Il 2 gennaio il presidente Ikeda compie ottant’anni. Per l’occasione riproponiamo alcuni brani tratti dal suo Diario giovanile, in cui emergono le paure, il coraggio, le difficoltà, le frustrazioni e il forte desiderio del giovane Daisaku di rispondere alle attese del suo maestro Toda. Lo stesso spirito di ricerca che manifestano i discepoli di oggi, di cui pubblichiamo tre testimonianze. Ikeda ha mantenuto la sua promessa di stabilire solide fondamenta di kosen-rufu in tutto il mondo entro il compimento dei suoi ottant’anni. Accanto a lui Kaneko, con il suo sorriso e il suo costante sostegno in tutte le attività per la pace
3 maggio 1951. Sereno.
Finalmente il signor Toda è diventato presidente. Questo era il desiderio di tutti i suoi discepoli. Ricorderò questo giorno per il resto della mia vita […]. Durante la riunione ero seduto da solo e ascoltavo attentamente il mio maestro e gli altri responsabili anziani; ho pensato che solamente il signor Toda è consapevole del fatto che i progetti di un solo giovane sono saldamente rivolti al cammmino della Soka Gakkai nei prossimi dieci anni futuri. (pag. 145)
16 febbraio 1954. Nuvole alte.
Sensei combatte senza tregua contro il demone della malattia. Anch’io combatto continuamente lo stesso demone. Dove c’è una fede appassionata ci deve essere anche una vittoria. Sono giovane, la mia vita comincia adesso. Se solo riuscissi a essere il motore che trasforma in realtà i progetti e le idee del presidente Toda. (pag. 215)
5 gennaio 1955
Nel mondo della Gakkai, e quindi nel mondo del Buddismo, le persone sincere e oneste sono quelle che alla fine vinceranno. Si può dire che lo stesso principio vale in qualunque ambito della società. Adesso ho ventisette anni; non sono più un bambino.
Prima di morire voglio diventare una persona forte e meravigliosa sotto la guida del mio riverito maestro.
Prima di morire voglio diventare una persona dotata di capacità eccezionali per kosen-rufu.
Prima di morire voglio dare un esempio meraviglioso di come dovrebbe essere un discepolo del presidente Toda.
Prima di morire voglio essere lodato come una persona meravigliosa di grande fede.
Quello che pensa il mondo non mi fa paura. Né mi fanno paura le critiche altrui. Quello che mi spaventa davvero è il Buddismo. Il Daishonin e il mio maestro mi incutono veramente timore. (pag. 290)
Sabato 31 marzo. Sereno.
Anche marzo è ormai finito. Mentre ripetiamo il ciclo delle nostre emozioni la vita passa in un istante. Devo dare valore al mio tempo ogni giorno. E ancora una volta il problema si riduce a come passare queste ore preziose.
Viviamo in una società in cui le persone senza una particolare convinzione e senza nessuna base, che non fanno altro che criticare gli altri, sono considerate sagge. Devo tenere a mente che se anche le persone dotate di convinzione e di ideali possono, a prima vista, dare l’impressione di essere passive alla fine sono quelle forti e felici.
Chiunque avanza con un ideale è forte. Sono proprio i venti e le onde che colpiscono le vele della nave di un re quelli più feroci di tutti. Mai esitare o avere paura. (pag. 136)
Sabato 2 gennaio. Nuvoloso.
Stamattina mi sono alzato tardi. Mia moglie era preoccupata perché ero un po’ pallido, anche se oggi è stato il mio compleanno. Non ho idea del perché divento esausto a tal punto. Le ho detto con un sorriso che non mi sarei mai arreso al demone della malattia. Oggi è il mio trentaduesimo compleanno. Mi è venuta in mente mia madre. Ho immaginato quando sarebbe invecchiata. E poi ho pensato che in realtà lei sta già invecchiando. […] Mentre ero sul treno ho pensato al mio scomparso maestro quando osservava intensamente il monte Fuji. Ogni volta che la guardo mi sembra sempre una montagna bellissima. È la montagna numero uno in tutto il mondo. Voglio che la mia vita sia solida come questa montagna. Un grande saggio e pensatore, Nichiren Daishonin, durante la sua adolescenza percorse la strada lungo la costa orientale diretto verso il monte Hiei, dove si sarebbe fermato a studiare. Chissà cosa pensò quando vide il monte Fuji. Ho pensato alle emozioni che poteva avere a quell’epoca. (pag. 632)
Domenica 4 settembre. Nuvoloso.
