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Genitori e figli - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:30

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Genitori e figli

Amore, fiducia reciproca e rispetto dell’individualità di ognuno sono le parole chiave di queste pagine dedicate alla relazione fra genitori e figli. Come afferma il presidente Ikeda: «La base dell’educazione è l’amore»

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In un saggio pubblicato nel Daibyakurenge di gennaio il presidente Ikeda afferma che il cuore della pratica buddista consiste nel mettere in pratica la prima delle cinque guide eterne della SGI: “Fede per realizzare una famiglia armoniosa” e che in questo sforzo si trova la via certa per realizzare kosen-rufu.
Scrive: «La famiglia è il fulcro della felicità e della pace, è il luogo dove possiamo rivitalizzarci quotidianamente, dove le persone stabiliscono legami creativi che danno vita al progresso e all’appagamento, è il castello dell’armonia e della crescita». Coerentemente alla prima delle guide enunciate nel 1957 da Josei Toda con l’obiettivo di guidare tutti i membri della Soka Gakkai verso la felicità, tante persone negli anni, basandosi su una forte fede, hanno trasformato situazioni familiari a volte drammaticamente difficili in realtà positive.
Una famiglia luminosa e positiva, unita da legami di fiducia e affetto, è il primo passo e al tempo stesso l’obiettivo finale dei nostri sforzi per costruire un mondo di pace e felicità. Il presidente Ikeda afferma: «La chiave per costruire una famiglia solida e sana è che ogni persona, basandosi sulla Legge mistica, si sforzi di creare una vita forte e sicura a livello personale, contribuendo nello stesso tempo alla prosperità della società e alla pace mondiale».

L’armonia familiare è una conquista paziente

Quando una persona decide di portare avanti una fede coraggiosa, tutti i suoi familiari e le persone con le quali condivide profondi legami karmici verranno guidate verso la felicità. In particolare, l’armonia tra genitori e figli non è niente di scontato, ma una conquista paziente. Il legame fra genitore e figlio, dopotutto, non è altro che un tipo di relazione umana e ciò che conta non è la tecnica, ma la sincerità: solo il cuore umano è in grado di toccare il cuore di un’altra persona.
Ma se invece di toccare il cuore dei figli si ottiene l’effetto opposto, dando luogo a una serie d’incomprensioni, ribellioni e “incastri” psicologici? Tutto dipende dallo stato vitale: «Se litigate continuamente con i vostri figli – soleva dire Toda – vuol dire che avete una condizione vitale bassa. Dovete espandere la vostra condizione vitale». Impossibile scappare ignorando che i nostri genitori, mariti, fratelli, sorelle e figli «sono la realtà in cui viviamo e siamo legati a essi da una profonda relazione karmica: non possiamo scappare dal nostro ambiente. Allora cosa possiamo fare? Dobbiamo migliorare noi stessi, piuttosto che dare la colpa agli altri se le nostre relazioni non vanno bene» (NR, 527, 17).

Credere nel potenziale dei figli

Accettare la diversità è impresa complicata, soprattutto nel caso in cui quella “diversità” riguardi un nostro familiare. Per trasformare conflitto e sofferenza è essenziale, infatti, tenere sempre a mente che un figlio non è il prolungamento dei suoi genitori ma un essere ben distinto: «Quel nuovo germoglio richiede nuova terra, una terra in cui sia impiantata l’idea che egli non è solo il figlio del padre e della madre, ma anche il figlio della società e di tutta la razza umana. Forti di questa idea, i genitori potranno sviluppare nel figlio una mente aperta dalla quale nascerà naturalmente amore per gli esseri e per tutto il creato» (D. Ikeda, La famiglia creativa, DU, 18, 33).
Come scrive Kahlil Gibran: «I vostri figli non sono figli vostri. Sono i figli e le figlie della forza stessa della vita. Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee, poiché essi hanno le loro idee» (K. Gibran, Il profeta, 1923).
Sensei ci incoraggia con queste parole: «Vegliate sui vostri figli con calore e affetto e incoraggiateli. Scoprite e lodate i loro punti di forza, aiutateli a costruire fiducia in se stessi. Diventate i loro alleati incondizionati, sosteneteli, inondateli di amore e credete assolutamente nelle loro potenzialità. Rispettate l’individualità di ogni bambino. Questo è il ruolo di un genitore».

