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Come una cascata - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:19

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Come una cascata

Diventare “tenaci, instancabili, impavidi, allegri e fieri”, come le acque di un torrente che scorrono ruggenti, questo è l’augurio che Ikeda fa agli esseri umani che, anche attraverso la forza dolce delle parole, possono contrastare la violenza e la barbarie

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Diventare “tenaci, instancabili, impavidi, allegri e fieri”, come le acque di un torrente che scorrono ruggenti, questo è l’augurio che Ikeda fa agli esseri umani che, anche attraverso la forza dolce delle parole, possono contrastare la violenza e la barbarie

Il filosofo del Rinascimento americano, Ralph Waldo Emerson (1803-82) ha scritto: «Nella voce umana si trova la musica più dolce […] quando parla con l’immediatezza vitale della tenerezza, della verità o del coraggio». Questo vale anche per le voci incantevoli del fantastico coro maschile. Nessuna melodia è emozionante quanto il coraggio e l’impegno che traspaiono dalle voci piene di fede dei membri della Gakkai. Esse ispirano tutti coloro che le ascoltano.
«La voce compie il lavoro del Budda» (Raccolta degli insegnamenti orali, BS, 109, 41). Usare la voce per realizzare l’opera del Budda: la nostra lotta per kosen-rufu consiste proprio in questo. Annientiamo le forze della violenza e della barbarie col potere della cultura, rappresentata sia dal potere delle voci sia da quello della musica, ed espandiamo la nostra “rete”, dedicata alla causa del bene.
I poeti trovano la poesia ovunque vadano: vedono qualcosa, provano qualcosa, ed essa esce sgorgando dalle profondità del loro essere, può accadere anche nel cuore della notte. Io stesso l’ho sperimentato più volte, chiedendo poi a mia moglie di trascrivere la poesia che mi era venuta alla mente in modo così spontaneo.
Nel giugno del 1971 mi recai alle gole di Oirase, nella prefettura di Aomori, con un gruppo di membri della regione di Tohoku. Quel giorno di trentasei anni fa vidi una cascata dalle acque ruggenti e composi questa poesia: «Tenaci, come le cascate, / instancabili, come le cascate, / impavidi, come le cascate, / allegri, come le cascate, / fieri, come le cascate, / gli uomini dovrebbero avere un portamento regale».
Diversi anni dopo, nel giugno 1994, la prestigiosa università scozzese di Glasgow mi conferì un riconoscimento accademico con una cerimonia solenne e sontuosa tenutasi nella sala storica di questa istituzione. Fu un onore incomparabile. Nella laudatio, pronunciata dal rappresentante del consiglio accademico, Forbes Munro, fu citata la mia poesia sulla cascata delle gole di Oirase. Egli l’aveva letta in un mio volume di versi, tradotto in inglese da Burton Watson, stimato traduttore, e trovò che descrivesse bene la mia vita. Quando terminò il discorso, un forte applauso risuonò nella sala.

Ampliare la rete di pace e cultura

In qualità di rappresentante di tutti voi, tra breve, riceverò la duecentoquindicesima onorificenza accademica, tra quelle conferitemi da università e istituzioni accademiche di tutto il mondo. Tra poco riceverò anche la mia cinquecentotrentesima cittadinanza onoraria, mentre mia moglie ne ha ricevute centosessantasei. Ho tenuto trentadue conferenze in università e istituzioni accademiche straniere, tra cui quella di Harvard, di Pechino, l’Università di Stato di Mosca e l’Istituto di Francia. Inoltre sono stato più volte invitato a parlare alle Nazioni Unite, il parlamento dell’umanità. Ho condotto milleseicento sessioni di dialogo con leader e pensatori di levatura mondiale. Tutto ciò fa parte dell’impegno che ho dedicato per creare una rete sempre più ampia a favore della pace e della cultura, e i cui risultati desidero umilmente condividere oggi con voi.
Ho subìto in prima persona l’attacco dei tre potenti nemici, dei tre ostacoli e dei quattro demoni: odio e gelosia senza pari, ingiurie e offese, proprio come descritto dal Daishonin, ma col vostro aiuto, e insieme con voi, ho vinto ogni sfida, uscendone trionfante. Sono in ottima salute e ho vinto!
I dialoghi che ho pubblicato, tentativi di gettare un ponte tra diverse civiltà, iniziati con quello che intrattenni con lo storico inglese Arnold J. Toynbee (1889-1975), ammontano ora a cinquanta, mentre sono centouno i libri pubblicati in giapponese.

