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Volume 29, capitolo 1 "Felicità eterna", estratti dalle puntate 29-43 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:42

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Volume 29, capitolo 1 “Felicità eterna”, estratti dalle puntate 29-43

Nel mondo della fede l’importante è determinare continuamente di ripartire, di sfidarsi ancora facendo ardere nel cuore l’atteggiamento di impegnarsi “ora più che mai”, spinti dal desiderio di ricercare sempre la Legge e di migliorarsi come esseri umani

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Nel mondo della fede l’importante è determinare continuamente di ripartire, di sfidarsi ancora facendo ardere nel cuore l’atteggiamento di impegnarsi “ora più che mai”, spinti dal desiderio di ricercare sempre la Legge e di migliorarsi come esseri umani

Prosegue la pubblicazione del primo capitolo del volume 29, “Felicità eterna”.
Le puntate integrali sono pubblicate su www.ilvolocontinuo.it

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[29] Mentre faceva il giro del campo sportivo, Mineko sentì una signora anziana che gridava: «Sono venuta da Takashima!».
A Takashima, sulla sponda nord-occidentale del lago Biwa, i membri avevano perseverato nella pratica nonostante la sofferenza per gli attacchi alla Gakkai da parte dei preti della Nichiren Shoshu e dei danto (laici affiliati ai templi della Nichiren Shoshu, n.d.t.).
Anche durante i sermoni i preti minacciavano di rifiutarsi di celebrare i funerali dei defunti dei membri se questi non si fossero allontanati dalla Gakkai affiliandosi ai templi. Alcuni cedettero e abbandonarono la fede.
Shin’ichi e Mineko avevano ricevuto numerose lettere di compagni di fede che raccontavano situazioni simili e che esprimevano la loro determinazione a non arrendersi. Mineko ricambiò la signora con un sorriso e le disse stringendole forte la mano: «Abbiamo ricevuto molte lettere dai membri di Takashima. Il presidente Yamamoto sa bene quanto avete sofferto, come dev’essere stato penoso e mortificante per tutti voi. Vi prego di perseverare fino in fondo nei vostri sforzi, qualunque cosa accada. In futuro, senza ombra di dubbio, la giustizia sarà dimostrata. Anch’io reciterò Daimoku per sostenervi con tutto me stesso».
Delle madri umili e sconosciute, trattenendo le lacrime e sopportando le crudeltà dei preti autoritari, stavano lottando per proteggere con tutte le forze i loro umili castelli, per farne delle magnifiche roccaforti di felicità. Shin’ichi scrisse La canzone delle madri con il desiderio di offrire a queste donne coraggiose una canzone che potesse sostenerle per tutta la vita.
La prima volta che Shin’ichi ascoltò un coro della Divisione donne eseguire La canzone delle madri fu nel pomeriggio del 23 ottobre, a una riunione con alcune rappresentanti delle responsabili donne, presso la Sala di kosen-rufu del Centro culturale Soka a Shinanomachi, Tokyo.
Quel canto eseguito dal “Coro giglio bianco”, così allegro, pieno di vita e di speranza, faceva pensare a una brezza primaverile, alla fragranza delle quattro virtù di eternità, felicità, vero io e purezza. Quel giorno egli diede delle linee guida sull’atteggiamento delle responsabili che avevano il compito di guidare la “solare” Divisione donne.
«Diventate delle responsabili sagge e perspicaci che sappiano guidare le compagne più giovani nella fede con forte determinazione e una ricca, generosa umanità.
«Affrontate con coraggio le avversità della vita. In definitiva, potete farlo cominciando a vincere sulle vostre debolezze.
«Una persona che passa la vita a lamentarsi non potrà mai crescere».
Finché esiste il sole rappresentato dalle madri, per quante tenebre o bufere possano avvolgerci, sorgerà sempre un’alba di speranza.

