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Volume 27, capitolo 1 "Germogli di gioventù", puntate 26-40 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:31

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Volume 27, capitolo 1 “Germogli di gioventù”, puntate 26-40

Parlare con i bambini e le bambine, sostenerli nella loro crescita e creare un ambiente scolastico adatto a sviluppare i loro talenti: questi erano alcuni punti fermi individuati da Shin’ichi affinché la scuola fosse un ambiente accogliente e stimolante

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Parlare con i bambini e le bambine, sostenerli nella loro crescita e creare un ambiente scolastico adatto a sviluppare i loro talenti: questi erano alcuni punti fermi individuati da Shin’ichi affinché la scuola fosse un ambiente accogliente e stimolante

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[26] Dopo il coro dei bambini che aveva cantato È giunta la primavera fu la volta del coro di genitori e figli. La scuola non aveva ancora il suo inno, perciò cantarono Il desiderio della luna, una canzone composta da Shin’ichi. Le studentesse avevano scritto in caratteri cubitali le parole della canzone per permettere a tutti di unirsi al coro.
Nel vasto cielo quieto e silenzioso / coltiva un grande animo / coltiva un gran sorriso / parla con tutti. / La luna piena pian piano / mostra il suo volto“.
Shin’ichi si unì agli insegnanti e le voci gioiose del coro si diffusero nell’edificio, rallegrando il pomeriggio. Alla fine Shin’ichi si rivolse al direttore Takashi Araki: «Mi piacerebbe che anche la scuola elementare Soka di Tokyo avesse un suo inno». «Sì – rispose Araki -. Lo stiamo preparando tutti insieme, ma abbiamo delle difficoltà».
Mentre pronunciava queste parole, Araki guardava Shin’ichi con l’espressione imbarazzata di uno scolaretto a cui il maestro fa presente i propri errori, ma nel suo volto trasparivano anche determinazione e sincerità. Dopo i saluti del direttore e di altri partecipanti, fu il turno di Shin’ichi: «Questa è la prima cerimonia di ammissione alla scuola elementare Soka. È il primo passo che la nostra scuola compie nel cammino che proseguirà per i prossimi cinquanta o cento anni. La cerimonia di oggi rappresenta il punto di origine di tutto, per l’eternità. Sono fermamente deciso a far crescere questi bambini in modo che diventino ragazzi meravigliosi, individui straordinari, unendo le mie forze a quelle del direttore e di tutti gli insegnanti. Siate certi di questo.
«Nella scuola elementare, a differenza di ciò che accade all’università o alle superiori, senza la cooperazione tra famiglia e scuola che si prendono cura dei bambini e li aiutano a crescere, non è possibile raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti. Noi, come scuola, ci impegneremo con tutte le nostre forze, ma contiamo dal profondo del cuore sul completo sostegno di tutti voi genitori per riuscire a far crescere persone splendide e di valore, persone in primo piano nel ventunesimo secolo. Lo sviluppo e la crescita dei bambini sarà possibile solo se queste due ruote, la scuola e la famiglia, gireranno armoniosamente insieme».

