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E i nodi si sciolgono - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

7 dicembre 2025 Ore 16:35

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E i nodi si sciolgono

Laura Piano, Fiano (TO)

Non volevo più nascondere i dolori della mia vita sotto il tappeto, ma utilizzarli. Con il Daimoku i nodi, anche quelli più stretti e difficili, si sciolsero e presi tra le braccia finalmente la mia vita. Da quel momento in poi iniziai a recitare sentendomi libera, senza essere “dipendente” dal mio obiettivo, senza ossessioni, certa che tutto sarebbe cambiato

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Non volevo più nascondere i dolori della mia vita sotto il tappeto, ma utilizzarli. Con il Daimoku i nodi, anche quelli più stretti e difficili, si sciolsero e presi tra le braccia finalmente la mia vita. Da quel momento in poi iniziai a recitare sentendomi libera, senza essere “dipendente” dal mio obiettivo, senza ossessioni, certa che tutto sarebbe cambiato

Se dovessi raccontare cosa sto imparando in questa vita direi: «A essere ­felice».
Ho iniziato a praticare nel 2002 spinta dalla sofferenza che vivevo nel mio matrimonio, nel quale si prospettava l’imminente separazione. Proprio il Daimoku mi ha permesso di rinsaldare il legame con mio marito Franco e da quel momento la crisi matrimoniale fu superata.
Nel 2004 ho ricevuto il Gohonzon e dopo pochi mesi ho accettato la responsabilità di gruppo. La mia pratica è sempre stata costante e, mattoncino dopo mattoncino, ho incastrato ogni aspetto della mia vita nella posizione giusta. In primo luogo sono riuscita ad accettare quella malattia che le mie dipendenze del passato mi avevano lasciato, vivendo per sei anni senza bisogno di farmaci salvavita; avevo vinto nel lavoro, realizzando il sogno di essere un’agente di viaggio, diventando responsabile di un’agenzia. Ma soprattutto ho sciolto, e risolto definitivamente, il dolore che mi trascinavo da anni per la morte di mia mamma, avvenuta quando io avevo solo quindici anni, e che ha sempre condizionato la mia vita.
Dopo sei anni di pratica pensavo davvero di aver fatto un buon pezzo della mia rivoluzione umana e mi sentivo anche appagata!
Ma in una notte del giugno 2008, in un attimo, la mia vita cambiò radicalmente. Alle due del mattino mi chiamarono i carabinieri per dirmi che mio marito aveva avuto un incidente stradale gravissimo, di correre in ospedale. La mia vita stava sprofondando in un incubo.
La diagnosi è stata subito molto chiara e devastante: Franco aveva una lesione midollare alle vertebre C4 e C7, con conseguente paralisi totale dal collo in giù. Tuttavia la lesione non era completa e avevamo ancora sei mesi per vedere se il suo corpo avesse inviato qualche segnale di ripresa.
Ho iniziato a recitare Daimoku con una sofferenza devastante e, pensando a cosa avrebbe fatto il presidente Ikeda al mio posto, mi sono affidata totalmente al Gohonzon, decisa ad affrontare tutto usando al cento per cento la strategia del Sutra del Loto. Recitavo assiduamente ore di Daimoku e studiavo nella sua stanza di ospedale. Grazie agli incoraggiamenti ricevuti da una responsabile ho capito che dovevo cambiare la direzione della mia preghiera: non verso mio marito e la sua guarigione, ma verso la mia vita, perché in essa c’era anche lui. Pian piano abbiamo ottenuto grandi benefici: Franco ha ripreso molte funzioni, tanto che, dalla fase iniziale di vegetale, la sua vita diventò abbastanza autonoma, anche se su una sedia a rotelle. Riuscì anche a fare qualche passo! Avevo sentito di aver vinto.
A gennaio 2013 siamo venuti a conoscenza di un’innovativa carrozzina elettrica su sistema segway, modello “Genny”. Averla avrebbe cambiato la qualità della nostra vita, permettendoci di riconquistare quell’autonomia e libertà che avevamo perduto cinque anni prima. Questo prodigio della tecnologia aveva però un costo per noi elevatissimo: diciassettemila euro. Decisi di includere la “Genny” tra i miei obiettivi da realizzare nel nuovo anno, scegliendo di meritare una vita migliore. La carrozzina sarebbe entrata nella nostra casa.
Ad aprile, durante una vacanza, conoscemmo una persona benestante, una sorta di sceicco, che, mosso da compassione nei nostri confronti, si offrì di aiutarci a comprare la “Genny”. Credetti di aver rea­lizzato il mio obiettivo, pensai che davvero tutto era possibile, e vissi per molti giorni come in estasi, felice di aver vinto così, senza fatica. Tutto però si frantumò in un batter d’occhio: i soldi promessi non arrivarono e io caddi in uno stato di depressione, sconforto e delusione. Capii subito, però, che questa era una funzione del Gohonzon, che la mia sofferenza aveva sicuramente un senso e stava a me capirlo. Per questo aumentai il Daimoku, intensificai l’attività e lo studio. Più stavo male e più recitavo, cercando di espandere la mia vita e incoraggiando i miei compagni di fede con grandissimo sforzo. Solo in quei momenti riuscivo ad arrestare, anche se per poco, il mio dolore devastante.
