Soya Nyudo Dono Gohenji (Nyoze Gamon Sho)
Gosho Zenshu, pag. 1057
Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 5, pag. 95
Ho ricevuto il rotolo del Sutra del Loto copiato in piccoli ideogrammi, insieme a due abiti trapuntati, dieci kan[ref]Kan: mille monete forate e legate insieme con una corda.[/ref] di monete e cento ventagli, come offerta al sutra.
Nel primo volume dello Hokke mongu troviamo un brano che dice: «La parola “così”, di “così io ho udito”, indica l’essenza di una dottrina udita predicare dal Budda», e il primo volume dello Hokke mongu ki dice: «Se “così” non indica la dottrina che supera gli otto insegnamenti[ref]Otto insegnamenti: sistema con cui T’ien-t’ai classificò tutti i sutra di Shakyamuni secondo il contenuto e il metodo d’insegnamento.[/ref], come può essere la dottrina di questo sutra?»
Il Sutra Kegon inizia in questo modo: «Daihokobutsu Kegon kyo: Così io ho udito», il Sutra Hannya: «Makahannya Haramitsu kyo: Così io ho udito» e il Sutra Dainichi: «Daibirushana Jimbenkaji kyo: Così io ho udito». In questi sutra e in tutti gli altri, che cosa indica «così»? Indica il titolo di ciascun sutra.
Quando il Budda esponeva un sutra, gli dava anche un titolo che ne indicava in sintesi la verità fondamentale. Dopo la morte del Budda, quando Ananda, Monju e Kongosatta[ref]Kongosatta: (sanscrito Vajrasattva) secondo patriarca della setta Shingon; si dice che avesse ricevuto gli insegnamenti esoterici direttamente dal Budda Dainichi.[/ref] si riunirono nel Primo Concilio, prima enunciarono il titolo e poi dissero: «Così io ho udito».
L’essenza di ciascun sutra è contenuta nel titolo. Per esempio, l’India è un paese formato da settanta stati i cui confini si estendono per novantamila ri[ref]Ri: corrispondeva a 0,65 km, ma dall’era Heian in poi (794-1185), era considerato corrispondente a 3,93 km.[/ref]; eppure le persone, gli animali, le piante, le montagne, i fiumi e la terra delimitati da quei confini sono tutti inclusi nella singola parola India. Come tutte le cose che esistono nei quattro continenti sono, senza eccezione, riflesse sulla faccia della luna, allo stesso modo gli insegnamenti di un sutra sono tutti racchiusi nel suo titolo.
I titoli dei Sutra Agon contengono la conclusione di questi sutra, cioè il principio dell’impermanenza di tutte le cose. Questi titoli sono cento milioni di volte superiori ai due ideogrammi dei titoli dei sutra brahmanici, che significano “essere e non-essere”. I seguaci delle novantacinque scuole del Brahmanesimo, ascoltando i titoli dei Sutra Agon, abbandonarono le loro opinioni errate e si convertirono alla verità dell’impermanenza.
Coloro che ascoltano i titoli dei Sutra Hannya comprendono i tre princìpi di Taiku, Tanchu e Fu-tanchu. Chi ascolta il titolo del Sutra Kegon, afferra i due princìpi di Tanchu e Fu-tanchu. Chi ascolta i titoli dei Sutra Dainichi, Hodo e Hannya, afferra i princìpi di Shakku, oppure di Taiku, di Tanku e di Fu-tanku, oppure di Tanchu e Fu-tanchu[ref]Taiku, Tanchu, Fu-tanchu, Shakku, Tanku, Fu-tanku: teorie esposte in vari insegnamenti Mahayana.[/ref]. Tuttavia, non avendo ancora udito la dottrina del mutuo possesso dei dieci mondi, dei cento mondi, dei mille fattori e tremila regni[ref]Tremila regni: teoria di ichinen sanzen.[/ref], essi non hanno conosciuto il beneficio dell’Illuminazione. E poiché, salvo il Sutra del Loto, nessun sutra espone questa conclusione fondamentale, essi sono comuni mortali di ri-soku; inoltre i Budda e bodhisattva che compaiono in quei sutra non hanno ancora raggiunto lo stadio di myoji-soku. E se per di più non recitano il titolo del Sutra del Loto, come possono avvicinarsi allo stadio di kangyo-soku[ref]Ri-soku, myoji–soku, kangyo-soku: i primi tre dei sei stadi della pratica del Sutra del Loto, formulata da T’ien-t’ai. Ri-soku è lo stadio in cui non si è ancora ascoltata la vera Legge. Tuttavia, poiché tutti gli uomini possiedono la natura di Budda, in teoria (giapponese ri) tutti sono dei Budda potenziali. Myoji-soku è lo stadio in cui, ascoltando il nome (myo) della verità e leggendo le parole (ji) dei sutra, si capisce che tutti possiedono la natura di Budda e che tutti i fenomeni sono manifestazioni della Legge buddista. Kangyo-soku è lo stadio in cui si gioisce ascoltando la vera Legge e, percependo la verità dentro di sé, non c’è più contraddizione fra questa percezione (kan) e l’azione (gyo).[/ref]?