Qual è oggi il mio compito? Realizzare la missione di oggi. Qual è la mia missione di oggi? Lottare nelle circostanze in cui mi trovo. In che cosa consiste questa lotta? Nell’avanzare fino al limite delle mie forze.
Qual è il problema del domani? Forse il domani non è nient’altro che il prolungamento, istante dopo istante, di oggi? Non importa quali possono essere le difficoltà che incontriamo oggi, perché quando abbiamo un sogno da realizzare l’indomani, la speranza ritorna. Se oggi stesso ci sforziamo di fare del nostro meglio, il futuro risplende e fiamme di gioia si levano alte. La realtà non è fatta di niente altro che della concreta sensazione che proviamo in questo istante, e questo istante dura per tutta l’eternità. Non abbiamo altra scelta che fare la nostra rivoluzione umana. (pag. 14)
Venerdì 5 dicembre. Sereno.
Finalmente è iniziato l’ultimo mese del 1952. È stato un anno pieno di ricordi indimenticabili.
A casa alle 22.00. La luna, che brilla nel freddo cielo notturno, mi fa dimenticare per un attimo le intense battaglie che sto affrontando in questo momento. Questa luna riesce a calmare il mio stato d’animo così agitato e mi concede un respiro di sollievo, prima di affrontare il domani e il futuro! Questo è il Buddismo dell’unicità di corpo e mente. Non ho mai avuto una consapevolezza così chiara di questo principio nel mio corpo, nel mio spirito e nella mia vita come quest’anno. Anzi, quest’anno l’ho percepito così profondamente da provare spesso un senso di solitudine o di angoscia. (pag. 159)
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Daisaku attraverso gli occhi di Kaneko
Insieme per kosen-rufu da cinquantasei anni
Non abbiamo mai potuto davvero godere di una vita privata o dei piaceri di un’ordinaria quotidianità familiare. Quando ci sposammo, Toda mi guardò solennemente e disse con profonda serietà: «Conto su di te per sostenere Daisaku. Il futuro della Gakkai dipende da questo». Da quel giorno ho fatto tutto quello che potevo per aiutare e sostenere mio marito.
Avendo sentito Toda dire che mio marito non sarebbe vissuto a lungo, mia madre si angustiò parecchio quando divenne presidente della Soka Gakkai. Si chiedeva che cosa ne sarebbe stato di noi, sua moglie e i suoi figli, se fosse morto giovane. Io risposi a tutte queste preoccupazioni facendo tutto ciò che ritenevo lo potesse aiutare a stare bene. Poi, un giorno, qualche tempo dopo, mia madre mi disse che le sembrava che io mi prendessi troppa cura di lui e che lo stavo viziando! La nostra camera era molto piccola, quindi talvolta, quando era davvero esausto, mettevo il mio futon nel corridoio e dormivo lì, per non disturbarlo quando mi alzavo presto al mattino.
Era un periodo difficile per la Soka Gakkai. Ero in buona salute, e volevo fare qualsiasi cosa fosse in mio potere per alleggerire le sofferenze di mio marito. Quella fu in effetti la mia preghiera.
Non ero mai stata ammalata fino a quel momento. Quando accadde, mi accorsi che non mi ero mai resa conto di quanto mio marito si dovesse sentire male tutto il tempo, soffrendo come allora di salute debole e di febbre costante. Fu una bella lezione per me. Da allora, ho sempre pregato di rimanere entrambi in buona salute. Una cosa che ho imparato negli anni è che non c’è niente di più meraviglioso del potersi sedere davanti al Gohonzon come marito e moglie e pregare insieme.
