla e abbiamo continuato a lottare impavidi. Non esiste forza maggiore di quella che scaturisce dalla pratica dello shakubuku. Il ripetersi di questi sforzi ci permette di coltivare una forte fede.
Shin’ichi si appellò ai compagni di fede di Izu: «La forza della Gakkai risiede nel fatto che tutti i suoi membri hanno ereditato la forte convinzione dei maestri Makiguchi e Toda. Noi che percorriamo la via dell’insegnamento corretto del Daishonin non potremo che essere avvolti dai benefici, come da una calda luce solare. Tutta la nostra vita, per le tre esistenze, sarà una continua lotta, dove si vince o si perde. Anche se ora dovessimo trovarci in circostanze difficili, decidiamo di andare avanti dichiarando a gran voce che trasformeremo ogni cosa e che tutti potranno assistere alle nostre vittorie».

[45] Dopo aver incoraggiato i membri nella prefettura di Shizuoka, il pomeriggio del 21 aprile Shin’ichi si recò nella regione del Chubu. Alle 18,30 prese parte a una riunione informale con alcuni responsabili delle prefetture di Aichi, Mie e Gifu.
I partecipanti gli riferirono che da gennaio di quell’anno, da quando l’organizzazione locale si era ulteriormente strutturata in capitoli, grazie alle intense attività portate avanti dai membri per la propagazione del Buddismo, i compagni di fede di vari capitoli stavano ricevendo benefici e i giovani mostravano una notevole crescita nella fede.
Shin’ichi ascoltò i loro resoconti e disse: «Niente mi rende più felice di sapere che tutti i membri si dedicano con energia e dinamismo alle attività della Gakkai, e che stanno assaporando gioia e felicità. Tuttavia non posso fare a meno di pensare a coloro che non possono partecipare perché le persone vicine a loro si oppongono alla pratica, o perché hanno così tante preoccupazioni da rimanere chiusi nella loro angoscia.
«Desidero che voi responsabili andiate a trovare queste persone in mia vece, e che li incoraggiate “avvolgendoli” con la compassione. Stringete loro le mani, piangete insieme a loro e condividete le loro sofferenze.
In quel momento, con tutto il cuore, dedicandovi a quelle persone, con forza e tenacia, trasmettete loro il potere meraviglioso della fede e la grandezza del Buddismo del Daishonin.
In questo modo si renderà possibile un rinnovamento profondo della vita umana. Questa è la missione della Gakkai. Mi raccomando, conto su di voi».
Al termine di quella conversazione decisero di fare Gongyo insieme. In quel momento alcune donne esclamarono: «Sensei!» e si avvicinarono a Shin’ichi. Un po’ esitante, una di loro iniziò a parlare. Era Yasue Hirahata, responsabile della Divisione donne della prefettura di Mie, dove il 23 di quel mese si stava organizzando un festival di cori della Soka Gakkai. «È vero che non si può cantare la canzone preferita della nostra Divisione, Kyomo genkide? [Forever Sensei è il titolo in inglese, n.d.r.]. È la canzone della Gakkai che ci piace di più, che meglio interpreta i pensieri e le aspirazioni delle nostre compagne della Divisione donne. La preghiamo di darci la possibilità di cantarla!». La sua voce tremava dall’emozione.

[46] Kyomo genkide, la canzone preferita della Divisione donne, era amata da tutte. Il testo esprimeva la sincera e perseverante determinazione dei suoi membri di dedicarsi ogni giorno, con gioia ed entusiasmo, alle attività per kosen-rufu, e la melodia era stata composta su note allegre e ritmate.

Alla luce del sole di un mattino sereno,
anche oggi con energica vitalità, formiamo la nostra rete di amicizia.
Con la nostra determinazione di lottare,
nei momenti felici come in quelli tristi,
la parola che ci scambiamo
è
sensei, sensei, il nostro sensei!

Personalmente Shin’ichi era un po’ imbarazzato da alcune strofe della canzone, ma per le compagne della Divisione donne quello era il canto della lotta condivisa con il maestro che aveva affidato loro lo spirito di avanzare per kosen-rufu, sempre insieme a lui.
Per il Festival dei cori della prefettura di Mie, inizialmente era stato deciso che la Divisione donne cantasse Kyomo genkide, e infatti aveva già provato diverse volte la canzone. Ma poi venne cancellata dal programma. Infatti al festival erano stati invitati alcuni preti dell’area del Chubu, e in quel periodo il clero criticava il fatto che i membri della Gakkai riponessero una fiducia totale nel presidente Yamamoto e che lo rispettassero come il proprio maestro. Fu deciso di non cantare quella canzone per non irritarli.
Ma quella decisione non convinceva i membri della Divisione donne che pensavano: «Perché non si può? Perché non ci è permesso cantare una canzone che esprime il desiderio di ricercare lo spirito del maestro?». Tutte avevano la forte convinzione di essere diventate felici poiché si erano sforzate di approfondire la fede seguendo le guide del presidente Yamamoto, e avevano così potuto superare sofferenze di varia natura. Condividevano inoltre l’orgoglio di percorrere la via di maestro e discepolo verso il conseguimento dell’ideale di kosen-rufu. Per loro quindi non si trattava semplicemente di non poter cantare una canzone. Sentivano la loro dignità calpestata, il loro modo di vivere non riconosciuto.

[47] «L’amore di una madre è un sentimento pieno di gentilezza, serenità, calore e tolleranza, ma al tempo stesso di assoluta imparzialità e rigore, forza impetuosa, spirito protettivo e senso di giustizia»: queste parole sulla madre sono state scritte da Xie Bingxin, una delle esponenti più illustri della letteratura cinese del ventesimo secolo. I sentimenti da lei descritti potrebbero essere considerati come gli stessi che caratterizzano i membri della Divisione donne.
Le compagne di fede di Mie si chiedevano: «Perché dobbiamo nascondere la stima e l’affetto che proviamo per il nostro maestro? È insensato!». Alla fine, la tenacia nel voler vedere realizzato il loro desiderio fu premiata e la canzone Kyomo genkide venne inclusa nel programma del Festival dei cori della prefettura di Mie.
Shin’ichi dichiarò con energia: «Non vedo l’ora di ascoltare il coro della Divisione donne». In quell’attimo, sul viso di Yasue Hirahata, responsabile della Divisione donne della prefettura, affiorò un sorriso splendente e i suoi occhi si inumidirono di lacrime. Telefonò subito dove si stavano svolgendo le prove generali. Voleva trasmettere il prima possibile quella bella notizia alle compagne che facevano parte del coro. Quando fu annunciato che avrebbero cantato la canzone, nella sala scoppiarono grida di gioia e fragorosi applausi. Alcune si asciugavano le lacrime con il fazzoletto.
Alla radice del movimento della Gakkai esiste il nobile spirito di non dualità di maestro e discepolo. Questo è lo spirito della Gakkai che dovrà rimanere per sempre inalterato, nonostante le critiche che potremo subire o le trasformazioni che avverranno nella nostra epoca. Anche la grande corrente di kosen-rufu nasce dalla relazione tra maestro e discepolo che come linfa vitale scorre nelle profondità della nostra esistenza. Sin da giovane Josei Toda rispettò Tsunesaburo Makiguchi come suo maestro, lo sostenne e lo protesse in ogni circostanza. Per questa ragione, sotto l’oppressione del governo militare, furono arrestati e incarcerati insieme. Non solo i due maestri, ma anche le loro famiglie furono accusate dal vicinato di “tradire la patria”.
Nel secondo anniversario della morte del suo maestro, Toda affermò con profonda emozione: «Grazie alla tua incommensurabile compassione ho potuto seguirti fino in carcere». Questa è la relazione tra il maestro e il discepolo che vivono per la grande missione di kosen-rufu, in cui si rivela la nobile forza spirituale che ci rende capaci di trasformare anche le più dure persecuzioni in fonte di gioia.

