Con la costruzione delle scuole elementari Soka si spalancavano le porte a una nuova fase dell’educazione umanistica; Shin’ichi condivideva lo spirito del progetto con coloro che ne erano coinvolti, sapendo quanto fosse determinante il contributo di tutti
Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[16] I genitori si basavano sull’idea che entrare in una scuola media rinomata sarebbe stato fondamentale per poter poi accedere a una famosa università, e di conseguenza entrare a lavorare in un’azienda di prima categoria ottenendo, oltre a un riconoscimento sociale, anche un guadagno elevato e sicuro. In ciò consiste la felicità in questa esistenza, pensavano.
Tuttavia, la società è in continuo cambiamento e non c’è niente che possa assicurare la stabilità duratura di un’impresa. Anche nel caso in cui si riesca a entrare in un’azienda tanto ambita, non è detto che ci venga affidato un lavoro di nostro gradimento. E poiché la vita è lunga si potrà soffrire a causa delle relazioni umane, o ammalarsi gravemente.
Per questo motivo, per far sì che i bambini possano costruire la propria felicità, bisogna coltivare non solo la conoscenza, ma anche la forza d’animo per superare qualsiasi difficoltà si presenti senza tirarsi indietro, oltre alla saggezza e allo spirito di sfida. Shin’ichi era convinto che il periodo della vita in cui si inizia a costruire tutto questo è proprio l’età scolare.
Il tema dell’educazione per la creazione di valore di Tsunesaburo Makiguchi era «come riuscire a far vivere un’esistenza felice fino in fondo», poiché l’obiettivo dell’educazione è la felicità stessa del bambino.
Makiguchi definì una vita felice come «una vita in cui si riesce ad acquisire e realizzare la creazione di valore, senza rimpianti». In altre parole vuol dire far fiorire l’infinito potenziale insito nella propria vita e vivere un’esistenza gioiosa volta alla creazione di valore. Questa è una vita felice.
Riguardo alla conoscenza intellettuale e all’apprendimento nozionistico egli era molto critico e affermava: «L’obiettivo dell’educazione non è trasmettere semplicemente nozioni, ma un metodo di apprendimento. Significa trasmettere lo spirito di ricerca. Non è mercanteggiare o inculcare dati. Si tratta di portare ad acquisire un metodo per ottenere la conoscenza con le proprie forze, cioè fornire la chiave per aprire il forziere della conoscenza. Non si tratta di ricevere il patrimonio spirituale altrui senza sforzarsi, ma di stimolare a intraprendere il cammino della scoperta e dell’invenzione».
L’obiettivo dell’educazione non è tanto trasmettere informazioni, quanto far acquisire un metodo affinché, pensando con la propria testa, si riesca a rendere concreta la conoscenza acquisita.
[17] Intorno al 1973 erano sempre più diffuse le opinioni contrarie ai metodi educativi che privilegiavano l’apprendimento mnemonico. Quest’idea era favorevole all’adozione di metodi tendenti invece a sviluppare le capacità individuali.
Shin’ichi Yamamoto pensava che prendere in esame forme di apprendimento meno mnemonico potesse essere utile, ma che fosse comunque più importante riflettere su come far acquisire ai bambini un metodo di studio. Secondo Shin’ichi, se non si fosse coltivata l’attitudine per lo studio insieme all’interesse attivo verso le materie studiate, un’istruzione soltanto meno nozionistica avrebbe portato senz’altro al declino delle abilità scolastiche. Arrivò alla decisione di fondare una scuola elementare basata sul metodo educativo Soka proprio per aprire nuove strade all’istruzione primaria.
Il comitato preposto ai preparativi della fondazione della scuola elementare Soka di Tokyo, che iniziò le sue attività nel luglio del 1974, era composto da personale direttivo, docente e non docente dell’università e delle scuole Soka e da membri del Gruppo educatori della Soka Gakkai che lavoravano nelle scuole elementari.
Nel settembre successivo, anche nel Kansai venne fondato un comitato per la creazione di una scuola elementare Soka, diretto da insegnanti delle scuole medie e del liceo femminili Soka. Così nelle scuole Soka delle regioni del Kansai e del Kanto iniziarono veri e propri preparativi per la fondazione di scuole elementari.