La felicità interiore

Desidero chiarire che la cultura e i titoli di studio non hanno assolutamente niente a che fare con il conseguimento della Buddità, o con l’ottenere benefici attraverso la nostra pratica buddista. Quando il potere dà alla testa, le persone tendono ad abbandonare la fede, l’ho visto con i miei occhi. Per contro, non c’è proprio motivo di sottovalutarvi o sentirvi inadeguati se non avete titoli altisonanti o credenziali accademiche. Nel regno della fede, sono le persone, il loro stato vitale e la Legge, a essere importanti. Se la felicità fosse determinata dalla posizione sociale, allora chiunque si trovasse ai vertici della società dovrebbe essere felice, e invece, naturalmente, non è così. Non avere avuto un livello d’istruzione o titoli importanti non influisce sul valore di un essere umano, ciò che conta è la felicità interiore: è di questo che tratta il Buddismo.
Qualsiasi organizzazione che perda di vista questo fatto, portando a pensare che non si possa essere felici senza una certa preminenza sociale o titoli di studio, va fuori strada, facendo crescere individui corrotti e sconsiderati.
In definitiva, la chiave per ottenere una vera felicità interiore e per forgiare fortuna eterna nelle profondità della nostra vita è proprio la nostra pratica buddista. Questo è basilare. Scopo del Buddismo del Daishonin e della nostra pratica buddista è quello di assicurarci uno stato interiore di felicità assoluta. Chi si impegna seriamente nella fede e si dedica con tutto il cuore a kosen-rufu conseguirà certamente la Buddità, chi vive al fianco della Soka Gakkai otterrà sicuramente una felicità senza fine. Questo è il messaggio che ci è sempre stato insegnato dai primi presidenti della Soka Gakkai: Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda.

Un movimento guidato da persone comuni

Da ragazzo, interruppi gli studi serali per aiutare Toda, che era in gravi difficoltà. In cambio, Toda mi istruì privatamente, in quella che definisco con affetto “l’università Toda”. Ciò è, per me, fonte di grande orgoglio personale. Scopo essenziale della cultura è anche quello di contribuire al benessere delle persone. Alcuni pensano che un’erudizione straordinaria possa renderli migliori di tutti gli altri, per questo deviano dalla strada giusta e distruggono la propria fortuna. Quella non è la vera cultura, ma solo un modo per sfruttare il sapere a scopi egoistici.
In passato, nella nostra organizzazione ci sono state persone alle quali le alte cariche ricoperte hanno dato alla testa e hanno abbandonato la fede, finendo per corrompersi. Mancando del vero spirito di maestro e discepolo, sono diventate elementi dannosi per l’unità dell’armoniosa comunità dei praticanti. Individui di questo tipo non sono i benvenuti nel puro regno della Soka Gakkai. In sostanza, la posizione di una persona all’interno di un’organizzazione non è altro che un ruolo funzionale; quindi vorrei ribadire che alte posizioni sociali e una vasta cultura non hanno alcun rapporto con la fede. Chi ha una fede sincera riceve le più alte lodi da Nichiren Daishonin e dal Budda Shakyamuni; sono loro a essere veramente felici.
Il Gran Maestro giapponese Dengyo si riferisce a coloro che ricercano seriamente l’insegnamento corretto del Buddismo definendoli come i “tesori del paese”, ed è proprio così. [Nel suo Regolamenti per gli allievi, Dengyo scrive: «Una mente che ricerca la Via è un tesoro; coloro che possiedono questa mente che ricerca sono il tesoro del paese», e ancora: «Chi è capace nell’azione e nella parola è il tesoro del paese», n.d.r.].
La pratica buddista che seguiamo è l’unico modo per ottenere una vera fortuna duratura, felicità e vittoria. È la forza trainante per condurre una vita incomparabilmente significativa e gratificante. Spero di aver chiarito questo concetto riguardo agli insegnamenti del Daishonin, ora e per il futuro.