Questo è il motivo per cui il Gran Maestro Miao-lo dichiara nello Hokke mongu ki: «Se “così” non indica la dottrina che supera gli otto insegnamenti, come può essere la dottrina di questo sutra?» I titoli dei sutra provvisori rientrano negli otto insegnamenti. Questi titoli sono come le maglie di una rete da pesca, mentre il titolo del Sutra del Loto è come la corda che raccoglie le maglie degli otto insegnamenti. Coloro i quali recitano Myoho-renge-kyo, il titolo del Sutra del Loto, anche senza capirne il significato, afferrano non solo il cuore del Sutra del Loto, ma anche l’essenza di tutti gli insegnamenti del Budda.
All’età di uno, due o tre anni, un principe ereditario non sa che quando salirà al trono regnerà sull’impero e sarà obbedito dal reggente e dai ministri, ma è pur sempre il principe ereditario. Un neonato si sviluppa naturalmente nutrendosi del latte della madre, benché non sia in grado di analizzarlo. Al contrario, un ministro arrogante come Chao Kao, che disprezza un giovane principe ereditario, causerà la propria rovina. Gli studiosi degli altri sutra e delle altre sette che disprezzano il principe che recita solo il titolo del Sutra del Loto, alla fine cadranno come Chao Kao nell’inferno della sofferenza incessante. Tuttavia, se un devoto del Sutra del Loto che ne recita il titolo anche senza capirne il significato, si lascia intimidire e abbandona la fede, allora è come il giovane imperatore Hu Hai che fu intimidito e infine ucciso da Chao Kao.
Nam-myoho-renge-kyo non solo è il cuore di tutti gli insegnamenti del Budda, ma è anche il cuore, l’entità e l’essenza del Sutra del Loto. Eppure, per quanto meraviglioso sia questo insegnamento, nessuno negli oltre duemiladuecento anni dalla morte del Budda l’ha mai propagato. Non lo propagarono i ventiquattro successori del Budda in India e neppure T’ien-t’ai e Miao-lo in Cina, né il principe Shotoku o il Gran Maestro Dengyo in Giappone. Di conseguenza, quando io lo esposi, la gente rifiutò di credervi pensando che fosse un falso insegnamento. Ciò è perfettamente comprensibile. Per esempio, se un umile soldato avesse dichiarato di aver sedotto la bella dama di corte Wang Chao-chün, nessuno l’avrebbe creduto. Analogamente, la gente non può credere che un umile prete come me possa esporre Nam-myoho-renge-kyo, il cuore del Sutra del Loto, che non fu propagato neppure da T’ien-t’ai e Dengyo che erano autorevoli come ministri o nobili di corte.
Forse non sai che il corvo, il più odiato tra gli uccelli, può riconoscere i presagi degli eventi buoni o cattivi che accadranno durante l’anno, cosa che l’aquila e il falco non possono fare. Il serpente non può competere con un drago o un elefante, ma può prevedere l’arrivo di un’alluvione con sette giorni di anticipo.
