Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
"Giustizia", puntate 30-37 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:56

562

Stampa

“Giustizia”, puntate 30-37

Shin’ichi cercava di dialogare pazientemente con il clero ogni volta che le cose si complicavano. Ma non appena cercava di ristabilire relazioni armoniose si mettevano in moto meccanismi volti a incrinare la situazione

Dimensione del testo AA

Shin’ichi cercava di dialogare pazientemente con il clero ogni volta che le cose si complicavano. Ma non appena cercava di ristabilire relazioni armoniose si mettevano in moto meccanismi volti a incrinare la situazione

Prosegue la pubblicazione del secondo capitolo del volume 27, “Giustizia”.

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[30] Il comportamento dei preti nei confronti dei membri della Gakkai erano spietati. Un giorno, il marito di una compagna di fede della Divisione donne della prefettura di Fukui decise di iniziare a praticare e di aderire alla Soka Gakkai. Per la cerimonia di gojukai [letteralmente “ricevere i precetti” da qualcun altro, come un prete, n.d.r.], la coppia si recò a un tempio accompagnata dai responsabili delle Divisioni donne e uomini. Lì si era radunato un gruppo di giovani che, influenzati dal prete responsabile del tempio, ostile alla Gakkai, continuavano espressamente a criticarla.
Era giunta l’ora della cerimonia, ma il prete sembrava ignorarlo e si mise a sparlare della Gakkai. «Non riceverete benefici se andate ai Centri culturali della Gakkai, li otterrete unicamente venendo ai templi. D’altronde, non vi sembra strano che persone che non vengono al tempio quando sono in vita ci disturbino al momento della morte per la cerimonia funebre?». «Giusto!», vociferarono all’unisono i giovani.
I responsabili che erano venuti con la coppia non volevano mettersi a litigare con i preti di fronte a una persona che desiderava iniziare a praticare. Sopportarono in silenzio, con il timore che quelle parole potessero cambiare la decisione dell’uomo di aderire alla Gakkai. Le ingiurie continuarono a lungo, per quaranta, cinquanta minuti. Alla fine un responsabile della Divisione uomini perse la pazienza e disse con tono forte e deciso: «Allora, quando si fa la cerimonia?». A quel punto i giovani circondarono il responsabile dicendogli: «Ma che vuoi?». In un’atmosfera carica di tensione, il prete pensò probabilmente che la situazione stesse degenerando e finalmente iniziò la cerimonia.
I templi in cui accadevano episodi di questo tipo aumentavano e molti membri dovevano sopportare ogni volta pesanti umiliazioni. Ogni volta che veniva a sapere delle sofferenze dei membri, a Shin’ichi si stringeva il cuore. «Perché compagni di fede che non hanno nessuna colpa devono imbattersi in difficoltà come questa? Non posso farli soffrire così! I membri della Soka Gakkai sono figli del Budda apparsi con la missione di realizzare kosen-rufu. Il mio compito, come presidente, è quello di sostenerli a costo della mia stessa vita. Devo proteggerli a ogni costo!».
La strada maestra del Buddismo del Daishonin consiste nel proteggere fino in fondo coloro che dedicano la propria vita a kosen-rufu, con la stessa dedizione che si riserva a un Budda.

[31] Shin’ichi Yamamoto aveva preso una forte decisione. «Devo risolvere il prima possibile questa situazione, non posso permettere che i nobili figli del Budda vengano maltrattati ingiustamente dai preti. Non posso tirarmi indietro neanche di un passo se si tratta di questioni fondamentali connesse allo sviluppo di kosen-rufu; farei qualunque cosa per proteggere i membri. I miei compagni di fede, in ogni caso, sono la cosa più importante. Per loro mi trasformerò in uno scudo. Mi esporrò io a tutti gli attacchi e qualunque cosa succeda li proteggerò fino in fondo!».
Il mondo di saha è il mondo della perseveranza. Convinto di essere dalla parte della giustizia, egli non temeva nulla.
Il 4 dicembre 1977 Shin’ichi partecipò alla cerimonia dell’apertura del Gohonzon presso il tempio Jozen, appena costruito, a Hyuga, nella prefettura di Miyazaki. Durante questa visita desiderava parlare a fondo con il patriarca Nittatsu aprendogli il suo cuore, affinché si rendesse conto della sincerità con cui la Gakkai si impegnava a proteggere il clero. Voleva inoltre porre fine al trattamento crudele e disumano nei confronti dei membri da parte di quei preti che detestavano la Gakkai. Anche il giorno precedente la cerimonia Shin’ichi dialogò molto apertamente con il patriarca Nittatsu, con il desiderio di consolidare l’armonia tra monaci e laici.
Alla cerimonia di apertura del Gohonzon, durante il saluto inaugurale, Shin’ichi si rivolse al patriarca e ai preti dichiarando con forza che lo spirito sincero della Gakkai su cui si basava la sua decisione di proteggere il clero anche in futuro, era fermo e irremovibile.
Voleva far comprendere ai preti che, nonostante le divergenze che c’erano state con loro per questioni secondarie, l’entusiasmo con il quale avanzavano i membri della Gakkai verso il grande obiettivo di kosen-rufu senza lesinare la propria vita, e la decisione di proteggere il clero, non erano assolutamente cambiati.
Al termine del suo discorso affermò, con la massima sincerità, che avrebbe sostenuto con rinnovata energia le cerimonie dei templi, ed espresse la sua gratitudine.
Dopo la cerimonia Shin’ichi fece ritorno all’albergo dove ricevette un messaggio. Il patriarca Nittatsu aveva composto un poema per lui.

