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Esiliati, ma non da se stessi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:32

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Esiliati, ma non da se stessi

11. L’esilio e la prigionia sono condizioni durissime ma che, nell’esperienza di Nichiren Daishonin e di molti leader mondiali incontrati da Ikeda, permettono la manifestazione di qualità sopite

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11. L’esilio e la prigionia sono condizioni durissime ma che, nell’esperienza di Nichiren Daishonin e di molti leader mondiali incontrati da Ikeda, permettono la manifestazione di qualità sopite

IKEDA: Fu solo più tardi, dalla persecuzione di Tatsunokuchi in poi, che ebbe inizio la persecuzione generalizzata nei confronti dei discepoli del Daishonin.
Anche se, per ipotesi, alcune di quelle leggi fossero state applicabili, non esiste assolutamente alcun documento comprovante che la sentenza di colpevolezza fosse stata stabilita in conformità alle procedure giudiziarie dell’epoca.

MORINAKA: Sembra che al Daishonin non fu data alcuna opportunità di parlare in propria difesa, anche se sarebbe stato suo diritto farlo.

IKEDA: C’è la difesa del Daishonin presentata in relazione alla causa formalmente intentatagli da Gyobin[ref]Prete Nembutsu dei tempi del Daishonin di cui non si conosce l’esatta data di nascita e morte. Nel luglio 1271 sfidò il Daishonin in un dibattito.[/ref], poco prima della persecuzione di Tatsunokuchi. Anche se probabilmente non era altro che una formalità, alcune prove suggeriscono che Hei no Saemon, il vice capo dell’Ufficio degli affari politici e militari, avesse esaminato il caso.
In ogni caso l’esilio di Izu fu chiaramente un ingiusto atto di repressione nei confronti del Daishonin, basato su una deliberata interpretazione distorta della legge.

MORINAKA: Fu una manovra subdola e senza scrupoli. In seguito il Daishonin affermò esplicitamente che, per effetto di tali azioni, l’intero clan di Shigetoki e Nagatoki cadde in rovina[ref]«Hai visto come il signore del Gokuraku-ji, Nagatoki e il suo intero clan sono andati in rovina» (GZ, 1413) e «A causa dell’odio smisurato nei confronti di questa persona [Nichiren], furono incapaci di vedere le colpe che li portarono alla rovina» (GZ, 355).[/ref].

SAITO: Infatti, il primo giugno, circa due settimane dopo aver mandato in esilio il Daishonin, Shigetoki, padre di Nagatoki ebbe una visione, mentre si trovava nella stanza da bagno, che lo lasciò mentalmente infermo. Da allora ebbe frequenti episodi allucinatori, fino alla morte, il 3 novembre dello stesso anno. Suo figlio Nagatoki morì in esilio quattro anni dopo (nel 1264), alla giovane età di trentacinque anni.

IKEDA: Chi abbia vinto e chi abbia perso è evidente. Il Buddismo espone la legge di causa ed effetto che è estremamente severa. Chi cerca di distruggere il Buddismo e ostacolare kosen-rufu riceve sicuramente gravi retribuzioni per le sue azioni malvagie.

SAITO: Da L’insegnamento, la capacità, il tempo e il paese e da altri scritti composti dal Daishonin all’epoca dell’esilio di Izu vediamo che in quel periodo egli approfondì notevolmente la sua consapevolezza di essere il devoto del Sutra del Loto.

IKEDA: Ne L’insegnamento, la capacità, il tempo e il paese afferma: «Io, Nichiren, meditando sulla verità di queste parole del Budda, mi rendo conto che i tre nemici esistono veramente: se permettessi loro di rimanere celati, non sarei il devoto del Sutra del Loto ma, se li induco ad apparire, sono quasi certo di perdere la vita» (WND, 53 – SND, 6, 15). E anche: «Se non facessi apparire i tre tipi di nemici, non sarei il devoto del Sutra del Loto. Solo se li faccio apparire posso essere il devoto» (WND, 53 – SND, 6, 16).
Vedendo nell’esilio di Izu le prime avvisaglie della comparsa del terzo potente nemico, il Daishonin si convinse ancor più profondamente che, in quanto stava combattendo i tre potenti nemici, egli era veramente il devoto del Sutra del Loto che avrebbe condotto all’Illuminazione le persone dell’Ultimo giorno della Legge.