Dal momento che questo insegnamento è chiaramente esposto nel sutra, non se ne dovrebbe dubitare, anche se Nagarjuna e T’ien-t’ai non lo conoscevano. Se qualcuno disprezza me, Nichiren, e non recita Nam-myoho-renge-kyo, è come un neonato che dubita del latte e rifiuta il seno materno, o come un malato che non si fida del medico e rifiuta la medicina che gli è stata prescritta.
Nagarjuna e Vasubandhu conoscevano questo insegnamento, ma non lo propagarono perché non era il tempo giusto e perché le persone della loro epoca non avevano la capacità di comprenderlo. Gli altri, molto probabilmente, non lo propagarono perché lo ignoravano. Il Buddismo si propaga in accordo con il tempo e la capacità della gente. Anche se non ne è degno, Nichiren l’ha esposto perché il tempo è giusto.
I nostri contemporanei considerano i cinque ideogrammi di Myoho-renge-kyo solo come un titolo, ma sbagliano: quei cinque ideogrammi sono l’entità, cioè il cuore del Sutra del Loto. Chang-an dichiara: «Senza dubbio la prefazione chiarisce il significato segreto dell’intero sutra e il significato segreto racchiude lo spirito del testo»[ref]Hokke gengi, vol. 1. Commento della spiegazione di T’ien-t’ai del titolo del Sutra del Loto.[/ref]. Secondo questa interpretazione, Myoho-renge-kyo non è né il testo, né il suo significato, ma è il cuore dell’intero sutra. Coloro che cercano il cuore del sutra separatamente dal suo titolo sono sciocchi come la tartaruga che cercò il fegato della scimmia fuori della scimmia[ref]Storia narrata nel Sutra Zo Hozo. C’erano due tartarughe che vivevano in fondo al mare. La femmina, gravida, desiderava mangiare del fegato di scimmia. Il maschio salì in superficie e, trovata una scimmia, se la fece salire sul dorso facendole credere che l’avrebbe trasportata sull’altra sponda, dove i frutti erano più abbondanti. In mezzo all’oceano la tartaruga cercò di togliere il fegato alla scimmia, ma questa disse di averlo dimenticato su un albero e che, se la tartaruga l’avesse riportata indietro, glielo avrebbe donato volentieri. Così la tartaruga la riportò sulla terraferma, ma, appena toccata la riva, la scimmia saltò giù e si arrampicò su un albero dall’alto del quale burlò la tartaruga per la sua stupidità.[/ref], o come la scimmia che lasciò la foresta e andò a cercare i frutti sulla spiaggia.
Nichiren
Il ventottesimo giorno dell’undicesimo mese del terzo anno di Kenji (1277)
Cenni storici
Il Daishonin scrisse questa lettera il 28 novembre 1277 in risposta a Soya Kyoshin che gli aveva inviato una copia del Sutra del Loto accompagnata da altre offerte. Soya Kyoshin risiedeva a Soya nella provincia di Shimosa. Era un alto funzionario alla corte dello shogunato di Kamakura ed era diventato discepolo del Daishonin nel 1260. Insieme a Ota Jomyo e Toki Jonin, era uno dei primi credenti della zona. In seguito fu ordinato monaco laico per cui è noto sia con il nome buddista di Horen Nichirai, sia con quello laico di Soya Nyudo. Ricevette dal Daishonin sette scritti, ancora esistenti, in cui sono esposti insegnamenti molto profondi, da cui si deduce come Soya Kyoshin fosse una persona molto colta.
Spiegazione
«Così io ho udito» è la frase iniziale di quasi tutti i sutra, le scritture che contengono gli insegnamenti del Budda Shakyamuni affidati alla memoria dei suoi discepoli. Questi dapprima li trasmisero oralmente e poi li trascrissero dopo la sua morte. Nel Gosho Cavalli bianchi e cigni bianchi Nichiren Daishonin descrive dettagliatamente questo evento: «Sessanta giorni dopo il trapasso di Shakyamuni, Mahakashyapa e gli altri discepoli, in tutto un migliaio di persone, si riunirono insieme a Monju e agli altri ottantamila bodhisattva nella grande sala delle conferenze e, dopo aver lamentato la morte del Budda, discutendo fra di loro dissero: “Anche noi che siamo stati vicino al Budda per tanti anni, dopo soli sessanta giorni ci lamentiamo per la separazione da lui. Che ne sarà di tutti coloro che vivranno fra cento o mille anni, o nell’Ultimo giorno della Legge? In che modo potranno ricordare il Budda? I sei maestri delle dottrine non buddiste conservano i quattro Veda e le diciotto scritture principali predicate dalle due divinità e dai tre asceti ottocento anni fa, così che le parole lasciate dai loro maestri possano essere trasmesse ai posteri. Non dovremmo trascrivere anche noi i vari insegnamenti che abbiamo udito predicare dal Budda agli ascoltatori della voce e ai grandi bodhisattva nell’arco di cinquant’anni, in modo che possano servire da occhio alle persone del futuro?”
