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Volume 28, capitolo 1 "Felicità eterna", estratti dalle puntate 1-12 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:34

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Volume 28, capitolo 1 “Felicità eterna”, estratti dalle puntate 1-12

Ogni campo del sapere, ogni sistema o organizzazione è una creazione, una costruzione dell’essere umano. Di conseguenza, per realizzare una riforma della società o dell’ambiente sarà cruciale riformare la spiritualità dell’individuo

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Ogni campo del sapere, ogni sistema o organizzazione è una creazione, una costruzione dell’essere umano. Di conseguenza, per realizzare una riforma della società o dell’ambiente sarà cruciale riformare la spiritualità dell’individuo

Il volume 28 è interamente pubblicato su www.ilvolocontinuo.it

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[1] Forza, dialoghiamo allegramente, con il sole della gioia nel cuore!
Discorrendo insieme si aprono le porte del cuore, nasce la comprensione reciproca e si espande la cerchia delle nostre amicizie.
Dialogare non significa “lanciarsi” parole ampollose e lusinghiere, essenzialmente vuote, serrando il cuore in un’armatura di vanità.
Il dialogo intrapreso spontaneamente, con sincerità, convinzione e perseveranza, ispira profondamente il nostro interlocutore.
In uno scritto buddista leggiamo: «La voce compie il lavoro del Budda» (Raccolta degli insegnamenti orali, BS, 109, 41).
Il Sutra del Loto, il re dei sutra, è un dialogo tra il Budda e i suoi discepoli.
Anche il trattato di Nichiren Daishonin Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese è stato scritto sotto forma di dialogo tra un viaggiatore e la persona che lo ospitava.
Dal dialogo nasce la forza per incoraggiare gli altri, la luce della speranza. Il dialogo è una fonte di coraggio, una ventata d’aria nuova che rigenera la vita. Dialoghiamo dunque pieni di vitalità!
Creiamo dei ponti che uniscano i cuori delle persone!
Laddove si costruiscono questi ponti con costanza e serietà, le persone si uniscono, si può unire il mondo intero, e prende forma lo splendido romanzo della pace e della vittoria dell’umanità.
Nel pomeriggio del 10 ottobre del 1978, insieme a sua moglie Mineko, Shin’ichi accolse presso la sede del Seikyo Shimbun la delegazione dell’economista americano John Kenneth Galbraith, insieme alla consorte Catherine.
Galbraith, professore ad honorem dell’Università di Harvard, era ben noto per le sue numerose opere, tra cui L’età dell’incertezza.
Shin’ichi decise di dialogare con il professore con il desiderio di aprire una “via della certezza” per il genere umano.

[2] […] Appena il professore, un uomo alto dai capelli grigi, scese dalla vettura, esplose un caloroso applauso. Nato nel 1908, avrebbe compiuto di lì a poco settant’anni, ma i suoi occhi ardevano di spirito combattivo e l’espressione del suo volto era quella fresca e vitale di un giovane. Coloro il cui cuore arde continuamente verso nuove sfide rimangono sempre giovani. Shin’ichi, tendendo la mano al professore, disse: «Le porgo il mio benvenuto e la ringrazio per essere venuto qui oggi; immagino sia stanco per il lungo viaggio. È un onore per me poterla incontrare». Il professore, partito dagli Stati Uniti il 10 settembre, era arrivato in Giappone dopo aver fatto tappa in Italia, Francia, Danimarca, Belgio, India e Thailandia, un fitto programma di conferenze e incontri con personalità di rilievo. Nonostante ciò, senza mostrare la minima stanchezza si rivolse a Shin’ichi con un sorriso smagliante: «Sono io che ero impaziente di incontrarla. La vostra accoglienza calorosa ha completamente cancellato la stanchezza del viaggio».
[…] «Oggi desidero dialogare fino in fondo con lei, professore. Per il futuro dell’umanità». Così dicendo, Shin’ichi gli indicò la strada ed entrarono nel Centro.
[…]