[27] Il 9 aprile, durante la cerimonia di ammissione alla scuola elementare Soka, terminato il pranzo inaugurale a cui aveva preso parte insieme agli insegnanti e ai genitori, Shin’ichi intervenne alle celebrazioni per il completamento del sistema educativo Soka, che ora comprendeva tutti i cicli scolastici, dalla scuola materna all’università.
La cerimonia ebbe luogo presso la palestra delle scuole Soka e vide riunite moltissime persone: il personale docente e non docente, gli studenti, i genitori, gli ex allievi e persino i genitori del personale scolastico, dalla scuola materna Soka di Sapporo fino all’Università Soka, e anche tutti coloro che avevano sostenuto questo sistema educativo e collaborato alla sua realizzazione.
Mentre si dirigeva verso il luogo della cerimonia, Shin’ichi si rivolgeva alle persone che incontrava congratulandosi con loro. In un attimo, una piccola folla di persone si radunò attorno a lui. «Grazie a voi – disse Shin’ichi – il progetto educativo Soka, che raggruppa tutti i cicli scolastici, è finalmente compiuto. Vi ringrazio per tutti gli sforzi che avete dedicato alla sua realizzazione. È finalmente il momento in cui il nostro sistema educativo potrà esprimere tutto il suo potenziale. Cresciamo insieme unendo sempre di più le nostre forze, perché è a noi che è stato affidato il destino del ventunesimo secolo». La prima cosa che si notava entrando in palestra erano le tavole imbandite: c’erano gli onigiri (polpette di riso), gli inari (polpette di riso avvolte in uno strato di tofu fritto dolce), il mitsumame (dolce giapponese estivo preparato con pezzi di frutta, sciroppo dolce e cubetti di gelatina) e il ponche alla frutta. C’era anche uno spazio dedicato alla cerimonia del tè. Dopo aver ringraziato lo staff ai tavoli, Shin’ichi si mise a insegnare il rituale della cerimonia ai ragazzi delle medie e delle superiori, gustando il tè insieme a loro.
Inoltre, la banda musicale, composta dagli studenti e dagli ex studenti delle scuole medie e superiori Soka, a partire da quelli del primo anno di corso, suonò un pezzo. Shin’ichi ascoltava attentamente la nona sinfonia di Antonín Dvorák, nota con il titolo Dal nuovo mondo.
Di fronte a quella meravigliosa armonia, egli rivolse un grande applauso all’orchestra composta da studenti di generazioni diverse, dicendo: «Siete proprio bravi. La vostra è stata un’esecuzione di livello mondiale».
Poi incontrò i genitori del personale docente e non docente delle scuole Soka: «Grazie ai vostri figli siamo stati in grado di realizzare le meravigliose scuole Soka. Vi prego di vivere a lungo, pensando sempre agli studenti come a dei vostri nipoti».
Shin’ichi incoraggiava con tutto se stesso ogni persona che incontrava. «Chissà quante persone hanno offerto i loro sforzi per realizzare il nostro progetto educativo Soka, che raggruppa tutti i cicli scolastici». Pensando a questo, non poteva fare a meno di esprimere la sua profonda gratitudine a chiunque vi fosse coinvolto, desiderando nel contempo che tutti coloro che avevano studiato alle scuole Soka coltivassero lo stesso spirito.
I giovani germogli si sviluppano assorbendo il nutrimento dalla terra, in questo caso costituito da persone comuni: una volta cresciuti e diventati grandi alberi quei germogli proteggeranno le persone comuni con le loro fronde grandi e forti, e vivranno ripagando sinceramente il loro debito di gratitudine.

[28] Le celebrazioni per il completamento del sistema educativo Soka si conclusero con tre urrà lanciati da tutti i partecipanti. Shin’ichi tornò alla scuola elementare Soka di Tokyo per partecipare a un incontro con i rappresentanti del personale docente di tutte le scuole Soka, dalla scuola materna di Sapporo all’Università. Anche in questa occasione, Shin’ichi espresse dal profondo del cuore la sua gratitudine ai docenti che per dieci anni, dall’apertura delle scuole medie e del liceo Soka, avevano condiviso esperienze profonde nel periodo dell’edificazione della scuola e avevano gettato le basi di un’educazione umanistica.
Poi espose con sincerità i suoi pensieri sul significato dell’educazione.
«Qual è la cosa più importante per il futuro dell’umanità? Credo fermamente che non sia né l’economia né la politica, ma l’educazione. Non si può certo dire che il futuro dell’umanità sia pieno di speranza e, in una prospettiva a lungo termine, è un errore pensare che il ventunesimo secolo, ovvero il nostro futuro, possa svilupparsi a partire dalla stessa prosperità di cui godiamo oggi. Credo che dovremmo prepararci a una grande svolta, in cui verrà messa in discussione non soltanto la società, ma la stessa civiltà. Non ci sarà futuro se non decidiamo di formare persone che posseggano una profonda filosofia e un’ampia visione delle cose, che possano contribuire all’umanità e alla pace mondiale. Per questo motivo ho creato un sistema educativo completo che include tutti i cicli scolastici».
Shin’ichi desiderava che gli insegnanti comprendessero che cosa significa realmente creare un sistema educativo completo. L’educazione comincia ad avere senso nel momento in cui si comprende veramente ciò che ci prospetta il futuro.
«L’educazione Soka entra finalmente nella seconda fase di un movimento per l’educazione umanistica che spalancherà le porte del ventunesimo secolo. Ora la cosa più importante affinché ogni scuola possa poggiare su basi solide è la coesione, e per ottenerla è necessario un “asse centrale”. Prego quindi i direttori, il rettore dell’università e tutte le figure centrali delle nostre scuole di essere gli assi portanti di questa nostra coesione, e di avanzare verso un nuovo sviluppo e miglioramento, unendo le loro forze».
Oltre a esprimere il desiderio che il personale docente e non docente sostenesse queste figure centrali, egli chiese a queste ultime di creare un ambiente lavorativo amichevole, in cui ci si potesse esprimere e parlare liberamente. Infine si appellò a tutti affinché non venisse mai dimenticato lo spirito originario e l’obiettivo principale, e cioè la formazione di leader del ventunesimo secolo in grado di promuovere la pace e la cultura.

