Perdere una figlia all’ottavo mese di gravidanza, sentirla spegnersi dentro di te, piano piano, senza poter fare nulla è un dolore lancinante, che ti spezza il cuore e lo stomaco, che annulla tutto il tuo essere mentre ti chiedi: «Perché proprio a me?». E poi il parto: difficile, insostenibile dolore fisico, tanto dolore, fino a che non ce la fai più, credi di morire e ti addormenti. Arriva all’improvviso il risveglio, senza la pancia, il ventre è piatto, vuoto e tu stai male, tanto male.
Segue il ritorno a casa; apparentemente tutto ricomincia come prima, ma c’è una differenza: la vita, che prima scorreva nel tuo corpo ora ti è estranea. È come un film, la guardi e basta, ti scorre addosso come l’acqua della doccia. Poi, per fortuna, incontri un’amica che ti parla di una pratica buddista e di una strana frase, Nam-myoho-renge-kyo, da ripetere ogni giorno quando vuoi e per quanto tempo vuoi. «È il nome della vita, la Legge che regola il ritmo di nascita e morte in tutto l’universo, se la chiami la tua sfortuna si trasformerà in fortuna», ti dice. Tu, che non hai niente da perdere ci provi, anche se ti senti un po’ scema a ripetere quella strana frase seduta davanti a un muro. È incredibile! Dopo qualche giorno senti la vita che scorre di nuovo dentro di te, guardi le montagne, i prati, il cielo e li vedi di nuovo colorati, tutto ti sembra bello e degno di essere vissuto.
Gli anni si susseguono, uno dopo l’altro, i benefici della pratica buddista li accompagnano; sicuramente vivere è molto più piacevole, il coraggio e la determinazione che scaturiscono da dentro di te nell’affrontare i problemi che s’incontrano sono veramente immensi, ed è questo nuovo atteggiamento nei confronti della vita che ti fa trasformare la sofferenza in una grande fortuna. Nonostante tutto però, senti che qualcosa disturba ancora la tua mente, è un malessere sottile che condiziona le tue azioni, che non ti fa sentire completamente appagata, qualsiasi cosa fai, anche la più bella e non capisci bene cosa sia. Cresce, diventa sempre più forte, rabbia e rancore lo accompagnano, a volte distruggeresti l’intero universo! Di contro c’e il Buddismo che insegna rispetto e gratitudine verso ogni essere vivente perché la Legge di Nam-myoho-renge-kyo è dentro ogni forma di vita, sta a noi tirarla fuori aiutando più persone possibile a fare altrettanto e quindi a diventare felici. Qualcosa non torna, bisogna fare chiarezza. Chiedi alla tua vita di capire, preghi, preghi ma la rabbia e il rancore crescono e la sofferenza che provocano è troppa. Basta! La preghiera diventa più forte: ho detto basta!
«Recitare Myoho-renge-kyo con la consapevolezza che non esiste alcuna differenza fra Shakyamuni che ottenne l’Illuminazione nel lontano passato, il Sutra del Loto che è la strada dell’Illuminazione di tutti gli esseri e noi comuni mortali, significa ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Questo è essenziale per i discepoli, preti e laici, di Nichiren: questo è il significato di abbracciare il Sutra del Loto» (L’eredità della legge fondamentale, NR, 343, 16). Poi una sorta di “illuminazione” scaccia le nubi. Questa frase di Gosho e la sua spiegazione aprono la mia vita. Come dice l’autore di quell’articolo, Massimo Priolo, che non conosco e che ringrazio dal profondo del cuore, comprendere razionalmente questa frase è tutto sommato semplice, iniziare a metterla in pratica, iniziare il cammino, ricercare la consapevolezza che in questo momento, in qualsiasi momento siamo dei Budda è tutt’altra faccenda.
Grazie a questa frase e a questo articolo, compare da dentro una strana idea: «Non sono stata io la causa della morte della mia bambina». È come uno schiaffo forte sul viso; sono passati diciotto anni e credevo di averla risolta, di averla superata quella brutta esperienza. Forse sì, forse avevo superato il dolore di perdere una figlia, anche la paura lasciata da un parto difficile, del resto ho avuto un altro figlio dopo, ma il senso di colpa non lo avevo superato. Mi ero sentita responsabile della sua morte: questa sensazione era rimasta attaccata alla mia vita come un demone vorace che aveva succhiato la mia linfa vitale. Disprezzo per me stessa, desiderio del peggio, come fosse una sorta di punizione perché non mi meritavo nulla; tutto questo, in maniera molto subdola mi ha condizionato facendomi sentire come un uccello a cui hanno tarpato le ali, che, per quanto starnazzi non riesce a spiccare il volo. Ma il Buddismo insegna che la vita è una lotta continua tra il bene e il male, tra l’oscurità e l’Illuminazione: l’importante è non smettere mai di lottare, solo così è possibile trasformare i nostri limiti nella più totale realizzazione dei nostri desideri. Rancore e rabbia sono spariti e una meravigliosa sensazione di pace e serenità permeano ora le mie giornate, le mie ali stanno ricrescendo… tra un po’ potrò spiccare il volo.
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