[3] Il professor Galbraith era alto più di due metri e la testa di Shin’ichi, che gli faceva strada, non arrivava alle sue spalle. Giunti al luogo del colloquio, i due si scambiarono nuovi convenevoli. Sollevando lo sguardo verso il suo ospite e allungando una mano come per toccarne il capo, Shin’ichi disse in tono scherzoso: «Come avrà visto, il monte Fuji è la montagna più alta del Giappone. Io che ho l’onore di ricevere un “grande” economista come lei, professor Galbraith, durante il nostro incontro la contemplerò come il monte Fuji in tutta la sua imponenza».
Il professore rispose sorridendo: «Guardi che anche così alto, non sono pericoloso come si potrebbe immaginare». A queste parole scoppiarono tutti a ridere. Shin’ichi immediatamente commentò: «Le persone alte possono sicuramente vedere lontano, ma quelle basse riescono a osservare il terreno in modo più preciso e minuzioso. Dialogando insieme e trovando i punti d’intesa, attraverso lo scambio di opinioni, si può arrivare a una visione d’insieme più completa».
Al colloquio erano presenti il direttore e altri dirigenti di una casa editrice che, insieme ad altre aziende, aveva invitato il professore in Giappone. Tutti prestavano ascolto allo scambio di idee, sorridenti. I due sollevavano a turno questioni e si scambiavano opinioni a riguardo.
Shin’ichi chiese per primo: «Nell’epoca attuale credo che si dia importanza alla vita umana considerandola separata dalla morte. Ma interrogandosi sul significato della vita, ricercando la felicità, riflettendo sulla società, sulla civiltà, penso sia estremamente importante cercare di capire che cos’è la morte e consolidare una visione che abbracci sia la vita che la morte. Il Buddismo insegna che la vita è eterna. In altre parole, la morte di un essere umano è la fusione della sua vita con l’immenso universo; questa vita continua a esistere allo stato latente e, grazie a determinate cause esterne, torna a manifestarsi attraverso la nascita. Da quel momento tutte le azioni, le parole e i pensieri si accumulano sotto forma di “karma” che continua a fluire ininterrottamente. A questo proposito vorrei chiederle, professore, che cosa accade secondo lei dopo la morte di un individuo».
Senza una spiegazione della morte non si può comprendere la vita.

[4] Sulla questione sollevata da Shin’ichi, il professor Galbraith iniziò a parlare lentamente, soppesando ogni parola. «Riflettendo sul significato della vita, la sua è una domanda estremamente importante, fondamentale. Tuttavia non esiste argomento più difficile, più misterioso. In tutta onestà, non saprei dire che cosa accada dopo la morte di un individuo. Credo però che esista una continuità dell’esistenza. E nel mio caso verificherò tra non molto, con i miei occhi, se ci sia o meno una vita futura». Persino in quel momento, non mancò di inserire una nota di umorismo.
Le risate che rendono piacevole un dialogo possono essere paragonate all’olio lubrificante di un veicolo. Quando si discute di temi importanti e profondi, inevitabilmente l’atmosfera tende a irrigidirsi, e il professore desiderava mettere a proprio agio gli ascoltatori. In quegli attimi Shin’ichi poté cogliere la gentile premura e la sensibilità del suo ospite. La conversazione toccò vari argomenti, come l’importanza della lettura e la loro concezione del matrimonio. Alla domanda su quali libri avessero lasciato in loro le più profonde emozioni, entrambi citarono le opere di Lev Tolstoj, e il professore fu talmente sorpreso da lasciarsi sfuggire un grido di gioia. Tolstoj scrive che le relazioni con persone buone portano alla felicità.
Mentre discutevano della loro visione della vita, Shin’ichi chiese: «Qual è il suo motto, professore?». «Non ho un motto preciso, più che altro osservo una regola: “Ora mettiti al lavoro, ma non pensare di poterlo completare”. Cerco di tenerla sempre a mente». Shin’ichi pensò che era uno splendido modo di pensare e di vivere. «Ora mettiti al lavoro» significa sicuramente continuare ad agire con tutte le forze in ogni istante presente, perseguendo un grande ideale e guardando in faccia la realtà. «Non pensare di poterlo completare» indica la continuità degli sforzi volti a migliorare sempre, senza cercare facili risultati o compromessi. Quando il professore domandò a sua volta quale fosse il motto di Shin’ichi, egli rispose: «Le onde aumentano di potenza e tenacia ogni volta che incontrano un ostacolo».

