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Da ogni gesto imparo qualcosa - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:39

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Da ogni gesto imparo qualcosa

Elena Roccatagliata, Bogliasco (GE)

Il ritorno al nucleo familiare alla fine di una lunga relazione è per Elena una sconfitta. Quando decide di ripartire dalla gratitudine per i suoi genitori tutto cambia, trasformando la delusione nella consapevolezza della sua missione

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Il ritorno al nucleo familiare alla fine di una lunga relazione è per Elena una sconfitta. Quando decide di ripartire dalla gratitudine per i suoi genitori tutto cambia, trasformando la delusione nella consapevolezza della sua missione

Nel 2007 Francesco, che è stato il mio fidanzato per i cinque anni successivi, nonché tutt’ora mio socio sul lavoro, mi parlò per la prima volta di Buddismo. Quello che mi ha fatto scattare la voglia di recitare è stato l’inno alla vita che è il Buddismo, e la gratitudine verso coloro che questa vita ce l’hanno donata: i nostri genitori.
Era un periodo di grande sofferenza. Figlia unica, ero profondamente arrabbiata e non accettavo la difficile situazione di salute della famiglia: mamma giovane e bella, ma in lotta con il morbo di Parkinson, e papà, medico affermato, velista e amante dello sport, ma affetto da tempo da una patologia neurologica, che lo costringeva a trascinarsi con due bastoni. In mezzo a tutto questo io, confusa su quello che avrei voluto fare da grande, con tante passioni ma non abbastanza coraggiosa per seguirle. E sentir parlare del “debito di gratitudine verso i propri genitori” è stata la chiave per iniziare a praticare.
Nel 2008 decisi di ricevere il Gohonzon – notizia accolta non troppo bene in famiglia – e poco dopo sono diventata responsabile di gruppo e poi di capitolo giovani donne. I miei genitori però li vedevo a piccole dosi, di fretta la domenica sera, come una visita da marcare, un impegno preso nell’agenda perché, come tanti giovani, ero presa dalla mia vita e avevo sempre altro da fare.
Dopo la fine della relazione con Francesco, nel marzo 2012, decisi di tornare temporaneamente a casa dei miei, dove comunque mi sentivo protetta e accolta in un momento così difficile. Mi sembrava una regressione riempire di nuovo quell’armadio che cinque anni prima avevo svuotato, e sicuramente, dopo tanto tempo fuori casa, non è stato facile riadattarmi ai ritmi dei miei genitori e loro ai miei. Entrambi, vedendomi in grande difficoltà, mi hanno chiesto cosa potessero fare per aiutarmi. Io risposi: «Recitate Daimoku per me». E così hanno fatto quel giorno e nei mesi successivi.
Ho portato il Gohonzon in casa ed è iniziato un capitolo nuovo della mia vita: non più chiacchierate superficiali, ma il desiderio sincero di ascoltare e di sentire come sta l’altro, senza lo sguardo all’orologio. Restava comunque viva la mia voglia di indipendenza, ma non volevo di nuovo allontanarmi troppo. Il Daimoku ha iniziato fin da subito a proteggerci, a creare le condizioni migliori per tutti. E così, inaspettatamente, un appartamento nel palazzo dei miei si è liberato e io, a marzo 2013, mi ci sono trasferita cominciando a fare attività di capitolo in quella zona. A dicembre i miei genitori sono diventati membri della Soka Gakkai: ho provato una gioia infinita, che mi ha fatto davvero comprendere la mia missione e l’importanza che abbia avuto tornare a casa.
Con il 2014 la malattia della mamma ha avuto un grave peggioramento soprattutto a livello psichico, facendola chiudere in un mutismo tutto suo e uscendo da questo mondo sempre più raramente. Sono giorni difficili, ogni attimo libero è dedicato a loro.
Mi ritrovo, da giovane, a prendermi cura di una mamma anche lei giovane, ma imparo qualcosa da ogni gesto. Recito con lei tra le braccia, incoraggio più che posso mio padre. La loro casa è ogni giorno “invasa” da compagni di fede che li sostengono in ogni modo. Proprio grazie a questo sto imparando molto dalle donne del settore che vengono a trovare la mamma. È un’attività più di cuore e incentrata sull’ascolto e sul dialogo, forse meno di “azione” rispetto a quella dei giovani, e questo ha permesso di creare una bella sinergia tra le due Divisioni.
Il Gohonzon è al centro della mia vita e ogni sera porto il sole in casa nonostante le difficoltà. Recentemente è iniziata una relazione speciale con Stefano, conosciuto qualche mese prima, con cui sto costruendo un legame profondo e felice.
Voglio concludere con le parole che il presidente Toda rivolse a una giovane donna in merito a una difficile situazione familiare, che sono state per me una vera àncora: «Ti stai preoccupando delle scelte da compiere, ma c’è sola una cosa da fare: avere una forte fede e fare del tuo meglio, con l’orgoglio di una regina. Devi provare. Se lasci che le tue emozioni si impadroniscano di te, sarai certamente sconfitta, quindi affronta la situazione con serenità. Prega davanti al Gohonzon sinceramente, per la felicità della tua famiglia. Una sola persona può rappresentare moltissimo: grazie alla fede di un singolo, tutte le persone possono diventare felici, a una a una» (RU, 3, 95).

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