[29] Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma, a cui Shin’ichi Yamamoto era legato da profonda amicizia, diceva che «per realizzare un grande obiettivo, fare una buona partenza è forse la cosa più importante».
Sia gli alunni che il personale docente e non docente della Scuola elementare Soka di Tokyo leggevano spesso il messaggio che Shin’ichi, il fondatore della scuola, aveva inviato in occasione della prima cerimonia di ammissione. In esso aveva sottolineato quanto sia importante leggere, conoscere e appassionarsi ai capolavori della letteratura mondiale, rispettare le regole della scuola, i princìpi di condotta e anche salutare in modo educato. Si era inoltre raccomandato di prendersi cura dei genitori, dei fratelli e delle sorelle, degli amici e di tutti coloro che vivevano in ambienti sfavorevoli e disagiati.
Gli allievi, che avevano impresso nel loro cuore quelle parole, andavano spesso in biblioteca per leggere il più possibile e si contendevano le opere letterarie più famose.
Ogni mattina, il direttore della scuola li accoglieva salutandoli allegramente e i bambini ricambiavano con una voce ancora più vivace e squillante. In quel modo, con il passare dei giorni, i bambini avevano imparato a salutare educatamente.
All’ora di pranzo gli alunni erano suddivisi in gruppi di età diverse e i più grandi si occupavano con molta premura dei più piccoli, insegnando loro come apparecchiare e sparecchiare. Imparavano così a prendersi cura dei bambini più piccoli e dei propri amici.
Gli insegnanti cercavano di mettere in pratica svariate idee. Ad esempio, in alcune classi facevano cambiare banco agli alunni ogni mese per offrire loro più occasioni di conoscersi. Parlavano di qualsiasi cosa che potesse essere utile ai bambini. Tra i vari eventi che programmarono per offrire dei bei ricordi della scuola, ci fu “l’incontro per la festa dei bambini”, oggi chiamato “incontro di koinobori” [la festa dei bambini è il 5 maggio, giorno in cui si usano bandierine di stoffa a forma di carpa o koinobori, come augurio di energia fisica e spirituale, n.d.r.] e “l’incontro di Tanabata“, oggi “incontro della Via Lattea” [la festa di Tanabata cade il 7 luglio ed è legata a una leggenda cinese secondo cui due innamorati, rappresentanti la stella Altair e la stella Vega, separati dalla via Lattea, si possono incontrare solo in questo giorno, n.d.r.].
Stabilirono anche dei premi per i bambini che avevano i denti più puliti, ritenendo che fosse importante creare svariate occasioni per elogiarli, non soltanto in base all’apprendimento scolastico. Tutti i bambini sono persone di valore. Per poter sviluppare le potenzialità di ognuno è importante non valutarli tutti con lo stesso metro, e creare occasioni per incoraggiarli e lodarli.

[30] Shin’ichi non vedeva l’ora di ricevere notizie dei bambini dal direttore della scuola elementare Takashi Araki e dagli altri insegnanti, e di poterli presto andare a trovare. La sua prima visita alla scuola elementare Soka, dopo la cerimonia di ammissione, avvenne il 4 luglio. Quel giorno si sarebbe tenuta la cerimonia di inaugurazione della fontana dell’Angelo, collocata all’interno del cortile degli Angeli che si trovava vicino all’ingresso principale.
In quell’occasione si sarebbe svolta anche una prova dell’evento “l’incontro di tanabata” che avrebbe avuto luogo tre giorni dopo, il 7 luglio. Poco prima delle tredici arrivò Shin’ichi. «Buongiorno!», l’allegra voce dei bambini risuonò nel cortile della scuola. Una cinquantina di alunni del terzo anno erano lì ad attendere gli ospiti. Davanti alla fontana era stato predisposto un nastro bianco e rosso.
Tutti i preparativi erano pronti per la cerimonia inaugurale. «Congratulazioni! – disse Shin’ichi – cominciamo pure». Non appena i due rappresentanti dei bambini, uno per i maschi e una per le femmine, ebbero tagliato il nastro, le sedici bocche della fontana iniziarono a zampillare con forza verso la statua dell’Angelo, al centro della fontana. Si levarono grida di stupore. Shin’ichi provava un amore infinito per questi bambini.
«È nostro dovere aprire una grande via verso la pace per il futuro di questi bambini». Con questa ferma determinazione nel cuore si rivolse a tutti i presenti: «Scriviamo, come abbiamo fatto oggi, nuove pagine di storia della Scuola elementare Soka, una dopo l’altra. Vivere significa proprio questo, scrivere giorno per giorno nuove pagine della propria storia. Per riuscire a farlo è importante affrontare le avversità con coraggio. Le grandi persone sono proprio quelle che affrontano con coraggio le avversità: oggi divertiamoci tutti insieme in allegria!».
Dopo aver terminato l’incontro con i rappresentanti del personale docente, Shin’ichi si recò nella sala multiuso della scuola che, in attesa della costruzione della palestra, ospitava gli incontri con tanti partecipanti.

