Offrire agli altri, quotidianamente, un pezzetto di sé, del proprio tempo, della propria disponibilità ci insegna la maniera migliore di rispondere alle domande, spesso anche difficili che la vita pone: non chiudendosi in se stessi per proteggersi dalla sofferenza, ma sforzandosi di andare oltre le proprie difese per scoprire in sé e fuori di sé strade sconosciute e ricchezze inaspettate
«Abili a rispondere a difficili domande la loro mente non conosce paura. Hanno coltivato con assiduità la perseveranza, sono fieri di dignità e virtù» (SDL, 15, 292). Scelsi questa frase come tema dei biglietti di invito alla mia cerimonia di apertura del Gohonzon. L’avevo sentita subito mia e avevo anche avvertito profondamente l’impegno che trapelava da queste poche parole, così intense tuttavia. E così la mia vita si è indirizzata verso questo scopo, quasi inconsapevolmente, misticamente. Per rispondere a “difficili domande” che continuamente mi facevo e mi facevano le persone con cui venivo in contatto, andando avanti nell’attività buddista, ho cominciato a studiare il Buddismo di Nichiren Daishonin come non avevo mai fatto con altre materie che pur mi avevano interessato durante il mio percorso culturale. Ho sempre accettato con grande entusiasmo le responsabilità che mi venivano via via proposte e, entrando a far parte della squadra del centralino, ho imparato anche la “tecnica” vera e propria del rispondere, l’utilizzare cioè la gentilezza e la compassione anche nel dare le più semplici informazioni.
Così, allenandomi ogni giorno e in vari modi, ho acquistato la consapevolezza di ciò che per me rappresentava lo spirito dell’offerta: una risposta alle domande che la vita ci pone a ogni passo che facciamo verso la nostra rivoluzione umana.
E la meravigliosa verità che si scopre è che fare un’offerta equivale a “farsi” un’offerta! «Potresti pensare di aver fatto offerte alla Torre Preziosa del Budda Taho, ma non è così: le hai offerte a te stesso. Tu stesso sei un vero Budda che possiede le virtù dell’Illuminazione: recita Nam-myoho-renge-kyo con questa convinzione», scrive Nichiren Daishonin nel Gosho La Torre Preziosa (SND, 4, 212).
Nell’impegno verso kosen-rufu ci viene proposto di offrire il nostro tempo, e noi, facendolo sempre di più, scopriamo quanto esso sia prezioso e quanto sia incredibilmente… dilatabile! Le nostre giornate cominciano a valere il doppio, il triplo, diventano infinite.
Come membri della Soka Gakkai ci viene richiesto di sostenere l’organizzazione attraverso sia un’offerta in denaro che con le attività di volontariato da svolgere al Centro culturale. E mentre ti stai impegnando in queste attività, ti rendi conto che contemporaneamente stai rispondendo alla richiesta di sostegno della tua vita, constati che le tue possibilità sociali ed economiche migliorano fino al raggiungimento anche di obiettivi importanti.
Il segreto sta nell’apertura della vita. Una volta, ascoltando un consiglio che un responsabile della Soka Gakkai dava a un membro che lamentava problemi economici, mi colpì una frase: «Se non predisponi la tua vita a dare, non sarai pronto neppure a ricevere!».