[48] Anche Shin’ichi percorse fino in fondo con Toda il cammino di maestro e discepolo per adempiere alla missione della Soka Gakkai di realizzare kosen-rufu e compiere la missione individuale in questa vita.
Quando l’azienda del suo maestro si stava arenando tra le difficoltà, costringendolo a dimettersi dalla carica di direttore della Soka Gakkai, Shin’ichi volle esprimere in versi il suo giuramento con questa poesia al suo maestro: «Servo il mio maestro per un antico legame che ci unisce; / se anche le altre persone dovessero cambiare, / io resterò lo stesso».
Animato dal desiderio che il suo maestro potesse tornare ad assumere un giorno la guida del movimento di kosen-rufu, Shin’ichi, fedele alle parole della poesia e incurante della sua salute cagionevole, continuò a lottare senza risparmiarsi nell’opera di ricostruzione dell’azienda di Toda.
Dedicò ogni giorno a questo scopo, con lo spirito descritto nel celebre passo: «Se in un singolo istante di vita esauriamo le sofferenze e gli sforzi di milioni di kalpa, allora istante dopo istante sorgeranno in noi i tre corpi del Budda di cui siamo eternamente dotati» (BS, 124, 56). Gli strenui sforzi di Shin’ichi produssero i loro frutti, e dopo aver superato numerose avversità, il suo maestro poté assumere finalmente la guida come presidente della Soka Gakkai.
Toda annunciò che l’opera della sua vita sarebbe stato il raggiungimento del traguardo di settecentocinquantamila famiglie di praticanti, obiettivo che riuscì a realizzare magnificamente.
Si può affermare che l’origine e la forza trainante del successivo grande sviluppo di kosen-rufu a livello mondiale, che nessuno avrebbe mai immaginato, fu proprio la lotta condivisa di maestro e discepolo per la propagazione della Legge portata avanti dal primo presidente Tsunesaburo Makiguchi e dal secondo presidente Josei Toda, anche a costo della vita.
In seguito, grazie anche allo stesso tipo di lotta di Shin’ichi e dei discepoli che li seguirono, si inaugurò un’epoca di grande propagazione in tutto il mondo, mai conosciuta prima. Ciò che sta più a cuore ai discepoli di Nichiren è la realizzazione del grande voto di kosen-rufu. Sono i maestri e i discepoli della Soka Gakkai ad averlo promosso concretamente, e questa è la prova inconfutabile che la Gakkai è l’organizzazione fedele al mandato del Budda.
È grazie a questa crescita che la Soka Gakkai ha potuto proteggere la Nichiren Shoshu e il clero ha prosperato negli anni.
Questa è una verità inconfutabile ed è il cammino sicuro che avrebbe portato alla realizzazione di kosen-rufu; Shin’ichi riteneva pertanto che fosse necessario parlarne con pazienza e fino in fondo con i preti.

[49] Le fresche foglie appena germogliate davano la sensazione che il Chubu stesse rinascendo dall’inverno. Nel pomeriggio del 22 aprile, in un’atmosfera frizzante, si tenne presso il Centro culturale del Chubu, nella città di Nagoya, la quarta riunione generale dei responsabili di centro, alla presenza del presidente Shin’ichi Yamamoto.
La riunione precedeva di poco il 3 maggio, giorno in cui ricorrevano diciotto anni dalla nomina di Shin’ichi a presidente della Soka Gakkai e perciò vennero disposti sul palco fiori di iris, un tocco di colore.
Sul palco Shin’ichi, ringraziando i compagni di fede di tutto il paese per il continuo impegno determinò di fronte a tutti: «Mi impegno a guidare con coraggio il nostro movimento facendo io da scudo, per permettere a tutti voi di potervi dedicare con serenità alla pratica buddista e avanzare verso kosen-rufu». Citando il Gosho, disse poi, che per quanto grandi fossero le difficoltà incontrate, l’atteggiamento di un vero buddista è trasformarle in forza per progredire, per migliorarsi e crescere.
Lanciò poi un appello vigoroso: «Se osserviamo le cose dal punto di vista della Legge buddista, tutti noi siamo apparsi nell’Ultimo giorno della Legge per adempiere alla nobile missione di kosen-rufu in nome di un profondo legame karmico. Questo non è altro che il nostro voto dall’infinito passato. È ciò che abbiamo desiderato, ciò che abbiamo promesso solennemente di fronte al Budda. Se percorriamo fino in fondo e per tutta la vita “la via della fede”, “la via del raggiungimento della Buddità in questa esistenza”, “la via di kosen-rufu“, “la via di maestro e discepolo”, “la via dei compagni di fede”, che noi stessi abbiamo deciso di intraprendere, riusciremo insieme a ornare di vittoria le nostre vite». Nella sala esplose un grande applauso che esprimeva la determinazione dei presenti riguardo a questo giuramento.
In quell’istante i compagni di fede del Chubu determinarono nel loro cuore di intraprendere risolutamente tale via. «Le fondamenta di kosen-rufu sono ormai pronte. Entriamo nell’epoca della concreta costruzione di kosen-rufu nelle nostre comunità. Proprio per questo non vi è alcun dubbio che gli ostacoli e i demoni che cercano di ostacolarne il progresso ci attaccheranno con ancora maggior veemenza. È necessario determinare ogni giorno e progredire ogni giorno. Diamo nuovamente inizio, a partire da oggi, a un progresso così magnifico da poter affermare alla fine con fierezza: “Non ho alcun rimpianto in questa vita!”».
Un altro fragoroso applauso risuonò per tutta la sala.