Guardando il mare di Hyuga
che ammiro da Matsubara
dove si trova la mia locanda,
prego affinché le onde si calmino.

Anche Shin’ichi scrisse subito una poesia per Nittatsu esprimendogli il suo rispetto e la sua riconoscenza, e gliela fece recapitare.

[32] Era una notte silenziosa. Shin’ichi pensava alla cerimonia di commemorazione del settecentesimo anniversario della morte di Nichiren Daishonin che si sarebbe svolta nel 1981.
In qualità di presidente del comitato per le celebrazioni, egli aveva fermamente determinato di fare della cerimonia un momento solenne creato attraverso l’unione di preti e laici, e un’occasione per rinnovare l’impegno a realizzare un grande progresso di kosen-rufu. Era perciò profondamente dispiaciuto che l’armonia tra clero e laici fosse turbata da preti malvagi e che il movimento di kosen-rufu venisse minacciato da loro; tutto ciò non faceva che compiacere le funzioni demoniache.
Shin’ichi, dirigendosi verso una scrivania dell’albergo, decise di lasciare ai posteri i suoi pensieri a proposito di quei fatti e raccontare la verità su di essi. Appena prese la penna in mano, affiorarono alla sua mente, uno dopo l’altro, i volti dei suoi compagni di fede che lottavano continuando a soffrire. «Con il clero si manifesterà un grave problema. Sarà penoso e doloroso come una spina che trafigge il cuore». Mentre scriveva quelle parole, sentì crescere dentro di sé forti emozioni e un sentimento d’ira, paragonabili all’acqua che si riscalda fino a bollire. «Perché calpestano e attaccano insensatamente il nostro appello a unirci, preti e laici, e ad avanzare insieme per la realizzazione di kosen-rufu?».
Trascrisse i suoi sentimenti sinceri, affermando che le continue persecuzioni che subivano «i figli del Budda che lottano strenuamente contro i tre potenti nemici e si impegnano dedicando ogni sforzo a grandi attività di shakubuku», erano assolutamente incomprensibili. «Passano i giorni e ho sempre il cuore straziato, conoscendo il dolore, la rabbia, la tristezza e le amarezze dei miei amati, nobili figli del Budda. Una battaglia si è già scatenata a Oita». Espresse inoltre la sua contrarietà riguardo ai preti malvagi che perseguitavano i coraggiosi compagni di fede in prefetture come quelle di Fukui, Hyogo e Chiba, e scrisse: «Offro le mie preghiere versando lacrime amare» per il successo della cerimonia del settecentesimo anniversario. Dalla finestra dell’albergo Shin’ichi osservava il cielo nero in cui brillavano stelle bellissime. «Per questa volta la situazione si calmerà. Ma il cammino di kosen-rufu è un’eterna lotta contro le funzioni demoniache. Anche in futuro queste funzioni demoniache, sotto le sembianze più disparate, attaccheranno sicuramente tutti noi che viviamo adempiendo la missione di propagare la grande Legge». Shin’ichi non si lasciava di certo cullare in un placido stato di tranquillità. Infatti, già in quel momento era stata fatta la mossa successiva di un piano che avrebbe diviso la Gakkai e il clero.