Nel percorso delicato e complesso per creare una famiglia armoniosa lasciamoci ispirare dalle esperienze che seguono che danno voce al punto di vista di genitori e figli.

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Un sole che illumina tutto

«Con mio figlio i problemi sono iniziati a dodici anni, quando ha cominciato a frequentare alle scuole medie amici più grandi con cui si è avvicinato all’uso di alcol e droghe leggere», racconta Donatella. La sua lotta, condivisa davanti al Gohonzon con l’ex marito, è durata dieci lunghi anni. Non è stato facile restare saldi davanti ai sintomi autodistruttivi del ragazzo: «Mi arrabbiavo, piangevo, lo punivo: tutti i tentativi di risolvere la situazione sembravano inutili». Dopo essersi disintossicato dall’alcol iniziò con le droghe pesanti. Dormiva di giorno e rimaneva sveglio la notte, bugie su bugie e scatti di rabbia improvvisi». A complicare le cose nel 2010 Donatella subì due aneurismi cerebrali per cui rimase in coma un mese, e ricoverata per altri cinque. Colpito da questo fatto il ragazzo sembrò voler uscire dal tunnel delle dipendenze, ma dopo poco iniziò a bucarsi, rubando in casa i soldi per restituirli a una persona che lo minacciava. «Due anni fa l’ho aiutato a pagare i debiti e poi, esasperata, l’ho mandato fuori di casa, con il terrore nel cuore. Era un terno al lotto, potevo vincere o perderlo definitivamente. Dopo aver deciso di non vederlo più, chiesi un consiglio nella fede che diceva più o meno così: “Decidi di trasformare te stessa. Il fatto che hai un figlio che ti procura sofferenza è la manifestazione di una causa che è nella tua vita. Puoi cambiare attraverso una forte preghiera, decidi tu di diventare profondamente felice e guarda a lui come a un’occasione per cambiare te stessa”.
«Nonostante l’angoscia non ho mai smesso di praticare, ho partecipato alle varie attività e fatto shakubuku, nonostante le difficoltà a muovermi e parlare, conseguenza degli aneurismi. Appena ho cominciato a cambiare, anche il mio ambiente si è messo in moto. Risultato: dopo aver toccato il fondo, trascorrendo qualche notte in strada e andando una volta persino in overdose, ha iniziato a prendere il metadone, e tra alti e bassi il suo cambiamento è stato enorme. Ora ha ventitré anni, non perde occasione per dirmi che mi vuole bene, ha preso la patente e vive con la sua ragazza. Fa un lavoro che lo impegna e lo soddisfa. È inutile dire quanta gratitudine io provi per tutto ciò… ho passato i dieci anni peggiori della mia vita, ma non ho mai mollato, tra fasi altalenanti certo senza mai dimenticare il consiglio ricevuto: credere e decidere di diventare – come ci incoraggia il presidente Ikeda – un sole che illumina tutto l’ambiente».