[5] Durante la discussione intorno al tema della vita umana, Shin’ichi chiese al professor Galbraith: «Qual è la cosa più triste che ha sperimentato nella sua vita?».
«La perdita di mio figlio. Non perché io sia suo padre, ma oggettivamente posso dire che era un ragazzo intelligente e perspicace. Morì ancora giovane, colpito dalla leucemia…».
Quelle parole fecero venire in mente a Shin’ichi il dialogo che aveva tenuto un tempo con il professor Arnold Toynbee. Quando gli aveva chiesto quale fosse l’evento più triste e doloroso che avesse vissuto, il professor Toynbee aveva detto con aria grave: «È stato quando mio figlio si è tolto la vita». Shin’ichi non poteva dimenticarlo. Il professore stava immobile, come se stesse pregando, con le mani intrecciate davanti a sé e gli occhi che si velavano di lacrime. Anche le personalità più note vengono investite da ondate di amarezza e afflizione nella vita. Gli individui lottano e vivono esposti alle tempeste del karma. Non può esistere vita esente da difficoltà e traversie. Ma è il nostro atteggiamento, il fatto di cedere alla sofferenza oppure di migliorare, di elevare e rafforzare noi stessi attraverso la sofferenza, che determina la nostra felicità o infelicità.
Il professor Galbraith ripensò anche al dolore provato quando il presidente John F. Kennedy, che l’aveva nominato ambasciatore in India, fu assassinato. […]
Mentre dialogavano Shin’ichi annunciò che stava programmando di recarsi, l’anno successivo, in India e il professore disse: «Le raccomando di visitare la regione di Punjab che si estende tra l’area nord-occidentale dell’India e il Pakistan. Non solo è nota come la culla della civiltà classica indiana, di cui il sito archeologico di Harappa è un esempio, ma ha realizzato un grandioso sviluppo». Immediatamente la moglie Catherine aggiunse: «Anche la regione di Kerala, nel sud-ovest del paese, ha raggiunto una crescita notevole». La signora Galbraith, che aveva continuato a sostenere quotidianamente il marito durante il suo incarico in India, conosceva in modo sorprendente la situazione del paese.
Il punto di vista concreto delle donne, che si sviluppa a partire da una conoscenza approfondita della vita quotidiana, coglie con grande precisione l’immagine reale della società.
[…]

[7] Minoru Yoshida, presidente della TBS Britannica, che assisteva all’incontro, si rivolse al professor Galbraith e al presidente Yamamoto: «Riprendendo il tema dell’India, anch’io vorrei fare una domanda». La TBS Britannica era una casa editrice che aveva pubblicato numerose traduzioni delle opere del professore, tra cui L’età dell’incertezza. Egli domandò quale fosse il ruolo del Giappone nelle disparità economiche fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, ovvero rispetto al problema della “divisione fra nord e sud del mondo”.
Il professore rispose prontamente: «Credo che il Giappone, divenuto un paese economicamente prospero nel panorama mondiale, abbia il dovere morale di offrire, sotto forma di aiuti economici, parte delle sue ricchezze ai paesi più poveri. Questo è il primo passo per contribuire allo sviluppo di questi paesi. In secondo luogo è importante che contribuisca al loro sviluppo tramite forme di assistenza nel settore agricolo. Il Giappone dispone di tecnologie avanzate in particolare nel campo della coltura del riso, perciò ritengo opportuno che fornisca assistenza istruendo questi paesi sulle tecniche del settore».
[…] È prioritario riflettere su quali siano le reali esigenze dei popoli di questi paesi. Su questo vorrei chiedere un parere anche al presidente Yamamoto».
«Ciò che il professore ha appena affermato è estremamente importante – disse Shin’ichi. Ma in questo atteggiamento di continuare a fornire solo beni e tecnologie di tipo economico, a senso unico, vi è il pericolo di ridurre le relazioni a un rapporto di mero interesse e di instaurare una sorta di “gerarchia” fra i paesi che offrono assistenza e quelli che la ricevono. Si rischia inoltre di minare l’orgoglio e l’amor proprio dei popoli di questi paesi. Per questo sono convinto che sia indispensabile instaurare un rapporto di reciproca fiducia fra i popoli. E per far ciò è necessario creare continui scambi culturali ed educativi tra le persone. Credo che non sia possibile aprire la strada a relazioni di fiducia senza procedere pazientemente lungo questa via per dieci, venti, cinquant’anni. Questo è quanto ho continuato ad affermare finora».