SAITO: Il Daishonin descrive la sua gioia per aver letto il Sutra del Loto con la sua vita: «Non riesco a esprimere la mia gioia al pensiero che una persona così umile, ignorante e senza precetti, sia menzionata nel Sutra del Loto predicato più di duemila anni fa, e che il Budda abbia profetizzato le persecuzioni che avrebbe subito» (SND, 7, 132) e «Quale gioia più grande potrebbe esistere per chi nasce essere umano?» (SND, 7, 133).

IKEDA: Ciò dimostra la vastità del suo stato vitale che gli permise di considerare le persecuzioni che incontrava per il Sutra del Loto come una gioia suprema.
E, a proposito dei sovrani del paese che lo avevano perseguitato a causa del Sutra del Loto, nonostante egli non avesse infranto alcuna legge secolare, dichiara: «Ho incontrato un sovrano che mi ha permesso di liberarmi dalle sofferenze di nascita e morte in questa vita» (SND, 7, 135). E giunge ad affermare: «Proprio le persone che mi hanno falsamente accusato e il governante [che mi ha esiliato] sono le persone con le quali ho il più profondo debito di gratitudine» (SND, 7, 134), per avergli permesso di svolgere fino in fondo la sua pratica per ottenere la Buddità. Il suo comportamento esprime un coraggio assoluto pur mantenendo una profonda umanità.
Ogni volta che il Daishonin incontrava una persecuzione diventava più forte e capace. Questo perché manifestava dentro di sé la forza vitale del Tathagata che mette a repentaglio la propria vita per la Legge.
In una lettera a Shijo Kingo, il Daishonin afferma che il devoto del Sutra del Loto che supera grandi persecuzioni è il Tathagata la cui durata della vita è incommensurabile.

MORINAKA: «Un fuoco brucia più alto quando si aggiungono dei ceppi e un forte vento fa ingrossare il gura. Il pino vive diecimila anni e per questo i suoi rami si piegano e si contorcono. Il devoto del Sutra del Loto è come il fuoco e il gura, mentre le sue persecuzioni sono come i ceppi e il vento. Il devoto del Sutra del Loto è il Tathagata la cui durata della vita è incommensurabile; non c’è da stupirsi che la sua pratica sia ostacolata, proprio come i rami di pino sono piegati o spezzati. D’ora in poi, ricorda sempre le parole: “È difficile mantenere la fede in questo sutra”» (WND, 471 – SND, 4, 154).

IKEDA: A quell’epoca Kingo era in una situazione estremamente difficile: aveva perso i favori del suo signore che aveva minacciato di confiscargli il feudo ed era giunto a chiedersi perché, pur avendo abbracciato la fede, non godesse di pace e tranquillità in questa vita. Quando il Daishonin ne venne a conoscenza, se ne preoccupò moltissimo e scrisse questa lettera per ammonirlo e incoraggiarlo.
Quando pratichiamo il Sutra del Loto, è inevitabile che sorgano persecuzioni. È proprio sopportandole e superandole che possiamo manifestare il “Tathagata, la cui durata della vita è incommensurabile” che è la realtà originale della nostra vita. In tal senso il Daishonin insegna che le persecuzioni sono il carburante per lucidare e temprare la vita nel senso più profondo. Coloro che evitano le difficoltà e l’allenamento certamente non otterranno progressi e crescita personale. È un’eterna verità della pratica buddista di cui il Daishonin era profondamente convinto, in base alla sua stessa esperienza.
Molti dei leader mondiali con i quali ho stretto legami di amicizia hanno sperimentato il carcere, fra cui l’ex presidente del Sud Africa, Nelson Mandela, che vi rimase per diecimila giorni. Tutte queste persone, senza eccezioni, considerano la loro esperienza in prigione una fonte d’orgoglio e di gioia.

SAITO: Oltre a Mandela, abbiamo il presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo, il Premio Nobel per la letteratura Wole Soyinka, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel, Aurelio Peccei del Club di Roma e il presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Havel. Sono tutte persone che hanno sperimentato i rigori del carcere e oggi ripongono fiducia nella Soka Gakkai, i cui primi tre presidenti non si sono fatti spaventare dalla prigionia.