La fiducia ci aiuta a cambiare

«La rabbia che Luca buttava all’esterno – tra le altre cose disegnando come writer sui muri e sui treni – alla fine come un boomerang gli rimbalzava sempre contro», racconta Fiorella. «A diciotto anni mio figlio aveva ripetuto due classi in quattro anni, cambiando ben tre scuole. Come se non bastasse, era stato denunciato per furto di biciclette e possesso di droghe leggere a scuola. In contrasto con il suo ambiente, Luca si è sempre definito il “diverso” di una famiglia composta da un padre insegnante, una madre secondo lui troppo concentrata sui figli – gli assistenti sociali ci hanno definiti “genitori ingombranti” – una sorella molto più “regolare” di lui». In questa situazione l’unica certezza di Fiorella sembravano i dubbi: «Da quando ho iniziato a praticare il Buddismo – racconta – ho sperimentato che pregare con una forte fede e convinzione porta a sicuri benefici, ma nel caso di mio figlio non ci credevo. Ho recitato Daimoku un’estate intera ma senza credere davvero che mio figlio avrebbe potuto cambiare, svegliarsi presto per andare a scuola, avere buoni rapporti con compagni e insegnanti». Avere fiducia certe volte vuol dire decidere di non fare niente: «Quando cominciavo a dare consigli a mio figlio o a mio marito, senza avere cercato davanti al Gohonzon la strategia del Sutra del Loto, facevo solo confusione. Volevo alleviare la sua rabbia, ma non riuscivo a incidere più di tanto. A un certo punto mi sono detta: “Basta! Solo Daimoku! e… gratitudine, perché grazie a questa difficoltà posso praticare ancora meglio”. Sul momento non sai come e quando finirà, ti affidi e basta. Gradualmente mi sono accorta che ero meno preoccupata e che in famiglia c’era più allegria e meno discussioni. Quando io e suo padre siamo andati ai colloqui a scuola aspettandoci i soliti discorsi, il mio cuore segretamente batteva a ritmo del Daimoku che avevo fatto e continuo a fare. Non posso descrivere la nostra incredulità di fronte a un corpo insegnante unanime nel sostenere che nostro figlio è un ragazzo straordinario, che piace a tutti, compagni, preside e insegnanti, bravo in tutte le materie e con un cuore grande! Quanto a me, sei mesi fa sono stata chiamata come violoncellista dall’orchestra classica di Sanremo per un concerto! Mentre suonavo era come se facessi Daimoku con gli altri. Sentivo che la nostra concentrazione e lo stato vitale erano all’unisono, e che non c’è separazione tra noi e gli altri».

Raccontarmi a mia madre

«”L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre” (RSND, 1, 1008): frase di Gosho letta e riletta, sicuramente almeno una volta l’anno, ma quanto realmente assaporata, masticata e digerita?
«Il primo gennaio di quest’anno – racconta Valentina – mi soffermo sulle ultime tre parole: trascuro mia madre. Quest’anno decido di vincere in ogni aspetto della mia vita e quindi decido di partire proprio da lì. Il rapporto con mia madre è migliorato tanto da quando pratico, ma non posso di certo affermare che “non trascuro mia madre”! Accade così che un giorno di aprile, di rientro da una riunione ricca di incoraggiamenti e determinazioni profonde, decido di dialogare con lei con coraggio e di dirle quello che sento nel cuore: non mi fido di lei. Non la reputo capace di incoraggiarmi. Eppure soffro, perché vorrei invece fidarmi e farmi incoraggiare. Lei ascolta, in silenzio, io cerco di buttare giù quel nodo alla gola che mi fa credere che lei possa non capire e soffrire, ma decido di fidarmi del Daimoku recitato fino ad allora. E accade che anche lei si apre con me, mi accompagna a vedere il suo punto di vista e mi invita a ­riflettere.
«Insieme decidiamo di trasformare completamente il nostro rapporto da quel momento in poi, entro giugno. Da lì inizia una grande sfida davanti al Gohonzon, consapevole, come mi insegna ogni giorno sensei, che la distanza fisica tra me e lei può essere colmata col Daimoku sincero e azioni concrete.
«Inizia la lotta contro la sfiducia, per accettare lei e me stessa, diverse eppure simili, e mi aiuta dialogare con una compagna di fede la quale mi ricorda che la placenta non serve solo per nutrire l’embrione, ma anche per tenere distinti il gruppo sanguigno di madre e figlia. Siamo simili, ma diverse. Accolgo mia madre e accolgo la sua vita, con tutti i suoi errori e i suoi successi. Inizio a lodarla a suon di Daimoku e ogni giorno a costruire una nuova fiducia. A maggio, al termine di una attività byakuren al Centro culturale, determino nuovamente di vincere in ogni aspetto della mia vita e che entro giugno ogni compagna e compagno di fede in Italia possa fare lo stesso, perché realizzare una vittoria senza precedenti per la Soka Gakkai italiana significa sommare le vittorie di ognuna e ognuno di noi. Sento sciogliersi qualcosa nel mio cuore, per la prima volta sento nascere il desiderio di raccontarmi a mia madre, di chiederle un consiglio e lo faccio: dialoghiamo per un’ora al telefono e ci diamo l’occasione di cominciare di nuovo, insieme, da adesso in poi».