(L’età della saggezza, esperia, 101-103)
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con parole mie
Ho fatto una promessa
Prima dell’incontro con la pratica buddista tre anni fa, ho sempre avvertito dentro di me un senso di vuoto e una grande solitudine; l’uso di droghe pesanti peggiorava il tutto. Nel 2003, nel giro di quattro mesi, il mio migliore amico e mio padre morirono. In quel periodo terribile mi parlarono del Buddismo e così iniziai un nuovo percorso fatto di tante difficoltà ma anche di nuove gioie. Conobbi una persona nuova: il presidente Ikeda. Grazie a lui lo scorso anno ho affrontato con coraggio un altro momento molto difficile; mio cugino, per me come un fratello, al ritorno da una discoteca ha avuto un incidente mortale. In quei giorni leggevo La rivoluzione umana che mi dava la forza di andare avanti.
A giugno ho partecipato per la prima volta a un corso presso il Centro culturale europeo a Trets. Poco prima della partenza mi hanno detto che io e altri ragazzi avremmo spiegato alcuni brani delle lezioni del presidente Ikeda sull’Apertura degli occhi. A me è capitata la parte del Gosho nella quale Ikeda commenta la relazione fra maestro e discepolo. Ma arrivato a Trets, ho sentito un’enorme tristezza. Volevo scappare e mi chiedevo come avrei fatto il giorno dopo a parlare davanti a tutti, proprio io, che se parlo di fronte a tre persone divento rosso. In più mi chiedevo: «Ma ho capito la relazione col maestro?». A un certo punto sono uscito di corsa dalla sala e mentre camminavo mi sono accorto che piangevo; era molto tempo che non riuscivo a versare una lacrima e lì di colpo come in un sogno ho immaginato mio padre che parlava con sensei e gli diceva «di prendersi cura di me e farmi diventare un ragazzo di valore». Ho sentito il presidente Ikeda come un padre e ho capito che questa relazione tra maestro e discepolo era già nel mio cuore… più di quanto immaginassi.
Da poco ho ricevuto un’altra terribile notizia: un mio grande amico è morto in un incidente con la moto. Perché di nuovo devo imbattermi nel problema della morte? Sto soffrendo molto, sto recitando per non mollare e inoltre si sono manifestati gli attacchi di panico. È difficile ma sono ancora più sicuro che l’unica cosa da fare sia andare davanti al Gohonzon e sforzarmi di recitare Daimoku anche solo cinque minuti in più. «Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra. Allora come afferma il sutra tutti i nemici saranno annientati» (La strategia del Sutra del Loto, SND, 4, 195). La Soka Gakkai è la mia famiglia e grazie alle persone che mi sono sempre vicine sento il valore della mia vita. Prima di partire ho scritto una lettera a sensei, nella quale gli ho promesso che il suo discepolo Alessio vincerà e realizzerà con la propria vita kosen-rufu. Inoltre, dopo tanti anni mi sono iscritto all’università. Voglio regalare questo grande sogno al mio maestro.
Alessio S.
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con parole mie
Dice proprio a me
Nel 2007 ho passato alcuni dei mesi più brutti della mia vita. Sembrava che i miei “demoni interni” e le mie paure si fossero dati appuntamento, mi sentivo senza via d’uscita. Recitare Daimoku era spesso difficilissimo e c’erano giorni in cui anche solo aprire bocca per dire Nam… mi provocava lacrime o sensazioni di debolezza fisica e svenimento. Una cosa che non mi era mai accaduta prima e che mi lasciava spaventata e disorientata.