IKEDA: Tutti mi hanno riferito che il carcere ha rafforzato la loro convinzione, anche se capisco che chi non ha vissuto personalmente questa esperienza forse potrebbe non comprendere che cosa significhi.
Soyinka per esempio disse che ciò che aveva perso era stato il tempo e ciò che aveva guadagnato era la convinzione, una convinzione ancor più forte di quella precedente alla sua carcerazione.
Il presidente Obasanjo disse che, anche se la sua salute fisica ne soffrì, il suo spirito non vacillò mai. Non si perse mai d’animo né prese lontanamente in considerazione l’ipotesi di abbandonare la sua battaglia al servizio dell’umanità.
Esquivel dichiarò: «In prigione ho imparato la forza di sopravvivere in condizioni estreme, la forza di resistere. È un tipo di forza mentale e spirituale. In prigione viene negata la libertà fisica ma la mente è libera. La mente non può essere imprigionata».
Anche Peccei si considerava fortunato di aver dovuto sperimentare la reclusione. Ammise di aver sofferto tremendamente ma che quella prova rafforzò le sue convinzioni e narra di aver incontrato amici di cui sapeva di potersi fidare in maniera totale.

MORINAKA: A proposito dell’esilio di Izu è ben nota la figura di Funamori Yasaburo. Quando il Daishonin giunse al porto di Kawana sulla Penisola di Izu e scese dalla barca, era in condizioni fisiche pessime. Secondo una fonte sembra che avesse sofferto il mal di mare a causa del mare in tempesta, anche se non lo sappiamo per certo. In ogni caso le persone che lo avevano trasportato si limitarono ad abbandonarlo sulla spiaggia, incuranti delle sue condizioni. Fu un pescatore locale che lo trovò, lo portò a casa sua e si prese cura di lui. La moglie di Yasaburo fece entrare in casa l’inatteso ospite, offrendogli acqua per lavarsi le mani e i piedi.

IKEDA: Izu era il luogo natale del clan reggente Hojo e dunque probabilmente vi erano molte persone ricettive ai desideri del governo. Le condizioni attorno al Daishonin erano estremamente gravi come egli spiega: «Io ero odiato e disprezzato dal signore e dalla popolazione del luogo più di quanto lo fossi a Kamakura. Chi mi vedeva, mi lanciava sguardi minacciosi, chi sentiva il mio nome, mi insultava» (SND, 4, 255).

SAITO: La più antica biografia esistente, che si basa su cronache dell’epoca del Daishonin, narra che, fingendo di fare un’offerta, un seguace Nembutsu del luogo avesse dato da mangiare al Daishonin funghi velenosi, in un tentativo di ucciderlo che non ebbe successo. Sembra che ci furono molti casi simili di persecuzione, sia aperta che nascosta.

IKEDA: Nonostante la situazione, Yasaburo e sua moglie diedero rifugio al Daishonin e lo protessero «per oltre trenta giorni» (SND, 4, 255) e presero segretamente fede nella Legge mistica.
Quanti fastidi sapevano già di dover subire Yasaburo e la moglie per aver cercato di proteggere una persona ritenuta nemica del Nembutsu! Il Daishonin, nell’esprimere la sua profonda gratitudine, arriva a dire: «Può essere che tu e tua moglie siate reincarnazioni dell’Onorato dal mondo di grande Illuminazione, il signore degli insegnamenti, apparso per aiutare Nichiren» (WND, 36 – SND, 4, 258).
Il significato di quest’ultima espressione è che la vita del Daishonin, che nel superare questa grande persecuzione manifestava il mondo di Buddità, ha evocato come funzioni protettrici Yasaburo e sua moglie. Questo è un esempio del principio buddista secondo il quale quando la natura di Budda si manifesta dall’interno, riceverà protezione dall’esterno[ref]«La natura di Budda che si manifesta dall’interno dà come risultato protezione dall’esterno» è una frase dell’Hokke Mongu Ki di Miao-lo. «La natura di Budda che si manifesta dall’interno» significa il potere di manifestare la natura di Budda, o verità, che esiste nella vita. «Dà come risultato protezione dall’esterno» descrive la funzione di proteggere e aiutare coloro le cui vite sono offuscate dalle illusioni.[/ref] (vedi SND, 4, 172).