[30] […] Essendo così variegata, la prefettura di Ibaraki era al tempo stesso un’immagine in miniatura del Giappone. Se in ogni zona di Ibaraki si fossero creati dei modelli vittoriosi di kosen-rufu, essi avrebbero svolto una funzione guida per la vittoria nel ventunesimo secolo in tutto il paese.
Quella era, secondo Shin’ichi, la grande missione di Ibaraki.
Per realizzare un simile, nuovo progresso, è indispensabile che ogni membro rompa il proprio guscio e metta in atto la rivoluzione del suo stato vitale, che spalanchi la porta del suo cuore accettando gli altri con flessibilità e tolleranza, e che coltivi la tenacia, la perseveranza di non arrendersi mai, a prescindere dalla situazione che può presentarsi. Più l’attaccamento al nostro ego è ostinato, più allarghiamo il fossato che ci separa dagli altri e restringiamo la nostra visione del mondo.
La prosperità di una comunità e l’espansione di kosen-rufu dipendono da come i membri si uniscono nella fede con un cuore generoso e spirito d’iniziativa.
Solo attraverso la perseveranza, che rappresenta la chiave di qualsiasi vittoria, si può coltivare un cuore grande e generoso. […]

[31] Shin’ichi compose il testo della canzone che celebrava la prefettura di Ibaraki, Il canto di vittoria della vita, immaginando il suo radioso futuro.
[…] Da quel giorno un canto gioioso risuonò per tutta la prefettura. Mentre una grande emozione si propagava ovunque, quindici giorni dopo, il 5 novembre, si tenne una cerimonia presso la sede della Soka Gakkai durante la quale si riunirono tutti i responsabili di nucleo di Ibaraki.
A questa partecipò con entusiasmo anche Shin’ichi che desiderava celebrare la lotta vittoriosa sostenuta dai compagni di fede. Alla fine del suo discorso, citando una frase di Felicità in questo mondo, disse: «La conclusione di questo passo è “Rafforza il potere della tua fede più che mai” (RSND, 1, 607). Nel mondo della fede l’importante è determinare continuamente di ripartire, di sfidarsi ancora facendo ardere nel cuore l’atteggiamento di impegnarsi “ora più che mai”, spinti dal desiderio di ricercare sempre la Legge e di migliorarsi come esseri umani. Se ci illudiamo di essere ormai “arrivati” nella fede, solo per il fatto di avere molti anni di pratica alle spalle e di aver partecipato a ogni genere di attività, la nostra fede inizierà a indebolirsi. Se nei responsabili c’è anche minimamente questo atteggiamento, l’organizzazione ristagnerà. Solo sconfiggendo con coraggio questo atteggiamento troverete la vittoria nella vita».

[32] Dopo la canzone di Ibaraki, Shin’ichi riversò tutte le sue energie nel comporre nuove canzoni per altre prefetture, ritagliandosi il tempo tra le riunioni e gli incontri che si accavallavano quotidianamente, giorno dopo giorno.
La canzone successiva su cui cominciò a lavorare fu quella della prefettura di Saitama, a cui era legato da profondi ricordi, e che in quegli anni aveva realizzato una straordinaria crescita, come una grande “eroina” della regione del Kanto. […]
Per questo desiderava che ciascun membro di Saitama, risvegliandosi alla profonda missione di Bodhisattva della Terra e coltivando nel cuore la relazione maestro e discepolo quale fonte della propria fede, divenisse un valoroso eroe in grado di portare avanti con forza una fede pura e di far soffiare una nuova e fresca brezza all’interno della società tramite una solida unità tra compagni di fede. Anche a Saitama si manifestarono le trame meschine del clero della Nichiren Shoshu, al fine di distruggere la Soka Gakkai. Shin’ichi si mise a comporre il testo della loro canzone esprimendo in essa questo appello che proveniva dal profondo del cuore: «Avanziamo sempre con fierezza lungo la strada maestra della Soka Gakkai!». […]