«Allora invitarono il venerabile Ananda a salire sul seggio più elevato guardandolo con riverenza come fosse il Budda, mentre loro presero posto in basso. Poi il bodhisattva Monjushiri pronunciò le parole Nam-myoho-renge-kyo e in risposta il venerabile Ananda replicò nyoze gamon, “Così io ho udito”. Gli altri 999 grandi arhat intinsero i pennelli nell’inchiostro e scrissero». (SND, 9, 211-212)
Il titolo e l’essenza dei sutra
I sutra iniziano con il titolo seguito dalla frase “Cosi ho udito” (giapp. Nyoze gamon). Nichiren Daishonin spiega che il titolo, o il nome, contiene il significato essenziale di ciò che denomina.
«Per esempio, l’India è un paese formato da settanta stati i cui confini si estendono per novantamila ri, eppure le persone, le piante, le montagne, i fiumi e la terra delimitati da quei confini sono tutti inclusi nella singola parola India».
Il rapporto tra titolo ed essenza di un sutra è un tema cruciale nell’insegnamento del Daishonin: un anno dopo, nel 1278, lo riprende ne L’unica frase essenziale, rispondendo a Myoho-ama che gli aveva chiesto, a nome del marito malato, se era possibile ottenere la Buddità solo recitando il Daimoku: «Nam-myoho-renge-kyo – risponde Nichiren – è solo una frase, ma contiene l’essenza dell’intero sutra. Tu hai chiesto se si possa raggiungere la Buddità solo recitando Nam-myoho-renge-kyo e questa è la domanda più importante di tutte. È il cuore dell’intero sutra e la sostanza dei suoi otto volumi. Lo spirito di una persona alta cinque o sei shaku può apparire con chiarezza sul suo volto, che misura un solo shaku, e nel suo volto può apparire precisamente negli occhi, che misurano un solo sun». Continua dicendo che la parola “Giappone” comprende tutto ciò che è incluso nelle sessantasei province: persone, animali, risaie, ricchi, poveri etc. e incoraggia Myoho-ama dicendo: «Ogni cosa ha il suo punto fondamentale e il cuore del Sutra del Loto è il suo Daimoku, Nam-myoho-renge-kyo. In verità, se lo reciti mattina e sera, stai leggendo correttamente l’intero Sutra del Loto. Recitare Daimoku due volte equivale a leggere due volte l’intero sutra, cento Daimoku equivalgono a cento letture del sutra e mille Daimoku a mille letture. Quindi, se reciti incessantemente Daimoku, leggerai incessantemente il Sutra del Loto. I sessanta volumi della dottrina di T’ien-t’ai danno esattamente la stessa interpretazione» (SND, 4, 238-9).
“Così io ho udito” si riferisce quindi non tanto alle parole, ma all’essenza dell’insegnamento contenuto nel sutra.
“Udire” non significa semplicemente ascoltare le parole, ma ricevere e sperimentare l’insegnamento del Budda con tutta la propria vita. Negli Insegnamenti orali Nichiren Daishonin afferma: «Il significato che si cela dietro ogni parola e frase dei ventotto capitoli del sutra, si riferisce all’ascolto di questa dottrina come se fosse rivolta a se stessi, ed è riassunta nella frase “Così ho udito”. Ciò che viene udito è Nam-myoho-renge-kyo, perciò il sutra afferma che tutti raggiungono la Via del Budda» (GZ, 794). E ancora: «“Così” di “così io ho udito” indica la “sostanza della dottrina udita da un Budda”, mentre “io ho udito” indica “una persona che può approvare, sostenere, questa dottrina”» (GZ, 709).