MORINAKA: In occasione dell’esilio di Izu, il Daishonin pregò anche per Ito Sukemitsu, l’amministratore del distretto di Ito, sulla penisola di Izu, affinché guarisse dalla sua malattia. Secondo le cronache egli subordinò questa preghiera al fatto che il funzionario decidesse di convertirsi al Sutra del Loto.
L’effetto delle sue preghiere fu la guarigione di Sukemitsu che inviò al discepolo del Daishonin, Myosho-bo, un giuramento scritto in cui rinnegava il Nembutsu e ogni altra setta. L’anno seguente Sukemitsu ritornò al servizio del governo.

SAITO: A quel tempo, in segno di gratitudine per la sua guarigione, Sukemitsu offrì al Daishonin una statua di Shakyamuni che era stata recuperata dall’oceano. Il Daishonin la tenne con sé fino alla fine dei suoi giorni e, dopo la sua morte, diede istruzioni affinché fosse collocata nella sua tomba a Minobu.

IKEDA: Questa statua simboleggia la prova concreta del Daishonin che “affrontare persecuzioni è di per sé ottenere la Buddità”. Ed è altrettanto vero che i comuni mortali dell’Ultimo giorno possono sicuramente raggiungere la Buddità sopportando tenacemente le persecuzioni per amore del Sutra del Loto. Il Daishonin conservò come un tesoro la statua di Shakyamuni come prova del principio che una persona comune può raggiungere la Buddità.
Per lui comunque la statua non aveva altro che un valore simbolico e non significava certo che fosse l’oggetto di culto per le persone dell’Ultimo giorno. Nei suoi insegnamenti l’oggetto di culto è sempre la Legge mistica, che non è altro che il Gohonzon nel quale Nichiren Daishonin, che aveva ottenuto una condizione di unicità con la Legge mistica, espresse il mondo di Buddità presente nella sua stessa vita.
È un punto che fu spiegato chiaramente dal successore del Daishonin, Nikko Shonin.

SAITO: La statua di Shakyamuni conservata presso la tomba del Daishonin fu asportata da Kamakura da Nichiro, uno dei cinque preti anziani, che agì di propria iniziativa.
Così Niko, un altro dei cinque preti anziani fece una petizione al signore della regione Hakiri Sanenaga per avere un’altra statua che la sostituisse.
Ma Nikko Shonin lo criticò severamente sostenendo che creare un’immagine di Shakyamuni avrebbe creato confusione rispetto all’oggetto di culto. E ribadì che la vera intenzione del Daishonin era che si considerasse come oggetto di culto il mandala che lui stesso aveva iscritto[ref]Nikko Shonin scrive: «L’oggetto di culto iscritto su carta è il grande mandala che non fu mai rivelato durante i duemila anni del Primo e Medio giorno della Legge. In quest’epoca il signore provvisorio degli insegnamenti [Shakyamuni] non porta benefici» (GZ, 1614).[/ref].

MORINAKA: Quando il Daishonin ricevette la richiesta di pregare per la guarigione di Ito Sukemitsu, si trasferì a Ito per vivere nei pressi della residenza del signore. Si unirono a lui Myosho-bo, che abbiamo appena citato, e altri discepoli.
Naturalmente anche Nikko Shonin accompagnò il Daishonin e si narra che ne diffuse l’insegnamento presso i vicini facendo aumentare il numero dei credenti del luogo.

IKEDA: Anche nelle circostanze più avverse il Daishonin riuscì sempre ad aprirsi una strada per avanzare. Non si ritirò mai ma continuò ad andare avanti, avanti e ancora avanti.
Il suo vero discepolo, facendo proprio lo spirito del maestro ne continuò la battaglia, accrescendone la portata. Nikko Shonin si recò personalmente dagli avversari più tenaci, rivolgendosi a loro uno per uno, praticando shakubuku e facendo concretamente progredire la diffusione della Legge.
Forse fu proprio perché si era impegnato in simili imprese che il Daishonin aveva di Nikko una fiducia così profonda e in seguito gli affidò completamente il suo insegnamento.

MORINAKA: Sukemitsu invece, nonostante fosse sfuggito alla morte[ref]«Ito Hachirozaemon [Sukemitsu], ora signore di Shirano, era praticamente morto. Ma grazie alle mie preghiere guarì e inviò a Myosho-bo una lettera in cui rinnegava il Nembutsu e le altre scuole. Tuttavia alla fine tornò a essere un credente Nembutsu e poi un insegnante Shingon e cadde nell’inferno di incessante sofferenza» (GZ, 1225).[/ref] grazie alle preghiere del Daishonin, in seguito non tenne fede al suo giuramento e finì con l’abbandonare la fede e tornare a praticare il Nembutsu e a svolgere rituali Shingon a suo beneficio. Si narra che morì fra atroci sofferenze poco prima del 1276.