[33] Consolidare un rapido e consistente progresso del movimento della Gakkai nella grande Tokyo era di fondamentale importanza per concretizzare il futuro di kosen-rufu in Giappone. Qual era dunque l’area che poteva meglio simboleggiare la Tokyo della nuova epoca e rappresentarne il fulcro? In origine, il flusso di kosen-rufu a Tokyo si era sviluppato principalmente nelle zone più popolari, ma poi furono i quartieri residenziali la chiave del successo.
In particolare, nella circoscrizione di Setagaya, dove la popolazione era aumentata velocemente, il tranquillo paesaggio campestre si stava profondamente trasformando dando vita a un quartiere residenziale sensibile all’eleganza e alla cultura, in cui sempre più persone desideravano abitare. Se un nuovo movimento di kosen-rufu ben radicato nella comunità si fosse aperto un varco a Setagaya, avrebbe esercitato una potente forza trainante aprendo la strada al futuro di Tokyo e superando le altre aree.
Shin’ichi, inoltre, serbava nel cuore un ricordo prezioso e indimenticabile di Setagaya. La prima manifestazione sportiva organizzata dalla Divisione giovani, dal titolo Festival del secolo, si tenne il 7 novembre 1954 proprio a Setagaya, nel campo sportivo della Japan University. Shin’ichi propose e organizzò la manifestazione, pensando che fosse particolarmente significativo per i giovani rafforzare la propria salute in modo piacevole e divertente, imparando l’importanza di creare uno spirito di unità con altre persone. Tuttavia, l’allora consiglio direttivo della Gakkai non voleva approvare la proposta dicendo: «Che bisogno c’è di organizzare eventi simili, ora che siamo così impegnati con le attività per promuovere la nostra pratica?»; «Non è una manifestazione che si addice a un’organizzazione religiosa»; «Vale la pena fare tutti questi sforzi e queste spese?». Il presidente Toda diede invece il suo consenso, e i giovani si assunsero interamente la responsabilità dell’evento.
Il risultato fu un enorme successo: l’organizzazione acquistò nuova vitalità ed emersero nuove persone di valore. Quell’evento divenne inoltre una tradizione della Gakkai, dando origine ai festival culturali per la pace. Setagaya era quindi la terra che aveva forgiato una nuova cultura e un nuovo movimento della Gakkai.
Shin’ichi nutriva la forte convinzione e il desiderio che, rappresentando quella tradizione e quello spirito, Setagaya svolgesse la funzione di inaugurare una nuova era di kosen-rufu. […]

[35] […] Il 10 ottobre, dopo il colloquio con il professor Galbraith, Shin’ichi partì per dare guide nella regione del Kansai. L’11 partecipò ad alcuni eventi nelle scuole femminili Soka e alla riunione generale della circoscrizione di Joto, a Osaka, presso il Kansai Toda Memorial Hall. Il giorno seguente, il 12 ottobre, si recò a Kyoto e si dedicò alla scrittura della canzone di Niigata nei ritagli di tempo, tra le cerimonie di Gongyo, le fotografie commemorative e gli incontri informali al Centro culturale di Kyoto, al Centro Katsura e al Centro della Pace di Uji.
Anche durante gli spostamenti in macchina o mentre camminava, Shin’ichi componeva le parole scrivendo uno, due o più versi. Si mescolava tra i compagni di fede per incoraggiarli e poi tornava a comporre. Ma il suo “comporre” partiva sempre dall’azione. Egli lavorava al testo pensando ai giorni in cui Nichiren Daishonin aveva sopportato i rigidi inverni di Niigata, dove le bufere di neve imperversano e il mare plumbeo assume un’aria minacciosa, la neve blocca le case e il freddo penetra profondamente nel corpo dei suoi abitanti. Eppure proprio quel clima tanto rigido, caratteristico delle regioni che si affacciano sul Mar del Giappone, aveva fatto sì che Tsunesaburo Makiguchi, fondatore e primo presidente della Soka Gakkai, trascorrendo l’infanzia e l’adolescenza a Niigata forgiasse una volontà ferrea, incrollabile. […]
La canzone di Niigata, Il cammino tra i monti innevati, fu completata il 12, e il 25 fu composta la melodia. I responsabili centrali della prefettura, appena saputo che era nata la canzone, telefonarono direttamente ai membri dell’epoca pionieristica di kosen-rufu a Niigata, perché volevano che coloro che si erano sforzati tanto fino ad allora fossero i primi a gioirne.
Le zone dove i responsabili mostrano tale premura per i membri sono quelle che vantano le organizzazioni più forti e solide. L’unità non è altro che una meravigliosa sinfonia di umanità, intessuta di sentimenti di rispetto e gratitudine.