[50] Il 23 aprile, il giorno dopo la riunione dei responsabili di centro, al parco Hakusan del Training center di Mie si tenne, in un’atmosfera piena di vitalità, il primo Festival musicale di Mie il cui slogan era: “I canti della Soka sulla terra decantata dalla Manyoshu” [Collezione delle diecimila foglie, la più antica e famosa raccolta di poesie giapponesi, n.d.r.].
Il festival fu replicato due volte, mattina e pomeriggio, e Shin’ichi intervenne a entrambi gli spettacoli trasmettendo incoraggiamenti ai partecipanti e al pubblico. Il festival cominciò con l’energico suono delle fanfare e con la magnifica esecuzione del gruppo kotekitai (flauti e tamburi).
Nella prima parte, oltre ai racconti sul cammino intrapreso per kosen-rufu, si ascoltarono i cori eseguire le canzoni che hanno accompagnato la storia della Gakkai, come Ifu dodo (“Maestosamente”), Doshi no uta (“Il canto dei compagni di fede”) e Shin-seiki no uta (“La canzone del nuovo secolo”).
Nella seconda parte salirono sul palcoscenico i bambini delle elementari che cantarono Koinobori (“Carpe volanti”, canzone tradizionale giapponese che viene eseguita per la festa dei bambini, il 5 maggio). Dopo il coro che intonò allegramente la canzone Bokura shishi no ko (“Noi siamo cuccioli di leone”), un bambino offrì un mazzo di fiori a Shin’ichi, il quale disse: «Grazie. Mi raccomando, siate sempre affettuosi con i vostri genitori. Studiate con serietà e diventate persone ammirevoli. Veglierò sempre sulla vostra crescita».
Incoraggiando e abbracciando i bambini Shin’ichi pensava ai futuri trenta, quaranta anni.
«Il ventunesimo secolo sarà l’epoca di questi bambini. Dobbiamo far sì che sorga veramente l’alba di kosen-rufu mondiale!».
A quel punto i bambini chiamarono sul palco il coro della Divisione donne gridando: «Mamma!». Poggiando le mani sulle loro spalle, le partecipanti diedero inizio al coro con la canzone Otsukisama no negai [“Il desiderio della luna”, testo di Shin’ichi, n.d.r.].
L’atmosfera calorosa e commovente delle famiglie Soka avvolgeva il pubblico.
Fu poi la volta di un coro della Divisione giovani donne, con l’allegra canzone Midori no eikan (“La verde palma della vittoria”). I giovani uomini si esibirono in una performance di ginnastica e in una delle canzoni più amate dai membri, Genya ni idomu (“Sfidandosi in una landa impervia”) affascinando il pubblico con la loro bravura. Tutti i cori e le esecuzioni traboccavano della gioia che emerge grazie alla fede nel Buddismo del Daishonin.
Il mondo della Gakkai è “il mondo della gioia” e la pratica buddista ci permette di sperimentarla, di serbare ricordi significativi e di coltivare amicizie per poterla condividere con altre persone. Il grande filosofo americano Ralph Waldo Emerson osservò: «Il segreto della fortuna sta nella gioia che abbiamo tra le mani».

[51] Infine venne il momento di ascoltare la canzone Kyomo genkide, cantata dal coro della Divisione donne. Il viso delle partecipanti si illuminò mentre l’allegra melodia diffondeva tra il pubblico un’immensa gioia. Per i membri della Divisione donne di Mie quello era “il canto della gioia”, “il canto della vittoria”. Tutte cantarono con passione, vivacità, sicurezza e con grande orgoglio. Alcune avevano gli occhi lucidi di emozione.

Abbracciando il sole di mezzogiorno,
con il sudore sulla pelle, veloci in bicicletta,
attraversando monti e fiumi, alla ricerca della felicità…

Il pubblico si mise a battere vigorosamente il tempo con le mani. Il cielo era coperto di nubi, ma il cuore delle donne era sereno e raggiante.
L’animo di coloro che abbracciano il sole del Buddismo non sarà mai velato da nessuna nuvola. Al festival del pomeriggio erano stati invitati alcuni preti, tra cui il responsabile dell’area, i preti principali di alcuni templi e le loro famiglie. Shin’ichi, seduto a fianco del prete responsabile dell’area, tra un’esecuzione e l’altra gli espresse la sua gratitudine e gli spiegò il significato delle canzoni: «Tutte le canzoni della Soka Gakkai fanno affiorare profondi ricordi. C’è chi è andato da un amico sforzandosi, con sincero impegno, per parlargli del Buddismo del Daishonin allo scopo di introdurlo alla pratica, ma che è stato respinto senza tanti indugi. A volte per fare attività i membri perdono l’ultimo treno e devono camminare una o due ore per tornare a casa. In quei momenti, si sollevano il morale canticchiando qualcuna delle nostre canzoni. Tutti hanno fatto queste esperienze impegnandosi sempre al massimo per la causa di kosen-rufu, senza mai lesinare la propria vita. Credo che queste persone siano i messaggeri del Budda nell’epoca attuale. Prego anche voi preti di sostenere calorosamente i coraggiosi membri della Gakkai, incoraggiandoli e proteggendoli con il vostro affetto e la vostra compassione». Shin’ichi infondeva tutte le sue energie in quei discorsi, cercando di spiegare qual è realmente il mondo della Soka Gakkai, il suo autentico spirito e la vera natura dei suoi membri.

[52] Una pioggerella leggera persisteva già prima dell’inizio dello spettacolo pomeridiano del Festival musicale di Mie. Al termine dell’esecuzione, Shin’ichi si diresse verso il microfono. Dopo aver elogiato i partecipanti per le loro canzoni e le interpretazioni eseguite con tanta passione ed entusiasmo anche sotto la pioggia, ringraziò gli ospiti e i preti presenti.
Poi diede delle direttive per le varie Divisioni della Soka Gakkai.
«Prego le nostre compagne della Divisione donne che sono sposate e hanno dei figli, di essere buone madri, brave mogli e sagge, gioiose e positive padrone di casa. Diventando persone capaci di avvolgere gli altri con calore e affetto in ogni luogo e circostanza, sarete come il sole e mostrerete la prova concreta della pratica buddista.
«Quanto ai membri della Divisione uomini, desidero che diventino una forte presenza nella società. Conquistare la fiducia di chi ci circonda, facendo in modo che gli altri pensino che noi che pratichiamo il Buddismo del Daishonin siamo persone veramente ammirevoli, significa agire per kosen-rufu.
«Care amiche della Divisione giovani donne, fate attenzione alla vostra salute, diventate persone sagge e giudiziose e fate risplendere la luce della vostra umanità, bella come un fiore. Sto pregando affinché si possa dire che grazie alla presenza di una sola giovane donna, tutti diventano più sereni e felici, proprio come un fiore può gettare una luce di speranza nel cuore degli esseri umani.
Amici delle Divisioni giovani uomini e studenti, vi prego di diventare figure di rilievo in ogni ambito della società. Le capacità e le competenze che svilupperete nella società consentiranno il progresso della Gakkai.
«Giovani amici delle scuole elementari, delle scuole medie e del liceo, impegnatevi seriamente nello studio. Cercate di rassicurare i vostri genitori, fate sentire loro la vostra ferma convinzione di diventare persone lodevoli. Voi siete i protagonisti del futuro, i successori della Gakkai. Io vi aprirò la strada. Nulla mi spaventerà in questa missione: a voi consegnerò il testimone della Soka Gakkai».
Shin’ichi faceva quei discorsi augurando ai suoi cari compagni di fede una felicità indistruttibile e la realizzazione di kosen-rufu nella prefettura di Mie. Ogni parola era densa di mille emozioni. Nel suo cuore ardeva la determinazione di proteggere a ogni costo i suoi preziosi compagni, qualunque cosa potesse accadere.