L’importanza dei buoni amici

Una scrittura buddista riporta queste parole del Budda Shakyamuni: «Il rischiarare del cielo a est prima che il sole sorga, è un segno che preannuncia il levarsi del sole. Allo stesso modo, esiste anche un segno che preannuncia l’ottenimento della Buddità, ed è rappresentato dal possedere buoni amici. Se li avete, siate certi che raggiungerete la Via del Budda».
Avere buoni amici è molto importante. Stando da soli, c’è un limite a ciò che si può realizzare. È per questo che l’armoniosa comunità dei praticanti è un ingrediente indispensabile nella ricetta per il raggiungimento della Buddità.
Anche Nichiren Daishonin sottolinea più volte l’importanza dei buoni amici. In I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, scrive: «Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe perdere l’equilibrio lungo un sentiero accidentato» (SND, 8, 201). E ancora: «Il miglior modo per ottenere la Buddità è quello di incontrare […] un buon amico» (SND, 8, 202).
Parallelamente, il Daishonin mette in guardia dai cattivi amici, dichiarando con chiarezza: «Per portare il paese alla rovina e far cadere le altre persone nei cattivi sentieri, non v’è niente di peggio del male che arrecano i cattivi amici» (Sulla recitazione del Daimoku del Sutra del Loto, WND, 2, 222). E, in un altro Gosho, scrive: «Devi affrontare i calunniatori […]. Questo è il significato del [brano del Sutra del Loto] “abbandonare i cattivi compagni e cercarne di buoni”» (Il vero aspetto del Gohonzon, SND, 4, 203).
Se non respingiamo il male e non lottiamo implacabilmente contro di esso, cadremo nel mondo di Inferno insieme ai cattivi amici. Dobbiamo mantenerci saldi nei loro confronti, qualsiasi cosa accada. Quando un responsabile, che dovrebbe essere per noi un buon amico, diventa arrogante e corrotto, corre il rischio di trasformarsi in una cattiva influenza. Stiamo in guardia. Tenere da conto i buoni amici e non farci distogliere da quelli cattivi: vincere questa lotta è la chiave per lo sviluppo futuro della Gakkai. Dobbiamo sempre avanzare rifacendoci all’esempio del Gosho.
Dopo la morte del suo maestro Makiguchi, una volta uscito dalla prigione Toda intraprese la ricostruzione della Soka Gakkai, ma mentre si accingeva a questo compito coraggioso, alcuni responsabili anziani della Gakkai, che praticavano fin dagli albori della fondazione, lo trattavano in modo molto condiscendente e gli mancavano di rispetto. Indignato da tutto ciò, mi esposi rimproverandoli per questo: «La Soka Gakkai è un’organizzazione buddista, e la base del Buddismo è la relazione tra maestro e discepolo. Dovrebbe essere riconosciuto come maestro colui che è stato il miglior discepolo di quello precedente. Se non fosse così, non avrebbe senso questo tipo di relazione. Toda ha accompagnato Makiguchi in carcere e ora sta assumendo la guida di kosen-rufu con lo stesso spirito del suo maestro. Non è, quindi, il nostro maestro? Perché non lo trattate con rispetto?».
Solo dopo questo mio fervente richiamo essi si resero conto dell’importanza della relazione tra maestro e discepolo.

Essere a contatto con la realtà

Nichiren Daishonin scrive: «Shuddhipanthaka [Chudapanthaka] non riuscì a memorizzare un insegnamento di quattordici caratteri nemmeno in tre anni, e tuttavia ottenne la Buddità. Devadatta che invece aveva imparato a memoria sessantamila scritture, cadde nell’inferno di incessante sofferenza» (I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, SND, 8, 213). Devadatta era intelligente, ma finì per ribellarsi contro Shakyamuni e cadde nell’inferno per aver distrutto l’armoniosa comunità dei praticanti.
Ciò che motivò le azioni di Devadatta fu il pensiero arrogante di ritenersi superiore agli altri e la sua vanità per essere rispettato e ammirato. Anche il Daishonin aveva un discepolo sconsiderato, di nome Sammi-bo, che teneva lezioni sul Buddismo per i nobili di Kyoto e cedette all’illusione di sentirsi superiore. Il Daishonin, però, continuò a propagare la Legge mistica a Kamakura, sede del governo, confrontandosi così direttamente con le autorità al potere. Rimase profondamente radicato nella realtà, lottando per salvare una persona dopo l’altra. Questo è stato il comportamento del Budda dell’Ultimo giorno della Legge.