[36] Il 30 ottobre i membri che videro sul quotidiano Seikyo il testo della canzone di Niigata, Il cammino tra i monti innevati, dissero di aver “tremato di emozione” per la precisione con cui Shin’ichi aveva espresso i loro sentimenti. […]
Il coraggio è la forza che trasforma la “notte della perseveranza” in un “mattino vittorioso”. Solo basando la nostra vita su una fede coraggiosa possiamo trasformare il nostro karma in missione.
Shin’ichi aveva scritto Il cammino tra i monti innevati affinché i compagni di fede di Niigata, la terra gloriosa dove il Daishonin aveva proclamato il suo grande insegnamento, manifestassero lo spirito di “esercitarsi con coraggio e diligenza” (yumyo shojin) e pregassero per passare all’azione con determinazione risoluta. […]

[37] […] Mentre la sua strenua lotta andava avanti ogni giorno, senza sosta, dedicava ogni momento libero ai testi delle canzoni. Il 3 novembre, presso la palestra comunale della città di Ashikaga era in programma la riunione commemorativa del 6 novembre, “la giornata di Tochigi”.
[…] Shin’ichi compose il testo della canzone rievocando l’immagine del maestro Toda che percorreva quelle vie immerse nella meravigliosa natura di Nikko, fra le montagne di Nasu e gli splendidi cammini sui monti.
«Sono sicuro – pensò Shin’ichi – che il maestro Toda ha percorso queste strade, passo dopo passo, pregando in cuor suo e augurandosi che tra questi monti e fiumi emergessero un giorno, uno dopo l’altro, una moltitudine di Bodhisattva della Terra. Desidero che i membri di Tochigi, coltivando nel cuore e trasmettendo agli altri questa fierezza, crescano numerosi come persone di valore. Forza, venite fuori! Venite fuori, leoni successori…!».
Un vero leader è chi è in grado di far crescere persone di valore capaci di superarlo.
Per far questo è necessario avere la consapevolezza e l’atteggiamento di dedicare la propria vita ai compagni più giovani nella fede. Chi, al contrario, cerca di utilizzare i compagni di fede per scopi personali, non vedrà mai crescere attorno a sé persone di valore. «Le fondamenta per la costruzione della società consistono nell’educazione per la formazione di persone di valore»: questa fu la perspicace considerazione del primo maestro della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi. […]

[39] Il 7 novembre 1978, presso la grande sala del tempio principale Taiseki-ji, si tenne una riunione con alcuni rappresentanti dei responsabili per commemorare il diciottesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai. Oltre ai duemila responsabili partecipò il patriarca Nittatsu, insieme ad alcuni preti giunti da varie località. La riunione aveva lo scopo di porre fine agli attacchi che la Gakkai continuava a subire da parte dei preti, attacchi che normalmente sarebbero dovuti già cessare.
A inizio aprile di quell’anno, infatti, l’ufficio amministrativo della Nichiren Shoshu aveva inviato una notifica che chiedeva ai preti di astenersi rigorosamente dall’attaccare i membri della Gakkai durante i sermoni che si tenevano nei templi il 13 di ogni mese, ma tali indicazioni non erano state minimamente seguite. Inoltre, il clero aveva sottoposto alla Soka Gakkai un questionario in cui criticava il movimento di studio del Buddismo promosso dall’organizzazione giudicandolo come un allontanamento dalla dottrina di Nichiren Daishonin.
La Gakkai aveva risposto in buona fede e in tutta sincerità al fine di costruire relazioni armoniose tra religiosi e laici; aveva precisato di essersi impegnata nello studio dei princìpi buddisti basandosi sulla dottrina originale del Daishonin e utilizzando un linguaggio comprensibile per le persone di quest’epoca allo scopo di far avanzare il movimento di kosen-rufu nella società moderna. Questa risposta fu pubblicata con il consenso del patriarca il 30 giugno sul quotidiano Seikyo.
Anche in quell’occasione insulti e attacchi ai membri della Gakkai avrebbero dovuto cessare, invece continuavano con insistenza. Fondamentalmente, quella situazione anomala non accennava a calmarsi a causa dei perfidi intrighi dell’avvocato Yamawaki che, in preda all’ambizione, cercava di sfruttare il clero e di manovrare la Gakkai a suo piacimento. Già da tempo, infatti, trasmetteva al clero false informazioni per rafforzare i sentimenti di sfiducia nei confronti della Gakkai, ed era arrivato a elaborare un piano per attaccarla e impadronirsene, che aveva trasmesso ai preti. Questi non avevano perso l’occasione di contribuire ad attuarlo. Più la Gakkai, come organizzazione sostenitrice della Nichiren Shoshu, cercava di tenere in considerazione l’opinione del clero e di corrispondere alle sue intenzioni, più i preti rispondevano con malvagità opprimendo i membri, che continuavano a soffrire a causa dei loro comportamenti dispotici.
Quei preti che si facevano chiamare discepoli di Nichiren, continuarono ripetutamente ad attaccare la Gakkai che nello spirito di “non lesinare la propria vita per la diffusione della Legge” si impegnava per la realizzazione di kosen-rufu, il mandato del Daishonin. Stava accadendo quanto predetto da Nichiren: «Né i non buddisti né i nemici del Buddismo possono distruggere il corretto insegnamento del Tathagata, ma i discepoli del Budda possono senza dubbio farlo» (Lettera da Sado, RSND, 1, 268). Le azioni delle funzioni demoniache attestano l’arrivo dell’era di kosen-rufu.