Il Daimoku dell’insegnamento essenziale
Myoho-renge-kyo è dunque il titolo del Sutra del Loto, o Legge mistica. Noi invochiamo questa legge anteponendogli Nam. Nell’Apertura degli occhi il Daishonin scrive: «E quando le due sillabe Namu sono messe come prefisso al titolo Myoho-renge-kyo, abbiamo la formula Nam-myoho-renge-kyo» (SND, 1, 133).
Molto spesso ci viene chiesto il significato di Nam-myoho-renge-kyo, specialmente da chi partecipa per la prima volta a una nostra riunione: si può render conto del significato di ogni ideogramma, ma il Daimoku ha un senso e un potere che va al di là del suo significato letterale. È il nome della nostra natura di Budda.
Nam è un termine sanscrito, mentre Myoho-renge-kyo è scritto in caratteri cinesi. Nam in giapponese diventa kimyo (vedi anche L’offerta del riso bianco, SND, 4, 285). Kimyo significa ritornare alla immutabile verità della vita e radicarvi la nostra esistenza andando oltre le situazioni varie e mutevoli che si presentano. Solitamente traduciamo questo concetto con “devozione”. “Devozione” è una parola carica di significati emotivi, mentre Nam è molto di più che un sentimento emotivo: è l’azione di ritornare, di rivolgere tutto il nostro essere verso Myoho-renge-kyo, la Legge dell’universo. Questa azione comporta il risveglio della nostra natura di Budda, piena di compassione, saggezza e coraggio. Noi siamo allora in grado di utilizzare questa saggezza, compassione e coraggio nelle mutevoli situazioni della nostra vita quotidiana.
Myoho significa mistica (myo) Legge (ho). Viene chiamata mistica perché va al di là della comprensione razionale. È impossibile vedere myo (l’essenza della vita), che si manifesta solo attraverso ho (l’aspetto fenomenico della vita). Nichiren Daishonin in molti Gosho chiarisce il significato di Myoho: Il Daimoku del Sutra del Loto, L’apertura degli occhi, Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, L’eredità della legge fondamentale di vita e morte, La cura delle malattie karmiche, Lettera a Gijo-bo, Lettera a Nichimyo Shonin, Domande e risposte sulla fede nel Sutra del Loto, L’entità della Legge mistica, Lettera a Horen.
Renge è il fiore di loto. Poiché in questa pianta i fiori e i frutti appaiono simultaneamente, renge sta a indicare la simultaneità di causa ed effetto. Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo, la nostra natura di Budda si risveglia in quel preciso momento. Anche se gli effetti manifesti di una migliore salute, di relazioni più armoniose, in sintesi della trasformazione del nostro karma, si possono manifestare più tardi, noi abbiamo già attivato la nostra Buddità in quel preciso momento.
Kyo letteralmente significa sutra. Sta a indicare tutti i suoni e le vibrazioni dell’universo. Significa anche la trama di un tessuto, indicando l’eternità della vita (per approfondire il significato di Myoho-renge-kyo vedi Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, SND, 4, 5-6).
In un suo scritto il presidente Ikeda spiega dettagliatamente cosa significa rivolgere tutto il nostro essere – il nostro ichinen – verso Nam-myoho-renge-kyo, che poi equivale a realizzare profondamente “così ho udito” nella nostra vita. «“Spirito” – scrive – è la vita interiore, l’ichinen. È ciò che decide a che cosa dedichiamo la vita, la preghiera fondamentale su cui basiamo la nostra esistenza. Lo spirito è invisibile, ma diventa manifesto nei momenti cruciali. Inoltre regola ogni cosa di una persona, ogni momento della giornata: è il fattore decisivo nella vita. Secondo il Sutra Kegon “il cuore è come un abile pittore”, che crea liberamente la rappresentazione di ogni cosa. Il cuore è il pittore, lo scultore, l’architetto del nostro essere. […] Dipingendo nel cuore la visione della propria vita con quanti più dettagli possibili, quel “dipinto” diventa lo schema del futuro. Il potere del cuore permette di fare della propria vita un capolavoro secondo quello schema. Questa è la dottrina dei tremila regni in un singolo istante.