[33] Si era alzato il sipario sull’anno 1978, il secondo “Anno dello studio” della Soka Gakkai. I membri della Gakkai, a partire da Shin’ichi Yamamoto, iniziarono il nuovo anno pieni di entusiasmo e con il forte desiderio di diffondere ampiamente nella società e nel mondo i princìpi filosofici del Buddismo del Daishonin e di accelerare il progresso di kosen-rufu.
Il 2 gennaio, giorno in cui Shin’ichi compiva cinquanta anni, il patriarca Nittatsu presentò delle “ammonizioni” in cui esortava preti e laici ad avanzare in armonia verso il settecentesimo anniversario della morte di Nichiren Daishonin. Tuttavia, in quello stesso mese, alcuni preti ostili alla Gakkai si erano riuniti nel tempio principale per decidere di continuare ad attaccarla. Tomomasa Yamawaki, il quale temeva si creasse armonia tra preti e laici, appena vide che si stavano facendo passi avanti nella risoluzione delle divergenze, mise ripetutamente in giro calunnie secondo cui la Gakkai avrebbe sicuramente attaccato il clero.
Alla fine l’”armonia” ebbe breve durata, mentre all’interno del clero aumentava l’influenza dei preti che diffamavano la Gakkai con attacchi oltre ogni limite. Shin’ichi cercava di dialogare pazientemente con il clero ogni volta che le cose si complicavano. Ma non appena cercava di ricreare relazioni armoniose, invariabilmente venivano fatte circolare calunnie della peggior specie sulla Gakkai e si mettevano in moto meccanismi volti a spezzare le sue relazioni con il clero. I preti si lasciavano fuorviare da quelle menzogne.
Alla fine nei templi minori si cercò insistentemente di allontanare i membri dalla Gakkai per avvicinarli ai templi come membri danto [seguaci affiliati direttamente al tempio della Nichiren Shoshu, n.d.r.].
I preti, in origine discepoli di Nichiren Daishonin, dal quale avevano ricevuto il mandato di realizzare kosen-rufu, con accanita ostilità calunniavano, insultavano e perseguitavano i membri della Gakkai che sempre, senza mai lesinare la propria vita per la propagazione della Legge, promuovevano kosen-rufu nelle loro attività. Questi preti non potevano essere altro che «i vermi nati dal corpo del leone stesso» (RSND, 1, 267). Nichiren insegna: «Se la propagate [la Legge mistica], i demoni sorgeranno certamente. Se così non fosse, non ci sarebbe modo di sapere che questo è il vero insegnamento» (Lettera ai fratelli, RSND, 1, 446).
Le persecuzioni sono la dimostrazione della giustizia che la Soka Gakkai difende. Non esistono vittorie, lungo la strada per la realizzazione di kosen-rufu, che si possano conquistare senza superare numerose avversità e sofferenze. Per poter ammirare i raggi dorati del sole del mattino bisogna prima attraversare le tenebre e resistere al vento furioso della notte. La via della giustizia si percorre avanzando come una nave nel mare in tempesta, circondata dalle onde che la assalgono violentemente.

[34] Shin’ichi sentiva che le persistenti calunnie e maldicenze dei preti indirizzate verso la Gakkai non potevano provenire che da funzioni demoniache insinuatesi nell’organizzazione allo scopo di distruggere kosen-rufu. Era convinto che quello fosse il momento in cui nel cuore di ogni membro doveva consolidarsi una fede ferrea e incrollabile, insieme allo spirito di maestro e discepolo Soka, che permettesse di vivere adempiendo la missione di kosen-rufu fino alla fine.
Determinò inoltre di incontrare di persona i preti nei luoghi dove si trovavano, di instaurare con loro dialoghi franchi e sinceri e di esortarli ad avere una corretta comprensione della Gakkai.
Dalla primavera del 1978 si tennero in varie località del paese eventi musicali con cori organizzati dalla Soka Gakkai. Il 15 aprile Shin’ichi partecipò al festival culturale di Saitama, tenutosi presso il Parco Oguma di Omiya, nella prefettura di Saitama, a cui erano stati invitati alcuni preti di templi locali.
Era una radiosa giornata di primavera, le farfalle svolazzavano tra i fiori di ciliegio e gli uccellini cinguettavano. Il festival culturale, il cui slogan era “Canti di gioia a Saitama, la nostra terra ideale”, diventò il palcoscenico da cui effettuare una festosa partenza, piena di speranza per i membri che si impegnavano nella pratica buddista per la felicità della gente e la prosperità della società.
Tanti “canti di gioia”, tra cui la nuova canzone della Divisione giovani donne I fiori di ciliegio della giovinezza, La spiaggia di Morigasaki, Madre e Il villaggio di Atsuta riecheggiavano tra gli alberi insieme al vento primaverile. Quel giorno, nel suo saluto, Shin’ichi decise di parlare di kosen-rufu e della cultura.
Originariamente la cultura, l’arte e la religione erano indissolubilmente legate; in particolare l’arte e la cultura si sono sviluppate sul fertile terreno della religione. Grazie alla religione è infatti possibile coltivare il “terreno” della vita umana e far sbocciare “grandi fiori” artistici e culturali.
Il poeta e critico inglese Thomas Stearns Eliot ha parlato di questa relazione notando che è un errore generalmente diffuso pensare che la cultura possa essere salvaguardata e sviluppata senza la religione.
E anche la pensatrice francese Simone Weil ha detto che tutte le forme artistiche di prim’ordine sono, intrinsecamente, forme di religiosità.