Spesso davanti alla sofferenza o comunque di fronte alle difficoltà, tendiamo a “chiudere” la nostra vita, nell’illusione di proteggerci meglio, pensando erroneamente di non avere la forza o le capacità di dare nulla, convinti che il trattenere le nostre risorse ci garantisca dal non peggiorare la situazione. Invece è proprio in questi momenti che dobbiamo tirare fuori il coraggio e decidere di andare “contro tendenza”, forzando i nostri limiti mentali, per acquisire così la consapevolezza di essere dotati delle infinite potenzialità del Budda. Mettendoci davanti al Gohonzon con sincerità riusciamo a illuminare attraverso il Daimoku l’oscurità dei mondi bassi, il mondo di Avidità, di Animalità e di Inferno, trasformando ciò che ci incatena alla sofferenza in un magnifico paio d’ali per volare liberi e padroni della nostra vita, trovando cioè proprio lì, nel punto più profondo e buio della nostra vita, la Buddità. I benefici che ne conseguono non sono altro che le risposte della nostra vita. Possiamo anche identificarle come immagini riflesse di risposte che noi, a nostra volta, abbiamo dato in tante occasioni, sinceramente, senza aspettarci nulla in cambio. Se ci rendiamo conto di questo, se ne diventiamo profondamente consapevoli, ci nasce nel cuore spontaneamente il senso di gratitudine; essere grati vuol dire anche valorizzare la nostra esistenza, considerarla di per sé il dono più prezioso da offrire agli altri. Dire “grazie” da sempre e in tutte le tradizioni significa apprezzare, e noi non potremmo che sentirci sempre più “apprezzabili” ogni volta che ringraziamo la nostra vita, per aver ricevuto certo, ma anche e soprattutto per aver potuto dare.
La grande possibilità di donare è di per sé ricchezza, infatti. Proviamo a pensare una situazione in cui nessuno ci chiede niente, perché pensa che niente abbiamo da dare. Sentirsi poveri, questa è la vera miseria. È miseria non credere profondamente nella nostra e nell’altrui Buddità, perché vuol dire dare ascolto al “piccolo io” e restringere la nostra vita in uno spazio angusto, sempre più ridotto, che ci soffoca e che alla fine può atrofizzare davvero le nostre capacità. Invece la mossa vincente, come ci esorta a fare sempre Daisaku Ikeda, è la pratica per gli altri: la nostra felicità non può prescindere da quella degli altri e se abbiamo davvero a cuore la vita delle persone, le sosteniamo e le aiutiamo a realizzarsi, secondo il principio di non dualità di persona e ambiente (esho funi), automaticamente otterremo felicità anche per noi. «Ci auguriamo che i meriti ottenuti grazie a questi doni possano estendersi in lungo e in largo a tutti, così che noi e gli altri esseri viventi possiamo conseguire tutti insieme la via del Budda» (SDL,7, 168).
Vorrei raccontare una delle mie esperienze a questo proposito, una delle tante e quella più recente. Fin da bambina il mio sogno era quello di fare la giornalista ma la morte prematura dei miei genitori e la conseguente precarietà che ha caratterizzato la mia vita sia dal punto di vista pratico che psicologico non mi permise di realizzare subito questo obiettivo. Il dolore per la rinuncia mi aveva costretto a nascondere sempre più in profondità questo desiderio fin quasi a dimenticarlo.
Però la vita, appunto, se pratichi correttamente e con sincera dedizione come ci insegna il Buddismo, ti porta a evidenziare uno a uno tutti i nodi che non hai sciolto e che ti impediscono di essere felice e quindi ti… chiede una risposta! Puoi rimandare, puoi far finta di non capire all’inizio; ma ogni giorno con il Gongyo e il Daimoku noi ci impegnamo per la nostra e l’altrui rivoluzione umana, per la nostra piena realizzazione. Anche noi, tutti i giorni, chiediamo alla nostra vita delle risposte e il Buddismo ci assicura che, se pratichiamo con fede fino all’ultimo istante, nessuna domanda rimarrà senza risposta. Ma le risposte chi le deve dare se non noi?
E allora il desiderio di scrivere è tornato prepotentemente nella mia esistenza. Nonostante mille ostacoli e paure, cresceva in me la convinzione che potevo farcela questa volta, la pratica mi aveva reso abbastanza forte e stabile per andare fino in fondo. Decisi allora di offrire tutto al Gohonzon, e chiesi di poter scrivere sulle nostre riviste. Iniziai così la mia collaborazione con Il Nuovo Rinascimento, decidendo che avrei dato tutto l’aiuto che potevo per sostenere questo giornale i cui articoli tante volte mi avevano incoraggiato anche in situazioni di grande sofferenza. Nel frattempo scoprivo che nell’azienda in cui lavoro esiste un ufficio stampa e la redazione di un giornale.
