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Con il cuore libero di desiderare l'impossibile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:30

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Con il cuore libero di desiderare l’impossibile

Maida Caria, Torino

Il beneficio della pratica buddista ha permesso a Maida di affermare il suo valore come essere umano e come donna. Questa trasformazione ha fatto emergere il lei la forza e il coraggio per realizzare il suo sogno lavorativo, anche se le circostanze non la soddisfacevano, arrivando a ricoprire un ruolo di alto profilo nella sua azienda

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Ho iniziato a praticare nel 2001 per un problema di dipendenza affettiva: i miei rapporti di coppia erano il mio oggetto di culto, vivevo nell’illusione che nel fidanzamento avrei trovato la felicità, ma in realtà quella era la punta dell’iceberg di una profonda infelicità. 
Sono cresciuta con due genitori che litigavano in continuazione, con problemi di bulimia e grande disistima verso di me. Vivevo con lo sguardo rivolto a terra nella speranza di non essere vista e frequentavo, da anni fuori corso, la facoltà di Economia e commercio, una scelta voluta più da mio padre che da me, che invece avrei voluto lavorare nel sociale. 
Proprio a causa del rapporto conflittuale con mio padre sono andata via di casa a ventitré anni sbattendo la porta. Lavoravo nei bar per mantenermi. 
La mia vita era una gabbia e non avevo le chiavi per uscirne e prendere il volo. Quando mi parlarono della pratica buddista, fui così felice di scoprire che esisteva una soluzione alle mie sofferenze e che tutto dipendeva solo da me! 
Il primo grande beneficio è stato quello di dare valore alla mia vita, a partire dall’università, perché ho capito che la mia laurea in Economia e Commercio sarebbe stata molto preziosa nel sociale. Quindi ho portato a termine i miei studi con una tesi sul volontariato per testimoniare che ci sono organizzazioni basate sulla solidarietà che realizzano cose meravigliose. Questo è stato il primo mattoncino della mia crescita professionale nel mondo del Terzo Settore. 
Recitavo Daimoku costantemente per lavorare nel no profit, questo era il mio obiettivo, ma nel frattempo accettavo altri impieghi per mantenermi, mentre il mio impegno nell’attività buddista cresceva.
Circa un anno dopo la laurea, per una serie fortunata di circostanze un Centro di servizi per il volontariato mi ha assunta come collaboratrice. Il lavoro mi piaceva molto, ma il mio karma continuava a manifestarsi perché non mi sentivo valorizzata. Ancora una volta la mia tendenza era quella di scappare, allora ho chiesto un incoraggiamento nella fede in cui mi è stato suggerito di smettere di lamentarmi, di impegnarmi in quel lavoro come se fosse il lavoro della mia vita e di non cercare le cause della mia sofferenza al di fuori di me.
Quindi ho rilanciato, accompagnata dagli incoraggiamenti di Ikeda Sensei che scrive:

«Potreste ritrovarvi in situazioni estremamente difficili in cui sfidarvi. Potrebbe sembrarvi che i riconoscimenti importanti siano oltre la vostra portata. Ma […] continuate a sforzarvi per realizzare i vostri ideali nel luogo della vostra personale missione. Questo è il modo per costruire una fortezza di vittoria eternamente indistruttibile nel vostro cuore» (BS, 172) 

Così mi sono data l’obiettivo di amare il mio lavoro e contemporaneamente una collega è andata in maternità lasciando a me il compito di occuparmi del Servizio Civile, un’attività rivolta agli adolescenti tra 18 e 28 anni; allora ho realizzato che enorme opportunità avessi di incoraggiare tantissimi giovani sui temi della nonviolenza inserendo le parole di Sensei nella formazione con loro. Grazie al mio impegno siamo passati da 12 ragazzi in servizio civile a 250! 
Inoltre, i fondi versati al Centro servizi iniziavano a scarseggiare per cui ho deciso di implementare la nostra attività commerciale, in cui stavamo muovendo i primi passi. In questo modo sono riuscita a portare le entrate dell’area in cui lavoravo da 900 a 100.000 euro in sei anni, garantendo anche la possibilità di lavorare a una ragazza che aveva finito il tirocinio da noi. Non sentivo più insoddisfazione perché non c’era gratificazione maggiore che realizzare il desiderio del mio maestro di contribuire alla crescita di giovani di valore.
Aspiravo a far crescere questa attività, tanto da farla diventare un’area di cui diventare dirigente. Mi sono resa conto che di fronte all’atteggiamento svalutante o giudicante di uomini autoritari, come potevano essere mio padre o il mio capo, io ero sempre pronta a mettere in discussione me stessa e l’insicurezza prendeva il sopravvento. La paura di perdere la considerazione di quella persona annebbiava la mia capacità di valutare i miei comportamenti e mi sentivo in difetto. 
Questa consapevolezza mi ha portato a provare tanta rabbia, e ho pregato per diventare abbastanza forte da essere indipendente dal giudizio degli altri. Nel frattempo, ho continuato a lavorare al meglio delle mie possibilità, con senso di responsabilità e senza aspettarmi gratificazioni dall’esterno, continuando a far crescere l’area di cui mi occupavo. 
Intanto, sono stata nominata referente dei Giovani gigli bianchi della regione Piemonte sud e mi sono messa l’obiettivo che questa attività contribuisse all’emancipazione delle donne sul lavoro affinché venisse riconosciuto il loro valore professionale e riuscissero ad occupare posizioni apicali; inoltre, in occasione del meeting donne e giovani donne in un settore ci siamo messe l’obiettivo di portare ognuna una shakubuku e così abbiamo raggiunto 55 presenze (in statistica non superavamo le trenta donne), tra cui anche dieci giovani donne! 
A metà luglio è successo quello che non avrei mai immaginato, sono stata convocata dal presidente del Centro Servizi che mi ha chiesto se fossi disposta a prendere il posto del direttore, che se ne sarebbe andato. Proprio lui aveva indicato in me la persona giusta perché lavorando per il Servizio Civile avevo dimostrato di sapermi relazionare con tutti, dalle piccole associazioni a grandi realtà. Non poteva esserci per me gioia più grande che avere l’opportunità di guidare il Centro di servizi per il volontariato di Torino la cui mission è di promuovere la cultura della solidarietà. 
Ho subito determinato di impegnarmi per migliorare la condizione di una giovane che non era pagata adeguatamente. Nei giorni successivi mi sono trovata casualmente a parlare con lei che per la prima volta si è confidata, le ho parlato del Buddismo ed è venuta a una riunione. Recentemente ha avuto un contratto regolare.
Ho immediatamente scritto a Sensei per ringraziarlo, perché le mie capacità professionali sono il frutto dell’allenamento nell’attività giovani, e anche per promettergli che avrei cambiato il mio pezzo di società portando avanti il valore della dignità della vita.
Rileggendo l’incoraggiamento che avevo ricevuto nel 2008, ho riscoperto che in quella occasione avevo deciso che sarei diventata direttrice… Non dobbiamo aver paura di credere e di lasciare il cuore libero di desiderare l’impossibile davanti al Gohonzon. 
Ho lavorato senza farmi condizionare dai giudizi, manifestando tutte le potenzialità dell’essere umano e quella freccia che avevo scagliato nell’universo ha centrato il bersaglio.

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