SAITO: Il 22 febbraio 1263 infine il Daishonin fu perdonato e ritornò a Kamakura. Sembra che fu determinante l’opinione di Hojo Tokiyori il quale appurò che, fin dall’inizio, il Daishonin non aveva commesso alcun crimine[ref]«Quando le acque si calmarono, egli [Tokiyori] si vergognò perché io non avevo commesso alcun crimine. Così dopo poco concesse il perdono» (GZ, 355). «Il prete laico del Saimyo-ji [Tokiyori], pensando di dimostrare considerazione, mi perdonò velocemente» (GZ, 1294) e «Quando il prete laico del Saimyo-ji, ora defunto, e l’attuale governante scoprirono che non ero colpevole delle accuse mosse contro di me, mi concessero di ritornare dai miei esili» (WND, 997 – SND, 4, 188).[/ref].

MORINAKA: Ma Tokiyori morì nel novembre di quell’anno e, nel maggio 1264, morì Hojo Tomonao che era stato il capo del braccio giudiziario del governo, mentre in agosto morì, all’età di trentacinque anni, il reggente Nagatoki. Così l’anziano Masamura diventò reggente e il quattordicenne Tokimune suo cofirmatario.
Poco prima, il 5 di luglio, era apparsa una grande cometa, che allarmò la popolazione che riteneva le comete un presagio di qualche importante evento. Spesso il Daishonin menziona la “grande cometa dell’era Bun’ei” collocandola nella stessa categoria del “grande terremoto dell’era Shoka”[ref]Un importante terremoto che devastò la regione di Kamakura il 23 agosto 1257, provocando enormi danni. A quel tempo il Daishonin analizzò tutti i sutra meditando sulle ragioni per cui tale disastro si era verificato e infine espose le sue conclusioni nel Rissho ankoku ron.[/ref]. Fu un’epoca in cui sia l’ambito politico che quello secolare erano caratterizzati da violenti sommovimenti.

SAITO: Le persecuzioni che abbiamo studiato fino a questo punto, alla luce dei dati attualmente in nostro possesso, e cioè la cacciata dal Seicho-ji, la persecuzione di Matsubagayatsu e l’esilio di Izu, attestano la comparsa del primo potente nemico nel primo caso e del secondo potente nemico nel secondo mentre i complotti che ebbero luogo in occasione dell’esilio di Izu rappresentano i primi segnali dell’apparizione del terzo potente nemico.
Nel prossimo dialogo esamineremo la persecuzione di Komatsubara, quella di Tatsunokuchi e l’esilio di Sado. In queste ultime persecuzioni il terzo potente nemico si manifesta completamente sotto forma del prete Ryokan[ref]Ryokan (1217-1303): prete della scuola Shingon-Ritsu, detto anche Ryokan-bo Ninsho. Divenne priore del Gokuraku-ji nel 1267. Durante la siccità del 1271 sfidò Nichiren Daishonin in una preghiera per la pioggia e fu sconfitto. Da allora tramò in modo da far diffondere false accuse sul conto del Daishonin, le quali furono un elemento determinante che condusse alla persecuzione di Tatsunokuchi e all’esilio di Sado.[/ref] del tempio Gokuraku-ji. Fu allora che il Daishonin incontrò la “persecuzione con la spada” nella quale rischiò di perdere la vita.

IKEDA: Le persecuzioni si facevano sempre più spietate ma il Daishonin superò con calma in ogni occasione i nemici e gli ostacoli che sorgevano per contrastarlo.
Dopo aver esaminato le persecuzioni che il Daishonin incontrò sulla sua strada, il brano de L’apertura degli occhi «come le montagne si sovrappongono alle montagne e le onde seguono le onde, così le persecuzioni si aggiungono alle persecuzioni e le critiche si aggiungono alle critiche» (SND, 1, 113) diventa ancor più significativo.