Gratitudine e gioia di vivere

«Ricordo ancora – racconta Anna – una delle prime riunioni a cui partecipai, dove si parlò dell’importanza della gratitudine verso i genitori che ci hanno dato la vita, il bene più prezioso, e grazie a loro abbiamo potuto incontrare il Gohonzon in questa esistenza. “Ma quale gratitudine” pensai… io non ero affatto contenta di vivere, per di più ero l’ultima di quattro figli, la meno desiderata, nata per caso dopo dieci anni dall’ultima figlia… Per questo avevo una forte rabbia verso mia madre che ritenevo responsabile di tutti i miei guai, “colpevole” di non avermi amata abbastanza, di non essersi occupata di me quando ero bambina e di avermi condizionato la vita con tutte le sue aspettative. Questi sentimenti negativi mi avevano portato a maturare una profonda sfiducia in me stessa e un’insoddisfazione perenne nei confronti della vita.
«Si era creato un circolo vizioso: più ero insoddisfatta più incolpavo mia madre, di conseguenza mi sentivo sempre più frustrata e depressa. Il mio malessere raggiunse il culmine a vent’anni, quando decisi di andar via di casa pensando che avrei risolto così tutti i miei problemi. In realtà la mia sofferenza aumentò, perché mi sentivo ancora più sola. Tre anni dopo finalmente iniziai a praticare! Recitando Daimoku e studiando il Buddismo a un certo punto mi resi conto che ero io l’artefice di ciò che ero, e dovevo smetterla di considerare mia madre responsabile dei miei problemi. Quasi senza volerlo, misi lo scopo di sentire gratitudine nei suoi confronti. Era difficile fare Daimoku per questo, non ci credevo, ma cominciai a stare meglio con me stessa e anche il rapporto con lei iniziò a migliorare: andava di pari passo con il mio cambiamento.
«È stato un percorso lungo, spesso ricascavo nelle vecchie dinamiche, ma pian piano sparì il senso di rabbia e frustrazione. Più stavo bene, più comprendevo che mia madre, a modo suo, mi aveva sempre amata, semplicemente aveva dovuto far fronte a tanti problemi che le avevano impedito di essermi accanto come avrei voluto.
«Sperimentai le parole di sensei: “Provare gratitudine per i genitori non vuol dire solamente essere figli premurosi, ma significa prima di tutto manifestare la gioia di vivere e realizzare una vita che ci soddisfi pienamente” (NR, 581, 11).
«Così sono riuscita a riappacificarmi con me stessa e con il mondo: non più rabbia, ma gratitudine e rispetto per la vita. E quando mia madre è morta, accompagnandola con il Daimoku ho sentito di aver ripagato con l’amore il mio debito di gratitudine, e ho compreso finalmente le parole del Daishonin: “Quando c’è da soffrire, soffri; quando c’è da gioire, gioisci. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo” (RSND, 1, 607)».

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Alcuni incoraggiamenti di Daisaku Ikeda tratti da “La mappa della felicità”

12 aprile
Desidero che i genitori siano buoni amici per i figli. Tutti i genitori amano i propri figli, ma ciò che intendo è che creiate con loro un rapporto di amicizia basato sul rispetto profondo della loro meravigliosa personalità.

3 marzo
Nell’educare e far crescere i figli non si deve imporre la propria visione delle cose. “Ciliegio, susino, pesco e prugno selvatico”: così come il ciliegio è ciliegio e il susino è susino, desidero che creiate un ambiente in cui ciascuno possa svilupparsi secondo le proprie caratteristiche scegliendo la strada più adatta a sé.

20 giugno
Nei momenti in cui i bambini soffrono veramente, si sentiranno smarriti se i genitori danno indicazioni tra loro contrastanti. Occorre che i genitori collaborino tra loro, affrontando insieme qualsiasi problema. Desidero che trasmettiate profonda serenità ai vostri figli, ascoltando bene ciò che dicono.

30 settembre
Ora che siete diventate mamme, non dimenticate la vostra crescita personale. Desidero che siate madri sempre giovani e vivaci, di cui i figli possano sentirsi fieri.

