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Costruttrice di pace - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:37

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    Costruttrice di pace

    Barbara deve scavalcare una montagna: la mancanza di fiducia in se stessa. Il suo cambiamento inizia quando decide di fare da guida alla mostra “I semi del cambiamento”. Sarà il suo primo passo su un sentiero non privo di difficoltà, reso più facile dall’aiuto dei compagni di fede

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    Barbara deve scavalcare una montagna: la mancanza di fiducia in se stessa. Il suo cambiamento inizia quando decide di fare da guida alla mostra “I semi del cambiamento”. Sarà il suo primo passo su un sentiero non privo di difficoltà, reso più facile dall’aiuto dei compagni di fede

    Pratico il Buddismo da ventisei anni, sono sposata e ho tre figli. Quando ho conosciuto mio marito abbiamo aperto una ditta di pulizie, che ha permesso a tutti noi di vivere nel benessere. Potevo sentirmi una donna e una madre realizzata, ma in realtà non avevo fiducia in me stessa, non sentivo il mio valore e mi sentivo sempre inadeguata.
    A marzo 2009 mi fu proposto di fare da guida alla mostra “I semi del cambiamento” il cui slogan era “Tu puoi”. Mi sembrava una cosa troppo grande per me; avrei dovuto studiare, spiegare, insomma rompere quella corazza dove risiedeva da sempre il mio disagio. «Non sei all’altezza, quindi non puoi farlo», mi ripeteva una vocina in testa. Ma lo slogan era “Tu puoi” e la mostra era un evento fortemente voluto dal mio maestro, Daisaku Ikeda. Recitando Daimoku sentii nascere il desiderio di sfidarmi. Era arrivato il momento di scavalcare la montagna che da sempre stava davanti a me: la mancanza di fiducia in me stessa. L’attività di guida mi permise di fare una bella esperienza e cominciai a percepire l’inizio del mio cambiamento che risvegliò di pari passo la mia oscurità.
    Poco dopo accadde che uno dei miei figli si comportò in modo molto irresponsabile, causando dei grossi problemi. In un istante mi crollò il mondo addosso al punto da mettere in discussione il mio ruolo di madre. Io non credevo più in lui. Immediatamente riaffiorarono le mie paure e le insicurezze che grazie all’attività della mostra pensavo di avere definitivamente trasformato. Mi sforzavo di recitare Daimoku, ma non usciva un suono dalla mia bocca e, se usciva, era solo un lamento. Studiavo, nella speranza di ritrovare quello spirito energico dei mesi precedenti, ma sentivo solo la fatica. Mi infastidiva anche leggere le parole di lode che il presidente Ikeda adoperava per descrivere i giovani del futuro: mi faceva andare su tutte le furie. Chiusa nella mia sofferenza sono riemersa anche grazie al sostegno dei compagni di fede.
    Nel gennaio 2010 mi fu nuovamente proposta l’attività di guida per la mostra “Costruttori di pace tra il XX e XXI secolo”. Mi sentivo molto indecisa. Fare attività a una mostra dove si parlava di pace, anzi dei costruttori di pace, ma io cosa avevo costruito di pacifico? Solo un castello di sabbia pieno di illusioni. Un giorno, sfogliando Il Nuovo Rinascimento trovai un grande incoraggiamento: «Il vero beneficio del Gohonzon non è non avere problemi ma trasformare qualsiasi cosa e realizzare la felicità per noi e per gli altri» (NR, 305, 24). Queste parole mi abbracciarono anche se nella mia famiglia il clima peggiorava. Decisi allora di recitare un’ora e mezzo di Daimoku al giorno per vincere sulla mia sofferenza e accogliere di nuovo la sfida che questa mostra rappresentava per me.
    Mi sforzavo di pensare: «Io sono una costruttrice di pace», questa doveva essere la mia determinazione. L’attività per gli altri era la mia nuova occasione per vincere sull’oscurità che mi annebbiava la vista e per illuminare il percorso da compiere per essere vittoriosa.
    La mostra dell’anno precedente mi aveva permesso di cominciare un cambiamento. Adesso era il momento di rafforzarlo. Recitavo tanto e studiavo. Dentro di me allora riemerse quella frase: «Tu puoi». Mi ripetevo: «Barbara tu puoi. La tua famiglia, il grande problema da risolvere con tuo figlio, questa è la tua occasione». Grazie al Daimoku non vivevo più quello che aveva commesso mio figlio come una sconfitta, e, a differenza di prima, determinai più che mai che volevo sostenerlo. Emerse il mio coraggio, sentivo la sua vita e il bisogno che aveva di me. Percepii con chiarezza il mio ruolo di madre e provai gratitudine verso di lui, il quale, con il grande problema che aveva procurato alla nostra famiglia mi aveva riavvicinato al Gohonzon e al mio maestro, ma anche alla vita e alle problematiche adolescenziali. E questo ha anche rafforzato il mio senso di responsabilità verso tutte le donne del mio settore e a breve, con mia grande gioia, mia figlia riceverà il Gohonzon.
    Aspettando che la situazione si sblocchi sento che dentro di me la vittoria è già avvenuta, quella più importante, quella invisibile, quella della trasformazione del veleno in medicina.

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