MORINAKA: In Dono di un veste sfoderata (GZ, 1514-15), scritto nel 1275, il Daishonin ripensa a tutte le persecuzioni subite dal momento dell’istituzione della sua dottrina.
«In questi vent’anni e più, non ho mai conosciuto un’ora né un momento di pace. Persino Minamoto no Yoritomo, nella sua settennale battaglia con il clan Taira, deve sicuramente aver avuto qualche momento di tregua. Di certo la mia battaglia supera anche quella di Minamoto no Yoriyoshi, che combatté dodici anni per porre fine alla rivolta Mutsu» (GZ, 1514).
Ricordo che lei una volta definì gli sforzi del Daishonin «una grande battaglia per la rivoluzione spirituale più intensa di qualsiasi altra battaglia».

IKEDA: In mezzo al susseguirsi di enormi persecuzioni, lo spirito del Daishonin continuava a risplendere come il sole e la sua condizione vitale era immensa e vasta come l’oceano. Anche se la superficie è agitata da onde furiose, nelle profondità l’oceano è sempre sereno. Non è possibile turbarlo.
Il Daishonin ottenne questa vasta condizione vitale avendo profonda fiducia nella verità che tutte le persone potevano raggiungere la Buddità, nutrendo il grande desiderio dell’Illuminazione per tutte le persone dell’Ultimo giorno e manifestando il cuore del re leone, assolutamente indomito di fronte a qualsiasi funzione negativa.
Ne La pratica dell’insegnamento del Budda, che scrisse durante l’esilio di Sado, il Daishonin descrive le sue battaglie contro le funzioni demoniache come qualcosa di veramente gioioso.

MORINAKA: Penso che si riferisca al brano: «Questo è un tempo davvero maledetto per vivere in questa terra! Comunque il Budda mi ha comandato di nascere in questa epoca e sarebbe impossibile per me non obbedire al mandato del Re della Legge. Così come insegna il sutra ho scatenato la battaglia fra gli insegnamenti provvisori e quelli veri. Indossando l’armatura della perseveranza e impugnando la spada del mistico insegnamento, ho innalzato il vessillo dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo, il cuore degli otto volumi completi del Sutra del Loto. Quindi, tendendo l’arco della dichiarazione del Budda “non ho ancora rivelato la verità” e scoccando la freccia di “mettere da parte onestamente gli insegnamenti provvisori” sono salito sul carro trainato dal grande bue bianco e ho abbattuto i cancelli degli insegnamenti provvisori. Attaccando prima una scuola e poi l’altra, ho confutato gli avversari delle otto e delle dieci scuole fra cui Nembutsu, Shingon, Zen, Ritsu. Alcuni sono fuggiti precipitosamente, mentre altri si sono ritirati e altri ancora sono stati catturati, diventando miei discepoli. Continuo a respingere i loro attacchi e a sconfiggerli, ma ci sono legioni di nemici che si oppongono all’unico re della Legge e a quel piccolo gruppo che lo segue. Così, la battaglia continua ancora oggi.
«“La pratica del Sutra del Loto è shakubuku, la confutazione delle dottrine provvisorie”. In perfetto accordo con questa aurea frase, tutti i credenti delle sette e degli insegnamenti provvisori, dal primo all’ultimo, alla fine saranno sconfitti e si uniranno ai seguaci del re della Legge.
«Verrà il tempo in cui tutte le persone abbandoneranno i vari tipi di veicoli per convertirsi all’unico veicolo della Buddità e solo la Legge mistica fiorirà in tutto il paese. Quando tutte le persone reciteranno Nam-myoho-renge-kyo, il vento non spezzerà i rami o le fronde, né la pioggia cadrà così forte da rompere una zolla. Il mondo diverrà come era ai tempi di Fu Hsi e Shen Nung. Nella loro presente esistenza le persone saranno libere dalla sfortuna e dai disastri e impareranno l’arte di vivere a lungo. Verrà il tempo in cui sarà rivelata la verità che per la Persona e per la Legge non c’è vecchiaia né morte. Non ci può essere il minimo dubbio sulla promessa del sutra di “pace e sicurezza nell’esistenza presente”» (WND, 392 – SND, 4, 11-12).