5 febbraio
I genitori e gli adulti che vivono vicino ai ragazzi devono comprendere bene le caratteristiche degli adolescenti, ascoltare ciò che dicono e accettarli per come sono. Cerchiamo di creare un ambiente familiare in cui si sentano sicuri e a proprio agio. Sforziamoci in questo modo, stando loro vicino, consapevoli che l’adolescenza è un periodo in cui occorre perseverare con coraggio.

5 maggio
Ogni bambino ha una missione che solo lui può compiere. Possiede inoltre un talento particolare e il modo migliore per nutrirlo è mostrargli la nostra fiducia. Alcuni bambini sono precoci, altri invece hanno bisogno di più tempo per sbocciare rigogliosi. Ciò che conta è sostenerli con calore e incoraggiarli costantemente, con la convinzione che sicuramente un giorno il loro talento fiorirà.

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Amici e alleati dei nostri figli

«La famiglia – scrive Ikeda – dovrebbe essere il luogo in cui i figli provano un senso di appartenenza e possono essere se stessi»

Molti bambini oggi affermano che non sentono di appartenere ad alcun luogo, che non esiste un posto dove si sentono completamente accettati. Forse è perché molte famiglie hanno adottato i criteri di valutazione delle scuole e del mondo del lavoro e considerano i figli in base al loro rendimento scolastico e ai risultati. Più i figli si sforzano di far piacere ai genitori, più questi si aspettano da loro: «È per il tuo futuro» o «ti chiedo così tanto perché ti voglio bene…». In questo modo i figli cadono nella disperazione perché non riescono a sentirsi mai all’altezza dell’amore e delle aspettative dei loro genitori. Questi sentimenti di inadeguatezza o persino di disprezzo di sé possono causare una grande sofferenza che è alla base della frustrazione e della rabbia di tanti giovani.
Il primo passo quindi è riconoscere, accettare e abbracciare i vostri figli così come sono. Non imponete loro un’immagine idealizzata del figlio perfetto! Rassicurateli che li amate per quello che sono, non perché sono ben educati o prendono bei voti a scuola. Date loro tutto l’amore di cui hanno bisogno e rassicurateli che, qualsiasi cosa facciano sarete sempre i loro più grandi amici e alleati. In questo modo i figli impareranno ad amarsi e se si amano saranno capaci di coltivare se stessi e svilupparsi. Se imparano a pensare con la loro testa trovando in sé la motivazione di contribuire alla felicità e al benessere degli altri, niente li potrà fermare. E ciò è ancor più vero se i genitori danno l’esempio con il loro comportamento.

(di prossima pubblicazione in Buddismo e Società)

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Come crescere ed educare i figli

Alcuni incoraggiamenti di Daisaku Ikeda su come crescere ed educare i figli

1. Lasciate che i figli si concentrino sui loro studi
Anche se a volte i vostri figli non fanno Gongyo, non c’è motivo di preoccuparvi o agitarvi eccessivamente. Ci sono occasioni in cui può essere sufficiente recitare tre volte Nam-myoho-renge-kyo. La cosa principale è che continuino a praticare. È importante alimentare nei figli lo spirito di mantenere un legame con il Gohonzon e con la SGI per tutta la vita. Va benissimo se fanno progressi nella fede e nella pratica gradualmente, poco a poco.
A volte potreste anche rassicurare vostro figlio che ha tanto da studiare dicendo: «Non preoccuparti, oggi faccio io Gongyo per te». In realtà fare troppe pressioni sui figli perché pratichino non fa che allontanarli dalla fede. Spero che impariate ad ascoltarli con saggezza in modo che possano crescere e svilupparsi in modo libero e naturale.