[31] Qui stava per iniziare la prova de “L’incontro di Tanabata“. Appena entrato Shin’ichi si diresse verso i bambini già seduti e, stringendo la mano a quelli della prima fila, disse loro: «Grazie per oggi! È da un po’ di tempo che non ci vediamo…». Poi si sedette nel posto che gli era stato assegnato.
Dopo il saluto inaugurale di un bambino, rappresentante degli alunni del terzo anno, due bambine lessero il proprio componimento. La rappresentante del primo anno lesse un tema dal titolo Il mio sogno che parlava dell’emozione che suscita lo straordinario mondo dei fiori. L’altra, del secondo anno, lesse il suo tema dal titolo Il mio desiderio, che parlava della gioia della lettura. Da questi temi si percepiva quanto la vita scolastica fosse piacevole per questi bambini. «Come sono contento… Si vede che vi piace la scuola!». Shin’ichi era davvero felice. Un sistema educativo comincia a essere efficace solo quando i bambini hanno la sensazione che la scuola sia qualcosa di piacevole. In ogni aspetto della vita questa sensazione suscita nelle persone il desiderio di sfidarsi e fa scaturire in loro l’energia per vincere.
Subito dopo tutti i bambini cantarono in coro, in giapponese, la canzone Twinkle Twinkle Little Star. Durante l’esecuzione utilizzarono alcuni strumenti musicali, fra cui un pianoforte, un organo e una fisarmonica, oltre a xilofoni, armoniche a bocca, flauti, nacchere e triangoli. «Che bravi! È meraviglioso…», commentò Shin’ichi. Fece un grande applauso e, rivolgendosi a quattro bambini che in un angolo della sala suonavano con impegno il loro triangolo, disse: «Voi col triangolo, venite avanti…».
I quattro bambini avanzarono. «Che bel suono! La vostra è stata un’esecuzione meravigliosa. Come si suona questo?». Così dicendo, prese in prestito lo strumento da uno di loro e lo fece suonare varie volte. «Va bene così? Quanta forza ci devo mettere? Il triangolo sembra uno strumento facile da suonare, ma non lo è affatto. Oggi avete suonato in un angolo della sala, ma in un’orchestra il vostro strumento è molto importante. Per questo non dovete assolutamente sentirvi da meno rispetto a chi suona l’organo o altri strumenti».
Con queste parole Shin’ichi voleva che i bambini fossero consapevoli dell’importanza del proprio ruolo e che si impegnassero al massimo, fino in fondo, nel portarlo avanti.

[32] Dopo l’esecuzione musicale dei bambini della scuola, vennero cantate due canzoni: Tanabata sama [canzone popolare giapponese; n.d.r.] e Otsuki sama no negai [Il desiderio della luna, testo di Shin’ichi Yamamoto, n.d.r]. Le voci allegre e ben intonate diedero vita a uno splendido coro. La piccola presentatrice parlava con scioltezza, senza alcuna esitazione. Erano passati solo tre mesi dall’apertura della scuola, ma si poteva già vedere un notevole sviluppo nei bambini. Dopo il discorso del direttore Takashi Araki, Shin’ichi fece una proposta agli alunni: «Visto che siamo qui riuniti, cogliamo questa occasione per dire “grazie” tutti insieme al direttore e agli insegnanti! Ogni volta che tornate a casa, gli insegnanti mettono in ordine ogni cosa e si preoccupano per tutti voi, lo sapete?».
La presentatrice fece un cenno di approvazione, salì sul podio e disse: «Grazie maestri!», ma gli altri bambini ripeterono il ringraziamento con un fil di voce, lasciando trasparire la timidezza dai loro volti.
«È proprio in questi momenti, quando ci sentiamo timidi e insicuri, che bisogna dire le cose con voce piena di energia. Per salutare, per ringraziare, ci vuole coraggio. Se non diciamo niente, non possiamo trasmettere la nostra riconoscenza. E poi è proprio parlando che la timidezza scompare: dai, riproviamo!».
Spinti dalle parole di Shin’ichi, i bambini dissero a gran voce: «Grazie maestri!».
«Bravissimi. Siete stati magnifici. È importante ringraziare sempre il papà, la mamma e tutte le persone che ci aiutano. Questo è il modo giusto di comportarsi».
Gli insegnanti furono toccati vedendo con quale impegno il fondatore si occupava dell’educazione dei bambini.
Shin’ichi si rivolse nuovamente ai bambini domandando: «Qualcuno di voi ha la mamma ammalata?». Alcuni alzarono la mano.
«Se la vostra mamma è ammalata, non sarà certo facile per voi, che dovrete aiutarla in tante cose. Ma se riuscirete a rassicurarla facendole vedere che siete bambini affidabili, questo è il modo migliore per dimostrarle tutta la vostra riconoscenza».