«Non ci sono […] terre impure di per sé» (SND, 4, 5) si legge nel Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza e dunque, come spesso ci ricorda Daisaku Ikeda, è proprio lì dove siamo che possiamo fare la nostra rivoluzione umana. Dopo circa sei mesi dal mio primo articolo sul Nuovo Rinascimento sono stata trasferita, non senza difficoltà e varie peripezie naturalmente, nell’ufficio più prestigioso e importante di questa azienda pubblica (tra le più grandi di Roma) dove, oltre a curarne l’immagine e a occuparmi di tutti i lavori di comunicazione interna ed esterna… scrivo articoli sull’organo ufficiale di stampa! Un beneficio enorme per il quale ringrazio ogni giorno la mia vita e un impegno importante soprattutto perché mi dà costantemente l’occasione di sfidarmi e di continuare ad approfondire la fede.
Per concludere, in questi anni mi sono resa conto che uno dei doni più preziosi che possiamo fare ai nostri compagni di fede è renderli partecipi delle nostre esperienze e questo anche quando non sono proprio positive, anche mentre stiamo conducendo la nostra battaglia e non ne conosciamo assolutamente l’esito. Condividere le emozioni, le paure, le certezze, i dubbi, le gioie e le sofferenze con chi sta facendo la nostra stessa strada, è un atto di grande compassione che crea le basi per una profonda unità. Quante volte ascoltando un’esperienza ci si è riscaldato il cuore, ci è rinata dentro la speranza di farcela! O magari ci siamo sentiti meno soli, meno sfortunati apprendendo che anche altre persone si trovano nelle stesse difficoltà.
Offriamo dunque anche i benefici ottenuti. Offriamo le nostre vittorie come offriamo la nostra solidarietà.
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Le parole di Nichiren: Lo spirito dell’offerta
«Come sai bene, uno dei sutra ci narra la storia di Tokusho Doji, che offrì una torta di fango al Budda e rinacque poi come re Ashoka che governò su gran parte dell’India. Poiché il Budda è degno di rispetto, il ragazzo poté ricevere questa grande ricompensa, benché la torta fosse solo di fango. Tuttavia, il Budda Shakyamuni insegna che chi fa offerte al devoto del Sutra del Loto nell’Ultimo giorno della Legge anche per un solo giorno, acquisterà una fortuna incomparabilmente più grande che se offrisse innumerevoli tesori al Budda per centomila eoni. Quanto è meravigliosa, allora, la tua generosa sincerità nel sostenere il devoto del Sutra del Loto in tutti».
La persona e la Legge, SND, 4, 281
«Alla fine, nessuno può sfuggire alla morte. Le sofferenze al tempo dell’invasione non saranno peggiori di quelle che stiamo affrontando oggi. Poiché la morte è la stessa in ogni caso, dovresti desiderare di offrire la tua vita per il Sutra del Loto. Pensa a questa offerta come a una goccia di rugiada che si unisce di nuovo all’oceano, o come a un granello di polvere che ritorna alla terra. Un brano dal settimo capitolo del Sutra del Loto dice: “Il nostro desiderio è quello di condividere questo beneficio in ugual modo con tutte le persone e così, insieme a loro, raggiungeremo la Buddità”».
Il cancello del drago, SND, 4, 277
«Nel passato Sessen Doji volle dare la sua vita per la metà di un verso. Quanto maggiore sarà la grazia di poter ascoltare un capitolo o un volume di questo sutra! Come potrà mai essere ripagata? Se ti preoccupi veramente della tua prossima vita, devi seguire l’esempio di Sessen Doji: anche se sei molto povero e non hai tesori da offrire, se si presenta l’occasione di offrire la tua vita per la Legge buddista, devi dare la vita per imparare la Legge buddista».
Le quattordici offese, SND, 5, 180