[8] Il professor Galbraith si mostrò completamente d’accordo con le osservazioni di Shin’ichi e disse: «È esattamente così. Non ho nulla da obiettare su questo punto». L’incontro entrò così nel vivo della discussione. Si parlò del saggio L’età dell’incertezza, e Shin’ichi affermò di condividere la visione e le riflessioni espresse dal professore in questo libro, secondo cui nella società contemporanea sono venuti meno tutti i riferimenti etici certi. Al giorno d’oggi numerosi problemi mettono a repentaglio l’esistenza stessa del genere umano, come le guerre, la minaccia nucleare, l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse e la sovrappopolazione mondiale. Tuttavia, gli esseri umani non sono in grado di individuare princìpi etici e norme filosofiche di vita per far fronte a tutti questi problemi.
Shin’ichi era determinato a cercare di scongiurare a tutti i costi queste minacce. Aveva fermamente giurato in cuor suo di compiere ogni possibile sforzo per evitare, in particolar modo, lo scoppio di una terza guerra mondiale. Era profondamente convinto che tali fondamentali princìpi etici si potessero trovare nella filosofia del rispetto della dignità della vita insegnata dal Buddismo e che, se tutte le persone nel mondo li avessero condivisi, avrebbero potuto scongiurare tali minacce.
Per quanto tali princìpi buddisti fossero straordinari ed egli stesso riponesse assoluta fiducia in essi, per diffonderli nella società era indispensabile che la grandezza di questo insegnamento fosse dimostrata e condivisa anche a livello accademico. Quando in un movimento religioso viene a mancare questo, esso tende a divenire autoreferenziale e dogmatico. Questa è la ragione che aveva spinto Shin’ichi a impegnarsi nei dialoghi con i grandi pensatori del suo tempo. «Vorrei quindi chiederle, professore, quali sono secondo lei i princìpi etici necessari in questo percorso alla ricerca di certezze, in un’epoca incerta come la nostra?».
Il professore rispose: «Anche le idee di Adam Smith e di Karl Marx in passato sono state accettate per buone. Ma con il trascorrere delle generazioni sono venuti alla luce gli errori presenti in queste dottrine e le certezze hanno iniziato a vacillare. Gli sforzi compiuti dagli esseri umani devono essere sempre rivisti e solo attraverso questo processo fondamentale di revisione la nostra esistenza potrà divenire più sicura, pacifica e saggia. Sono convinto che la comprensione di ciò sia, di per sé, la migliore guida etica».