[35] Nell’arte e nella cultura occidentali l’energia creativa è stata ispirata dalla spiritualità cristiana. In Giappone è risaputo che la magnifica cultura del periodo Hakuho (645-710) è fiorita sulle basi della filosofia buddista. Perché dunque espressioni culturali e artistiche come la pittura, la scultura e la musica si sviluppano su fondamenta religiose? Il filosofo e portavoce del Rinascimento americano Ralph Waldo Emerson afferma: «La musica più bella proviene dalla voce umana, piena di affetto, verità e coraggio, che scaturisce dalla profondità della vita». L’arte e la cultura sono manifestazioni della vita umana e la religione è quella forza capace di lucidare la vita, arricchirla e renderla fonte di gioia e speranza.
Nichiren Daishonin scrisse: «Benché non siate il Venerabile Mahakashyapa, dovreste tutti mettervi a ballare! Benché non siate Shariputra, dovreste balzare in piedi e danzare. Quando il Bodhisattva Pratiche Superiori emerse dalla terra, non lo fece forse danzando?» (Grande male e grande bene, RSND, 1, 992).
I discepoli di Shakyamuni, Mahakashyapa e Shariputra, grazie al Sutra del Loto si sono risvegliati alla Legge per il conseguimento della Buddità danzando di gioia. Anche i Bodhisattva della Terra appaiono danzando, spronati dal desiderio di assumersi la missione di propagare la Legge mistica nell’Ultimo giorno della Legge.
All’origine dell’arte e della cultura non vi è altro che l’espressione della grande gioia che scaturisce dal profondo della vita. Il Daishonin afferma: «Nam-myoho-renge-kyo è la più grande di tutte le gioie» (Raccolta degli insegnamenti orali, BS, 124, 54). La pratica di Nam-myoho-renge-kyo per sé e per gli altri fa emergere dal nostro cuore un’immensa gioia, insieme alla compassione e al coraggio. I nostri compagni di fede fanno continuamente questa esperienza attraverso le attività quotidiane della Soka Gakkai. La missione “sociale” di un buddista consiste quindi nel costruire una nuova cultura umana e contribuire il più possibile alla società facendo emergere questo stato vitale. Dando alla luce esemplari forme di arte e di cultura si dimostra la grandezza del Buddismo, e l’apprezzamento e il riconoscimento del valore di tale arte e cultura consente a numerose persone di stabilire dei legami con il Buddismo del Daishonin. Per questa ragione Shin’ichi aveva definito kosen-rufu come un “grande movimento culturale che si espande nel mondo della Legge mistica”.
I cori, i festival culturali e artistici della Soka Gakkai erano stati concepiti a partire da tali presupposti.