[53] Dopo il Festival musicale, Shin’ichi ebbe un colloquio informale con i preti ai quali espresse i suoi pensieri: «I membri della Gakkai prodigheranno sempre i loro sforzi per la causa di kosen-rufu, senza lesinare la propria vita, e desiderano andare avanti intensificando i legami di collaborazione, determinati a proteggere sino in fondo il clero».
Poi ringraziò gli organizzatori del festival per il loro impegno.
Il giorno dopo, il 24 aprile, nel poco tempo che aveva a disposizione, Shin’ichi andò con la moglie Mineko a incontrare delle persone che avevano un negozio e un salone di barbiere vicino al Training center di Mie, per ringraziarli dei loro servizi quotidiani ai membri della Gakkai. Contribuire alla prosperità della propria comunità significa innanzitutto mantenere buone relazioni con il vicinato e prestare la massima cura a ognuno di loro.
In seguito Shin’ichi andò a trovare la signora Katsuko Misawa a Hakusan-cho, nella prefettura di Mie, dove si trovava il Training center. Era la responsabile di centro della Divisione donne di quella località, e quando c’erano degli eventi importanti al Centro, ospitava tutti a casa sua per i preparativi. Shin’ichi era venuto a sapere che anche per il Festival musicale la sua casa era diventata il punto di riferimento nella fase preparatoria. Pensò che doveva andare a ringraziare tutti i suoi familiari per il sostegno offerto.
La madre di Katsuko, Mitsuko Hata, era una pioniera della Gakkai che aveva contribuito moltissimo alla propagazione del Buddismo nella regione. Shin’ichi aveva chiesto infatti a diversi membri del posto chi era la persona che aveva parlato loro del Buddismo, o chi li aveva incoraggiati nei momenti difficili, e quasi sempre la risposta era: «Mitsuko Hata». Desiderava incontrarla per farsi raccontare le attività pionieristiche per la diffusione del Buddismo e per elogiarla per i suoi meriti.
Le attività principali della Soka Gakkai consistono nell’andare a incontrare ogni singola persona, dialogare insieme per tessere legami da cuore a cuore, intrecciare così delle reti di amicizia e avanzare insieme con l’obiettivo di realizzare kosen-rufu e costruire una cittadella di indistruttibile felicità.
In un sistema organizzativo, il calore umano e i sentimenti che “pulsano” dalla fede, proprio come i battiti del cuore, possono essere trasmessi solo grazie a relazioni di fiducia. Senza il dialogo da persona a persona non avrà dunque motivo di esistere la Soka Gakkai, un’organizzazione che è sorretta da esseri umani.
Shin’ichi e Mineko arrivarono all’abitazione della signora Misawa un po’ prima dell’una di pomeriggio.

[54] La casa di Katsuko Misawa si trovava sulla strada maestra che collegava la baia di Ise alla regione del Kansai. Un tempo in tutta la zona c’erano edifici dove sostavano i viaggiatori e anche la famiglia Misawa allora gestiva un ryokan, albergo in stile giapponese.
Nella mattinata Katsuko aveva ricevuto da Shin’ichi il messaggio che, se lei l’avesse desiderato, sarebbe passato a trovarla.
La casa era piena di oggetti utilizzati per il Festival musicale. Appena ebbero finito di mettere a posto, in tutta fretta, le cose più ingombranti, Shin’ichi arrivò. Katsuko e suo marito Mitsunari andarono ad accoglierli all’ingresso, un po’ tesi.
Shin’ichi sorrise alla coppia e diede una bella stretta di mano al marito: «Oggi sono venuto a ringraziarvi. Grazie per tutto il sostegno che offrite sempre ai nostri membri della Divisione donne». Shin’ichi e gli altri furono accompagnati nel butsuma. Sopra una trave di legno c’era la fotografia di un uomo vestito con un haori (giacca ampia corta che si indossa sopra il kimono): il defunto padre di Mitsunari.
Al che Shin’ichi disse: «Facciamo Gongyo pregando per l’eterna felicità di suo padre». Iniziò così un solenne Gongyo. I membri che abitavano nel vicinato e che erano venuti a sapere della sua visita, arrivarono uno dopo l’altro nella casa dei coniugi Misawa e la stanza accanto al butsuma si riempì di persone. Terminato Gongyo, Shin’ichi disse ai presenti: «Visto che vi siete gentilmente riuniti così numerosi, oggi facciamo una riunione di discussione». La proposta fu accolta da esclamazioni di gioia.
Dopo aver ringraziato per il Gongyo in memoria del padre, Mitsunari presentò la madre di Katsuko, Mitsuko Hata, che abitava nei dintorni. «A dire il vero, anche noi due abbiamo iniziato a praticare grazie a mia suocera». Shin’ichi si rivolse a lei: «Piacere, mi chiamo Yamamoto. So bene quanto lei si sia sforzata per diffondere il Buddismo del Daishonin in questa regione. È un onore per me incontrarla».
Era una persona di grande valore, che aveva accumulato i meriti di aver propagato il Buddismo con energia. Shin’ichi si alzò e si inchinò profondamente di fronte a lei, con la consapevolezza di essere lì ad accogliere un Budda. Il modo di vivere di un buddista si distingue nell’espressione di massimo rispetto nei confronti di coloro che hanno contribuito con le loro azioni alla propagazione della Legge.

[55] Mitsuko Hata aveva settantasei anni. Shin’ichi le rivolse tante domande, chiedendole ad esempio i motivi che l’avevano spinta a iniziare a praticare e le innumerevoli sfide che aveva dovuto affrontare nella sua strenua lotta in nome di kosen-rufu. Attraverso l’esperienza di Mitsuko, Shin’ichi voleva ribadire insieme ai compagni di fede riuniti in quella occasione in che cosa consista la vera fede.
Rispondeva alle domande di Shin’ichi con un sorriso gentile sul volto. Con la fine della guerra, proprio quando si aspettava finalmente l’arrivo di un’epoca di pace e speranza, venne a mancare suo marito che rappresentava il pilastro della famiglia, e che la lasciò sola con nove figli da accudire. Il figlio più piccolo aveva appena un anno.
Mitsuko cercò di farcela con tutte le sue forze. In questa situazione di estrema indigenza, ogni giornata rappresentava per lei una lotta per la sopravvivenza.
Si affidò disperatamente a ogni tipo di religione provando perfino il mizugori (pratica ascetica che consisteva nel purificarsi immergendosi nell’acqua gelida e gettandosela sul corpo). Si susseguirono giorni bui senza che riuscisse a trovare nulla che le potesse dare un minimo di speranza.
Un giorno sentì parlare del Buddismo da un vicino di casa. Era l’estate del 1956. L’ondata di propagazione di kosen-rufu che puntava a settecentocinquantamila famiglie convertite si era diffusa velocemente toccando anche i villaggi di montagna della prefettura di Mie. Fu Aki Tsuyuzaki a parlarle per la prima volta di Buddismo. Con il matrimonio si era trasferita a Osaka, ma dopo che era venuto a mancare il marito era tornata nella sua casa natale a Shiroyama-cho.
Cresceva da sola tre figlie andando in giro a vendere il pesce con un carretto, sopportando molte faticose prove. Aki, nonostante fosse appena divenuta membro della Soka Gakkai, pronunciò convinta queste parole: «Con questa pratica riuscirai assolutamente a diventare felice». Mitsuko pensava: «Come fa questa signora, che si trova esattamente nelle mie stesse condizioni, a essere così allegra? Sarà forse la forza di questa pratica?» e affascinata dalla sicurezza mostrata da Aki e dalla sua grande vitalità, decise di diventare membro della Soka Gakkai.
Anche riuscire a raggiungere il benessere economico è senza dubbio una prova concreta di quanto sia efficace questa pratica. Ma la prova concreta più importante è riuscire a consolidare nelle nostre vite un atteggiamento di meravigliosa vitalità coltivando, come nobili esseri umani, la forza di non lasciarsi sconfiggere, qualsiasi cosa accada, e il cuore di pensare agli altri. Dobbiamo essere noi a mostrare quanto la vita di una persona può brillare.