2. Trovate il tempo per dialogare con loro
La seconda cosa che vorrei chiedervi, indipendentemente da quanto siete occupati, è di impegnarvi per stare insieme ai vostri figli e parlare con loro. La durata in termini di tempo non è importante. Ciò che conta è usare saggezza.
Anche se è solo un breve incontro, abbracciate i vostri figli quando li vedete. Create un legame con loro, dialogate con loro e cercate di trovare il tempo di ascoltare ciò che hanno da dire. Con amore e compassione, troverete la saggezza per riuscirci. La fede si manifesta con la saggezza. Possiamo parlare quanto vogliamo di dedizione agli altri ma se non siamo in grado di avere un autentico dialogo con i nostri figli e costruire famiglie felici, sono solo parole vuote.
La fortuna che accumulano i genitori impegnandosi assiduamente nelle attività della SGI proteggerà sicuramente i loro figli. Vi prego di nutrire questa convinzione. Ciononostante, è comunque necessario impegnarsi per aprire e mantenere un dialogo con i vostri figli. Non permettetevi mai di trascurarli con la scusa che siete troppo occupati, o dicendo a voi stessi che in qualche modo le cose andranno a posto da sole. Questo è ciò che occorre fare per essere genitori responsabili e compassionevoli.
Non si tratta di conformarsi a un modello particolare. È il cuore che è importante. C’è un legame fra i vostri cuori? Alcune famiglie sono sempre insieme fisicamente, ma i loro cuori sono lontani gli uni dagli altri. Altre famiglie si ritrovano insieme solo per brevi periodi, ma in quei momenti riescono a godere di una ricca e vivace comunicazione cuore a cuore […].
Chiedo ai genitori di trovare un modo creativo per mantenere i legami fra i membri della famiglia e continuare a impegnarsi per migliorare insieme ai loro figli.

3. Evitate di litigare davanti ai figli
A volte i bambini possono avere una percezione anche più acuta degli adulti; per questo dobbiamo stare attenti a come ci comportiamo davanti a loro. Per esempio, i genitori dovrebbero evitare di litigare davanti ai figli. I bambini si rattristano quando i genitori litigano. Vanno a scuola con un peso nel cuore e non dimenticano l’episodio per molto tempo.
Secondo uno psicologo, quando i figli vedono i genitori litigare, rimangono scossi nel profondo e provano ansia e paura, come se mancasse loro il terreno sotto i piedi. Gli alberi crescono su un terreno solido e sicuro. Vi prego di dare ai vostri figli una casa in cui possano godere di tranquillità e pace interiore.

4. Cercate di non rimproverarli nello stesso momento
I figli maschi tendono a ribellarsi quando i padri li rimproverano, mentre è più facile che ascoltino un rimprovero da parte della madre. La cosa peggiore che padre e madre possono fare è accanirsi a rimproverare il figlio insieme. Ciò lascia il bambino senza nessuno a cui potersi rivolgere.

5. Siate imparziali e non paragonate un figlio all’altro
I genitori devono essere imparziali. Non devono mai favorire un figlio rispetto all’altro, dicendo che è più intelligente, più bello o bravo. Spesso basta una singola osservazione per ferire profondamente un bambino instillandogli un senso di inferiorità. Quanto peggiore sarà il danno se un figlio viene sempre paragonato ai fratelli o alle sorelle e trattato in maniera diversa! Avrà sempre fame di affetto e si sentirà solo e ferito; in tali circostanze non potrà certo crescere in modo sano. […]
La nostra società e le scuole spesso funzionano in base a un principio spietato di competizione, giudicando e selezionando gli studenti in base alle loro capacità e all’aspetto esteriore. Ragione di più per fare della vostra famiglia un luogo di eguaglianza e imparzialità dove ognuno sia valorizzato come individuo unico e insostituibile.

6. Condividete con loro il vostro impegno per kosen-rufu
Infine, per far crescere adulti meravigliosi è necessario che i genitori ­siano in sintonia con i figli e crescano insieme a loro, avanzando come una cosa sola.
Come membri della SGI ci dedichiamo alla Legge mistica e alla felicità degli altri. La nostra non è un’esistenza egocentrica. Per questo potremmo essere più impegnati della maggior parte delle persone e non avere molto tempo per rilassarci in famiglia. Perciò assicuriamoci che i nostri figli capiscano e rispettino le nostre convinzioni, la nostra scelta di vita e la nostra dedizione. È un errore presumere che sappiano comunque che gli vogliamo bene o che comprendano da soli il nostro impegno per kosen-rufu. Dobbiamo fare sforzi consapevoli per esprimere loro le nostre idee e i nostri sentimenti nei loro confronti, con buon senso, in un’atmosfera rilassata e senza pressioni. Trovare la saggezza per svolgere questo compito è un’espressione di fede.

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