[33] Poco dopo i bambini si recarono alla mensa per mangiare il gelato portato da Shin’ichi.
Mentre gustavano insieme il gelato, Shin’ichi li chiamò uno dopo l’altro a sedersi vicino a lui per chiedere notizie delle loro famiglie e se si fossero ambientati bene a scuola. Shin’ichi e i bambini cominciarono a scherzare facendo finta di tirarsi l’acqua che avevano nei bicchieri. I bambini, che in un primo tempo apparivano un po’ tesi, oramai erano diventati suoi veri e propri “amici”. All’ingresso principale Shin’ichi salutò gli alunni che tornavano a casa stringendo la mano di ognuno e dicendo loro: «Salutatemi il papà e la mamma!»; «Mi raccomando, vi affido la scuola!»; «Studiate con impegno!».
Un’educazione autoritaria stravolge il cuore dei bambini. La fiducia alimentata attraverso una relazione cuore a cuore, rappresenta invece la base di ogni attività educativa. Per questo motivo Shin’ichi desiderava attribuire la massima importanza al contatto diretto con i bambini.
Dalle cinque del pomeriggio Shin’ichi partecipò a un incontro con i rappresentanti del personale docente e non docente che si svolgeva nella sala in stile giapponese. Ringraziò tutti per il fatto che i bambini crescevano bene e perché si stava creando una buona tradizione scolastica, e ascoltò le opinioni di tutti i presenti.
Il direttore Takashi Araki espose le varie attività proposte per fortificare la salute e l’organismo dei bambini e fece il resoconto di una gita scolastica a cui avevano partecipato tutti gli alunni. Quando il responsabile del corpo docenti Masaru Kito chiese a Shin’ichi di scrivere con l’inchiostro di china gli slogan per gli alunni dei primi e degli ultimi tre anni della scuola, per poterli poi incidere su pietra, rispose: «Non ho una bella calligrafia e forse sarebbe meglio che scrivesse qualcun altro, ma se questo è il desiderio di tutti e se può far felici i bambini, ve li scriverò. Portatemi l’inchiostro e un pennello».
Shin’ichi cominciò dagli slogan per i bambini dei primi tre anni: “bambini allegri”, “bambini ricchi di umanità” e “bambini tenaci”. Poi scrisse quelli per gli alunni dalla quarta alla sesta elementare: “generosità”, “amicizia” e “tenacia”.

[34] Nel corso della riunione si parlò della composizione dell’inno della scuola. Shin’ichi domandò se avrebbero potuto presto ascoltare una bellissima canzone, ma il direttore rispose con espressione imbarazzata: «In realtà abbiamo provato a scrivere diverse versioni, ma non siamo riusciti a sceglierne una che ci soddisfacesse veramente. Se possibile, vorremmo che fosse lei a scrivere le parole…».
Shin’ichi rispose in modo categorico: «La canzone della scuola la scriverete voi, io vi sostengo in tutto e per tutto e cercherò di consigliarvi nel miglior modo possibile, ma il fulcro dell’attività scolastica siete voi!».
Shin’ichi desiderava che il direttore e gli insegnanti prendessero la determinazione e si assumessero la responsabilità di creare la miglior canzone. In ogni cosa è importante procedere chiedendo i consigli necessari, ma se dipendiamo dall’aiuto degli altri non potremo mai crescere e renderci veramente autonomi. Solo dalla decisione di agire prendendosi l’intera responsabilità di ciò che si fa può emergere la forza necessaria per portare a compimento ogni azione.
Shin’ichi domandò: «A proposito, dove sono i testi che avete scritto?».
Un insegnante andò a prendere una busta e gliela consegnò. C’erano dentro diversi fogli. Egli li esaminò attentamente e a un certo punto il suo sguardo si soffermò su uno in particolare. Quel testo cominciava con le parole Prima o poi, un giorno…
«Questo potrebbe andare proprio bene. Chi l’ha scritto?».
Il responsabile del corpo docente Masaru Kito, che stava seduto al suo fianco, rispose senza nascondere l’imbarazzo: «L’ho scritto io».
«Perché non prova a perfezionarlo un po’? Dopo questa riunione devo parlare con il direttore, ma se nel frattempo lei mi porta le sue revisioni, le esaminerò».

