Partendo dalle loro esperienze quotidiane, sette donne si sono confrontate su alcuni temi: il sostegno ai giovani, la trasmissione dello spirito dell’offerta, la collaborazione con gli uomini e la partecipazione attiva alle riunioni di discussione
Redazione: Nel messaggio inviato al corso della Divisione donne, il presidente Ikeda ci esorta a sostenere le generazioni future pensando che «la nostra SGI dovrà continuare ad avanzare con spirito giovanile, con i giovani in prima linea». Avete qualche suggerimento?
ELSA MARTELLUCCI (Grosseto): All’inizio non avevo questa consapevolezza. Mi sembra che le attività per sostenere i giovani siano cresciute tantissimo col tempo. Ho capito molte cose quando mio figlio, quattro anni fa, ha cominciato a recitare e in seguito ha ricevuto il Gohonzon. Sento che i giovani hanno bisogno di essere rassicurati e sostenuti ma anche di volare da soli. Similmente a quello che si dice per l’esempio che devono dare i genitori ai figli, i giovani hanno bisogno di vedere negli adulti un grande esempio di come potrebbe essere la loro vita dopo molti anni di pratica.
RENATA BALBO (Alessandria): Dobbiamo avere la massima fiducia nei giovani. Ad esempio, mia figlia inizialmente non vedeva di buon occhio che l’attività buddista mi tenesse molte sere fuori di casa lasciando solo suo padre. Questo però non le ha impedito di iniziare a praticare e di diventare responsabile di un gruppo. Suo fratello Fabio, che aveva iniziato prima di lei a praticare, e che da aprile dello scorso anno è su una sedia a rotelle a causa di un incidente, mi sta dimostrando che c’è la possibilità per tutti i giovani di capire di essere delle grandissime persone.
PATRIZIA URSO (Palermo): Ho due figlie, Sara e Giulia. Ho fatto attività nella Divisione giovani e da sempre ho cercato di abbattere le distanze nella comprensione reciproca. Quest’anno ho fatto un’esperienza molto bella partecipando alle attività in un gruppo dove le responsabili sono due ragazze molto giovani; ho percepito che loro avevano un grande bisogno di sentirsi sostenute. Mi sono sentita coinvolta e ho desiderato che il gruppo Leonardo decollasse. Forse anche il mio forte desiderio di vedere queste giovani felici come se fossero figlie mie, ha “chiamato” nel gruppo un giovane uomo, spumeggiante e intellettuale, che ha un entusiastico desiderio di partecipare agli incontri del gruppo Leonardo. Di fatto, finalmente, nel 2007 era nato il gruppo Leonardo che considero davvero come un tesoro. Vedere dei giovanissimi che sentono il legame con sensei e dedicano la vita per kosen-rufu è per me fonte di gioia e speranza. La cosa più bella è dare loro fiducia e recitare per sostenerli. È importante farli vincere lì dove sono, incoraggiarli a fare esperienze senza sostituirsi a loro.
GIANNINA SPISSU (Cagliari): Anch’io ho due figlie, il difetto è che a volte come madri tendiamo a “controllare” i giovani. Leggendo e riflettendo sulle parole di Daisaku Ikeda ho capito che dare fiducia significa lasciarli liberi. Sento spesso di dover fare un passo indietro nella visibilità per permettere ai giovani di essere il motore del movimento di kosen-rufu. Nella preparazione per la riunione del 16 marzo abbiamo recitato tanto Daimoku per sostenere i giovani cercando di non interferire e non è stato facilissimo. Anche nei gruppi sarebbe bello avere tanti responsabili giovani.
ORNELLA GUERINI (Bergamo): In passato, dopo i grandi eventi, spesso i giovani crollavano e sparivano. Questa volta, il nostro desiderio era che non mollassero, non solo in questo frangente, ma che diventassero forti anche per il futuro. Il risultato di questo periodo da agosto dello scorso anno fino ad ora è che sono arrivati tanti giovani che però questa volta sono rimasti anche dopo il grande impegno della riunione di marzo. Siamo riusciti anche a creare e sostenere una squadra bergamasca byakuren e soka-han che partecipa regolarmente alle attività al Centro culturale di Milano. Io non ho figli, ma la mia tendenza è comunque di accentrare i compiti e di fare tutto io. Anch’io credo che sia importante aiutarli sì con le nostre esperienze, ma di lasciare loro tanto spazio perché possano fare da soli, anche sbagliare. Tutti hanno il diritto di imparare sbagliando.