[56] Aki spiegò a Mitsuko, che era appena divenuta membro della Soka Gakkai, l’importanza di dedicarsi, oltre alla pratica buddista, anche alla propagazione della Legge. «Il Buddismo di Nichiren Daishonin – disse – è una fede che si basa sulla pratica per sé e per gli altri. Non esiste la vera felicità se non si è in grado di rendere felici oltre a se stessi anche gli altri. Ad esempio, credi forse che ti possa rendere felice trovarti a mangiare solo tu qualcosa di squisito mentre le persone attorno stanno morendo di fame? Certamente no. Tutte le religioni in cui si prega soltanto per garantire a se stesse la felicità eterna, non sono vere religioni. Il Buddismo di Nichiren è la pratica per diventare noi stessi Budda in questa vita. Questo è il significato dell’espressione “raggiungere la Buddità”. Non esiste un Budda che pensi solamente alla propria felicità. Solo trasmettendo questa Legge a più persone possibili e rendendole felici, possiamo diventare Budda».
Mitsuko fu colpita dalle parole di Aki. Si trovò d’accordo con lei e da quel giorno si dedicò con tutte le forze a parlare di questo Buddismo alla gente. Le persone attorno però reagirono attaccandola violentemente.
I primi ad adirarsi furono i preti di altre scuole buddiste. Istigati da questi, le persone intorno iniziarono a gridarle addosso che era impazzita e, quando andava a parlare di Buddismo, spargevano l’acqua o il sale e le tiravano i sassi.
Mitsuko iniziò a chiedersi perché le capitasse tutto ciò. Fin quando aveva creduto nella pratica del mizugori, nessuno le aveva dato addosso. Un giorno si recò insieme ad Aki da un responsabile del capitolo di cui faceva parte, per ricevere una guida.
Il responsabile le disse: «Il Daishonin afferma: “[La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita rivelata nel quinto volume di Grande concentrazione e visione profonda è particolarmente profonda]. Se la propagate, i demoni sorgeranno certamente” (RSND, 1, 446).
Dal momento che predichiamo la grande Legge nell’Ultimo giorno, un’epoca in cui lo spirito della gente è corrotto e le persone prendono per giusti gli insegnamenti errati, è naturale essere osteggiati e perseguitati. Dovunque nel Gosho il Daishonin cita le parole del Gran Maestro Tien’tai: “Quando la pratica progredisce e aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e i quattro demoni emergono in maniera disorientante, facendo a gara per interferire (RSND, 1, 446)”, affermando senza esitazione che se ci impegniamo veramente nella pratica, gli ostacoli e i demoni faranno a gara per ostacolarci. Il primo passo nella fede è essere consapevoli che se ci impegniamo nella pratica buddista i demoni faranno a gara per interferire. Le solide fondamenta dell’organizzazione per kosen-rufu sono state gettate trasmettendo fino in fondo ai nuovi membri questa consapevolezza, insieme alla pratica di propagare la Legge».

[57] Sakai, il responsabile del capitolo, continuò dicendo: «Il sutra, come l’illustra il Gosho, afferma che non si può parlare di insegnamento corretto se non si manifestano “demoni” e difficoltà. Non si può pensare che esista un buon metodo per evitare gli ostacoli. Bisogna prepararsi ad affrontarli. In fondo “i demoni” e le difficoltà rivestono un profondo significato. Come insegna il Daishonin nel passo del Gosho “[Se la propagate, i demoni sorgeranno certamente]. Se così non fosse, non ci sarebbe modo di sapere che questo è il vero insegnamento (Lettera ai fratelli, RSND, I, 437)”, grazie all’apparizione dei “demoni” che fanno a gara per interferire nelle nostre azioni, possiamo riconoscere se un insegnamento è corretto e se la nostra è una fede autentica. Inoltre, propagando la vera Legge e affrontando le persecuzioni che compaiono di conseguenza, possiamo in questa vita sradicare il cattivo karma accumulato nelle esistenze passate, e conseguire la Buddità adesso e in questo mondo. Ecco perché è così importante avere una fede tale da stimolare le avversità a manifestarsi. È ovvio che bisogna sempre fare molta attenzione a non creare contrasti inutili con parole o azioni insensate, non ponderate con la giusta considerazione. Tuttavia, dal momento in cui si propaga la Legge, per quanto si affronti ogni situazione con sincero impegno e prudenza, sicuramente appariranno difficoltà e ostacoli, perché questo mondo è il regno del demone del sesto cielo, ed è normale che si manifestino avversità nella vita di coloro che abbracciano la Legge mistica e decidono di trasformare questo regno in una pura terra dove risiede il Budda».
Non possiamo evitare le persecuzioni. Per questo motivo il Daishonin dichiara: «I discepoli di Nichiren non possono realizzare niente se sono codardi» (L’insegnamento, la pratica e la prova, RSND, 1, 419).
Ma anche tra i discepoli del Daishonin ci furono persone che non riuscirono a capire che le persecuzioni che lo assalivano erano apparse poiché egli propagava l’insegnamento corretto. Quando Nichiren affrontò persecuzioni che misero a repentaglio la sua vita, come quella di Tatsunokuchi o l’esilio di Sado, si lasciarono prendere dalla paura e dalla sfiducia nei confronti del maestro. Cominciarono a dire che «Nichiren è il loro maestro, ma che è troppo rigido ed essi propagheranno il Sutra del Loto in modo più tranquillo» (Lettera da Sado, RSND, 1, 264). Nonostante nel sutra si parli ovunque dell’immancabile comparsa delle persecuzioni, essi criticarono il seguace del Sutra del Loto, dicendo che il suo modo di propagare la Legge era troppo inflessibile.
Le persone che si allontanano dalla pratica buddista sono essenzialmente codarde, pensano unicamente a difendersi e attaccare chi è dalla parte del giusto è il loro modo di fare abituale, per eludere i problemi e giustificare se stessi.

[58] Malgrado i cambiamenti che potranno avvenire nel corso delle epoche, nella vita delle persone che hanno fede nell’insegnamento del Daishonin e si impegnano per il progresso di kosen-rufu, uno dopo l’altro appariranno inevitabilmente “demoni” e avversità.
Mitsuko rafforzò la sua decisione di non demoralizzarsi nonostante i maltrattamenti e le persecuzioni che subiva da chi la circondava. Il vero shakubuku è continuare a incoraggiare le persone che introduciamo al Buddismo di Nichiren fino al momento in cui prendono la stessa decisione che prese Mitsuko. Così si avvia una forza motrice che genererà un’immensa espansione di kosen-rufu.
Più Mitsuko si impegnava nella fede, più la sua famiglia si opponeva violentemente alla sua pratica dicendo che si era fissata con una strana religione ed esprimendo un’accanita ostilità nei confronti della Gakkai. Eppure lei non si arrese.
Quando andava a lavorare nei campi, metteva nel suo cestino di bambù degli abiti per uscire e quando finiva il lavoro si cambiava velocemente per partecipare alle attività della Gakkai insieme ad Aki. Pensava: «Farò vedere a tutti che grazie a questa fede trasformerò il karma della mia famiglia e che insegnando la pratica ai miei figli potrò renderli felici».
Mitsuko era traboccante di entusiasmo. Lei che prima soffriva e non pensava ad altro che alla sua condizione di indigenza, trovava inspiegabile il fatto di dedicarsi ora con tanto entusiasmo alle attività per la felicità degli altri. La sua situazione economica rimaneva difficile, ma qualcosa era cambiato. Nonostante le opposizioni della gente intorno a lei, nutriva una forte determinazione, una gioia e una speranza incontenibili. Diceva sempre: «Mi sento esplodere di felicità». I suoi figli diventarono grandi, iniziarono a lavorare e le permisero di trascorrere una vita più agiata.
Vedendola sostenere con coraggio tanti sforzi, sempre allegra e piena di vita, alla fine iniziarono tutti a praticare con impegno il Buddismo del Daishonin. Riuscì anche a costruirsi una nuova casa.
Ascoltando quei racconti, Shin’ichi chiese a sua figlia Katsuko, responsabile di centro: «Anche tu ti sei opposta alla pratica di tua madre?». «Sì – rispose -, e me ne pento». «Allora ringrazia tua madre, abbi tanta cura di lei e sii gentile e affettuosa. Ora che è giunta al periodo finale della sua vita, lei può dire di aver vinto in tutto. È la vittoria finale che determina la vittoria dell’intera vita di una persona.