Quell’anno Shin’ichi visitò per la prima volta la Cina e l’Unione Sovietica. A Pechino si recò presso la scuola elementare Xinhua, dove assistette a una lezione. A Shanghai visitò il China Welfare Institute Children’s Palace, centro di attività extrascolastiche per gli alunni delle scuole elementari, dove fu calorosamente accolto dai bambini. A Mosca si recò presso la Moscow School 682 (scuole elementari e medie) e il doposcuola Pioneers Palace. Visitando lui stesso alcune scuole primarie in vari paesi e incontrando i rispettivi alunni, desiderava approfondire che cosa doveva offrire una scuola elementare, prendendone in esame i diversi aspetti. Inoltre, progettò la futura scuola elementare Soka uscendo da un’ottica meramente giapponese, poiché voleva che la scuola diventasse un luogo di formazione di cittadini globali in grado di contribuire alla pace nel mondo.
Un personaggio di un romanzo di José Rizal, padre dell’indipendenza delle Filippine, afferma che in futuro «tutti gli individui saranno cittadini globali». Shin’ichi era convinto che l’educazione Soka potesse far diventare realtà un essere umano ideale, portatore di una coscienza globale.
[18] Una volta stabilito l’obiettivo di “formare persone in grado di assumere la responsabilità del ventunesimo secolo”, il comitato preposto ai preparativi della fondazione della scuola elementare Soka, che sarebbe stata aperta a Tokyo, iniziò a discutere in termini concreti innanzitutto su come svolgere l’attività educativa e su altre questioni, come il sito per la costruzione dell’edificio, le dimensioni della futura scuola e il numero di alunni.
Nell’aprile del 1976 fu inaugurata la facoltà di pedagogia dell’Università Soka e in un primo momento si pensava di costruire la scuola elementare a Hachioji, nei dintorni del campus universitario. Tuttavia, considerata la distanza, il problema dei trasporti e il tempo che molti bambini avrebbero impiegato per recarsi tutti i giorni a scuola, fu deciso che l’edificio sarebbe stato costruito a Kita-machi, Kokubunji, vicino alle scuole medie e al liceo Soka di Kodaira, nell’area metropolitana di Tokyo.
Shin’ichi, in qualità di fondatore delle scuole, partecipò il più possibile alle riunioni del comitato e, ascoltando i resoconti dei preparativi, ringraziava sempre tutti i membri del comitato per il loro contributo. Parlando inoltre dell’impegno che aveva deciso di mettere nell’educazione, incoraggiò tutti a sforzarsi ulteriormente nei preparativi per la futura scuola.
Quel mese il comitato decise ufficialmente il nome: Scuola elementare Soka di Tokyo. La cerimonia della posa della prima pietra fu celebrata il 3 novembre dello stesso anno, poco prima del 18 novembre, trentatreesimo anniversario della morte del fondatore dei princìpi dell’educazione Soka, Tsunesaburo Makiguchi. Shin’ichi, profondamente commosso, in cuor suo si rivolse a Makiguchi dicendogli: «Maestro Makiguchi! Opponendosi a un’educazione basata su princìpi nazionalistici, lei ha sempre agito in nome di un’educazione creatrice di valori che permettesse a ogni bambino di diventare felice. Ora, con la costruzione di questa scuola elementare, verranno completati gli edifici scolastici che ospiteranno l’intero ciclo di formazione, dalla scuola materna all’università, in base al modello educativo Soka. La prego di vegliare sul nuovo secolo, tra cinquanta, cento anni! Come risultato di questa educazione umanistica per la creazione di valori fondamentali nella vita degli esseri umani, numerosi compagni delle scuole Soka svolgendo le loro attività in ogni angolo del pianeta sicuramente brilleranno nella società».
Shin’ichi non aveva mai avuto l’occasione di incontrare personalmente Makiguchi ma nel suo cuore, insieme al suo maestro Josei Toda, era sempre presente anche lui. Lo aveva conosciuto tramite Toda e fece propria la promessa che Toda aveva fatto al suo maestro. La trasmissione di un giuramento può avvenire solamente attraverso la relazione tra maestro e discepolo.
[19] Terminata la cerimonia della posa della prima pietra, cominciarono i preparativi per la costruzione della scuola elementare Soka di Tokyo, la cui inaugurazione era programmata per l’aprile del 1978. Dopo qualche tempo, dal Consiglio scolastico comunale di Kokubunji arrivò la comunicazione che il sito della costruzione, nel quartiere di Kita-machi, sarebbe stato designato come “luogo di interesse storico”. Di conseguenza, prima di costruire una scuola in quel posto si sarebbero dovute fare delle ricerche per verificare l’esistenza di vestigia e manufatti archeologici. Le verifiche avrebbero richiesto tempo, e la scoperta di manufatti avrebbe ostacolato l’avvio dei lavori e messo in difficoltà l’apertura della scuola decisa per l’aprile del 1978.