Un entusiasmo appassionato è la forza della gioventù

Quest’anno ricorre il duecentoquattresimo anniversario della nascita di Ralph Waldo Emerson (1803-82), grande poeta del Rinascimento americano. Poco tempo fa la presidente della Emerson Society, Sarah Ann Wider, ha condiviso con noi alcune riflessioni. Essa, professoressa di studi sulle donne e di Lettere inglesi alla Colgate University statunitense, è una delle maggiori studiose di Emerson e, poetessa anche lei, mi ha fatto il grande onore di utilizzare una mia raccolta di poesie nel programma di un suo corso universitario.
Riguardo la funzione del poeta nella società, la professoressa Wider ha rimarcato che il poeta parla con la voce della verità, una voce che chiede giustizia. Mentre le forze autoritarie cercano di far tacere o perseguitare i poeti, ha continuato, Emerson dichiarò che «i poeti non possono essere messi a tacere, al contrario, essi continuano a parlare con franchezza». La Wider vede il poeta come un profeta, una voce in favore del cambiamento, per questo sono onorato che mi consideri parte di questa tradizione, e aggiunge: «Ciò che veramente mi colpisce di loro [Emerson e il presidente Ikeda], e uno degli aspetti che li rendono vicini, è il sostegno che danno alle persone comuni. In particolare, il presidente Ikeda parla a nome della gente. Lo ritengo un poeta della gente e anche un filosofo delle persone comuni». Ha poi continuato sostenendo che il poeta è un creatore di valore, e ha espresso ammirazione per la Soka Gakkai, perché accomuna persone che si impegnano nel creare valore.
Molte persone al di fuori del Giappone deplorano la tendenza, riscontrata nella nostra società, a reagire con invidia e disdegno verso coloro che raggiungono qualche traguardo importante. Il Daishonin era odiato dai governanti arroganti del paese. Ci sono evidenze storiche riguardo il fatto che cercarono di farlo uccidere, per poi esiliarlo su di un’isola remota.
Emerson scrisse: «Con cuore d’acciaio vogliamo giustizia per sconfiggere gli arroganti». È esattamente ciò che ci diceva Toda.
Dante Alighieri (1265-1321) scrisse nella Divina Commedia: «Oh quali io vidi quei che son disfatti / per lor superbia!» (Paradiso, Canto XVI, 109-110). L’orgoglio e l’arroganza conducono all’autodistruzione. Quando ero ragazzo ho letto La Divina Commedia. Era piuttosto difficile, ma ricordo che la leggevo e rileggevo cercando di afferrarne il pieno significato. Dante scriveva: «Non sfoggio d’opulenza il savio riverisce, ma cortesia e saggezza». È sciocco giudicare le persone solo per come sono vestite o per la posizione sociale. Dobbiamo guardare più profondamente per scorgerne i tratti umani, il loro carattere.
Sarah Ann Wider ha dichiarato: «Ho avuto modo di parlare a un gruppo di donne della Soka Gakkai, a Kanagawa. È stato il pubblico più ricettivo e pieno d’empatia cui abbia mai parlato, mi ascoltavano attivamente e in modo molto stimolante, facendomi sentire davvero a mio agio». Ha aggiunto, inoltre, che ammirava la forza della Divisione donne, poiché niente è più potente di una comunità unita da relazioni da cuore a cuore. In una precedente occasione, la Wider aveva detto: «Il solo fatto di essere con le donne della Soka Gakkai mi fa sentire bene».
Viviamo in un mondo attivo e frenetico, nel quale tutto cambia di continuo, ma, in mezzo a tutto ciò, intraprendete iniziative a favore di kosen-rufu. Com’è ammirevole! E che fortuna immensa, quali benefici state accumulando per questo. Nessuno sforzo per kosen-rufu va mai perso, ogni cosa ci ritorna sotto forma di beneficio. Leggendo le scritture del Daishonin possiamo essere assolutamente sicuri di questo.

Una dedizione sincera nella fede

Vorrei ora salutare i membri stranieri ospiti. Grazie per aver fatto un così lungo viaggio! Anche Shijo Kingo compì un lungo viaggio, per far visita al Daishonin quando si trovava in esilio sull’isola di Sado. Come ringraziamento per la dedizione sincera del suo discepolo, il Daishonin scrisse: «È veramente una cosa rara che un laico come te, sempre impegnato nel servizio al suo signore, abbia fede nel Sutra del Loto. La tua sincera decisione di venire a farmi visita da così lontano superando montagne e fiumi e attraversando il mare azzurro, non è inferiore a quella di colui che si spezzò le ossa nella Città Fragrante o di chi gettò via il suo corpo sulle Montagne Nevose» (Risposta al signore Shijo Kingo, SND, 8, 82).
Certamente il Daishonin loda allo stesso modo la vostra forte dedizione verso la fede, che vi ha spinto a viaggiare fin qui. I vostri benefici saranno infinitamente vasti. In un’altra lettera a Nichigen-nyo, che era rimasta a Kamakura quando il marito, Shijo Kingo si recava a Sado, il Daishonin le dedica queste parole di caloroso incoraggiamento: «E ora, in quest’epoca così turbolenta, in cui non hai nemmeno servitori sui quali contare, hai mandato tuo marito qui sull’isola di Sado. Questo dimostra che la tua fede è più solida della terra e gli dèi terreni devono sicuramente saperlo». Egli loda moltissimo la fede sincera di Nichigen-nyo che era stata così premurosa da inviare il marito mentre lei rimaneva a casa. Non è solo chi è sotto ai riflettori a meritare gli applausi, ma anche chi fa sforzi invisibili di devozione dietro le quinte. Essi acquisiscono grandi benefici e un’elevata condizione vitale. Questo è il regno del Buddismo.