In questo periodo intensissimo mi resi conto che avrei dovuto fare un ulteriore passo avanti nella mia vita, al di là della “Genny” e che, se la desideravo veramente, essa sarebbe arrivata nella nostra vita: non esisteva una sola soluzione cioè lo sceicco che ci avrebbe regalato i soldi senza sforzo e dentro di me ne avrei potute trovare tremila. L’importante era determinare.
A giugno partii con un nuovo spirito perché la risposta negativa dello sceicco aveva fatto sì che da dentro di me emergesse una nuova e profondissima determinazione. Recitai con costanza due o tre ore di Daimoku ogni giorno, decisi di fare sempre più attività per sostenere i miei compagni di fede, e mi resi conto che qualcosa iniziava a sciogliersi: sentivo di poter abbracciare la mia vita e il mio dolore, così come ero riuscita a fare con la morte di mia mamma all’inizio della pratica; che avevo trattenuto le lacrime per troppo tempo, non permettendomi la disperazione solo perché dovevo essere la forza trainante della famiglia. Per la prima volta decisi di abbandonarmi al dolore, di sentirlo scorrere dentro di me fino in fondo per accettare poi completamente questo ennesimo trauma. Piansi per settimane, tirando fuori quelle lacrime che per cinque anni non mi ero mai permessa. Non volevo più nascondere i dolori della mia vita sotto il tappeto, ma utilizzarli. Con il Daimoku i nodi, anche quelli più stretti e difficili, si sciolsero e presi tra le braccia finalmente la mia vita.
Da quel momento in poi iniziai a recitare sentendomi libera, senza essere “dipendente” dal mio obiettivo, senza ossessioni, certa che tutto sarebbe cambiato. Mi resi conto che se la “Genny” fosse arrivata prima, niente in me sarebbe cambiato, che il non averla era stata in realtà una funzione protettiva fondamentale per la mia rivoluzione umana. Nei giorni ero sostenuta da queste parole incontrate su una delle nostre riviste: «Ogni persona ha delle capacità e può ottenere molte cose senza praticare, ma noi preghiamo soprattutto per colmare la distanza tra il possibile e l’impossibile, per superare uno scoglio apparentemente insormontabile. È una sfida per superare il nostro limite» (BS, 159, 21).
Determinai con un Daimoku che non lasciava spazio ai dubbi e pieno di fede perché, come scrive il Daishonin: «Una spada sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare. La potente spada del Sutra del Loto deve essere brandita da un coraggioso nella fede» (RSND, 1, 365).
Accanto al mio obiettivo impossibile di acquistare la “Genny”, aggiunsi quello di trovare la cifra necessaria entro il 18 novembre 2013.
Nei tre mesi rimanenti prima della data stabilita ho recitato e agito con coerenza verso il mio scopo, e anche l’ambiente si è armonizzato: su consiglio di una mia cugina americana attivai sul web una raccolta fondi che riscosse molto successo, un vero e proprio tam-tam informatico; ad agosto la ASL ci sovvenzionò una parte della cifra (evento molto raro soprattutto in questo periodo); mi contattò addirittura l’associazione di Dario Fo e Franca Rame, che pubblicarono il mio link sulla loro pagina web. A ottobre, quando tutto sembrava in stallo, un nostro carissimo amico ci bonificò la parte che ci mancava per arrivare ai diciassettemila euro. Il 22 ottobre raccogliemmo la cifra totale senza dover aggiungere nulla di tasca nostra. A tutto questo si è aggiunto il beneficio di una terapia psicologica gratuita per Franco, dandogli così modo di compiere, anche lui, quel lavoro di guarigione dentro la sua vita.
Vorrei lasciarvi con le parole del presidente Ikeda che, in tutti questi anni fatti di sconforto e lotte, mi hanno aiutato a non mollare neanche per un attimo: «Sono pochissimi coloro che riescono a concretizzare i propri sogni. Quando i venti contrari delle difficoltà cominciano a sferzarli, molti cadono a picco con la stessa rapidità di una barca che fa acqua. Solo continuando a perseguire un sogno fino alla fine, anche di fronte alle difficoltà, quel sogno potrà realizzarsi, proprio come un fiore sboccia dopo aver sopportato il rigido freddo invernale: un sogno potrà avverarsi solo se si è preparati a sopportare i tormenti che ne accompagneranno la realizzazione e a compiere tutti gli sforzi necessari» (NRU, 8, 39).

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