Spinta dal continuo incoraggiamento che ci arriva da ogni dove, mi sono messa a recitare Daimoku (piano piano sempre di più) per avvicinarmi al cuore del maestro. Per sentire quella cosa di cui si parla ma che non avevo idea di cosa fosse; era però chiaro che doveva essere qualcosa di diverso dall’apprezzamento dell’immenso valore di Daisaku Ikeda come essere umano, che è facilmente intuibile. Ho iniziato, ogni volta che arrivava a casa Il Nuovo Rinascimento, a leggere – per prima cosa e senza indugio – le sue guide, con la convinzione che parlasse proprio a me. Convinzione non vuol dire che ero convinta. Vuol dire che mi ripetevo, come un automa: «Dice a te, sta parlando proprio con te, stai attenta e ascolta».
Poi è arrivato un numero che conteneva una lunga poesia che Ikeda ha scritto per Toda, il suo maestro, in occasione dell’anniversario della sua nascita, l’11 febbraio 1900.
Le poesie di Ikeda non le ho mai amate molto, preferivo semmai la sua prosa. Però ho fatto uno sforzo e l’ho letta tutta. A un certo punto dice: «Quando avanzi insieme al tuo maestro / la tua vita è colma / di passione ed energia! / Quando pensi / al tuo maestro / senti il coraggio, / senti la forza / e puoi far sgorgare / una saggezza senza limite! / […] Un maestro è uno specchio. / Un maestro è speranza. / Un maestro è forza. / Quando vive nel nostro cuore / non vacilleremo mai, / quando vive nel nostro cuore / non saremo mai sconfitti» (NR, 377, 9-12).
Quando ho letto questi versi ho iniziato a piangere, scossa da un’emozione che non conoscevo. Ero disorientata, non capivo cosa potesse aver provocato quella reazione decisamente sopra le righe. Poi mi sono resa conto che quello che avevo letto non era solo bello, ma, per me, profondamente vero! E nel momento in cui questa consapevolezza mi è scoppiata dentro il cuore, in quell’istante io non avevo assolutamente paura di nulla.
Da quel momento una serie di “stranezze” sono successe. Ho cominciato a diventare “attrattiva”. Le persone mi guardavano per la strada, era impossibile non accorgersene. Tanto che spesso pensavo di avere l’orlo scucito, o il viso sporco. Il mio capo, persona capace di atteggiamenti così irritanti da farmi venire spesso voglia di tirargli il collo, è cambiato. Di fronte a comportamenti così diversi da parte sua rimanevo spesso basita perché a me non sembrava poi di essere cambiata molto. Ho iniziato a recitare Gongyo e Daimoku, sempre più spesso, davanti al mio Gohonzon, da sola (cosa che per me è sempre stata molto difficile).
Poi, una sera, un mio amico mi ha parlato di una forte sofferenza che stava attraversando e che per certi versi riguardava anche me. Io ho cercato di parlargli della pratica buddista ma non avevo neanche detto due parole che lui mi ha risposto stizzito: «Ora non inizierai a fare del proselitismo!». «No, no» ho risposto io, e non ho fatto più parola di Buddismo.
Quella sera però, per la prima volta, invece di farmi prendere dall’ansia da shakubuku, sono tornata a casa e ho recitato Nam-myoho-renge-kyo perché fosse felice. C’è sempre un attimo eterno in cui senti che il tuo cuore è sincero. E io me lo ricordo quell’attimo: non mi importava che iniziasse a praticare, volevo solo e sinceramente che fosse felice e che da quella situazione emergesse valore.
Dopo un po’ di tempo, all’improvviso, il mio amico mi ha chiamato; voleva saperne di più su questo Buddismo. Ci siamo visti, abbiamo parlato e gli ho dato due libri: Felicità in questo mondo e Il Budda, Geoff e io. Due giorni dopo mi è arrivato un suo messaggio che diceva: «Ho letto, anzi divorato i libri che mi hai dato. Non vedo l’ora di iniziare a praticare. Grazie».
Da allora recita tutti i giorni Nam-myoho-renge-kyo e ha iniziato a partecipare alle riunioni. Le sue angosce si stanno diradando, parole sue, «più velocemente di quanto avrebbe mai creduto possibile» e io ho sicuramente creato valore. Ero incredula e incredibilmente felice.
