Cosa significa conseguire la Buddità? A volte ho l’impressione che sia solo un termine astratto e non so da dove cominciare.
La finalità degli insegnamenti buddisti è mettere in grado ogni persona di manifestare lo stato nobile e infinitamente potente della Buddità per trasformare le difficoltà e le sofferenze in una vita di gioia, in cui sentirsi “felici e a proprio agio”.
A livello profondo molte delle nostre sofferenze hanno radice nella tendenza a dubitare di poter trasformare la nostra vita attraverso l’impegno personale, cioè nella mancanza di fiducia in noi stessi.
Tuttavia, il principio buddista del mutuo possesso dei dieci mondi spiega che, indipendentemente dalla condizione vitale nella quale ci troviamo, siamo dotati sempre e comunque del mondo di Buddità e in qualsiasi momento abbiamo la possibilità di manifestarlo.
È difficile descrivere a parole cosa sia la Buddità. Può essere definita come la suprema funzione della vita che muove gli altri nove mondi verso la creazione di un valore illimitato.
Conseguire la Buddità significa fare di questo stato vitale la nostra tendenza fondamentale. Naturalmente non saremo liberi da problemi e sofferenze, perché avremo ancora gli altri nove mondi, ma alla base la nostra vita sarà caratterizzata da speranza, gioia e tranquillità. Inoltre, come in uno specchio, c’è una continuità invisibile tra il processo di far emergere la nostra natura di Budda e l’emergere della Buddità nella vita degli altri.
Nella realtà di ogni giorno ci troviamo faccia a faccia con il senso di impotenza e capita di sentirci sovrastati dalle difficoltà. Come possiamo trasformare velocemente questi sentimenti?
Nichiren Daishonin ci ammonisce con queste parole:
«Non pensare mai che qualcuno degli ottantamila sacri insegnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva delle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 3)
Ecco la chiave: sviluppare la convinzione assoluta che ogni cosa è racchiusa nella nostra vita, che noi stessi siamo entità della Legge mistica, che siamo dei Budda e quindi abbiamo la possibilità di trasformare qualsiasi situazione.
Ciò significa recitare Nam-myoho-renge-kyo assumendoci fino in fondo la responsabilità di migliorare la nostra vita piuttosto che cercare la felicità in qualche luogo lontano da noi. Lamentarci e incolpare l’ambiente della nostra infelicità non fa che ritardare la trasformazione del nostro karma.
Il Daishonin afferma che l’unico modo per liberarci dalle sofferenze e dalle illusioni consiste nel credere fermamente che la sconfinata condizione vitale di Buddità è dentro di noi e recitare Nam-myoho-renge-kyo per manifestarla.
Il maestro Ikeda scrive a riguardo:
«Tutti voi siete originariamente dei Budda. Credete in voi stessi. Non vi è alcun bisogno di paragonarsi agli altri e lasciare che questo determini la vostra felicità. Ma se non riuscite a credere di essere entità della Legge mistica, non svilupperete mai un’autentica e profonda fiducia in voi stessi e finirete per cercare la strada della felicità al di fuori di voi.
[…] Tutti voi siete meravigliosi, nobili Budda, dalla missione incredibilmente preziosa.
Non paragonatevi agli altri. Apprezzatevi e accettatevi per ciò che siete, e impegnatevi sempre a sviluppare il vostro unico potenziale.
E così come ciascuno di voi è un Budda, lo è anche chi vi circonda, nessuno escluso. Per questo è importante nutrire il massimo rispetto e avere la massima cura dei compagni di fede. Questa è la chiave dell’unità della Soka Gakkai» (La saggezza per creare la felicità e la pace, pag. 39)
Se non riusciamo a credere fermamente che l’indistruttibile stato vitale della felicità esiste dentro di noi, saremo portati a cercarla nelle apparenze esterne o nella vanità. Ma la felicità riguarda ciò che sentiamo dentro, è una risonanza profonda nelle nostre vite.
Il Buddismo spiega che la causa della sofferenza risiede dentro di noi e per tale ragione abbiamo la possibilità di trasformarla in felicità grazie al potere della Buddità.
Da questa prospettiva i momenti più difficili sono un’occasione preziosa per andare davanti al Gohonzon con la decisione incrollabile di non essere sconfitti e per credere che la felicità interiore è possibile ogni giorno pregando fino in fondo con una determinazione ancora più forte.
Avere un cuore incrollabile di fronte alle avversità significa essere veramente felici.
Nel corso della nostra pratica buddista è molto importante fare esperienze tangibili su cosa significa percepire che la propria vita è Nam-myoho-renge-kyo, soprattutto quando ci sentiamo le persone più sbagliate del mondo.
Il potere e la condizione vitale della Buddità vanno oltre la portata dell’immaginazione e sfuggono a una descrizione verbale, però possiamo manifestarli concretamente nelle nostre vite. Il maestro Ikeda scrive:
«Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, descriveva così l’infinito potere della Legge mistica: “È come giacere supini in un grande spazio aperto, con le braccia e le gambe distese, e guardare il cielo sovrastante. Tutto ciò che desideri immediatamente appare. Per quanto tu possa donarne agli altri, non si esaurisce mai. Prova a vedere se riesci a raggiungere questa condizione vitale”» (Lezione sul Conseguimento della Buddità in questa esistenza, pag. 39)
Per riassumere, la Buddità è una condizione di felicità assoluta e indistruttibile, che non è turbata dai mutamenti delle circostanze o dalle difficoltà. Sebbene non implichi la libertà dalle sofferenze e dai problemi, il manifestarsi della Buddità comporta il possesso di una inesauribile forza vitale e di una saggezza illimitata, che ci permettono di affrontare e superare tutte le sofferenze che incontriamo nel corso della vita. Se raggiungiamo una simile condizione, possiamo vivere la nostra esistenza con fiducia incrollabile.
La Buddità è inoltre caratterizzata da una profonda compassione per gli altri.
Mirare solamente alla propria Illuminazione, infatti, non è in accordo con la via indicata dal Buddismo che espone l’importanza di insegnare anche agli altri la via della felicità. La pratica per noi stessi e la pratica per gli altri sono come le due ali di un uccello. I nostri sforzi per migliorare la società e l’ambiente in cui viviamo non sono che il naturale riflesso dei nostri sforzi interiori per manifestare la nostra Buddità. Nella visione buddista, infatti, la vita e il suo ambiente sono fondamentalmente una cosa sola, sono inseparabili.