I membri del comitato preposto ai preparativi erano indecisi sul da farsi. Non sempre le cose procedono regolarmente, senza intoppi; anzi, quando si intraprende qualcosa, inevitabilmente si presentano difficoltà inaspettate. Quando cerchiamo con tutte le nostre forze di escogitare soluzioni per trovare una via d’uscita, attraverso sforzi ripetuti e tenaci riusciamo ad aprire nuove strade, migliori di quelle che avevamo scelto inizialmente. Nel Buddismo ciò corrisponde al principio della “trasformazione del veleno in medicina”. Ovvero, se non ci lasciamo sconfiggere dalle difficoltà e dalle varie prove della vita e facciamo di ognuna di esse la forza motrice per sfidarci con entusiasmo, potremo fare ulteriori passi in avanti, vincendo su ogni ostacolo.
Per la salute dei bambini, i membri del comitato desideravano aule con finestre esposte alla luce del sole a sud, ma scoprirono che in quel luogo, vista l’ubicazione del terreno, sarebbe stato impossibile realizzarle.
In considerazione di ciò venne proposta la costruzione della scuola in un altro sito, sul lato sud del cortile delle scuole Soka, nel quartiere di Josui-shinmachi, a Kodaira. La proposta fu esaminata dal consiglio direttivo delle scuole Soka, e, dopo un’attenta valutazione, accettata.
L’intero progetto venne quindi considerevolmente modificato. Secondo la versione definitiva, l’edificio di tre piani in cemento armato, e dalla superficie complessiva di circa 6.200 metri quadrati, comprendeva diciotto aule, una sala per le lezioni di musica, un laboratorio di chimica, un’aula per le attività manuali e artistiche, uno spazio con angolo cucina per le attività domestiche, una biblioteca, una stanza in stile giapponese per la cerimonia del té e arti tradizionali, un’infermeria e una mensa.
Dopo aver presentato la domanda e completato la procedura amministrativa per la costruzione, i lavori iniziarono il primo maggio 1977.
[20] Quando iniziarono i lavori di costruzione della scuola elementare di Tokyo, mancava meno di un anno alla data fissata per l’inaugurazione. Ogni giorno Shin’ichi dedicava le sue forti preghiere al buon andamento della costruzione, affinché potesse essere completata senza incidenti. I lavori procedevano a gran velocità. Nell’autunno del 1977 fu definito il corpo insegnanti e fu approvata la domanda presentata all’amministrazione comunale di Tokyo per l’istituzione della scuola. Il 3 novembre si tenne l’ultima riunione del comitato preposto ai preparativi presso l’Università Soka, con la partecipazione del fondatore, Shin’ichi Yamamoto.
Quel giorno vennero stabiliti il distintivo e lo slogan della scuola: per il distintivo furono scelte le immagini della penna e delle ali, simbolo delle giovani fenici che appaiono nel distintivo delle Scuole medie e del liceo Soka, circondate da petali di fiori di ciliegio.
Gli slogan stabiliti per gli alunni dei primi tre anni furono: “bambini allegri”, “bambini ricchi di umanità” e “bambini perseveranti”, mentre per gli alunni dalla quarta alla sesta elementare furono scelte le parole “generosità”, “amicizia” e “costanza”.
Questi slogan esprimevano il desiderio di Shin’ichi di offrire ai bambini un indirizzo per essere vincitori nella vita, esortandoli a diventare persone dal cuore grande e gioioso, persone gentili e premurose che si prendono cura di coloro che li circondano e persone dall’animo forte, che possano continuare a sforzarsi in qualsiasi situazione.
Secondo Shin’ichi, l’educazione doveva consentire ai bambini di condurre una vita migliore dall’inizio alla fine; non serviva solo per acquisire conoscenze ma, più di ogni cosa, per coltivare la propria umanità.
Il 19 novembre si tennero le celebrazioni del decimo anniversario della fondazione delle scuole medie e del liceo Soka. Alla fine della cerimonia Shin’ichi si recò insieme a Susumu Aota, presidente del consiglio direttivo delle Scuole Soka e all’appena nominato direttore della scuola elementare, Takashi Araki, presso il cantiere dove si svolgevano i lavori di costruzione.
