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Domanda e risposta in rete - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:47

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Domanda e risposta in rete

Per posta elettronica abbiamo sottoposto alcuni temi a Mario, grafico, a due redattrici (Marina e Gianna) e all’attuale direttore responsabile di Buddismo e Società (Maria Lucia). Presentiamo le loro riflessioni raccolte per argomento, sul peso che questa attività ha avuto e ha nelle loro vite, sulle difficoltà e le sorprese incontrate e sulle aspettative per il domani

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Per posta elettronica abbiamo sottoposto alcuni temi a Mario, grafico, a due redattrici (Marina e Gianna) e all’attuale direttore responsabile di Buddismo e Società (Maria Lucia). Presentiamo le loro riflessioni raccolte per argomento, sul peso che questa attività ha avuto e ha nelle loro vite, sulle difficoltà e le sorprese incontrate e sulle aspettative per il domani

L’inizio della collaborazione

GIANNA MAZZINI: Nel 1990 venni chiamata a collaborare dall’allora direttore Roberto Minganti. Ero principiante, con poca consapevolezza buddista. Mi portai a casa una decina di numeri del DuemilaUno. Li lessi, li sottolineai e li rilessi poi tornai da lui e gli dissi che no, non potevo collaborare perche c’erano, nella rivista, troppe cose nelle quali non mi riconoscevo. Roberto mi disse: se questa rivista non ti piace vieni e cambiala. Fu uno shock. Vitale.

MARIA LUCIA DE LUCA: La mia attività di redazione è cominciata nel 1987, quando si era un unico gruppo che faceva tutto, sia per Il Nuovo Rinascimento che per DuemilaUno. Mi sono stupita del fatto che mi avessero coinvolto in questo tipo di attività: avevo smesso di scrivere a diciott’anni, ero una giovane laureata in fisica, cosa c’entravo con un giornale? Poi, nel tempo, mi sono ricordata che, quando da piccola vedevo i miei genitori, entrambi giornalisti, sfogliare i quotidiani ogni mattina, pensavo che anche io da grande avrei fatto quel mestiere. E che mi sarei occupata, in particolare, degli approfondimenti, dei cosiddetti articoli della terza pagina. Come dire: il karma non è acqua…

MARINA MARRAZZI: Era il 1993. Allora facevo attività in segreteria, praticavo da tre anni e lavoravo come redattrice in una rivista scientifica. Lodovico Prola (allora caporedattore di DuemilaUno) un pomeriggio mi propose di entrare nell’allora DuemilaUno. Io ero titubante: fare attività occupandomi di qualcosa che facevo come lavoro dalla mattina alla sera mi sembrava molto poco… romantico, e glielo dissi. Lui mi guardò un po’ interdetto e aggiunse: pensaci, tenendo conto che è un’attività a livello nazionale, che prevede riunioni con redazioni di ogni parte d’Italia. Non so se è stato per questo, ma pochi giorni dopo gli ho detto di sì e da allora non ho avuto più dubbi sulla mia scelta.

MARIO BECAGLI: Ho iniziato a praticare nel settembre 1985. Nella primavera del 1986 l’allora direttore Kaneda, avendo saputo che io ero grafico, mi chiese se mi interessava fare un progetto per una nuova rivista dell’associazione buddista. Accettai con entusiasmo e presentai un progetto di copertina con il fondo nero. Kaneda mi spiegò che probabilmente al presidente Ikeda non sarebbe piaciuta una copertina nera, così la modificai scegliendo il blu (nella foto in alto). Da allora è partito questo lungo viaggio che dura ancora oggi.

L’ambiente di allora

MARIO: Intorno alla nascita della rivista c’era molto fermento e molta voglia di fare. Eravamo i primi in Europa a fare una pubblicazione di questo tipo e quindi l’orgoglio straripava da tutti noi.

MARINA: Un gruppo molto affiatato, dove si discuteva a lungo e in modo profondo e sincero su tutto. Ricordo la sensazione, un giorno, di essere passata direttamente da una riunione di redazione (lavoro) a un’altra riunione di redazione (attività). L’atmosfera di rispetto e di gioia che caratterizzava la seconda mi commosse.

MARIA LUCIA: C’era la casa di Roberto Terzani (non c’era ancora il Centro a Roma), un computer Olivetti M24, un gruppettino di persone con un’estrema buona volontà, pochissima esperienza, tanto Daimoku e un rapporto meraviglioso tra di loro.

La sfida più difficile

GIANNA: La sfida iniziale (che non finisce mai): imparare a trasformare lo spirito critico con l’impegno in prima persona.

