Sempre di più il mio Daimoku è rivolto a sviluppare un io solido come il monte Fuji, inamovibile di fronte a qualsiasi tempesta, per rispondere all’appello del maestro Ikeda e sentirmi pienamente “Shin’ichi Yamamoto” realizzando kosen-rufu con la mia vita
Quando sono nata mia madre aveva quattordici anni, mio padre non c’era e lei, ragazza madre, è diventata poi una donna meravigliosa. Sono cresciuta grazie ai suoi sforzi, a quelli dei miei nonni e in seguito del mio papà adottivo, un uomo fantastico che mi ha sempre amata incondizionatamente. Quando avevo quindici anni mia madre si è ammalata di tumore e in venti giorni è morta, lasciandoci tutti in un mare di sofferenza.
Sono stati anni difficili, quasi ogni giorno c’erano liti in casa e soffrivo di attacchi di panico e depressione. Sentivo la mia vita priva di valore, tanto da desiderare di farla finita. Una storia d’amore andata male ha definitivamente minato la mia autostima e ho iniziato a fare uso di droghe.
Nel 2013 mi sono laureata in Scienze della formazione primaria e subito dopo sarei voluta partire per l’Australia. Ad agosto invece ho conosciuto la pratica buddista; recitando Nam-myoho-renge-kyo ho avuto subito tante prove concrete. Studiavo molto per capire il cuore di questo insegnamento e a novembre ho ricevuto il Gohonzon.
Trovai lavoro in un bar. Anche se non era il lavoro a cui ambivo, ogni mattina recitavo Daimoku con tutto il cuore per creare la “terra del Budda” là dove mi trovavo. Sensei afferma che il sorriso non è l’effetto ma la causa della felicità. Grazie a questi sforzi poco tempo dopo mi chiamarono in una scuola dell’infanzia come supplente.
A maggio 2014 accettai la responsabilità di settore giovani donne, mentre al lavoro iniziava la mia vera sfida: i genitori dei bambini erano preoccupati per il repentino cambiamento di insegnante e avevo frequenti richiami da parte della direttrice. Iniziai l’attività byakuren (attività di sostegno nei Centri culturali) sforzandomi di sentire il cuore del maestro.
La vita si apriva agli altri e a me stessa: iniziavo a sentire di essere un Budda così come sono.
Leggendo la frase del Daishonin: «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008), capii che dovevo risolvere la guerra che avevo nel mio cuore.
Facevo Daimoku per trasformare l’odio che provavo verso mio padre naturale che, per quel che ne sapevo, non mi aveva mai né voluta né cercata. Sentii il desiderio di conoscerlo, e non solo: davanti al Gohonzon arrivai a provare una profonda compassione per la sua sofferenza e perfino gratitudine, perché è grazie a lui che sono qui e posso amare e ringraziare ogni giorno la mia vita.
A febbraio del 2015 accettai la responsabilità di capitolo, determinai di diventare il sostegno delle giovani donne e di creare con loro legami di amicizia cuore a cuore. Intanto a scuola il rapporto con la direttrice continuava a farmi soffrire.
Decisi di usare la strategia del Sutra del Loto: un’ora di Daimoku ogni mattina per percepire la sua Buddità. Così divenni più consapevole di me stessa e del valore del mio lavoro, e quando mi trovai ad affrontare un’ennesima sua sfuriata rimasi impassibile e provai gratitudine per la funzione che stava avendo nella mia crescita. Non molto tempo dopo mi propose un incarico di ruolo ma rifiutai, perché volevo cimentarmi in una nuova sfida.
Intanto rafforzavo la decisione di conoscere mio padre. Praticavo determinata a vincere, e l’ambiente mi rispose: mia nonna, sempre reticente, iniziò a raccontarmi ciò che sapeva di lui. Inoltre durante un corso buddista condividevo la stanza con una ragazza con una storia simile alla mia, e questo rafforzò la mia decisione. Sentivo una profonda gratitudine nei confronti di sensei e della Soka Gakkai. Quello fu un punto di svolta nella fede, e mi affidai completamente al Gohonzon per poter offrire una prova concreta a tutte le giovani donne.
Il 29 ottobre 2015 ho conosciuto mio padre, che mi ha accolto nella sua vita con gioia e mi ha confessato che qualche mese prima aveva desiderato cercarmi.
Forte di questa esperienza ho parlato con entusiasmo del Buddismo a un amico che dopo un anno ha ricevuto il Gohonzon, regalandomi una delle gioie più profonde della vita. Compresi cosa intende sensei quando dice: «Chi condivide con entusiasmo il Buddismo del Daishonin gode di grande gioia perché dentro di sé pulsa la vita di un Bodhisattva della Terra» (NRU, 2, 230).
Recentemente ho avuto una grande prova concreta nel lavoro. In passato avevo frequentato un corso sul metodo Montessori, alla fine del quale mi proposero un incarico annuale in un nido. Tuttavia il mio sogno era la scuola dell’infanzia.
Grazie all’attività con il Gruppo futuro e a tutti gli incoraggiamenti di sensei che sprona sempre i ragazzi e le ragazze a realizzare i loro sogni, con un atto di coraggio ritentai con il Comune, a costo di affrontare di nuovo lo stress delle supplenze giornaliere.
Durante la riunione generale italiana del 16 settembre ho promesso a sensei di portare l’educazione Soka in Italia, con il mio comportamento nella classe in cui lavoro, con il mio modo di relazionarmi con i bambini, dando loro il massimo valore. Avevo proprio questo obiettivo nel cuore quando il Comune mi ha proposto un incarico annuale!
L’estate scorsa ho conosciuto una ragazza che ha iniziato a praticare perché incuriosita dalla mia capacità di incoraggiare gli altri e l’amore con cui parlo della pratica buddista, e ha ricevuto il Gohonzon a novembre. Che gioia!
Sempre di più il mio Daimoku è rivolto a sviluppare un io solido come il monte Fuji, inamovibile di fronte a qualsiasi tempesta, per rispondere all’appello del maestro Ikeda e sentirmi pienamente “Shin’ichi Yamamoto” realizzando kosen-rufu con la mia vita.