[40] Per risolvere la situazione con il clero della Nichiren Shoshu, la Gakkai aveva incaricato alcuni responsabili della Divisione giovani di portare avanti negoziati con i giovani preti che guidavano gli attacchi all’organizzazione, e la riunione commemorativa della fondazione della Soka Gakkai del 7 novembre, al tempio principale, era stata pensata per migliorare i rapporti con la Nichiren Shoshu e porre fine alle varie questioni. Tutti i testi dei relatori della Gakkai erano stati mostrati al clero prima dell’incontro.
Volendo prima di tutto risolvere la situazione, la Gakkai aveva inoltre riconosciuto totalmente le pretese avanzate dai preti, che però cominciarono a dire che essa avrebbe dovuto anche scusarsi riguardo alla questione dei Gohonzon incisi su legno.
I preti si riferivano a otto Gohonzon iscritti previo consenso del patriarca Nittatsu, tra cui il Gohonzon che doveva essere custodito permanentemente dalla Soka Gakkai (Joju Gohonzon), che reca l’iscrizione “Per la realizzazione del grande voto di kosen-rufu attraverso la compassionevole propagazione della grande Legge”, e un Gohonzon conferito per elogiare Shin’ichi nei suoi sforzi per la raccolta delle donazioni per la costruzione del tempio principale (Shoyo Gohonzon), con l’iscrizione “In lode alla realizzazione della costruzione del tempio principale, santuario dell’insegnamento originale”.
Per custodire e tramandare eternamente il Gohonzon, che sta alla base della fede del Buddismo di Nichiren, Shin’ichi riteneva necessario incidere il mandala su legno e nel gennaio del 1974 aveva chiesto il parere del patriarca Nittatsu. Egli aveva risposto che era una buona idea, perché l’incisione su legno avrebbe permesso di proteggere debitamente il Gohonzon. Successivamente, il 2 settembre, il comitato di collegamento tra la Gakkai e il clero venne nuovamente informato dell’incisione del Joju Gohonzon della Soka Gakkai, che fu intrapresa con l’approvazione del patriarca. Così, il primo gennaio dell’anno seguente, il 1975, prima del Gongyo di Capodanno, Shin’ichi guidò la cerimonia di apertura del Gohonzon alla sede centrale della Gakkai, e il giorno successivo fece rapporto della cerimonia al patriarca Nittatsu.
Nichiren Daishonin dichiara: «Io, Nichiren, ho iscritto la mia vita in inchiostro di sumi, perciò credi profondamente nel Gohonzon. Il volere del Budda è il Sutra del Loto, ma l’anima di Nichiren non è altro che Nam-myoho-renge-kyo» (Risposta a Kyo’o, RSND, 1, 365). Sin dai tempi del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi, la Soka Gakkai aveva profuso i suoi sforzi affinché tutti i membri basassero la loro fede sul Gohonzon e, consolidando questo spirito, ogni membro aveva conseguito grandi benefici.
Grazie a questo tipo di fede si era potuto creare il flusso di kosen-rufu.