«Quanto più specifico, accurato e pieno di dettagli il disegno che abbiamo nel cuore, tanto meglio. Continuando a dipingerlo a colori vivaci, è necessario perseguirlo a tutti i costi. Allora, in ogni istante, la realtà della nostra vita si avvicina gradualmente al disegno. Come ho detto, ogni cosa dipende da ciò che si ha nel cuore. Le preghiere che vengono dal cuore hanno sempre una risposta. Se noi stessi decidiamo che una cosa è impossibile, allora perfino qualcosa che sarebbe possibile si trasforma in una cosa impossibile. D’altro canto, se crediamo di poter fare una determinata cosa, abbiamo già compiuto un passo verso la sua realizzazione» (Da Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, Esperia, pagg. 86/87).
Quello che spiega Ikeda in sostanza è la fede, l’elemento fondamentale, la base della pratica buddista. «Praticare gli insegnamenti di questo sutra senza fede è come recarsi su di una montagna piena di tesori senza mani [per raccoglierli] o come cercare di compiere un viaggio di mille miglia senza piedi» (SND, 9, 59).
Quando nel brano citato Ikeda afferma: «Quanto più specifico, accurato e pieno di dettagli il disegno che abbiamo nel cuore, tanto meglio. Continuando a dipingerlo a colori vivaci, è necessario perseguirlo a tutti i costi», sta spiegando lo stesso concetto che il Daishonin ribadisce in questo Gosho: «All’età di uno, due o tre anni, un principe ereditario non sa che quando salirà al trono regnerà sull’impero e sarà obbedito dal reggente e dai ministri, ma è pur sempre il principe ereditario. Un neonato si sviluppa naturalmente nutrendosi del latte della madre, benché non sia in grado di analizzarlo. […] Tuttavia, se un devoto del Sutra del Loto che ne recita il titolo anche senza capirne il significato, si lascia intimidire e abbandona la fede, allora è come il giovane imperatore Hu Hai che fu intimidito e infine ucciso da Chao Kao». L’atteggiamento corretto nella fede è quello di lottare fino in fondo, senza fermarsi prima, senza farsi intimidire da qualsiasi difficoltà possa sorgere sul cammino per trasformare il nostro karma.
Insegnamenti provvisori e insegnamento definitivo
Prima e dopo aver spiegato l’importanza del titolo di un sutra, il Daishonin analizza diversi sutra e i loro titoli. I Sutra Agama (giapponese Agon) sono sutra hinayana. I Sutra Saggezza (giapponese Hannya) sono sutra provvisori mayahana. I Sutra della Ghirlanda di fiori (giapponese Kegon) sono gli insegnamenti che Shakyamuni predicò immediatamente dopo la sua Illuminazione e sono considerati secondi per importanza solo al Sutra del Loto.
Nichiren Daishonin spiega che questi sutra contengono insegnamenti progressivi della relazione fra latenza (ku) e esistenza manifesta (ke), e che rappresentano vari livelli di comprensione delle tre verità (ku, ke, chu). Coloro che leggono e studiano questi sutra possono ottenere un buon livello di comprensione della vera natura della vita, ma tuttavia chi ascolta i titoli di questi sutra provvisori non potrà ottenere il beneficio della perfetta Illuminazione, perché tali sutra sono incompleti e non comprendono l’insegnamento di “tremila regni in un singolo momento di vita” (ichinen sanzen). Solo quando visti alla luce del Sutra del Loto essi possono essere compresi pienamente. Il Sutra del Loto è come il filo principale di una rete che tiene insieme tutti gli altri. «Questi titoli – scrive – sono come le maglie di una rete da pesca, mentre il titolo del Sutra del Loto è come la corda che raccoglie le maglie degli otto insegnamenti. Coloro i quali recitano Myoho-renge-kyo, il titolo del Sutra del Loto, anche senza capirne il significato, afferrano non solo il cuore del Sutra del Loto, ma anche l’essenza di tutti gli insegnamenti del Budda».