PATRIZIA: Dobbiamo aiutarli a vincere nel luogo in cui sono. Nel gruppo si creano forti legami umani che non dimenticheranno mai. Come accade nella società, tanti giovani oggi non hanno fiducia in loro stessi, magari non credono di avere il potere di influenzare l’ambiente; la funzione degli adulti è di sostenerli nelle loro realizzazioni e di spingerli a fare esperienze concrete.
BARBARA PATRONE (Genova): Ho fatto parte del Comitato organizzativo di Genova e così ho partecipato alle recitazioni per il 16 marzo, purtroppo non tutti gli adulti si sono sentiti coinvolti e hanno aderito all’iniziativa. È successa una cosa importante: i responsabili giovani di questo comitato, prima della riunione di Milano hanno incontrato varie difficoltà, ma le hanno sempre superate tutte. Alla fine c’è stata una grande crescita individuale. Come risultato, ad aprile, il Centro di Genova non riusciva quasi a contenere tutti i leonardini presenti, mentre prima alle riunioni di questo tipo non partecipava quasi nessuno.
Redazione: Le donne sono brave ad assumersi pienamente la responsabilità nel lavoro, in famiglia, nell’attività, ma a volte questo significa sostituirsi a mariti, colleghi e corresponsabili con la tendenza a voler fare tutto… Si può imparare a collaborare e a condividere le responsabilità con gli uomini?
BARBARA: Anche nella mia famiglia ho vissuto una trasformazione: prima mi sembrava di essere l’unica che riusciva a fare tutto al cento per cento. In realtà organizzavo la mia vita in modo tale da mettere mio marito nelle condizioni di non agire finché, durante un periodo di crisi, mi sono accorta che avevo lasciato indietro un sacco di persone, fra cui anche lui. Sono ripartita dal migliorare me stessa e mi sto sforzando di lasciare agli uomini il loro spazio. Il primo risultato è stato che mio marito si occupa di nuovo con passione della responsabilità di territorio e che le donne stanno prendendo esempio dalle attività che gli uomini hanno iniziato a portare avanti. Adesso gli uomini della nostra città sono attivi e forti.
PATRIZIA: Effettivamente, noi donne siamo un po’ così. Il punto è illuminare questa qualità. Io mi trovo ad affrontare quotidianamente situazioni di questo tipo, prima di tutto nel lavoro. Nell’organizzazione rispecchiamo alcuni problemi della nostra società attuale. Credo che se la forza esiste, questa debba manifestarsi e che non dobbiamo vergognarci di questo: io voglio essere me stessa. Recito Daimoku per trasformare il veleno in medicina, per raggiungere la Buddità io non credo che dobbiamo cambiare, ma illuminare le potenzialità.
GIULIA PAGLIETTA (Salerno): Io insegno nella scuola dell’infanzia e ho quattro figli maschi: ho modo di vedere come i maschi reagiscono in un modo differente dalle femmine. Le bambine hanno le idee chiare fin da piccole, i bambini sono l’esatto contrario. Credo che gli uomini che abbiamo a fianco siano, anche, il risultato di ciò che noi donne siamo state, di come li abbiamo “cresciuti”. La mia tendenza a non avere fiducia in me stessa mi porta a non credere pienamente nella mia possibilità di fare un “buon lavoro”, di crescere questi uomini del futuro, ma ho deciso che ogni cosa che farò – in particolare nell’attività buddista – dovrà servire a questo: voglio diventare più forte e accogliente. In questo corso mi sono commossa perché ho sentito che le nostre determinazioni daranno dei grossi risultati nel futuro.
GIANNINA: Io credo che nella società le donne debbano ancora lottare per farsi spazio (io sono un chirurgo) ma nella attività dobbiamo anche dare spazio; rispettare tutti significa anche rispettare i tempi di ciascuno. Spesso noi donne lavoriamo nell’emergenza ma certe volte può essere più utile recitare Daimoku, aspettare e non fare al posto di qualcun altro.
Redazione: La Divisione donne si è presa a cuore la partecipazione dei membri all’offerta (zaimu). È un obiettivo coraggioso, di fatto ci scontriamo con la difficoltà di trasmettere agli altri lo spirito con cui viverla. Qual è la vostra esperienza in merito?