MARIA LUCIA: Riuscire a ritrovare l’entusiasmo e la creatività quando ci si sente meno protagonisti e quando forse le idee non sono tanto chiare. Un’altra sfida difficile: scrivere un articolo di dieci pagine sulla morte (era il 1996), quando per me, che avevo cominciato a praticare proprio in seguito alla morte dei miei genitori, questo argomento era quasi un tabù.

Il cuore di questa attività

GIANNA: Consiste nel non dimenticare mai che quello che fa la qualità della rivista non sta solo nel modo in cui è fatta (pensata, scritta, impaginata) ma anche e soprattutto nella qualità delle relazioni di chi la fa.

MARIA LUCIA: Sta nel nome del giornale: Buddismo e società. Perché ti spinge a sforzarti di vivere da buddista cioè, come dice Nichiren, a sviluppare la tua umanità. Nell’apertura e nel rispetto verso ogni tipo di opinione, nella discussione degli argomenti fino a quando non si è veramente giunti al nucleo essenziale, nella possibilità di cambiare tutto fino all’ultimo secondo.

MARINA: Si trova nel mettere insieme competenze e passioni diverse per scrivere di Buddismo con l’unico desiderio di fare più felice la vita delle persone che leggono il giornale.

Il giudizio sulla rivista oggi, dopo venti anni di attività

MARINA: Penso con orgoglio al fatto che la rivista compie vent’anni. Nel tempo è cambiata, siamo cambiati noi, è cambiata la Soka Gakkai. Credo che oggi siamo più attenti alle esigenze dei membri lettori, e questo è un bene. Credo che la fisionomia della rivista sia in rapida evoluzione, e che debba ancora trovare una sua compiutezza e maturità. Credo anche (personalmente) che la rivista dovrebbe aspirare a essere apprezzata anche da un pubblico più vasto di non praticanti, che attraverso di essa sia possibile capire cosa vuol dire avere uno sguardo da buddista sulle cose del mondo.

GIANNA: La vedo più adulta e capace di parlare con tanti tipi di persone diverse. Più armoniosa nella relazione fra il contenuto e la forma, fra ciò che si dice e il modo in cui lo si dice.

Chiusure notturne o mattutine del giornale

GIANNA: Le tre di notte, non per chiudere il giornale ma per costruirlo. Successe per parecchie notti di seguito: c’era il piacere di parlare e confrontarsi con le persone con le quali facevo attività. Discutere del senso della rivista, di quello che accadeva nel mondo, di noi. Era il ’93.

MARINA: Ricordo riunioni lunghissime, estive per lo più, con dopocena infiniti a parlare di speciali (quello sul ridere, in particolare), molte sigarette (allora fumavamo in tanti) e spazi sempre più vasti che coprivamo con le nostre ipotesi e proposte.

MARIO: Le sei del mattino, fatte diverse volte nel periodo iniziale in cui la redazione si era spostata a Roma.

Il lavoro svolto con più gioia

MARINA: Un articolo scritto con Sabina Guzzanti per il quale abbiamo letto a voce alta per giorni e giorni Gosho e libri del presidente Ikeda per prepararci insieme. Abbiamo recitato Daimoku, studiato tanto e discusso tantissimo su tutti i passaggi. Alla fine avevo l’impressione di capire meglio di qualsiasi altra volta le parole di Nichiren nel Gosho. Poi abbiamo scritto metà articolo per una. A cose fatte il direttore (Roberto Minganti) ha annotato sulle bozze: brave! Non l’aveva mai fatto e non lo ha mai più fatto (per quanto ne so io, ovviamente).

Il valore di questa attività

GIANNA: Mi ha insegnato a usare la preghiera prima di ogni altra cosa, per fare un uso costruttivo delle parole e provare a onorarle con gesti appropriati.

MARIA LUCIA: Mi insegna ad approfondire la fede, il mio rapporto con il Gohonzon. Mi insegna a non fermarmi, a cercare sempre oltre il mio orizzonte limitato.

MARINA: Che non si finisce mai di capire e di approfondire. E che non bisogna scoraggiarsi di fronte ai punti morti, quando sembra che su un certo argomento non sai proprio come andare avanti.

MARIO: La capacità di modificare continuamente il mio punto di vista e accettare quello degli altri.

Il contributo migliore che possono dare i lettori

MARIO: Sicuramente abbonarsi. A parte questo, credo che l’utilizzo della rivista durante le riunioni e l’apporto critico delle lettere che arrivano in redazione siano il termometro della validità di quanto si sta facendo.

MARIA LUCIA: Diciamo che è proprio grazie agli incontri con i lettori che Buddismo e società ha l’opportunità di rinnovarsi continuamente. Tutti i nostri più grandi cambiamenti sono stati ispirati dalle discussioni con loro.

GIANNA: Stabilire un dialogo con chi scrive, suggerire, commentare, essere parte attiva.

MARINA: Incoraggiarci a continuare, perché la rivista è utile alla loro vita.

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