Una vita profondamente egocentrica si inceppa, fino a perdere tutto o quasi. Marco allora riprende in mano la propria esistenza partendo dalla dedizione verso gli altri. E abbandonare l’autocompiacimento lo porta a realizzare esperienze radicali
Punto di partenza: sono felice? A settembre 2006 decido che avrei cambiato strada, che mi sarei impegnato in un progetto mio. Avevo uno stipendio fisso, la ragazza, la casa, apparentemente tutto. Mi sentivo però intrappolato in un sistema dove non ero più a mio agio. Lavoravo per un imprenditore senza scrupoli, senza competenze specifiche nel settore per cui avevo studiato per anni. Il primo periodo era stato positivo, ma con il passare del tempo le cose cambiarono. Quando ormai la situazione era diventata intollerabile non troncai immediatamente, ma decisi che l’avrei trasformata entro un anno. Discutemmo molto, ma i nostri punti di vista erano completamente divergenti. In una di queste discussioni mi rinfacciò che mi aveva dato potere e soldi. Mi disse che dovevo accontentarmi. Mi vennero in mente le parole di Daisaku Ikeda, gli anni di pratica buddista e l’attività svolta. Capii che stavo facendo la cosa giusta. Lasciai il lavoro e mi lasciò anche la ragazza. Senza stipendio né liquidazione, abituato a essere sempre al centro di tutto, mi ritrovai completamente da solo e bloccato.
La lotta: disposto a perdere tutto. Mi rimboccai subito le maniche e trovai velocemente una nuova occupazione; conducevo una vita modesta, avevo i soldi contati e vivevo da solo. Riuscii a partire per il mio primo corso al Centro europeo di Trets. Che gioia! Eppure a guardare la situazione, non avevo proprio niente di cui essere felice; solo, senza soldi o quasi, e un lavoro precario. In quei momenti recitavo Daimoku per realizzare qualche piccola vittoria. Avevo promesso a me stesso che avrei realizzato un grande risultato e con questo pensiero fisso in testa sono andato avanti…
La prova concreta: obiettivi chiari. Il mio obiettivo finale era raggiungere un’autonomia economica soddisfacente. Sembra chiaro, ma non bastava. Desideravo più soldi, ma non riuscivo a mettere via un centesimo. Volevo una ragazza, ma non uscivo mai con nessuna. Realizzai che era fondamentale partire dalle cause, interne ed esterne. Quindi cambiai completamente modo di recitare, sforzandomi di fare emergere una voce chiara, decisa, armonica. Poi decisi nuovamente la scadenza entro cui avrei voluto vedere dei risultati. E alla fine, ma non per ultimo, decisi di dedicare tutto il mio tempo libero all’attività. Era il momento giusto per farlo. È la mia decisione, è quello che voglio realizzare nella massima sincerità davanti al Gohonzon che è importante. Non i responsabili, non l’organizzazione, ma il “grande io”. «Solo il cuore è importante». Questa frase diventa la base di tutta l’attività del capitolo e dell’hombu di cui faccio parte. In questi anni il numero di giovani uomini è cresciuto costantemente, fino a raggiungere quest’anno un numero record.
Non mi compiaccio più per nessun traguardo, il mio ichinen è sempre proteso alla vittoria che deve ancora arrivare. Tra ottobre e novembre arriva la svolta; in questi mesi la mia società fattura più di quanto aveva fatturato fin a quel momento nel corso di tutto l’anno. A fine novembre mi viene proposta la direzione di un’area del centro sportivo per cui stavo facendo il mio lavoro da “libero professionista”. La proposta è uno stipendio fisso con la possibilità di sviluppare i miei progetti all’interno della struttura stessa, senza limitazioni di tempo né di risorse. E con il nuovo anno è arrivata anche la ragazza. Ho sentito chiaramente di aver chiuso un cerchio.