[9] Il professor Galbraith temeva che le persone, ottenebrate dalle ideologie, distogliessero lo sguardo dalla realtà, tralasciando di sviluppare la propria intelligenza e giudicando ogni cosa solo da una prospettiva teorica. Anche Shin’ichi riteneva che conformare il proprio giudizio a modelli prestabiliti, ideologici o teorici, non fosse positivo, e si opponeva a tale mentalità.
Quei modelli tendevano infatti ad assoggettare lo spirito umano portando a confondere le cose essenziali con quelle secondarie. Shin’ichi spiegò: «Credo che sia importante rendersi conto che gli individui che esprimono giudizi vivono nell’incertezza, sono in continuo conflitto con se stessi, cambiano idea in ogni momento e sono pieni di contraddizioni. Per sviluppare la capacità di dare giudizi precisi è fondamentale volgere i propri sforzi alla crescita, al miglioramento e all’elevazione spirituale. A tale scopo è indispensabile una filosofia di vita universale che noi individuiamo nel Buddismo, ovvero nella Legge fondamentale, eterna e immutabile, che permea l’universo e ogni essere vivente. Il Buddismo insegna che la vita degli esseri umani è originariamente dotata di una fonte inesauribile di saggezza e spiega il modo di manifestarla, di attingere a essa. Tirare fuori tutto il proprio potenziale basandosi su questa Legge è ciò che noi chiamiamo “rivoluzione umana”. Io mi sono ripetutamente impegnato nel dialogo con personalità quali Arnold Toynbee o André Malraux, noto per essere un “uomo di penna e di azione”, su svariate problematiche che affliggono l’umanità. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che il nostro movimento che promuove la rivoluzione umana e la trasformazione spirituale sulla base dei princìpi buddisti, è la grande corrente filosofica che guiderà il ventunesimo secolo».
Il professore commentò con franchezza: «La mia comprensione del Buddismo è molto superficiale, ma posso dire che le sue parole sono assai profonde e piene di suggerimenti importanti».
Era un modo di esprimersi pieno di umiltà. Le grandi personalità di vasta erudizione si distinguono per la loro sincera e ardente sete di conoscenza.

[10] Shin’ichi approfondì ulteriormente l’argomento del ruolo del Buddismo. «Qualsiasi disciplina, come la politica, l’economia o la scienza, in origine è protesa verso il raggiungimento della felicità umana, che in questo caso però dipende da fattori esterni quali l’ambiente o il sistema sociale. In antitesi, la religione mette in luce la ricerca della felicità nel mondo interiore dell’individuo. Potremmo dire che gli esseri umani conseguono la felicità ricercandola sia nell’ambiente esterno, sia attraverso il consolidamento della propria spiritualità. Ogni campo del sapere, ogni sistema o organizzazione è una creazione, una costruzione dell’essere umano. Di conseguenza, per realizzare una riforma della società o dell’ambiente sarà cruciale riformare la spiritualità dell’individuo, che ne rappresenta il nucleo centrale, e questo credo sia il ruolo delle grandi religioni, in particolare del Buddismo».
Mostrando un vivo interesse, il professor Galbraith ascoltava Shin’ichi protendendosi verso di lui in tutta la sua statura con marcati segni di approvazione. A un certo punto prese la parola: «Trovo che sia un argomento di grande importanza. Come lei ha sottolineato, ogni cosa esiste per la felicità del genere umano. Aggiungerei che nonostante i rapidi progressi attualmente raggiunti in tanti campi – come quello politico, economico e scientifico – senza accorgerci abbiamo sostituito i fini con i mezzi, perdendo di vista il nostro scopo fondamentale, che è la ricerca della felicità. Credo che questa sia una tendenza molto pericolosa».
«È vero! È proprio così».
«Ritengo che dovremmo focalizzarci su un unico obiettivo fondamentale per sistematizzare i diversi modi di pensare, e rideterminarci nella ricerca della pace e della felicità alla base di ogni aspetto della vita umana. Come economista, vorrei sforzarmi di contribuire, anche se poco, alla felicità degli individui. Ascoltando i suoi discorsi, sento il forte desiderio di recarmi insieme a lei in India, la terra del Budda. Sarei felice di poter proseguire, prima o poi, il nostro dialogo a Sarnath». Sarnath, denominata anche “Parco dei cervi”, è una località nota per essere stata il luogo della prima predicazione di Shakyamuni, una volta conseguita la Buddità.
Il dialogo proseguì per quasi due ore, e su molte delle opinioni esposte concordarono. Dai dialoghi sinceri nasce l’empatia, l’intesa spirituale, e così si creano legami tra le persone.