Questo tema era già stato trattato a fondo dal Daishonin nel 1276, in uno dei suoi dieci maggiori scritti: Ripagare i debiti di gratitudine. «Domanda: Se una persona recita Nam-myoho-renge-kyo senza capirne il significato e un’altra recita Namu-daihokobutsu-kegon-kyo senza capirne il significato, i benefici ottenuti da queste due persone saranno gli stessi oppure no?
«Risposta: Un piccolo fiume può ricevere l’acqua della rugiada, dei ruscelli, delle fonti, dei canali e dei piccoli torrenti, ma non l’acqua di un grande fiume. Un grande fiume può ricevere l’acqua di un piccolo fiume insieme alla sua rugiada, ai suoi ruscelli e così via, ma non l’acqua di un grande oceano. I Sutra Agon sono come il piccolo fiume con le sue sorgenti, torrenti, ruscelli e rugiada, mentre i Sutra Hodo, Amida, Dainichi e Kegon sono come il grande fiume che accoglie il piccolo fiume. Ma il Sutra del Loto è come il grande oceano che può contenere tutta l’acqua che proviene dalla rugiada, dai ruscelli, dalle fonti, dai torrenti, dai piccoli fiumi, dai grandi fiumi e dalle piogge del cielo, senza perderne una sola goccia.
Immagina una persona che bruci per la febbre. Se rimane per un po’ vicino a una grande quantità d’acqua fredda, si rinfrescherà, mentre se si stende presso una piccola quantità d’acqua, continuerà a soffrire come prima. Ugualmente, se un icchantika che ha commesso i cinque peccati cardinali e ha offeso la Legge, tentasse di rinfrescarsi con la poca acqua dei Sutra Agon, Kegon, Kammuryoju e Dainichi, non scaccerebbe mai la violenta febbre delle sue gravi colpe. Ma se giacesse sulla grande montagna nevosa del Sutra del Loto, allora la febbre violenta dei cinque peccati cardinali, delle offese alla Legge, e della sua miscredenza, sparirebbe all’istante.
«Perciò le persone ignoranti dovrebbero a tutti i costi avere fede nel Sutra del Loto. Infatti, sebbene si possa pensare che tutti i titoli dei sutra siano la stessa cosa e che sia altrettanto facile recitare l’uno o l’altro, in realtà il beneficio ottenuto da un ignorante che recita il titolo del Sutra del Loto è di gran lunga superiore a quello ottenuto da un saggio che recita un altro titolo, così come il cielo è superiore alla terra!» (SND, 2, 204-5).
E più oltre, analizzando il significato della frase “Così io ho udito” afferma: «La parola “così” [di Così io ho udito] indica che intendono trasmettere esattamente le dottrine udite predicare dal Budda. Il titolo che precede questa parola riassume tutto il sutra.
«Il Gran Maestro T’ien-t’ai che era presente al Picco dell’Aquila e udì predicare il Sutra del Loto, scrive: “La parola ‘così’ indica l’essenza della dottrina sentita direttamente dal Budda”.
«E il Gran Maestro Chang-an che trascrisse la spiegazione [di T’ien-t’ai del Sutra del Loto] commenta: “[La sua spiegazione del titolo] nell’introduzione racchiude il profondo significato del sutra; il profondo significato è l’essenza dell’opera”.
«In questo passo, le parole “essenza dell’opera” significano che il Daimoku o titolo dell’opera è il cuore del Sutra del Loto. Come afferma il Gran Maestro Miao-lo, “è il cuore del Sutra del Loto, che racchiude tutte le dottrine predicate dal Budda nel corso della sua vita”» (SND, 2, 206-7).
Il tempo di Nam-myoho-renge-kyo
Scrive il Daishonin: «Nam-myoho-renge-kyo non solo è il cuore di tutti gli insegnamenti del Budda, ma è anche il cuore, l’entità e l’essenza del Sutra del Loto. Eppure, per quanto meraviglioso sia questo insegnamento, nessuno negli oltre duemiladuecento anni dalla morte del Budda l’ha mai propagato. Non lo propagarono i ventiquattro successori del Budda in India e neppure T’ien-t’ai e Miao-lo in Cina, né il principe Shotoku o il Gran Maestro Dengyo in Giappone. Di conseguenza, quando io lo esposi, la gente rifiutò di credervi pensando che fosse un falso insegnamento. Ciò è perfettamente comprensibile. Per esempio, se un umile soldato avesse dichiarato di aver sedotto la bella dama di corte Wang Chao-chün, nessuno l’avrebbe creduto. Analogamente, la gente non può credere che un umile prete come me possa esporre Nam-myoho-renge-kyo, il cuore del Sutra del Loto, che non fu propagato neppure da T’ien-t’ai e Dengyo che erano autorevoli come ministri o nobili di corte».