[35] Le informazioni più dettagliate che Shin’ichi richiedeva ai presenti riguardavano la situazione attuale dei bambini.
«Ci sono bambini che fanno assenze per lunghi periodi?», «Ci sono orfani?», «Com’è la situazione familiare dei bambini senza padre?», «E di quelli senza madre?». Poneva rapidamente una domanda dopo l’altra e poi, ascoltando le risposte, consigliava ripetutamente di prendere in considerazione ogni caso e di essere molto premurosi con i bambini. A volte inviava dei messaggi ai genitori. Dopo aver ascoltato i resoconti di tutti, parlò con un tono di voce che rivelava una profonda emozione.
«Ci saranno sicuramente famiglie che portano i bambini alla Scuola elementare Soka con grandi sforzi a causa delle difficoltà economiche. Famiglie che hanno voluto iscriverli spinte dal forte desiderio di dar loro la possibilità di studiare e formarsi secondo il metodo educativo Soka. Altre che hanno pensato di portarli in questa scuola poiché ne sono il fondatore. Se penso ai sentimenti di queste persone, mi viene da piangere dalla commozione e dalla gratitudine. Tutte queste famiglie nutrono grandi aspettative e sarebbe riprovevole non offrire ai loro figli un’educazione di cui siano profondamente soddisfatti. È nostro dovere far sì che possano pensare che è stata veramente la scelta giusta aver mandato i loro figli alla Scuola elementare Soka. Vi prego di condividere tutti questo desiderio, mirando a creare la migliore scuola elementare del Giappone e del mondo intero!».
I bambini provenivano da realtà familiari molto varie. C’era un bambino del primo anno che si chiamava Masayoshi Aritake. Era piccolo di statura, ma molto attivo, vivace e allegro. I suoi genitori avevano divorziato quando aveva cinque anni e la madre, Fumie, si occupava di lui. Quando Fumie si separò dal marito, lasciò la casa dove abitavano nel centro di Tokyo e traslocò a Higashi Yamato, vicino alle scuole Soka, dove iniziò una nuova vita con suo figlio e sua madre. Lei desiderava che il figlio potesse frequentare le scuole Soka, ma era molto difficile dal punto di vista economico in quanto la vita di tutti e tre dipendeva dalle sue sole forze. Mentre affidava il bambino alla madre lavorava per una ditta, ma con il suo stipendio potevano giusto permettersi di comprare da mangiare.

[36] Nell’ottobre del 1977 Fumie Aritake, vedendo sul giornale Seikyo l’avviso per l’iscrizione alla Scuola elementare Soka di Tokyo, pensò: «Se fosse possibile, vorrei tanto iscrivere mio figlio!», ma considerando realisticamente la sua vita quotidiana, non le sembrava certo una cosa fattibile. Ne parlò con un’amica della Divisione donne più anziana nella fede che le consigliò con tutto il cuore di decidere profondamente che suo figlio fosse ammesso alla Scuola elementare Soka di Tokyo. Fumie diede un’occhiata alle tasse scolastiche e a tutte le altre spese menzionate nell’avviso e calcolò mentalmente se poteva riuscire a sostenere economicamente la famiglia. «Forse, se riuscissi a risparmiare un po’ di più ogni giorno, ce la potrei fare. Ma poi ce la farò davvero? Se qualcuno in famiglia si ammalasse, potrei difficilmente farlo ricoverare…».
Non riusciva a prendere una decisione. La sua compagna di fede ebbe la gentilezza di andare fino alla Scuola elementare Soka di Tokyo per prenderle il modulo della domanda di ammissione. Appena Fumie lo vide, sentì chiaramente che voleva mandare il figlio in quella scuola a ogni costo.
«La creazione di scuole che comprendono l’intero ciclo del sistema educativo Soka è stato il desiderio del primo presidente della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi, del secondo presidente Josei Toda, ed è stato realizzato da Yamamoto sensei. Ora, con l’apertura della Scuola elementare Soka di Tokyo, il grande desiderio di tre generazioni di maestri e discepoli della Gakkai è diventato realtà! Chissà come sarà l’educazione umanistica Soka pensata per la felicità dei bambini e per eliminare l’infelicità dalla società… Voglio che mio figlio Masayoshi frequenti questa scuola e che possa diventare, nel suo piccolo, portavoce degli ideali del fondatore Yamamoto sensei, che si dedica interamente alla pace mondiale».
E così determinò che suo figlio fosse ammesso alla scuola.
«Per i soldi, in qualche modo farò! Da parte mia, in qualità di madre, sono pronta a fare ogni sforzo possibile affinché mio figlio possa frequentare la Scuola elementare Soka!».
Fumie presentò la domanda la sera stessa del giorno di scadenza.
Le madri sono forti, sanno concentrarsi interamente nella realizzazione di un obiettivo e sono coraggiose. Con madri come queste, i figli possono sviluppare la forza di un leone.