«Mi sento in dovere di esprimere dal profondo del cuore la mia gratitudine a tutti coloro che si stanno impegnando nei lavori, facendo ogni sforzo per portarli avanti in così poco tempo».
Shin’ichi fece un profondo inchino di fronte ai rappresentanti degli addetti ai lavori che gli erano venuti incontro davanti alla scuola in costruzione dicendo: «Grazie infinite della vostra collaborazione».
Ciò che un essere umano non deve mai dimenticare è la gratitudine, ed è proprio attraverso lo spirito di gratitudine che potremo far nascere il sentimento della fiducia.
[21] Shin’ichi indossò il casco di protezione e, sotto la guida di Suzuki Moto’o, direttore del cantiere, visitò tutto l’edificio, a partire dal pianterreno. Suzuki era una persona distinta, un signore maturo con gli occhiali, coetaneo di Shin’ichi. Il soffitto non era ancora stato montato e sporgevano numerose tubature di ferro. In alcune zone si stava ancora lavorando per stendere il cemento.
Sei giorni dopo, a partire dal 25 novembre, si sarebbero svolte negli edifici delle scuole medie e superiori Soka le selezioni per l’ammissione alle scuole elementari Soka. Si avvicinava sempre più il giorno dell’inaugurazione e i lavori dovevano essere completati almeno per metà marzo. Shin’ichi era preoccupato per la mole di lavoro degli addetti che dovevano terminare l’opera in gran fretta.
Dopo aver visitato il pianterreno e il primo piano, si trasferirono al secondo e uscirono all’esterno dell’edificio, passando per l’aula adibita ai lavori tecnico-manuali che si trovava proprio sopra l’aula di musica.
Al di là del campo sportivo delle scuole Soka si poteva ammirare la macchia boschiva della pianura di Musashino, che si estendeva lungo il complesso di approvvigionamento idrico Tamagawa. Shin’ichi si rivolse al direttore del Cantiere: «Mi sono dedicato a questo progetto convinto che l’educazione fosse l’ultima opera della mia vita. La scuola elementare Soka è il luogo dove cresceranno le persone di valore a cui è affidato il futuro della società. In questa scuola cresceranno numerosi leader che si impegneranno per la pace nel ventunesimo secolo e spiccheranno il volo verso il mondo. Questo edificio rappresenta il palcoscenico della loro crescita. Quanti ricordi verranno scolpiti nei cuori dei bambini che studieranno qui, nella scuola elementare Soka di Tokyo… ricordi che costituiranno il punto di partenza della loro vita. Conto sul vostro impegno, scusandomi per l’affanno che vi arrecheremo a causa del ritardo nell’inizio dei lavori. Prego con tutto il cuore affinché la costruzione possa terminare senza incidenti».
Shin’ichi parlò dei suoi propositi con grande sincerità, poi gli strinse la mano. Il volto del direttore aveva un’espressione risoluta, sembrava impressionato nello scoprire il profondo significato della costruzione della scuola elementare Soka. Il fatto di comprendere e condividere il significato delle cose spesso genera nelle persone un’energia e una voglia di lottare ancora maggiori.
[22] Suzuki, il direttore del cantiere, era così assorbito dal lavoro che spesso non aveva nemmeno il tempo di tornare a casa a Kamakura, nella prefettura di Kanagawa. In quelle occasioni rimaneva a dormire nel cantiere. A volte si addormentava e si svegliava la mattina avvolto nelle coperte su un cartone steso in una delle aule dell’edificio ancora in costruzione. La sua determinazione era di riuscire a completare i lavori in tempo. Gli operai del cantiere, colpiti dal suo atteggiamento, si impegnavano con tutte le loro forze. I lavori procedevano a ritmo sostenuto.
Quali sono i requisiti per essere un leader eccellente? In primo luogo essere assolutamente convinti di riuscire a realizzare il proprio obiettivo e darsi da fare cercando sempre di essere d’esempio agli altri con spirito d’iniziativa. Un altro requisito è non dimenticare mai la gratitudine e la considerazione verso tutti coloro che si sono adoperati insieme a noi con la stessa determinazione.
Il 16 marzo del 1978 si tenne l’ottava cerimonia di conferimento dei diplomi presso la scuola superiore Soka. Quel giorno Shin’ichi passò con la macchina nei pressi della scuola elementare Soka. Gli apparve il magnifico edificio bianco di tre piani, dove procedevano i lavori di completamento. Shin’ichi unì le mani in segno di preghiera ed espresse la sua più profonda gratitudine al direttore del cantiere Suzuki, e a tutti gli addetti ai lavori.