IKEDA: Il Daishonin era profondamente convinto che la vera pace e sicurezza risiede soltanto nel combattere e sconfiggere i demoni e ne diede prova concreta attraverso il suo stesso esempio. Per questo era felice mentre lottava.
Per condurre le persone alla felicità il Daishonin diede inizio a una battaglia per sconfiggere la natura demoniaca che proliferava intorno a lui. Questa era la “battaglia fra gli insegnamenti provvisori e quelli veri”. Gli insegnamenti provvisori, intesi come stadi preparatori al vero insegnamento, erano stati trasformati dai preti in dottrine errate che venivano utilizzate per ostacolare il vero insegnamento.
Il Daishonin non subì passivamente le persecuzioni, bensì fu lui stesso a dare inizio alla battaglia. Era una rivoluzione religiosa, condotta sotto il “vessillo dei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo”, il cuore del sutra del Loto. E come indica la frase “la battaglia prosegue ancora oggi” egli continuò a combattere senza tregua per più di vent’anni. Chi continua a battersi così è un Budda. Il Budda si sforza incessantemente di proteggere le persone e costruire la loro felicità.

SAITO: Quando il Daishonin afferma della sua nascita nella malvagia epoca dell’Ultimo giorno della Legge: «Questo è un tempo davvero maledetto per vivere in questa terra!» non va interpretato come un lamento. Anzi, queste parole esprimono la sua determinazione a combattere attivamente i mali della sua epoca e a vincerli a tutti i costi, basata sulla ferma decisione di dedicare la vita alla grande missione di kosen-rufu nell’Ultimo giorno.

IKEDA: Esatto. Il Daishonin considerava una gioia combattere nell’epoca malvagia dell’Ultimo giorno perché pace e sicurezza in questa vita e il raggiungimento della Buddità si ottengono solo così e, se portiamo fino in fondo la nostra impresa, la nostra “pace e sicurezza” sarà evidente a tutti. Possiamo creare un mondo in cui «il vento non spezzerà i rami o le fronde, né la pioggia cadrà così forte da rompere una zolla». Un’epoca senza precedenti che non conoscerà vecchiaia né morte, nel senso che il potere della Legge mistica, quando viene risvegliato in ogni singolo essere umano e nella società, permette di creare un mondo di vera felicità e pace che non è influenzato dalle sofferenze della vecchiaia e della morte.
Pace e sicurezza non signficano condurre un’esistenza tranquilla e priva di scossoni, bensì stabilire una condizione vitale che niente può turbare. Allora siamo sempre in uno stato di pace e benessere. Chiunque può far propria questa condizione vitale lottando con una forte fede.
Perciò il Daishonin afferma: «Il fatto di incontrare ostacoli dovrebbe esser considerato la vera pace e benessere» (GZ, 750). Quando sorgono le difficoltà, quella è la nostra opportunità per conseguire la Buddità.

SAITO: I primi tre presidenti della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e lei, presidente Ikeda, hanno seguito l’esempio del Daishonin nell’epoca attuale; portando avanti lo spirito dei primi tre presidenti possiamo avanzare con fiducia sul sentiero che conduce al raggiungimento della Buddità. È veramente una causa di felicità.

IKEDA: Il Daishonin si comportò sempre da persona comune e, come una persona comune, lottò contro le avversità rivelando così la strada per raggiungere la Buddità. Il suo esempio nel riuscire a superare molte difficoltà non è altro che la prova della grandezza dell’essere umano.
Superando grandi persecuzioni egli incarnò il principio che “le persecuzioni sono uguali al raggiungimento della Buddità”, dimostrando concretamente come una persona comune diventa un Budda, che è la massima vittoria umana.
Perciò il Daishonin esortava i suoi discepoli a seguire la sua stessa strada dicendo: «Così ha fatto Nichiren» (SND, 4, 75); «Io Nichiren, per primo…» (SND, 4, 42); «Coloro che diventano discepoli di Nichiren […] devono […] propagare il Sutra del Loto con lo stesso spirito» (SND, 4, 36-37) e «Miei discepoli, serrate le fila e seguitemi e sarete superiori a Mahakashyapa o Ananda, a T’ien-t’ai o Dengyo! Se tremate di fronte alle minacce dei padroni di queste isolette e abbandonate la fede, come potrete affrontare la ben più terribile collera di Emma, re dell’Inferno?» (SND, 4, 43).
Raccogliete tutto il vostro coraggio e avanzate sulla mia stessa strada. Così facendo raggiungerete sicuramente la Buddità. Questa è la solenne promessa del Budda dell’Ultimo giorno della Legge.

(continua)

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