[11] […] Il professore e Shin’ichi non si rividero in India, ma nell’ottobre del 1990 i signori Galbraith si recarono ancora una volta presso la sede del giornale Seikyo, e in quell’occasione ripresero il dialogo. Si misero così a discorrere perdendo la nozione del tempo, di pace, economia, del nuovo ordine mondiale che si stava prospettando nel ventunesimo secolo, e citavano episodi delle loro relazioni amichevoli con i leader di vari paesi.
Facendo tesoro di ogni incontro, approfondendo dialoghi sinceri e “coltivando il cuore uno dell’altro”, i frutti dell’amicizia maturano.
Nel settembre del 1993, Shin’ichi tenne all’Università di Harvard la sua seconda conferenza dal titolo Il Buddismo mahayana e la civiltà del ventunesimo secolo. Nonostante i suoi innumerevoli impegni, in quell’occasione il professor Galbraith presentò una laudatio in cui dichiarò che la conferenza indicava il cammino per la realizzazione della pace da tutti desiderata, e che percepiva nella filosofia buddista lo spirito che avrebbe guidato le persone verso la pace.

[12] Il giorno dopo la conferenza all’Università di Harvard, Shin’ichi, insieme alla moglie Mineko e al figlio maggiore Masahiro, andò a incontrare il professor Galbraith presso la sua abitazione, in un tranquillo quartiere residenziale vicino all’ateneo. Era una casa elegante e signorile, con i muri color mattone e i contorni rosa. Fuori dalla finestra, nel boschetto, si intravedevano graziosi scoiattoli.
Nonostante stesse per compiere ottantacinque anni, il professore ebbe con Shin’ichi un vigoroso e appassionato scambio di idee. Disse che condivideva la sua determinazione di costruire la pace attraverso il dialogo, e con grande sincerità dichiarò di aver sempre vissuto con la convinzione, la passione e la speranza di non ricadere per nessun motivo nella tragedia della guerra.
A un certo punto il tema del confronto divenne: “come mostrare alle persone il modo di sentirsi pienamente soddisfatte e godere pienamente della vita”. Quando Shin’ichi affermò che riteneva fondamentale la realizzazione di sé e degli altri, il professore rivelò la sua decisione: «A questo mondo desidero offrire il dialogo, il benessere e la gioia», e come se stesse affidando a Shin’ichi le sue speranze sulla pace, affermò: «La prego di continuare a perseverare nel dialogo, un dialogo che possa servire con intelligenza alla costruzione della pace».
Il professore espresse inoltre un desiderio: «Vorrei discorrere con lei, presidente, sul tema della pace, sul futuro dell’umanità, e trasmettere questi nostri dialoghi alle generazioni future». Anche Shin’ichi era dello stesso avviso.
Nel 2003, venticinque anni dopo il primo incontro, i loro dialoghi furono pubblicati in nove puntate, a partire dal numero di agosto, nel mensile Ushio. I dialoghi furono poi revisionati e la raccolta, intitolata Verso la creazione di un’epoca umanistica, fu pubblicata nel settembre del 2005.
In occasione della pubblicazione, in una dedica il professore scrisse: «Provo profondo rispetto e ammirazione per le preziose attività che il presidente Yamamoto compie con il desiderio della felicità delle persone di tutto il mondo». E Shin’ichi: «L’amicizia con il professore è un tesoro inestimabile della mia vita. Le sue parole che sgorgano da una profonda saggezza sono per me fonte di incommensurabile ispirazione».
Attraverso il dialogo, i pensieri rivolti alla pace si incontrano e danno origine a un’onda, una nuova corrente di pensiero che porta alla trasformazione dell’epoca.

(continua)

(traduzione di Marcella Morganti)

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