Nel cinquantacinquesimo anniversario della prima visita del presidente Ikeda in Italia (ottobre 1961), con infinita gratitudine per il nostro maestro ripercorriamo alcune tappe dei suoi viaggi. Un’occasione preziosa per rideterminare il nostro impegno per lo sviluppo di kosen rufu nel nostro paese. Di seguito un brano dalla bellissima lezione tenuta all’Università di Bologna Lo sguardo universale di Leonardo e il parlamento dell’umanità (giugno 1994)
Credo che la «volontà di dominare se stessi» sia il primo insegnamento che dobbiamo ereditare da Leonardo. Uomo libero, autonomo e assolutamente indipendente, egli non solo rifiutava la prigionìa delle norme etico-religiose, ma era anche svincolato da tutte quelle relazioni o strutture che regolano la convivenza umana: la patria, la famiglia, gli amici, i conoscenti… Da vero cosmopolita viveva in modo solitario e distaccato. […]
Non era un uomo insensibile, né mancava di virtù morali, ma per tutta la vita rimase fedele alle proprie aspirazioni e distaccato dalle cose terrene. In qualunque situazione, favorevole o svantaggiosa, Leonardo non mostrava quasi mai interesse per valori comuni quali l’amor di patria, l’amicizia o l’inimicizia, il bene o il male, il bello o il brutto, il guadagno o la perdita. Non si lasciava allettare dalla promessa di onori e denaro, ma non cercava neppure di opporsi alla volontà dei potenti. Continuava semplicemente ad andare avanti, inseguendo solo ciò che gli stava a cuore. La sua strada non aveva nulla a che fare con l’etica mondana che vietava di servire due padroni. […]
La sua natura di uomo libero e cosmopolita si manifestava nella capacità di andare al di là delle regole: in lui si sono realizzate le più alte aspirazioni di vitalità e originalità del Rinascimento italiano. Credo che tutto ciò sia stato reso possibile dalla sua non comune “volontà di dominare se stesso”: «Non si pò avere maggior né minor signoria – scrisse – che quella di se medesimo» (Codice H 119, Bibliothéque de l’Institute de France, Paris). Per Leonardo, quindi, il dominio di se stesso era il primo imperativo morale: la questione più importante di tutte le altre. Chi esercita a pieno il controllo di sé – credo – può adattarsi liberamente a qualunque realtà; l’atteggiamento verso i fatti della vita, di conseguenza, verso il bello e il brutto, il bene e il male, acquista un valore secondario.
(Ai miei cari amici italiani, IBISG, 2003, pagg. 82-83)