Il 20 marzo i lavori terminarono e l’edificio fu consegnato. Finalmente la scuola elementare Soka di Tokyo era pronta. Shin’ichi non poté partecipare alla cerimonia di consegna, ma ne fu informato dal direttore delle scuole Soka, Aota Susumu: «Dall’espressione, il signor Suzuki appariva profondamente commosso. Sembrava stesse assaporando la soddisfazione di aver portato a termine una grande opera».
«Davvero?» disse Shin’ichi. «Il direttore Suzuki si è impegnato con tutte le forze. Voglio che il suo nome e i suoi meriti rimangano incisi per l’eternità. Perché non piantiamo nel cortile della scuola un ciliegio con il suo nome, in modo che tutti, dai bambini al personale docente e non docente, possano ricordarsi sempre dell’estrema dedizione di coloro che hanno costruito questo edificio? Questa è la mia proposta».
[23] Il 9 aprile Shin’ichi, dopo aver partecipato alla cerimonia di ammissione alla scuola elementare Soka di Tokyo, intervenne alla cerimonia di messa a dimora degli “alberi dei prìncipi e delle principesse” e celebrò l’evento con tre “evviva” insieme a tutti i presenti. Entrò poi dall’ingresso principale della scuola e si fermò davanti all’albero di ciliegio che era stato piantato proprio alla sua destra. Era il ciliegio che celebrava Moto’o Suzuki, il direttore del cantiere e responsabile dei lavori di costruzione della scuola.
Guardando il ciliegio, Shin’ichi disse ai bambini: «Il ciliegio che vedete è stato piantato per esprimere la nostra gratitudine a tutti coloro che hanno costruito la nostra scuola. Il responsabile dei lavori è stato il signor Suzuki. Su questo terreno, dove c’era solo un cortile, hanno edificato la nostra scuola scavando le fondamenta, consolidandole con ferro e cemento, piantando i sostegni e costruendo le mura e il pavimento. Molte persone hanno continuato a lavorare sotto la pioggia, nel gelido vento del nord e con la neve. Tra loro, il signor Suzuki in particolare ha continuato a lavorare senza sosta, spesso senza nemmeno tornare a casa, fermandosi a dormire in una fredda stanza nell’edificio in costruzione. Mentre voi stavate a casa a dormire o a guardare la televisione, lui continuava a lavorare per tutti voi. Grazie a questi sforzi siamo riusciti a costruire un edificio così meraviglioso».
I bambini, annuendo, ascoltavano con attenzione le parole di Shin’ichi fissandolo in volto: «Intorno a voi ci sono tante persone che, senza essere viste, si impegnano con costanza e lavorano per il bene di tutti. Questo vale anche per coloro che hanno costruito la nostra scuola. Vale anche per i vostri padri e le vostre madri. Vale per il personale docente e non docente che d’ora in avanti si prenderà cura di voi. Vale anche per il conducente del treno che prenderete per venire a scuola, e per il personale della stazione. Tutte queste persone si sforzano dalla mattina presto fino a tarda sera. Vi prego di diventare individui capaci di non dimenticare mai il debito di gratitudine verso queste persone».
In una sua lettera Michelangelo, il grande maestro italiano del Rinascimento, scrisse: «Sii attento a non dimenticare il debito di gratitudine verso coloro che hanno lavorato per te».
È riconoscendo il proprio debito di gratitudine che si comprende la via da percorrere come esseri umani. La vita degli esseri umani inizia col ripagare il debito di gratitudine.
[24] Dopo la cerimonia di piantumazione, Shin’ichi si trasferì nel refettorio (attualmente “refettorio dei sogni”) per il pranzo inaugurale a cui parteciparono settecento invitati tra bambini, genitori e ospiti. Sulle pareti della mensa erano raffigurate immagini di bambini che giocavano al salto della corda o al lancio degli anelli.
A ogni tavolo erano seduti dodici bambini. Erano tutti molto emozionati, alcuni eccitati, altri piuttosto tesi. Dopo aver pronunciato il rituale “buon appetito” e non appena cominciato a mangiare si misero a chiacchierare animatamente gustando le pietanze, fra cui il pollo fritto e il sekihan [riso ai fagioli rossi, tipico della cucina giapponese, che viene servito in occasioni speciali, n.d.t.].