[59] Molte persone che vivevano nell’area limitrofa al Training Center di Mie erano state introdotte al Buddismo del Daishonin da Mitsuko e Aki. Anche il padre di Mitsunari Misawa era entrato a far parte della Soka Gakkai grazie agli incoraggiamenti della signora Hata.
Iniziò a praticare nel periodo in cui era affetto da una grave malattia al fegato e alla cistifellea, tanto che le persone intorno vociferavano che gli restassero pochi giorni di vita. Mostrando la prova concreta del prolungamento della vita menzionata nel Sutra del Loto, riuscì a vivere dieci anni in buona salute.
Tutte quelle esperienze rafforzarono ulteriormente la fede e la convinzione di Mitsuko. Qualunque cosa potessero dirle o farle, non c’era per lei gioia più grande di vedere che le persone che aveva introdotto al Buddismo ricevevano benefici e diventavano felici. «Non c’è niente di più bello del fare shakubuku: sono i migliori ricordi che avrò in questa esistenza», pensava. Nella vita delle persone che contribuiscono con gioia alla diffusione del Buddismo, per quanto povere di estrazione, fluisce il meraviglioso stato vitale dei preziosi Bodhisattva e risplende la luce dorata dei Budda.
Shin’ichi chiese a Mitsuko: «Nella pratica di questo Buddismo, qual è stata per lei l’esperienza più dolorosa, più umiliante?». Con un po’ di esitazione, rispose: «È stato a un funerale, quando i preti della Nichiren Shoshu si rifiutarono di partecipare…».
Le signore Hata e Tsuyuzaki avevano introdotto al Buddismo una coppia, il cui marito morì in seguito a un incidente. All’epoca non c’erano templi della Nichiren Shoshu nella prefettura di Mie e Mitsuko telefonò a un tempio di Osaka, dove si trovava il suo capitolo, chiedendo che un prete partecipasse alla cerimonia funebre. Ma il prete che rispose al telefono rifiutò bruscamente dicendo: «Mie è lontana, per noi è assolutamente impossibile da raggiungere».
Pur implorandoli diverse volte, non ci fu nulla da fare. Così si ritrovarono in due, lei e Aki, a celebrare il funerale, per giunta in una regione in cui si dava molta importanza alle antiche usanze.
Si sparsero voci tra i vicini che si erano radunati con aria curiosa: «I preti non sono andati da loro». «Due donne della Gakkai si mettono a fare i preti…». Sotto gli occhi beffardi di quella gente, le due donne recitarono Gongyo con voce chiara ed energica, cercando di infondervi energia. A causa della tensione sentivano scorrere lungo la schiena il sudore freddo.
Dopo la cremazione e la cerimonia di sepoltura, erano così stanche che avevano l’impressione di aver perso la sensibilità in tutto il corpo.

[60] Mitsuko credeva di aver celebrato la cerimonia funebre al meglio delle sue possibilità, insieme ad Aki; ma via via che passavano i giorni cresceva in lei il dubbio se avesse fatto bene ad agire in quel modo, o se avesse fatto fare una figura misera ai familiari.
Dopo aver ascoltato le sue parole, Shin’ichi Yamamoto annuì con decisione: «Signora Hata, lei è stata meravigliosa. Credo sia stata la cerimonia funebre più pura, nobile e sincera che poteste fare. È così che dovrebbe essere un funerale. Sono convinto che anche il defunto lo avrebbe molto apprezzato. Lei è una persona meritevole per ciò che ha fatto per kosen-rufu».
Proseguì dicendo ai responsabili presenti: «Non dovete assolutamente sentirvi importanti solo perché siete laureati o siete già dei responsabili, seppur così giovani. Se coltivate anche minimamente questo pensiero, questa è la prova che la vostra vita è contaminata dal veleno dell’arroganza. Voi non sareste in grado di lottare come questa donna che ha dedicato la vita allo sviluppo di kosen-rufu nella sua comunità. Vedo con chiarezza chi sta facendo progredire kosen-rufu, chi sta veramente sostenendo la Soka Gakkai. Se nella nostra organizzazione contasse solo l’astuzia e fossero alla sua guida solo le persone che, senza lottare anima e corpo per kosen-rufu, si limitano a fare resoconti prendendosi i meriti degli sforzi altrui, i membri che si dedicano sinceramente all’attività sarebbero da compiacere! Non bisogna permettere che la Gakkai diventi così».
Shin’ichi parlava ai responsabili con tono severo. Poi con un sorriso caloroso si rivolse a Mitsuko chiedendole se voleva aggiungere qualcos’altro.
D’un tratto il volto di Mitsuko si fece cupo. «Sensei, in realtà Aki, che mi ha fatto shakubuku, è ricoverata in ospedale per una malattia cardiaca. Lei è una persona con una forte fede, molto più della mia. Mi raccontava sempre di quanto desiderasse incontrarla, se fosse stata bene oggi avrebbe potuto realizzare il suo desiderio».
Erano parole dalle quali traspariva l’umiltà di una persona che aveva veramente a cuore una compagna di fede. L’umiltà è segno di un elevato stato vitale.

[61] Non appena udì il nome di Aki, Shin’ichi ricordò l’incontro che aveva avuto con lei due anni prima, quando il Training center di Mie venne inaugurato come primo Training center generale del Chubu.
Quel giorno, mentre Shin’ichi girava per l’edificio per incoraggiare i membri degli staff, un’anziana signora dalla voce gentile lo salutò: «Sensei, mi chiamo Aki Tsuyuzaki. Sono lieta di conoscerla».
Un responsabile di Mie gli disse che la donna era una pioniera della comunità locale di Hakusan-cho e che aveva continuato negli anni a preparare il terreno per lo sviluppo di kosen-rufu nella sua comunità. Stringendo la mano a questa anziana signora, Shin’ichi disse: «La ringrazio con tutto il cuore per i suoi sforzi. Il completamento di questo Centro culturale è frutto della lotta coraggiosa che lei ha portato avanti fino a oggi. Lei ha vinto!».
Sentendo le parole di Shin’ichi, alla signora Tsuyuzaki vennero le lacrime agli occhi, come se riaffiorassero nella sua mente tutte le difficoltà del passato. «Lei è una nobile madre di kosen-rufu – aggiunse Shin’ichi -. A quante persone ha fatto shakubuku fino a ora?». Lei rispose fiera: «Le persone che hanno iniziato a praticare sono più di cento. Oltre non saprei contarle di preciso».
«Davvero? Che impresa meravigliosa! Ha tutta la mia ammirazione. Non la dimenticherò mai. Siamo compagni di fede per l’eternità. Tutto l’impegno profuso nella strenua lotta per la felicità degli altri, per kosen-rufu, si trasformerà in buona fortuna e farà prosperare anche i suoi discendenti futuri. Questo è il Buddismo; il Gohonzon conosce ogni cosa». Gli occhi di Aki si riempirono di lacrime, ascoltando queste parole.
Appena Shin’ichi seppe da Mitsuko Hata che la signora Tsuyuzaki si trovava in ospedale chiese dove fosse ricoverata e quali fossero le sue condizioni attuali. Affidò immediatamente a un responsabile un messaggio e un regalo da consegnarle. La risposta di Shin’ichi fu immediata, non perse nemmeno un istante.
La prontezza e l’accuratezza con ci muoviamo dopo a ogni resoconto o informazione ricevuta, può creare nuovo valore: lì risiede la forza per condurre ogni cosa alla vittoria, che nascono da una profonda determinazione.