[41] Sulla prima pagina del giornale Seikyo del 4 gennaio 1975 venne dato grande risalto alla notizia della cerimonia di apertura del Gohonzon iscritto in legno, da custodire permanentemente presso la sede della Soka Gakkai (Joju Gohonzon). Il 9 novembre del 1977, alla presenza del patriarca Nittatsu, si tenne la cerimonia commemorativa del quarantasettesimo anniversario della fondazione della Gakkai.
Il patriarca Nittatsu fece visita in quell’occasione alla sede centrale e recitò Gongyo e Daimoku di fronte al Joju Gohonzon, nella Sala di maestro e discepolo, per celebrare la ricorrenza. Tuttavia, già l’anno successivo alcuni preti alzarono la voce lamentando che la Gakkai avesse fatto incidere su legno dei Gohonzon senza previa autorizzazione.
Il patriarca Nittatsu, nel giugno del 1978, in occasione di una riunione di studio con il clero, diede questa guida: «Sono a conoscenza del fatto che nella Soka Gakkai sono stati incisi dei Gohonzon su legno. All’inizio ne ero all’oscuro, ma successivamente sono stato informato e ho dato il mio consenso. Vi prego di non litigare fra voi per questo».
I preti, che continuavano a lanciare critiche alla Soka Gakkai, usarono questa affermazione come pretesto per dare inizio ai loro attacchi.
Dissero che il patriarca non ne era stato a conoscenza e montarono un caso affermando che la Soka Gakkai aveva fabbricato un Gohonzon fasullo.
Si trattava di un’evidente assurdità. La sostanza del messaggio del patriarca era che lui stesso aveva comunque dato la sua approvazione, e che invitava i preti a non litigare. Nonostante ciò, contravvenendo alla sua guida, essi avevano fatto tutto il possibile per attaccare la Gakkai. Trasferire su legno i Gohonzon era una pratica diffusa all’interno del clero e anche il vice presidente della Soka Gakkai, Hiroshi Izumida, aveva sentito pronunciare dal patriarca Nittatsu le seguenti parole: «Il Gohonzon rappresenta un inestimabile tesoro per colui che lo ha ricevuto. Un conto è se lo trascura, ma se non è così, si è assolutamente liberi di “trasferirlo” facendolo incidere su legno, purché l’intento sia di averne cura. Non è una questione su cui debbano pronunciarsi persone estranee». Tuttavia i preti della Nichiren Shoshu, approfittando dall’autorità di cui erano investiti, in modo meschino e subdolo fecero ulteriori pressioni sulla Gakkai.
Proprio perché la Soka Gakkai è nel giusto, le funzioni demoniache imperversano nel tentativo di distruggerla, ed essa è continuamente investita da violenti attacchi.

[42] La Soka Gakkai aveva portato avanti l’incisione dei Gohonzon su legno dietro approvazione del patriarca Nittatsu. Nonostante questo, all’interno della Nichiren Shoshu molti sostennero che ciò costituisse un’offesa alla Legge. Il presidente Yamamoto, nel tentativo di rispettare le volontà del clero, chiese direttamente al patriarca Nittatsu cosa dovesse fare dei Gohonzon incisi su legno. Era il 2 settembre del 1978.
Il patriarca rispose che essi potevano tranquillamente essere custoditi come un tesoro presso la sede della Soka Gakkai. La notizia venne pubblicata anche sulle pagine del giornale Seikyo.
Poco dopo, però, la Nichiren Shoshu contattò la Soka Gakkai chiedendole, data l’animosa reazione dei preti giovani, di consegnare i Gohonzon al tempio principale. In tal modo tutto si sarebbe risolto per il meglio.
La Soka Gakkai accettò la richiesta e, a esclusione del Joju Gohonzon, i sette Gohonzon iscritti in legno vennero consegnati al Taiseki-ji per essere lì custoditi. Poco dopo, il 3 ottobre, la direzione del tempio emanò una direttiva che, oltre a informare che i Gohonzon erano stati presi in consegna e custoditi presso il Taiseki-ji, sanciva: «Il patriarca Nittatsu ha proibito qualsiasi ulteriore discussione sui Gohonzon in legno della Soka Gakkai. Preghiamo tutti di attenersi alle sue volontà. Come noto, il compito della nostra scuola è di propagare il corretto insegnamento di Nichiren Daishonin. Vi prego quindi di impegnarvi con tutte le forze per evitare qualsiasi attrito fra monaci che possa ostacolare questo compito, e di dedicarvi sinceramente per favorire l’unità fra monaci e laici».
Nonostante le parole del patriarca, i preti iniziarono a chiedere che, in occasione della riunione commemorativa della fondazione, il 7 novembre, nell’intervento della Soka Gakkai venissero espresse pubbliche scuse per la questione dei Gohonzon iscritti in legno. I responsabili della Soka Gakkai ritennero tale richiesta un’assurdità, alla luce della direttiva del patriarca. Tuttavia, poiché la riunione dei responsabili che si sarebbe tenuta al Taiseki-ji era stata pensata proprio per proteggere i membri, la Soka Gakkai fece questa estrema concessione, pensando che la situazione all’interno del clero si sarebbe calmata e che i crudeli attacchi dei preti verso i membri sarebbero cessati permettendo loro di impegnarsi tranquillamente nella fede.
Possiamo considerare la traversata di kosen-rufu come una lotta in cui, fra le onde impetuose, puntiamo con perseveranza e pazienza verso un “nuovo continente”.