[37] Verso la fine di novembre del 1977 si svolsero le selezioni per l’ammissione degli allievi del primo anno. Fumie si raccomandò con Masayoshi dicendogli: «Pensa soprattutto a salutare come si deve, poi, se c’è qualcosa che non capisci, di’ semplicemente che non capisci e basta». Fumie si diresse con suo figlio verso la Scuola media e il Liceo Soka dove si tenevano le selezioni. Guardando i lavori di costruzione della Scuola elementare Soka di Tokyo in vista della prossima apertura, pensò: «Economicamente per noi non è facile, ma desidero che mio figlio possa studiare in questa scuola e crescere nel modo migliore».
Allo stesso tempo, però, aveva il presentimento che suo figlio non sarebbe stato ammesso perché aveva sentito dire da alcune vicine, madri di bambini che frequentavano le elementari, che tutte le scuole private ammettevano solo bambini provenienti da famiglie agiate. Mentre aspettava il suo turno per il colloquio pensava che anche suo figlio avrebbe potuto essere respinto per una ragione simile. Non riusciva a trattenere le lacrime e continuò per un po’ ad asciugarsi gli occhi con un fazzoletto in un angolo della stanza.
Ma Masayoshi passò la selezione e fu ammesso. Fumie avrebbe voluto saltare dalla gioia. Utilizzando tutti i suoi risparmi riuscì a pagare l’iscrizione, la divisa e le altre spese. Assistette alla cerimonia di ammissione di Masayoshi con il cuore pieno di speranza, ma anche di apprensione, chiedendosi se da quel momento in poi sarebbe stata veramente capace di arrivare alla fine del mese. Tuttavia, guardando il suo piccolo Masayoshi con la divisa della scuola, promise a se stessa: «D’ora in poi questa sarà la mia battaglia e vi dedicherò tutti i miei sforzi!».
Il profondo amore per il proprio figlio consente a una madre di coltivare una grande forza di volontà. Poco dopo l’inizio dell’anno scolastico, a Fumie venne fatta una proposta da un conoscente: «Uno studio contabile sta cercando una persona che si occupi dei lavori di ufficio, perché non prova a lavorare per loro?». Decise così di cambiare lavoro, anche perché le condizioni le sembravano buone. Le ore lavorative erano molte, ma riuscì quasi a triplicare lo stipendio rispetto a quello che aveva ricevuto fino ad allora.

[38] Ogni giorno era una dura lotta per Fumie. Lo studio contabile presso cui lavorava era piccolo, con due soli impiegati, ma aveva una clientela molto numerosa.
Le accadeva spesso di uscire la mattina presto e di tornare a casa che erano già le dieci di sera passate. E la mole di lavoro aumentava con l’avvicinarsi del periodo delle dichiarazioni dei redditi. Ma grazie a ciò, i conti di casa migliorarono e non dovette più preoccuparsi di come far fronte alle spese scolastiche.
Quando non era in casa, era sua madre che si prendeva cura di Masayoshi. Fumie aveva però deciso in cuor suo: «Per quanto possa essere assorbita dal lavoro, cercherò di comunicare il più possibile con mio figlio». Anche quando tornava a casa la sera tardi Fumie, che era membro della Soka Gakkai, il giorno successivo svegliava puntualmente Masayoshi alle sei di mattina, faceva Gongyo insieme a lui e, dopo aver scambiato due parole, lo salutava mentre andava a scuola.
Nei momenti, seppur brevi, in cui un genitore riesce a comunicare con il proprio figlio, i loro cuori si incontrano. L’importante è ingegnarsi per trovare il modo di farlo. Questo ingegno e questo impegno nascono dall’amore per i figli.
Shin’ichi aveva saputo da un insegnante degli immani sforzi che Fumie aveva dovuto affrontare per permettere a suo figlio di frequentare la Scuola elementare Soka. Masayoshi fu presentato a Shin’ichi dai suoi insegnanti in occasione dell’evento scolastico “l’incontro della Via Lattea” che si tenne a scuola nel luglio del 1980.
I due si parlarono separati da un tavolo. «Ah, sei tu il piccolo Aritake? esclamò Shin’ichi Che bel visetto, diamoci la mano!». Shin’ichi strinse la mano del bambino e gli sorrise dicendo: «Ah sì! Ti voglio regalare un bel francobollo». Si trattava di un francobollo cinese che Shin’ichi aveva acquistato come regalo in occasione del quinto viaggio della delegazione della Soka Gakkai in Cina, nell’aprile dell’anno precedente. Gli regalò poi un altro francobollo aggiungendo: «Questo invece è per la tua mamma, che sta lottando coraggiosamente ogni giorno. Mi raccomando, abbi cura di lei per tutta la vita e diventa un grande uomo. Porta alla mamma i miei più sinceri auguri».
Masayoshi era felice perché aveva capito che il fondatore della scuola era a conoscenza dei sacrifici di sua madre. Le persone si sentono incoraggiate quando sanno che qualcuno è a conoscenza dei loro sforzi. L’incoraggiamento più grande è proprio quello di vedere apprezzati i propri sforzi.