Shin’ichi, osservando come si comportavano i bambini, disse ad Araki Takashi, direttore della scuola: «Quando si mangia bisogna farlo in allegria; è importante che a tavola si chiacchieri con gioia. Quando eravamo alle elementari, venivamo rimproverati se parlavamo a tavola, perché era maleducazione. A quei tempi a tavola si mangiava tutti in silenzio. Inoltre si considerava buona usanza mangiare il più velocemente possibile: un’educazione che seguiva lo stile militare. Ma quando si diventa adulti e si entra a far parte della società, ritrovarsi insieme a tavola non è forse una buona occasione per approfondire l’amicizia o per portare avanti una trattativa? In tutto il mondo è considerato importante parlare a tavola. Per questo è necessario imparare fin da giovani come ci si comporta, di cosa e come bisogna discutere a tavola.
«Il secondo presidente Toda, ogniqualvolta ne aveva la possibilità, invitava i giovani in qualche ristorante occidentale o cinese e insegnava loro anche le buone maniere a tavola. Anch’io ho fatto la stessa cosa. Una volta ho invitato degli studenti delle scuole medie e superiori in un ristorante di lusso di un hotel. Può darsi che in futuro uno di loro si ritrovi in un posto di lusso a dover negoziare una questione importante. Se in un’occasione del genere si ritrovasse timido e impacciato, non sarebbe in grado di esprimere al meglio le sue capacità. Ho sempre creduto che i giovani sono i leader del futuro e perciò ho sempre mostrato rispetto nei loro confronti e li ho accompagnati nella crescita con la massima sincerità. Sono convinto che questo sia l’orientamento fondamentale dell’educazione. Facciamo crescere le persone. Ogni persona possiede un talento eccezionale. Possiamo riporre le nostre speranze per il futuro solo nell’educazione».
Mentre pronunciava queste parole, gli occhi di Shin’ichi scintillavano.
[25] Al termine del pranzo, mentre i bambini stavano per finire di mangiare, Shin’ichi annunciò una donazione di libri alla scuola. Alla notizia si levarono grida di gioia e applausi fragorosi. Poi una rappresentante della scuola superiore femminile Soka, una ragazza del terzo anno, andò al microfono e disse: «Congratulazioni a tutti i nuovi allievi del primo anno della scuola elementare Soka di Tokyo. Siamo davvero felici di avere fra noi, da oggi, così tanti nuovi fratellini e sorelline. Abbiamo preparato questi pupazzi-mascotte con amore, pensando ai vostri volti sorridenti».
I pupazzi, grandi come il pugno di un bambino, riproducevano degli scoiattoli e dei pesci, ed erano fatti di lana e di feltro. Le ragazze ne avevano preparato uno per ciascun bambino. La consegna simbolica dei pupazzi a un ragazzo del secondo anno, fu salutata da esclamazioni di gioia e da uno scroscio di applausi. «Come sono felice, vi ringrazio veramente!».
Il primo a ringraziare fu Shin’ichi. Ciò che lo rendeva più felice era la sincera premura mostrata da queste “sorelle maggiori” che, frequentando lo stesso campus Soka, avevano voluto festeggiare l’arrivo dei nuovi allievi più giovani dedicandosi con impegno alla preparazione di questi pupazzi.
L’educazione scolastica non si realizza esclusivamente tramite il rapporto fra insegnanti e studenti. Ogni tipo di legame può dar vita a un contesto educativo: quello fra compagni di classe, fra studenti più giovani e meno giovani, fra scuole gemellate. Questa grande unione di legami umani è la caratteristica di cui può vantarsi il sistema educativo Soka che combina scuole elementari, medie e superiori. Una bambina del primo anno fece un saluto: «Grazie per tutti questi doni, per ringraziarvi vogliamo cantare una canzone tutti insieme». I bambini cantarono in coro È giunta la primavera [Haru ga kita, una canzone giapponese tradizionale per bambini, n.d.t.]. La loro voce, allegra e vivace, risuonò per tutto il refettorio. C’era chi cantava a gran voce scandendo il ritmo con il corpo, mentre altri guardavano timidamente Shin’ichi dal basso verso l’alto. Terminata la canzone Shin’ichi disse: «Ottimo… Bravi! Siete i più bravi fra quelli che ho sentito finora!». Il sorriso aperto dei bambini contagiò tutta la sala.
(continua)
(traduzione di Marcella Morganti e Kenji Kanzaki)