[62] Non appena ricevuti il messaggio e il dono di Shin’ichi, Aki saltò quasi in piedi dallo stupore e dalla gioia. Pensò dentro di sé: «Non posso lasciarmi vincere dal demone della malattia. Devo tornare al più presto in salute per potermi muovere per kosen-rufu. Devo rispondere alle aspettative del maestro Yamamoto».
Le sue condizioni andarono migliorando. Venne dimessa poco dopo dall’ospedale e nove giorni dopo l’incoraggiamento di Shin’ichi, il 3 maggio, presso il Centro culturale di Mie, nella città di Tsu, ricevette insieme a Mitsuko il premio al “merito per kosen-rufu“, in occasione della seconda cerimonia di consegna dei riconoscimenti.
Shin’ichi guardava attentamente ogni persona riunita a casa Misawa. Egli pensava fra sé che ciascuno di loro rappresentava un tesoro per la Soka Gakkai, che ciascuno era una persona con una missione che il Budda originario aveva richiamato in questo mondo. «È solo grazie ai vostri strenui sforzi che si potrà realizzare kosen-rufu – disse Shin’ichi -. Voi che siete nati con tale missione, sin dalla nascita siete tutti figli del Budda, siete tutti Bodhisatva della Terra. Per questo qualsiasi prova vi attenda d’ora in avanti, sarete sicuramente in grado di superarla, sarete sicuramente in grado di diventare felici. Vi prego di non dimenticare mai questa convinzione, qualsiasi cosa accada. Noi che abbiamo deciso nel nostro cuore di vivere fino in fondo per kosen-rufu, praticando questa fede per noi e per gli altri possiamo manifestare nelle nostre vite lo stato vitale del Budda, lo stato vitale del bodhisattva. Grazie a ciò riusciamo a trasformare la nostra condizione vitale e questo ci permette di far emergere la forza necessaria per sfidare e vincere risolutamente le tempeste del karma, di trasformare il veleno in medicina, le sofferenze in gioia.
«A tutti voi il Daishonin ha affidato la propagazione di kosen-rufu nella vostra terra. I legami buddisti e la comprensione della gente verso questo Buddismo si diffonderanno nella misura in cui voi stessi parlerete dell’insegnamento di Nichiren: la strada di kosen-rufu si aprirà quanto la strada che voi stessi percorrete in nome del Buddismo. Un prezioso castello di felicità si eleverà grazie ai vessilli, simboli della propagazione della Legge, che innalzerete impegnandovi al massimo, senza lesinare gli sforzi. Affido a voi la missione di kosen-rufu qui a Hakusan-cho, la missione di kosen-rufu a Mie».
Shin’chi fece un profondo inchino come se stesse onorando dei Budda.

[63] La riunione di discussione che era stata organizzata con Shin’ichi Yamamoto durò circa un’ora. Lasciò la casa dei coniugi Misawa, che lo salutarono alla partenza. Quella sera al Centro culturale di Mie, nella città di Tsu, Shin’ichi doveva partecipare a un incontro informale con i responsabili della prefettura e successivamente alla riunione dei responsabili di capitolo che commemorava il diciottesimo anniversario della fondazione del capitolo Mie.
Appena la macchina partì verso Tsu, Shin’ichi chiese a un responsabile che era seduto vicino a lui: «Sa dov’è la casa della responsabile donne di capitolo dell’area intorno al Training center di Mie? Se non fosse troppo disturbo per lei, vorrei andare a ringraziarla, anche solo per qualche attimo». Guardando l’orologio, il responsabile rispose: «Non c’è tanto tempo, perché ha un incontro al Centro culturale…».
«Andrebbero bene cinque, dieci minuti. La signora potrebbe avere degli impegni, perciò basterebbe anche un saluto nell’ingresso, o recitare tre Nam-myoho-renge-kyo insieme. Se non la vedrò oggi, forse non avrò più l’occasione di farle visita. Voglio sforzarmi di fare tutto ciò che è possibile, quando è possibile. La causa comune a tutti i fallimenti o sconfitte è proprio il non agire nel momento opportuno».
Il drammaturgo inglese William Shakespeare scrisse nell’Enrico IV: «È la negligenza dell’uomo che gli fa perdere le buone occasioni»; Shin’ichi pensava la stessa identica cosa. Il responsabile che lo accompagnava disse: «La casa della signora Mutsumi Takigawa, responsabile di capitolo, si trova su questa strada statale qui vicino. Da molti anni mette a disposizione la sua abitazione per le nostre riunioni. Tra l’altro ha fatto ricostruire la casa di recente. Credo che sarebbe felicissima di accoglierla».
Quando arrivarono a casa di Mutsumi, trovarono la suocera e la figlia, un’alunna delle elementari. La suocera eslamò: «Sensei, che sorpresa!» e con un bellissimo sorriso li accolse nella stanza dove si trovava il Gohonzon. Shin’ichi rispose: «Allora, facciamo Gongyo per festeggiare la nuova casa». E iniziarono a recitare Gongyo guidati da Shin’ichi.

[64] La responsabile di capitolo Mutsumi era dai signori Misawa, dove poco prima si era recato in visita Shin’ichi. Aveva partecipato anche lei alla riunione di discussione organizzata lì su iniziativa di Shin’ichi, dopodiché, insieme agli altri membri, stava verificando i contenuti delle sue guide e parlando delle proprie determinazioni.
In quel mentre ricevette una telefonata. Era il responsabile della prefettura che accompagnava Shin’ichi: «Sensei è a casa sua, ritorni subito per favore!».
La mano con cui teneva la cornetta cominciò a tremare dallo stupore. Quando arrivò a casa sua suocera e sua figlia stavano facendo Gongyo insieme a Shin’ichi.
Appena finirono di recitare la signora Takigawa disse a Shin’ichi: «Grazie per essersi preso il disturbo di venire oggi a casa nostra». «È bellissima questa casa – disse Shin’ichi-. Moderna, sembra la casa di uno scrittore in voga e all’avanguardia. Oggi sono venuto così, all’improvviso, per dire qualche parola di ringraziamento alla responsabile di capitolo, e ho fatto Gongyo per festeggiare la nuova abitazione. Devo recarmi subito al Centro culturale di Mie e non posso intrattenermi, ma sappia che continuerò a recitare Daimoku per lei; la prego di aver cura della sua salute».
Dopo esser andato via in macchina Shin’ichi disse: «I responsabili utilizzano i loro ritagli di tempo per andare a incoraggiare tutti i membri a cui rivolgono dei consigli personali, impegnandosi in silenzio, fino al limite delle proprie forze, per cercare di raggiungere le case di più persone possibili. In questo modo aiutano le persone a diventare felici, rafforzano la nostra organizzazione e contribuiscono alla costruzione di una solida, incrollabile roccaforte della Soka. È un errore pensare che esista un altro modo, un modo speciale per realizzare tutto questo.
«Per ottenere un buon raccolto, bisogna lavorare accuratamente il terreno con una zappa o una vanga. Allo stesso modo, attraverso tenaci e ripetuti consigli personali si potrà dissodare la terra da cui emergeranno delle persone capaci».
Tutti sono protagonisti di kosen-rufu, perciò a ogni persona va rivolta la giusta attenzione. Dobbiamo perseverare nel dialogo per incoraggiare i nostri compagni e rincuorarli.

