«Tutto nasce dalla prima riunione in cui ho ascoltato a bocca aperta e col cuore che batteva a duemila le esperienze di quelle persone mai viste prima e ho pensato che erano fantastiche, generose, sincere, che arrivavano subito al centro di cose interessanti anche per me che ero lì per la prima volta. Tutte persone diverse, un bidello, un’attrice, un’insegnante, un falegname. Ero incantata dalle lotte che raccontavano, anche cose semplici, e provavo un’ammirazione infinita per il loro coraggio». Questo è il senso più autentico della condivisione delle esperienze di vita, di lotta, di gioia, di scoperte e di rinnovamento che possiamo ascoltare negli zadankai. Scegliere di raccontarsi non è facile e condividere un pezzetto del proprio percorso personale di fede, vuol dire decidere di offrire agli altri il proprio cuore, uscire da se stessi e dal proprio guscio. Daisaku Ikeda scrive che «dall’esperienza di una singola persona nascono storie che ispirano gioia» e che questa azione è paragonabile a quella di seminare chicchi di grano, chicchi di fiducia.
E questo è il senso ultimo delle riunioni: offrire porti dove i cuori che navigano nei mari turbolenti degli affanni possano trasformare la sofferenza in speranza.
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