BARBARA: Quando ho visitato il Centro dell’Accoglienza di Tokyo ho incontrato tantissimi membri che esprimevano la loro gratitudine sotto forma di un’offerta alla Soka Gakkai o di resoconti degli obiettivi realizzati: probabilmente il perno è proprio lo spirito della gratitudine. Condividendo i princìpi del Buddismo è qualcosa che nasce con semplicità. Fino a poco tempo fa la Liguria era la prima regione del nord Italia per la partecipazione dei membri allo zaimu, in seguito c’è stata una flessione, ma ci piacerebbe tornare a quel bel coinvolgimento delle persone. Credo che un modo per trasmettere questo atteggiamento sia parlarne in tante occasioni diverse partendo dalle nostre esperienze dirette.
ORNELLA: Sono ripartita da me. Durante il periodo di crisi avevo interrotto anche lo zaimu. In realtà adesso, quando ho problemi economici, la prima cosa che faccio è proprio l’offerta. Prima di venire al corso, per esempio, ho deciso di fare l’offerta. Mi rendo conto che parlare di soldi è una nostra difficoltà, forse culturale. Per esempio tutti offrono volentieri torte e regalini vari per organizzare le attività, forse dovremmo spiegare meglio come vengono utilizzati i soldi per le attività per kosen-rufu.
RENATA: Questa diffidenza è forse nel nostro DNA. Siamo sempre stati abituati a separare religione e vita quotidiana. C’è questa idea che offrire dei soldi inquini il sentimento religioso; c’è molta remora. È fondamentale partire da noi e superare questo tabù della divisione fra i soldi e la spiritualità.
ELSA: Anch’io come Ornella, prima di venire qui ho voluto fare un’offerta. Quando ho iniziato a praticare vivevo una situazione economica disastrosa, questa gratitudine per aver incontrato il Gohonzon ha fatto sì che facessi sempre zaimu con gioia; la situazione poi è cambiata radicalmente. A Grosseto stiamo cercando di spiegare ai nuovi membri il significato dell’offerta, l’importanza di continuare a praticare insieme. Il 2 gennaio, per il compleanno del presidente Ikeda, abbiamo organizzato la nostra prima “Giornata dell’offerta”. La organizzeremo ancora, è stata una bellissima esperienza. Abbiamo visto che è utile raccontare le esperienze individuali, arrivano direttamente.
Redazione: Si è parlato molto, fra tutte le attività, della centralità delle riunioni di discussione. Per chiudere ci dite, in una battuta, qual è il modo migliore per rivitalizzare le riunioni?
GIULIA: Chi pratica da più tempo a volte vive lo zadankai come un’abitudine. Dopo la volta in cui ho avuto l’impressione di aver detto solo cose scontate, ho deciso che mai più avrei partecipato a una riunione senza avere qualcosa di mio da riportare. Per esempio, ogni volta mi preparo su un principio da condividere con gli altri per dare il mio piccolo contributo.
ELSA: La preparazione e un legame stretto fra i responsabili e i membri del gruppo che li unisce nei quindici giorni precedenti. Noi responsabili di area e territorio vorremmo fare attività con un gruppo o un settore specifico per un po’ di tempo; è un modo per ripartire insieme.
GIANNINA: Ricordare che lo scopo è accogliere persone nuove alla riunione e rinnovare sempre questo obiettivo. Anche se gli argomenti della discussione sono stimolanti, se non partecipano ospiti, alla lunga non funziona.
BARBARA: La mia strategia è fare shakubuku, quindi accompagnare persone nuove alle riunioni, preparare esperienze da raccontare e trasmettere leggerezza.
RENATA: Shakubuku e preparazione della riunione, condividere il desiderio di trasmettere la gioia della fede e della gratitudine.
PATRIZIA: Quasi tutti abbiamo iniziato a una riunione di discussione. Lo zadankai è un momento utile per tutti. Anche noi responsabili a volte facciamo grandi distanze per partecipare a una riunione, ma dove viviamo noi magari non ci sono persone che praticano…
ORNELLA: Da due mesi sto accompagnando una persona alla quale ho parlato di Buddismo. Le esperienze sono il punto forte delle riunioni, sarebbe bello aprire sempre le riunioni con un’esperienza, anche quotidiana.