[39] Masayoshi crebbe in modo spensierato, vispo e allegro. I giorni in cui a scuola si tenevano le gare sportive annuali e la “caccia alle patate” [una gara in cui i bambini devono trovare più patate scavando nella terra, n.d.r.] usciva di casa con particolare entusiasmo. Sua madre Fumie provava una gioia immensa ogni qualvolta si sentiva dire che il figlio adorava la scuola. In quei momenti pensava fra sé e sé: «Ho fatto veramente bene a iscriverlo alla scuola elementare Soka. I miei sacrifici sono stati ripagati!».
In una o due occasioni Fumie aveva portato il figlio nell’ufficio contabile presso cui lavorava, e Masayoshi si divertiva a digitare i numeri sul computer dell’ufficio. Inoltre si sentiva spesso ripetere dalla madre quale magnifica professione fosse quella di dottore commercialista. Nel 1984 Masayoshi ottenne la licenza elementare dalla scuola Soka come studente del terzo anno di corso. Nell’album commemorativo di fine ciclo scolastico, nel riquadro dove gli alunni mettevano per iscritto le proprie determinazioni per il futuro, intitolato Il nostro palcoscenico nel ventunesimo secolo, Masayoshi scrisse: «Diventare dottore commercialista». Il ragazzo coltivava il forte desiderio di offrire il suo contributo alla società e di aiutare economicamente sua madre diventando un commercialista.
Si iscrisse poi alle medie e man mano che cercava informazioni su questo lavoro si rendeva conto di quanto fosse difficile l’esame per diventarlo. Dedicò però tutte le sue energie allo studio per realizzare la sua determinazione, per poter ripagare il debito di gratitudine e l’amore che il fondatore aveva mostrato nei confronti suoi e di sua madre. Masayoshi si iscrisse poi alla facoltà di amministrazione aziendale dell’università Soka. Nel 1992, quando ancora frequentava il terzo anno di università, riuscì a passare l’esame di Stato per dottore commercialista al primo tentativo. Il suo sogno si era avverato. La lunga, lunghissima e dura lotta che sua madre aveva portato avanti nel corso degli anni alla fine aveva dato i suoi frutti.
Le avversità sono il palcoscenico creato per farci risplendere. Più fitte sono le tenebre più abbagliante è la luce.
Nei colloqui con il personale docente e non docente della scuola, Shin’ichi parlò a cuore aperto: «Qui alla scuola elementare Soka d’ora in poi probabilmente si iscriveranno bambini non solo con gravi problemi economici, ma anche con disabilità fisiche. Fateli crescere in modo tale che ciascuno di loro ­riesca a sviluppare un cuore grande e forte che gli permetta di vivere la vita più meravigliosa possibile. L’educazione Soka risiede proprio nel far crescere bambini che non si lasciano sconfiggere da nulla».

[40] Nell’aprile del 1979 Tomoyo Kudo, alunna del quarto anno proveniente da una scuola pubblica, cominciò a frequentare la scuola elementare Soka. Quando aveva un anno e mezzo, per un incidente avvenuto in un passaggio a livello, perse la parte inferiore di una gamba. Inoltre, sua madre morì quando lei aveva solo quattro anni.
Successivamente suo padre si risposò. La sua nuova madre era sempre sorridente e Tomoyo le si affezionò molto. Al terzo anno delle elementari le disse: «C’è una scuola bellissima fondata da Shin’ichi Yamamoto, presidente della Soka Gakkai, perché non provi a passare l’esame di ammissione?». Questo era anche il desiderio del padre. La scuola elementare Soka di Tokyo, al momento dell’apertura, aveva due classi di alunni del terzo anno, ma, per poter creare tre classi l’anno successivo, aveva aperto le iscrizioni ad altri quaranta bambini.
Ascoltando i racconti della madre adottiva, a Tomoyo Kudo nacque il desiderio di frequentare quella scuola. Passò la selezione e venne promossa. Abitando a Kishi, nella prefettura di Saitama, per andare a scuola doveva viaggiare un’ora e mezza. In autobus, dalla stazione di Kishi a quella di Tokorozawa ci volevano dai quaranta ai cinquanta minuti. Poi, arrivata a Tokorozawa doveva prendere il treno della linea Seibu Shinjuku e cambiare alla stazione successiva Higashi Murayama, per poi salire sul treno della linea Seibu Kokubunji. Dopo due fermate arrivava a Taka-no-dai, la stazione più vicina alla scuola elementare Soka.
Tomoyo prendeva i mezzi di trasporto pubblici nelle ore di punta, quando i treni erano affollati. Portava la protesi alla gamba sin dalla tenera infanzia e non aveva difficoltà a camminare, ma non poteva farlo rapidamente. Essere spinta o rimanere schiacciata dalla gente nei treni per tanto tempo mentre andava a scuola era una grossa fatica per lei, fisica e psichica. Ma il sorriso radioso del direttore Takashi Araki che accoglieva i bambini all’ingresso della scuola con un «Buongiorno!» le spazzava via tutta la stanchezza. Ogni volta che vedeva quel sorriso si sentiva sollevata.
Il poeta boliviano Franz Tamayo spiega in una poesia che nella vita, felice o infelice che sia, il sostegno più grande è il sorriso. Il sorriso conforta il cuore e infonde energia.
(continua)

(traduzione di Marcella Morganti – ha collaborato Tadashi Nitaguchi)

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