[36] Il Gran Maestro Miao-lo disse: «Prima furono esposte le regole cerimoniali e la musica, poi venne introdotta la vera via» (L’apertura degli occhi, RSND, 1, 194). Il termine reigaku [citato nel Gosho, n.d.r.] che si riferisce sia alle buone maniere che alla musica, indica un modello di comportamento tradizionalmente osservato in Cina nella vita quotidiana, a cui è stata data grande importanza. Più specificamente rei significa esortare ad adottare un buon comportamento e creare un equilibrio nella società, e gaku rasserenare l’animo delle persone. In un senso più ampio del termine, reigaku è traducibile con la parola “cultura”. In Cina il modello comportamentale reigaku era ampiamente diffuso e ciò ha permesso alle persone di comprendere il Buddismo, “la vera via” dell’esistenza.
Anche nel Cristianesimo la musica, le belle arti e altre espressioni culturali che si sono ispirate a questa religione, hanno trasmesso un’energia che ha stimolato a sua volta l’interesse e la simpatia verso il Cristianesimo. L’arte e la cultura hanno inoltre il potere di affascinare e unire gli esseri umani, al di là delle etnie e dei confini nazionali.
Musiche meravigliose sono spesso amate da persone di tutto il mondo, diventando la forza creatrice dell’armonia tra gli esseri umani e dell’unione dei loro cuori. Basandosi su queste premesse, nel suo discorso al festival culturale di Saitama, Shin’ichi Yamamoto parlò del significato del movimento culturale promosso dalla Gakkai. «Cari amici di Saitama, ci avete fatto ascoltare dei canti magnifici in questo festival musicale, il primo tra tutti quelli che terremo d’ora in poi nel paese. Vi ringrazio di cuore. Il suono della musica e le voci dei cori che, grazie alla pratica buddista, infondono vitalità alla nostra vita, sono parole universali, sono ponti tra le culture che uniscono i cuori di tutti gli esseri umani.
In futuro, questo movimento culturale diventerà sicuramente la forza propulsiva grazie a cui il Buddismo di Nichiren Daishonin potrà penetrare nel cuore delle persone e diffondersi nel mondo intero. Sono convinto che le persone che hanno cantato oggi abbiano colto nel festival un grande significato per la propria vita, che diventerà una base da cui compiere ulteriori slanci dinamici nella fede. I cori e i festival culturali della Gakkai sono importanti poiché diventano per ognuno di noi occasioni di coltivare la fede, approfondire l’amicizia, prendere una forte determinazione e l’iniziativa di agire.
Senza la crescita personale, anche gli eventi più splendidi rimarranno illusori, lontani dalla realtà.

[37] Shin’ichi Yamamoto parlò del significato dei cori della Soka Gakkai dal punto di vista dell’attività individuale. «Tutti voi che partecipate al coro, attraverso il susseguirsi delle prove vi siete impegnati con grande forza di volontà a vincere sulle vostre debolezze. Attraverso questi sforzi avete coltivato lo spirito di sfidare voi stessi. Un coro non può avere successo se solo una persona è brava a cantare, l’essenziale è raggiungere l’armonia tra tutte le voci. Di conseguenza, sforzandoci di creare un coro meraviglioso, possiamo allo stesso tempo sviluppare lo spirito di unità di itai doshin (diversi corpi, stessa mente) che è alla base della realizzazione di kosen-rufu. Vi siete anche impegnati seriamente nella recitazione del Daimoku affinché il coro avesse successo. Questo Daimoku è la forza che vi permetterà di crescere nella fede, è la fonte per far emergere una grande forza vitale ed enormi benefici. Grazie al Daimoku potrete manifestare uno stato vitale di assoluta felicità.
«Vi siete sfidati nonostante i vostri numerosi impegni, a casa, al lavoro e nelle attività della Gakkai e attraverso questo allenamento avete imparato a utilizzare in modo significativo il vostro tempo, e a trovare la forza per riuscire a fare tutto ciò che avete deciso. Qualunque cosa accada, nonostante le difficoltà che dovremo affrontare a causa del karma, avanziamo nel nostro viaggio verso la felicità, tirando fuori tutto il nostro coraggio e intonando con spirito fresco e allegro canti di speranza e di gioia!».
Dopo il coro Shin’ichi si diresse verso il Centro culturale Omiya Est per una riunione informale con una decina di preti che erano stati invitati alla manifestazione. Disse che la Gakkai, risvegliatasi al mandato di Nichiren Daishonin – la realizzazione di kosen-rufu mondiale – portando avanti molteplici attività aveva dato vita con impegno sincero e costante a un grande movimento per la propagazione della Legge, introducendo tante persone al Buddismo del Daishonin. Dichiarò che avrebbe continuato ad avanzare anche in futuro per la realizzazione di kosen-rufu e per l’eterna perpetuazione della Legge, mantenendo una relazione armoniosa tra preti e laici, e proteggendo il clero fino al limite delle sue forze.
Chiese inoltre ai preti di prendersi cura dei membri della Gakkai, che con coraggio stavano adempiendo la loro missione di inviati del Budda e di avvolgerli con un manto di compassione. I preti reagirono in vari modi. C’era chi faceva segni di approvazione con la testa e chi guardava per terra per non incrociare lo sguardo di Shin’ichi. Tuttavia quest’ultimo continuò a parlare ai suoi interlocutori con sincerità, cercando di aprire la porta del loro cuore.

(continua)

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata