PER LE RIUNIONI DONNE DI SETTEMBRE IL MATERIALE DI RIFERIMENTO È IL SETTIMO CAPITOLO DE IL MONDO DEL GOSHO INTITOLATO “CON UN’UNICA MENTE”
Di seguito una sintesi dei punti principali del settimo capitolo:
- L’espressione “cuore del re leone” negli scritti del Daishonin è il nucleo della relazione tra maestro e discepolo. Il Daishonin si paragona a un leone perché ha manifestato la Buddità nella sua vita. Nei sutra il leone simboleggia il Budda e la sua predicazione viene chiamata «il ruggito del leone».
- Lo spirito del leone è rappresentato dal coraggio. Coraggio e fede vanno di pari passo.
- Il cuore del re leone è la condizione vitale di chi ha vinto sull’oscurità fondamentale della vita e manifesta il potere dell’illuminazione. La fede è la causa e la Buddità è l’effetto; causa ed effetto sono contenuti in un singolo istante di vita (principio di simultaneità di causa ed effetto).
- Il Daishonin spiega di aver ottenuto l’Illuminazione grazie al passo del Sutra del Loto che dice «con un’unica mente desiderano vedere il Budda senza esitare anche se ciò dovesse costargli la vita». Questo brano indica un ardente spirito di ricerca: la mente di una persona comune che ricerca il Budda manifesta direttamente la mente del Budda; ciò significa dedicarsi a kosen-rufu con il cuore del re leone, continuando a diffondere la Legge mistica.
- Agire in prima persona e incoraggiare gli altri a fare lo stesso è lo spirito di un vero praticante buddista.
CON IL CUORE DEL RE LEONE

Noriko Tanaka, vice responsabile nazionale donne, e Giusy Trotta, responsabile donne della regione Veneto, dialogano insieme su alcuni brani del settimo capitolo de Il mondo del Gosho
Noriko: Studiare questo capitolo è stata un’occasione straordinaria perché mi ha spinta ad approfondire il significato del “cuore del re leone”. Ikeda Sensei spiega che esso rappresenta la condizione vitale di una persona che, grazie alla fede e alla pratica buddista, riesce a vincere sull’oscurità fondamentale e a manifestare la Buddità che esiste nella nostra vita. Infatti scrive:
«Nel Buddismo il cuore del re leone è la condizione vitale interiore di una persona che grazie alla Legge mistica ha vinto sull’oscurità fondamentale inerente alla vita e manifesta il potere dell’illuminazione. È la Buddità che si manifesta se riusciamo a superare le illusioni innate della vita grazie a una forte fede. Perciò il “cuore del re leone” ha la saggezza e la compassione del Budda. La fede è la causa e la condizione vitale della Buddità è l’effetto. Sia la causa sia l’effetto sono contenuti in un singolo istante vitale» (pag. 186)
Giusy: Ogni volta che riesco a pregare con convinzione trovo riscontro in queste parole di Sensei. Tra le varie caratteristiche del re leone, egli spiega che significa anche “coraggio”, in particolare il coraggio di perseverare davanti a qualsiasi difficoltà. E sottolinea che questo coraggio conduce direttamente alla felicità. Personalmente ho approfondito molto questo punto, che sebbene sia abbastanza semplice da cogliere razionalmente, rappresenta sempre una sfida quando l’illusione esercita “il comando” sulla mia mente, avvolge il mio cuore e mi impedisce di credere.
Noriko: Trovo bellissima questa riflessione… A volte quando siamo presi di mira dalle funzioni demoniache, l’oscurità fa emergere un cuore codardo e non riusciamo a sentire il nostro coraggio. Di conseguenza, ci sentiamo confusi e non vediamo una via d’uscita. Sono moltissime le guide e le lezioni dove Sensei ci ricorda che siamo “cuccioli del re leone”, e che la nostra essenza è uguale a quella del maestro. È una cosa che mi incoraggia moltissimo. Scrive Sensei:
«Ma la cosa più importante è l’unicità di maestro e discepolo, il fatto che un cucciolo di leone diverrà anch’esso un leone. Con questa frase il Daishonin ci insegna a combattere con lo stesso spirito del maestro» (pag. 191)
Giusy: A proposito di questo, c’è un passaggio che mi ha fatto riflettere perché mette in evidenza quanto sia difficile assumersi spontaneamente la responsabilità e decidere in prima persona di alzarsi e lottare fino in fondo. Personalmente, mi sono sempre sentita spronata a sfidarmi osservando quello che ha fatto Sensei nel corso della sua vita, con una decisione assoluta. Il suo esempio mi incoraggia ad assumermi la responsabilità in prima persona. La nostra essenza di “cuccioli del re leone” emerge proprio quando ricerchiamo lo stesso atteggiamento del maestro. Se invece siamo passivi e non ricerchiamo il cuore del maestro, non possiamo definirci “veri” discepoli, come scrive Sensei:
«Il Daishonin incita i suoi discepoli a non risparmiare la propria vita “come Nichiren” e a “propagare il Sutra del Loto con il suo stesso atteggiamento”. I discepoli che aspettano che sia il maestro a fare qualcosa per loro in realità stanno seguendo gli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto. I veri discepoli del sutra sono coloro che si impegnano esattamente quanto il maestro» (pag. 193)
Noriko: Sono d’accordo, infatti mentre porto avanti la mia battaglia studiando il Gosho, spesso leggo un’affermazione di Nichiren Daishonin che ci esorta a “praticare come Nichiren”, “con lo stesso spirito di Nichiren” e penso allo spirito con cui Nichiren Daishonin e il maestro combattevano contro le avversità.
Come tutti gli esseri umani anch’io ho un cuore in continuo movimento, perciò mi sfido nel recitare Daimoku sforzandomi di unire il mio cuore con quello del mio maestro, un cuore rivolto alla realizzazione di kosen-rufu. Grazie a questo sforzo, il mio “cuore del re leone” diventa sempre più solido e per me questa è sempre stata la strada vincente per superare qualsiasi difficoltà.
Giusy: Riguardo all’importanza della non dualità di maestro e discepolo, mi ha colpito anche questo passaggio in cui Sensei ci incoraggia a impegnarci in prima persona:
«Chi riverisce il Budda da lontano, come semplice spettatore, non è un autentico discepolo. Se non combattiamo per la felicità di tutte persone con la stessa dedizione del maestro, come hanno fatto insieme in perfetta unità il Budda e i Bodhisattva della Terra sin dal remoto passato, non possiamo definirci “cuccioli del re leone”» (pag. 192)
Giusy: L’atteggiamento passivo, di spettatore, non è contemplato nel Buddismo di Nichiren Daishonin… Ogni volta che nella mia vita assumo un atteggiamento del genere, mi rendo conto che sto seguendo un’idea personale. Quando delego la responsabilità a qualcun altro, la mia vita si appesantisce e tutto diventa “un’infinita austerità”. Al contrario, sento emergere dalla mia vita il coraggio, la forza vitale e la speranza quando, pur nelle difficoltà, sfido le mie paure e decido di alzarmi facendo mia la decisione di realizzare kosen-rufu.
Noriko: Questo punto ha colpito anche me e ci rifletto sempre. Avere l’atteggiamento di un semplice spettatore mentre ci impegniamo per realizzare kosen-rufu è come osservare un incendio dalla sponda opposta. Sensei spiega chiaramente che il cucciolo del re leone non delega agli altri la sua battaglia e non aspetta che sia il maestro a risolvere i suoi problemi. Lo spirito di “alzarsi da soli” è un’esortazione ad agire in prima persona come protagonisti di kosen-rufu. Infatti Sensei afferma:
«Il mondo di Buddità si manifesta nella nostra vita quando lottiamo incessantemente per kosen-rufu tirando fuori il coraggio e sfidando noi stessi e, quando le nostre forze vacillano, tirando fuori ancor più coraggio e spronandoci ad avanzare ancora» (pag. 193)
Giusy: Nella mia esperienza personale ho avuto tante occasioni che mi hanno spinto a ricercare come poter risvegliare il cuore del re leone dentro la mia vita.
Io sono una cantante, precisamente un’artista del coro. Una volta, durante le prove, ci siamo imbattuti in un brano musicale nel quale voci diverse dovevano cantare all’unisono, cantare la stessa nota. Essendo tutti professionisti, il suono è stato eseguito bene, ma abbiamo continuato a provare perché non si otteneva il risultato sperato, non si realizzava lo scopo di toccare, smuovere il cuore di chi ascoltava. Ho trovato la risposta in queste parole dove Sensei spiega il “potere della voce” che emette il ruggito del re leone:
«Per risvegliare dentro la nostra vita il “cuore del leone” e manifestarlo all’esterno dobbiamo emettere il ruggito del leone. Quando il maestro ruggisce, il discepolo risponde. E, una dopo l’altra, tante persone illuminate iniziano a emettere il ruggito del leone con voce possente, sgominando così la natura demoniaca di tutte le volpi astute» (pag. 216)
Noriko: Credo che la più grande prova concreta del Daimoku del ruggito del leone, che ha il potere di risvegliare il cuore degli altri, sia rappresentato dalla storia dello sviluppo della Soka Gakkai, i cui membri lottano insieme al maestro senza risparmiare la propria vita e si dedicano a perseguire la felicità di tutte le persone.
La storia dello sviluppo della Soka Gakkai e della diffusione del Buddismo di Nichiren in tutto il mondo mi tocca il cuore profondamente, proprio perché è la straordinaria prova concreta del potere del Daimoku del ruggito del leone, del potere della non dualità di maestro e discepolo.
Quando mi sforzo di recitare all’unisono con il maestro sento che anche il mio Daimoku diventa il Daimoku del ruggito del leone, e posso contribuire a scrivere questa storia meravigliosa di kosen-rufu nel mondo.
ESTRATTO DA IL MONDO DEL GOSHO
(pagg. 186-193, ultima edizione in un unico volume)
Di seguito alcuni brani tratti dal settimo capitolo “Con un’unica mente” che possono essere utili per la riunione donne che si terrà nella settimana che va dal 18 al 24 settembre.
Per coloro che desiderano approfondire l’intero capitolo, è disponibile il libro edito da Esperia.
IKEDA: Nel Buddismo il cuore del re leone è la condizione vitale interiore di una persona che grazie alla Legge mistica ha vinto sull’oscurità fondamentale inerente alla vita e manifesta il potere dell’illuminazione. È la Buddità che si manifesta se riusciamo a superare le illusioni innate della vita grazie a una forte fede. Perciò il «cuore del re leone» ha la saggezza e la compassione del Budda. La fede è la causa e la condizione vitale della Buddità è l’effetto. Sia la causa sia l’effetto sono contenuti in un singolo istante vitale.
SAITO: Questo è il principio della simultaneità di causa ed effetto.
IKEDA: Esatto. Di conseguenza potremmo dire che il cuore del re leone è l’essenza del Buddismo di Nichiren, il Buddismo della causa originale.
MORINAKA: Ci sono numerosi passi in cui Nichiren Daishonin parla del «cuore del re leone». Per esempio in Lettera da Sado, Le persecuzioni che colpiscono il santo, Risposta a Kyo’o e Nel continente di Jambudvipa.
SAITO: Possiamo dedurre che il Daishonin usi la metafora del re leone per descrivere in termini facilmente comprensibili la sua condizione vitale di Budda dell’Ultimo Giorno della Legge.
IKEDA: Il Buddismo di Nichiren è proprio «la religione del re leone». La ragione principale per cui il Daishonin si paragona a un leone è che ha manifestato la condizione di Buddità nella sua vita. Anche nei sutra vediamo che il leone simboleggia il Budda.
MORINAKA: Il seggio del Budda viene chiamato il «trono del leone» e la sua predicazione il «ruggito del leone».
IKEDA: C’è un filo comune in questo simbolismo. Consideriamo cosa di solito si associa all’immagine di un leone.
MORINAKA: Anzitutto l’immagine di un re, di un sovrano. Sin dai tempi antichi il leone viene comunemente considerato il «re degli animali». Nel Sutra della vera riconoscenza il Daishonin descrive il leone come «il re di tutti gli animali che si muovono sulla terra».
Inoltre, il leone è un predatore, il più grosso membro della famiglia dei felini, e i leoni maschi hanno splendide criniere.
SAITO: Sembra che un tempo i leoni abitassero in molte parti del pianeta e che ancora duemila anni fa ve ne fossero allo stato brado anche in alcune regioni d’Europa come la penisola iberica e la Grecia settentrionale.
IKEDA: Nell’antichità i leoni erano considerati simboli di perenne giovinezza e di immortalità.
MORINAKA: In Mesopotamia si credeva che la pelle e il grasso di leone avessero la proprietà di donare l’eterna giovinezza e l’immortalità e che per ottenerle bastasse indossare la pelle o ungersi il corpo con il grasso.
IKEDA: Ercole, l’eroe della mitologia greca, indossava una pelle di leone come mantello e aveva come elmo una testa di leone. Quando Alessandro il Grande compì la spedizione in India fu incoraggiato dal suo maestro Aristotele a «essere come un leone». Per questo fece incidere sulla sua armatura l’immagine degli occhi del leone e indossò un elmetto a forma di testa di leone.
SAITO: La criniera dorata del leone spesso viene associata all’immagine del sole.
MORINAKA: Gli occhi del leone erano simbolo di vigilanza e di attenzione. Si pensava che l’occhiata di un leone bastasse a rimpicciolire un nemico per la paura e a pietrificarlo.
Per questo i leoni venivano utilizzati come divinità guardiane delle porte dei castelli. Ne sono un esempio i leoni scolpiti davanti all’ingresso meridionale del Grande Stupa di Sanchi.
IKEDA: Il leone evoca anche l’immagine della costellazione omonima. Tra l’altro, attorno al 18 novembre dello scorso anno vi fu una spettacolare serie di piogge di meteoriti provenienti da quella costellazione.
SAITO: La storica dell’arte bulgara Axinia Djourova diceva che il leone simboleggia il potere della parola, la vittoria sul male, la ricompensa per le buone azioni e la speranza dell’immortalità.
IKEDA: Il leone è veramente un simbolo del potere del bene. Nei sutra i Budda vengono descritti come «quei saggi sovrani, quei leoni». Ed è risaputo che molte delle colonne su cui venivano iscritti gli editti, fatte erigere dall’antico re indiano Ashoka, recavano sulla sommità sculture a forma di leone.
MORINAKA: La Colonna di Ashoka a Sarnath, dove si trova il Parco dei cervi in cui Shakyamuni predicò la Legge per la prima volta dopo la sua illuminazione, è sormontata da un capitello che raffigura quattro leoni e dalle ruote del Dharma rivolte verso i punti cardinali.
IKEDA: Un leone è valoroso, deciso, potente. Emana un’aura di maestà in grado di soggiogare tutti gli altri animali. Sono queste qualità del leone che il Daishonin sottolinea ripetutamente nei suoi scritti. Per esempio cita il passo del Sutra del Loto che parla della «potenza dei Budda simile a un leone all’attacco» o paragona il Budda a un leone che confuta con successo i credenti non buddisti, anche se numericamente superiori.
MORINAKA: Paragonando il Sutra del Loto agli altri sutra, il Daishonin afferma che è come «contrapporre una volpe o un coniglio a un leone e chiedere chi sia il più forte!».
IKEDA: Egli mette in evidenza anche l’atteggiamento calmo e senza paura del leone.
SAITO: In un famoso passo il Daishonin scrive a proposito dei benefici che acquisiscono coloro che credono nel Gohonzon: «Ovunque tua figlia possa saltare e giocare, non le accadrà niente di male; potrà andare in giro senza paura come il re leone».
IKEDA: Sono molti i punti in cui il Daishonin menziona la formidabile potenza del leone che incute venerazione e rispetto in tutti gli altri animali. E parla anche della particolare caratteristica del leone che, quando attacca, impiega tutta la sua forza senza mai sottovalutare l’avversario. Questo principio viene chiamato «avanzare di tre passi e poi raccogliersi su se stessi per saltare».
La metafora del re leone viene usata nel Gosho soprattutto per rappresentare il Budda e in particolare Nichiren Daishonin: «Il devoto del Sutra del Loto è come il leone o il sole». Altrove egli parla di se stesso come del «re leone Nichiren».
SAITO: Il Daishonin paragona al re leone anche il Sutra del Loto, re di tutti i sutra.
IKEDA: Ma la cosa più importante è la non dualità di maestro e discepolo, il fatto che un cucciolo di leone diverrà anch’esso un leone. Con questa frase il Daishonin ci insegna a combattere con lo stesso spirito del maestro. Egli scrive: «Il leone non teme nessun altro animale e così neppure i suoi cuccioli» e «Un vitello generato dal re toro diventerà un re toro, non sarà mai un re leone. Il cucciolo del re leone diventerà un re leone, non diventerà mai un re umano o un re celeste». Un cucciolo di leone crescendo diventa un leone e allo stesso modo i figli del Budda che si sforzano di realizzare kosen-rufu, anche se sono persone comuni, diventeranno senza alcun dubbio dei Budda. Questa è l’essenza del corretto insegnamento del Buddismo. Asserire che il Budda esiste separato dagli esseri umani e che le persone comuni sono destinate soltanto a essere guidate per sempre dal Budda non è vero Buddismo. Il Sutra del Loto insegna che tutte le persone sono Budda e Shakyamuni cerca di far sì che tutti riescano a conseguire una condizione vitale elevata come la sua.
SAITO: Sì, anche se gli altri sutra magnificano la grandezza di Shakyamuni e dei Budda di altre terre, non rivelano la grandezza degli esseri umani che hanno tutti senza eccezioni la capacità di diventare Budda. Solo il Sutra del Loto espone compiutamente una filosofia basata sul rispetto per gli esseri umani.
IKEDA: Chi riverisce il Budda da lontano, come semplice spettatore, non è un autentico discepolo. Se non combattiamo per la felicità di tutte le persone con la stessa dedizione del maestro, come hanno fatto insieme in perfetta unità il Budda e i Bodhisattva della terra sin dal remoto passato, non possiamo definirci «cuccioli del re leone». E ancor peggio se siamo cuccioli di leone ma agiamo in modo da farci schernire dalle «volpi», non possiamo definirci successori del re leone.
Solo quando facciamo nostro il cuore del leone e combattiamo in completa unità col nostro maestro, solo allora portiamo avanti l’eredità del Sutra del Loto, la scrittura dell’unicità di maestro e discepolo.
Nessuno di noi è convinto sin dall’inizio di possedere un grande potere. Ma quando prendiamo coraggio dall’esempio del maestro, la forza di agire e di combattere scaturisce dalle nostre vite. Quella forza e quelle capacità in realtà sono già dentro di noi perché abbracciamo la Legge mistica che è il re leone.
Scrive il Daishonin: «Supponete che un leone abbia cento cuccioli: quando il re leone ruggisce vedendo i cuccioli minacciati da altre fiere o da uccelli da preda, i cento cuccioli prenderanno coraggio e la testa delle altre fiere e uccelli da preda si romperà in sette pezzi».
Così, prendendo coraggio dal ruggito del re leone, il maestro, i cento cuccioli, che rappresentano i discepoli, sconfiggono le altre bestie e i predatori che li attaccano.
SAITO: Se i discepoli contano solo sul maestro per combattere e sconfiggere le forze demoniache e non si assumono in prima persona la responsabilità della battaglia, decisi a uscirne vittoriosi, non stanno affatto portando avanti lo spirito del maestro.
IKEDA: Il Daishonin incita i suoi discepoli a non risparmiare la propria vita «come Nichiren» e a «propagare il Sutra del Loto con il suo stesso atteggiamento». I discepoli che aspettano che sia il maestro a fare qualcosa per loro in realtà stanno seguendo gli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto. I veri discepoli del sutra sono coloro che si impegnano esattamente quanto il maestro.
Nel Gosho Nel continente di Jambudvipa il Daishonin afferma: «Il mio desiderio è che i miei discepoli siano come i cuccioli del re leone e che non si facciano mai deridere dai branchi di volpi. È difficile incontrare un maestro come Nichiren che, da lontani kalpa fino a ora, non ha mai risparmiato il corpo o la vita per denunciare le colpe dei suoi potenti nemici!». Ho praticato seguendo queste parole e vorrei ripeterle anche ai membri della Divisione giovani che porteranno avanti l’eredità della Soka Gakkai. Kosen-rufu è una battaglia contro le forze demoniache che non può essere vinta se si possiede poca convinzione. Lo stesso Daishonin affrontò dure persecuzioni, fra cui l’esilio, e rischiò anche la condanna a morte. Durante la persecuzione di Atsuhara alcuni suoi discepoli furono decapitati.
Il mondo di Buddità si manifesta nella nostra vita quando lottiamo incessantemente per kosen-rufu tirando fuori il coraggio e sfidando noi stessi e, quando le nostre forze vacillano, tirando fuori ancor più coraggio e spronandoci ad avanzare ancora. Senza il potere del mondo di Buddità non potremmo trionfare sui nostri potentissimi nemici.
A meno che non ci sforziamo senza risparmiarci, inoltre, non potremo proteggere gli interessi della gente comune. Imprimiamo nel nostro cuore la frase: «Sforzatevi di smascherare le malefatte di potenti avversari senza risparmiare la vostra vita». La vera vittoria non si può ottenere senza combattere le forze demoniache e smascherare le malefatte di potenti avversari. Il primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi dichiarò che dovremmo far sì che queste funzioni demoniache vengano allo scoperto.