[43] Il 7 novembre, poco prima dell’una ebbe luogo presso il tempio principale la riunione commemorativa del quarantottesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai. Dopo il saluto di apertura da parte del responsabile dei giovani uomini, vi furono gli interventi del direttore Kiyoshi Jujo e del vice presidente Hisao Seki, che spiegarono come sarebbero state affrontate in futuro le varie questioni sorte fra la Nichiren Shoshu e la Soka Gakkai.
In quell’occasione Seki, riferendosi alla questione dei Gohonzon incisi su legno, fu costretto, suo malgrado, a usare l’espressione «i Gohonzon che avventatamente sono stati incisi su legno».
La Soka Gakkai, che desiderava sinceramente l’unità fra clero e laici, era venuta incontro a tutte le richieste del clero sulla questione che, di per sé, non presentava alcun problema, né a livello dottrinale né rispetto alle procedure di svolgimento.
Venne poi il turno dell’intervento di Shin’ichi. Egli disse che fino ad allora, nei provvedimenti assunti dalla Soka Gakkai nei confronti della Nichiren Shoshu, vi erano stati degli eccessi sotto vari punti di vista, ed espresse le sue scuse come rappresentante di tutte le organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu per lo scompiglio causato all’interno del clero e per non aver saputo, suo malgrado, provvedere a contenerli. Nella mente di Shin’ichi riaffioravano uno dopo l’altro i volti dei membri che durante i sermoni e le funzioni funerarie della Nichiren Shoshu, trattenendo a stento lacrime amare, erano stati oggetto di maldicenze e calunnie, vittime di terribili ingiustizie.
Se per proteggere tutti gli amati compagni di fede era necessario sopportare questo, era disposto a farlo. Così pensava. Il suo desiderio era innanzitutto di porre fine ai meschini attacchi della Nichiren Shoshu. Lanciò quindi questo appello ai partecipanti: «La lotta di kosen-rufu è una “campagna” di diecimila anni. Il nostro sguardo è rivolto al ventunesimo secolo, il nostro vero palcoscenico. Desidero che, d’ora in avanti, tutti voi avanziate con uno stato vitale immenso come l’oceano, coltivando una fede meravigliosa, compatti e uniti fra voi. Per condurre la vita di chi soffre immerso nella realtà delle quattro sofferenze verso il cammino dello stato vitale di Buddità, eternità, felicità, vero io e purezza, “tuffiamoci” con tenacia, oggi e ancora domani, in mezzo alla gente comune e diamo il via per tutti gli esseri umani, per la società e per il mondo intero a un nuovo sviluppo per far brillare la meravigliosa luce della Legge mistica in tutta ­Jampudvipa».
Shin’ichi desiderava ardentemente che i suoi preziosi compagni di fede potessero dare il via al cammino di kosen-rufu con i cuori ardenti di speranza e di profonda fierezza.

(continua)

(traduzione di Marcella Morganti)

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