[65] Shin’ichi, giunto al Centro culturale di Mie alle 2,30 del 24, fece una fotografia commemorativa insieme ai membri che abitavano nel vicinato, poi tutti insieme fecero Gongyo.
Subito dopo partecipò a un incontro informale con alcuni rappresentanti dei responsabili di prefettura, durante il quale prestò molta attenzione alle loro opinioni e cercò di rispondere con impegno alle domande. Dedicò inoltre ai partecipanti un poema che aveva scritto in macchina.
Successivamente partecipò alla riunione dei responsabili di capitolo per il diciottesimo anniversario della fondazione del capitolo Mie, in cui sottolineò l’importanza dei consigli personali. «Nichiren Daishonin scrisse lettere a numerosi discepoli, come Shijo Kingo e Nanjo Tokimitsu, e considerando anche solo quelle dell’attuale raccolta di Gosho, il loro numero è enorme. Che cosa significano? In breve sono la dimostrazione dell’immensa compassione del Budda originale, che nei confronti di ogni discepolo, che dedicava la sua vita alla causa di kosen-rufu, sentiva il dovere di rivolgere i suoi più calorosi incoraggiamenti, con il desiderio che tutti potessero percorrere fino in fondo, in qualunque circostanza, la grande via del conseguimento della Buddità in questa esistenza.
Da soli, senza stimoli a crescere nella fede o senza l’incoraggiamento dei nostri compagni, è estremamente difficile compiere una grande crescita o superare le dure prove della vita. Questa è la ragione per cui continuiamo ad attribuire una grande importanza ai consigli personali e a un movimento basato sul dialogo attraverso cui incoraggiamo le persone intorno a noi. Inoltre, leggere il giornale Seikyo e le nostre riviste, studiare la filosofia buddista, sono tutte azioni che ci permettono di comprendere più profondamente il significato della fede e vivere fino in fondo portando avanti la pratica corretta. Praticando da soli si otterranno solo scarsi progressi e miglioramenti. Si tenderà ad avere una visione personale e ristretta delle cose, e la pratica porterà a risultati inconcludenti. Tengo quindi vivamente a sottolineare che un’organizzazione in cui si creino armonia e unità tra i membri è indispensabile per la realizzazione di kosen-rufu». Per Shin’ichi ogni riunione, ogni incontro con i membri era paragonabile a un “campo di battaglia” dove ispirare e stimolare le persone nel profondo della loro vita a intraprendere una lotta mirata al conseguimento di kosen-rufu.
Egli si gettava totalmente in questa sfida perché sapeva che il numero di quei preti che, spinti dalle funzioni demoniache a distruggere il movimento di kosen-rufu, aumentava progressivamente, pronti a colpire i suoi amati compagni di fede. Il giorno successivo, il 25, Shin’ichi si diresse nel Kansai, e anche qui si impegnò al massimo per incoraggiare i membri. Per respingere gli attacchi ostinati dei “demoni” non si può fare altro che continuare a far rimbombare “il ruggito del re leone” in difesa della giustizia e della verità.

[66] Dopo aver fatto visita, in qualità di fondatore, alle scuole femminili medie e superiori Soka, Shin’ichi visitò il Kansai Makiguchi memorial Hall e il Centro culturale di Hyogo. Ovunque andasse faceva delle foto ricordo insieme ai compagni di fede, teneva incontri informali per discutere con loro e si dedicava fino in fondo a incoraggiarli con tutto il cuore.
Il 28 aprile partecipò alla cerimonia di Gongyo per il giorno della proclamazione di Nam-myoho-renge-kyo, che si tenne presso il Centro del Kansai. Shin’ichi sottolineò con forza che la storia delle avversità che la Soka Gakkai aveva dovuto fronteggiare rispecchiava esattamente ciò che è espresso nel Sutra del Loto: «Poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?» (pag. 212). Ciò dimostra che la Soka Gakkai è l’organizzazione che mette in pratica gli insegnamenti del Budda.
Il giorno 29, dopo aver partecipato al festival dei cori delle giovani donne di Osaka, presso il Kansai Toda Memorial Hall, incontrò i preti della Nichiren Shoshu del “distretto per la propagazione” [termine con cui venivano chiamate le “diocesi” della Nichiren Shoshu, n.d.r.] della regione Minami Kinki, che erano ospiti dell’evento.
Shin’ichi tornò a Tokyo quella notte e il giorno successivo si recò al “Festival culturale di Chiba – 1978”. Anche in quella occasione ebbe un incontro con i preti della prefettura locale che erano stati inviati alla manifestazione. Il suo desiderio era che questi, senza lasciarsi sviare dalle calunnie, comprendessero che la Soka Gakkai mirava unicamente alla realizzazione di kosen-rufu proteggendo la Nichiren Shoshu e che avessero a cuore i membri della Gakkai che erano i figli del Budda.
Shin’ichi continuò a correre avanti e indietro senza sosta, in vista del 3 maggio, quando si sarebbero celebrati i diciotto anni della sua presidenza, tenendo alta con fierezza la bandiera della giustizia della Soka Gakkai, proteggendo i compagni di fede come uno scudo di fronte ai venti impetuosi e alle burrasche che si abbattevano sull’organizzazione.
Durante la guerra, la nostra organizzazione fu vittima di una grande persecuzione da parte del governo militare. Anche nel dopoguerra dovette continuare a lottare contro l’ingiusta oppressione del sindacato dei minatori di Yubari, e della polizia e della procura distrettuale di Osaka.
Proprio quando si stava per celebrare il cinquantesimo anniversario della conversione al Buddismo di Nichiren dei presidenti Makiguchi e Toda, iniziarono a spuntare nel clero – che in realtà avrebbe dovuto essere il primo a lodare la Soka Gakkai – alcuni preti malvagi che gettavano discredito sulla nostra organizzazione, che portava avanti kosen-rufu con lo spirito di “non lesinare la propria vita per la Legge”: cercavano di gettare scompiglio nella Soka Gakkai, che agiva fedelmente al mandato del Budda. Shin’ichi avvertì un qualcosa di mistico nel fatto che tutto ciò accadesse proprio in quel momento e percepì profondamente il significato del passo del Gosho: «Né i non buddisti né i nemici del Buddismo possono distruggere il corretto insegnamento del Tathagata, ma i discepoli del Budda possono senza dubbio farlo» (Lettera da Sado, RSND, 1, 267).
«Non è forse esattamente come affermano le scritture buddiste? Non è esattamente come è scritto nel Gosho di Nichiren Daishonin? – pensò Shin’ichi -. La notte della lunga tempesta non è ancora finita, ma al di là ci attende il sorgere di un’alba luminosa dove finalmente la Soka Gakkai potrà spiccare il volo».

(fine del capitolo 2, vol. 27)

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