Negli ultimi mesi, grazie all’attività svolta per la Soka Gakkai e a quel desiderio che mettevo sempre in ogni Gongyo di sentire il cuore del mio maestro – anche se seguito da un grosso boh! – ho scoperto che, quando sento il maestro accanto a me, i momenti oscuri passano più velocemente e mi sento un leone. Non tanto perché so che c’è lui che penserà a tutto, ma perché quando sento il suo cuore ci sono io, e non ho più paura di nulla.
Chiara V.
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con parole mie
Una relazione profonda
Nei primi quattro anni di pratica buddista avevo una profonda stima per il presidente Ikeda, mi incoraggiavano tantissimo i suoi scritti, ma non lo percepivo come il mio maestro. C’era un distacco interiore che, sinceramente, non sentivo il bisogno di colmare, mi sembrava già un miracolo provare tanta stima per uno sconosciuto. A dicembre 2000 mi offrirono la possibilità di partecipare a un corso a Trets, il Centro culturale europeo. Ero terrorizzata dalla reazione del mio ragazzo, assolutamente contrario. Cominciai ad accusare dolorini e febbriciattole per avere una scusa per non andare, ma nello stesso tempo cambiai i soldi e pagai il corso. Più lui dava in escandescenze, più io mi rendevo conto che solo “puntando” sul Gohonzon avrei potuto trasformare la situazione. Stavo decidendo cosa c’era al centro della mia vita. L’obiettivo di trasformare la nostra storia era il mio scopo principale poi, una volta al corso, mi suggerirono di approfondire il legame tra maestro e discepolo. L’ultimo giorno provai una grande sofferenza, ma sentii di non essere sola, il mio maestro era vicino a me, piansi come tra le braccia di mio padre. La sofferenza si trasformò in gratitudine, poi in gioia.
Al mio ritorno, il cambiamento invase tutta la mia vita, a partire dal rapporto con il mio ragazzo. Trovai un lavoro che mi permetteva di fare la giornalista a tempo pieno e desiderai mettere a disposizione le mie competenze nell’attività del Volo Continuo. In realtà accadde il contrario: l’attenzione volta alle parole e il rispetto nell’aiutare le persone a scrivere le esperienze hanno fatto sì che fu il mio lavoro da giornalista a beneficiare dell’attività buddista. Quando nacquero delle incomprensioni nell’attività, tornai davanti al Gohonzon per realizzare l’obiettivo del mio maestro: fare del Volo Continuo lo strumento per superare le divisioni. Insieme agli altri, trasformammo profondamente l’attività. Non capivo come fare a trasmettere il cuore del maestro, a parte pubblicare le sue parole. Decisi di approfondire ogni giorno questo rapporto davanti al Gohonzon. Alla fine del 2005 avevo pochissimo tempo per recitare Daimoku e fare attività. Cancellai gli obiettivi e determinai di agire a ritmo con il cuore del maestro. Cominciai a sognarlo e nei sogni sensei mi chiedeva come andava l’attività del Volo. La mattina mi dicevo: «Figurati se con tutte le cose che ha da fare pensa proprio a noi!». Immaginate il mio stupore quando mi telefonarono per dirmi che il presidente Ikeda aveva mandato dei regali per chi faceva attività nel Volo! In tutti i momenti di stasi ho sempre praticato per approfondire questo legame.
Negli ultimi mesi tutto quello che avevo costruito ha cominciato a crollare. Sono ripartita dal Gohonzon scoprendo una forza e una fiducia insospettate. Però mi sentivo lontana da sensei, non riuscivo più a “piangere sulla sua spalla”. Un pomeriggio, mentre recitavo, ho sentito che non ero più un passo dietro a lui per farmi difendere, ma combattevo accanto a lui! Avevo scelto la sfida per me più difficile. Ho sentito che la vittoria avrebbe posto le basi per affrontare qualunque altra cosa. So che alla fine potrò guardare il mio maestro e dirgli che combatterò con tutte le mie forze per realizzare il suo sogno, proprio come fece lui con Toda.
Giorgia F.