Qual era la differenza sostanziale tra T’ien-t’ai, Dengyo, Nagarjuna, Vasubandhu e tutti gli altri studiosi che precedettero Nichiren? Ne L’apertura degli occhi il Daishonin afferma: «Per quanto riguarda la comprensione del Sutra del Loto, io ho solo una minima parte delle grandi capacità possedute da T’ien-t’ai e Dengyo, ma per la mia capacità di sopportare le persecuzioni e per la mia grande compassione, credo che li farei vergognare» (SND, 1, 113-4).
Nel trattato Le tre grandi Leggi segrete egli entra ancora più in dettaglio: «Ci sono due tipi di Daimoku: quello del periodo di shoho e zoho e quello di mappo. In shoho Nagarjuna e Vasubandhu recitarono Daimoku solo per loro, in zoho Nangaku, Tendai e altri recitarono Nam-myoho-renge-kyo, ma solo come pratica per sé. Non spiegarono la pratica per gli altri. Dopo essere entrati nell’epoca di mappo, ora il Nam-myoho-renge-kyo che recita Nichiren è differente da quello dei tempi precedenti. Nam-myoho-renge-kyo è pratica per sé e per gli altri».
Ciò vuol dire che la differenza sostanziale tra il Daishonin e gli altri studiosi sta proprio nella “pratica per gli altri”, nello shakubuku. Senza questa anche la “pratica per sé” non riesce a trovare il suo pieno valore. Nichiren Daishonin ci ha lasciato, in definitiva, la pratica per gli altri come unica via per ottenere l’Illuminazione. Infatti nel Gosho Domande e risposte sulla fede nel Sutra del Loto si legge: «Recita Nam-myoho-renge-kyo sinceramente ed esorta gli altri a fare la stessa cosa; questo resterà il solo ricordo della tua vita presente in questo mondo umano» (SND, 7, 24).
Rapporto maestro/discepolo
“Così ho udito” ci rimanda a un altro principio che costituisce la spina dorsale dell’insegnamento buddista: unità del rapporto maestro e discepolo. «La frase “Così io ho udito” per i discepoli significa prendere una ferma determinazione: è la dichiarazione di impegnarsi nella lotta per salvare la gente come fece il loro maestro, pronti ad affrontare qualsiasi avversità» (Saggezza, 1, 57).
Nel Mondo del Gosho (Il Nuovo Rinascimento, n. 256, pag. 20) il presidente Ikeda osserva: «Il Daishonin spiega chiaramente che la strada per la Buddità si trova soltanto nello sforzo di diffondere l’insegnamento per condurre le persone alla felicità. Come ho già detto, il Buddismo è pratica. Significa decidere personalmente e con tenacia di agire per realizzare kosen-rufu, indipendentemente dagli ostacoli che possono sorgere. La strada per la Buddità si imbocca soltanto compiendo sforzi incessanti basati sulla stessa determinazione del Budda. […] Il grande desiderio che tutte le persone siano felici è l’espressione della vita del Budda in termini umani. Per questo possiamo capirlo e farlo nostro». E il suo interlocutore Katsuji Saito commenta: «Il Daishonin chiede ai suoi discepoli di “fare un grande voto” e di “dedicare la propria vita al grande desiderio di kosen-rufu”».
Rivelando il suo grande voto il Daishonin, indica ai discepoli la strada per ottenere la vittoria e la felicità nella vita. «Perché formulare un grande voto – scrive Ikeda – crea un Io forte. La promessa di lavorare per un nobile scopo, ci permette di superare le nostre debolezze, diventa una forte base di appoggio che ci aiuta a superare qualsiasi difficoltà».