Non lesinare gli sforzi

Lasciatemi ora citare alcuni brani delle guide di Toda.
Egli soleva dire: «Quando raggiungete un alto grado di responsabilità all’interno dell’organizzazione, è naturale che i membri vi accordino un certo rispetto, ma chi permette che ciò gli dia alla testa e comincia a usare i membri per il proprio tornaconto dovrebbe essere immediatamente cacciato». Riguardo ai responsabili ingrati, poi, diede questa severa guida: «Riprendeteli con severità e senza esitazioni. Parlate chiaramente dicendo ciò che pensate davvero».
Ai responsabili che pensano al proprio tornaconto, approfittandosi dei membri o della Gakkai non dovrebbe essere permesso di rimanere in posizioni di responsabilità. Non abbiamo bisogno neppure di persone che diventano arroganti una volta nominate. I responsabili che vogliamo sono persone che desiderano porsi al servizio dei membri con umiltà e sincerità, perché questa è l’essenza dei responsabili della Gakkai. Qualsiasi cosa fatta per amore dei membri è nell’interesse di kosen-rufu. Toda diceva spesso: «I membri sono tutta la mia vita!» e «Non lesinate mai sforzo alcuno per i membri, che si impegnano così duramente per kosen-rufu!». Queste parole rimangono a testimonianza futura.
Toda lottò con fervore irriducibile contro chiunque cercasse di danneggiare kosen-rufu, fossero essi preti o qualche altra persona influente. A noi giovani chiedeva: «Sono determinato a lottare! Siete con me? Posso contare sul fatto che rimarrete fedeli al vostro maestro fino alla fine?». Era dotato di un dinamismo pazzesco, in grado di scuotere le persone fin nel profondo, e così, trascinati dal suo carisma, rispondevamo con tutto il cuore: «Sì, combatteremo sempre al suo fianco!».
Toda, imprigionato dalle autorità militari durante la Seconda guerra mondiale, lottò per tutta la vita contro la natura demoniaca del potere. Una volta dichiarò: «È un dato di fatto che i governi, creati per servire la gente, abbiano la tendenza insidiosa a tramutarsi in forze demoniache, che la fanno soffrire […] dobbiamo trasformare questa disgraziata inclinazione storica. Per questo, le persone devono diventare forti! La Gakkai deve diventare forte!». In preciso accordo con le istruzioni del mio maestro, ho forgiato una Soka Gakkai forte e solida.

L’armoniosa comunità dei credenti

Un’altra volta, riguardo ai giovani, Toda disse: «I giovani non dovrebbero pensare solo a divertirsi perché fare solo ciò che si vuole non contribuisce alla propria crescita ed evoluzione. Una volta accumulate molte esperienze diverse, esse vi torneranno utili in futuro». Più lotte e avversità si incontrano, più è sicuro che si riesca a vincere nella vita.
Toda, poi, voleva che le attività della Gakkai terminassero in orario affinché le giovani donne potessero tornare a casa a ore ragionevoli. Mi auguro che i membri di questa divisione si ricordino a vicenda questo punto, e prendano precauzioni sensate in favore della loro sicurezza e incolumità personale, cosa che dovrebbe essere salvaguardata anche dai responsabili, con passi concreti.
Senza giri di parole, sosteneva: «Le persone che dimenticano l’importanza di refutare gli errori non sono altro che cadaveri che camminano». In particolare, affermava che i responsabili che non combattono le malefatte dovrebbero essere messi alla porta.
Un’altra sua frase tipica era: «La forza dei giovani è l’entusiasmo pieno di passione». L’entusiasmo è cruciale qualunque azione intraprendiamo. È ai giovani che chiedo di aprire coraggiosamente una nuova epoca di Soka.
Toda dichiarò inoltre: «La ragione della nostra venuta in questo mondo è di alzare il grande stendardo di kosen-rufu». Questa era una delle sue idee basilari. Facciamo sì che esso sventoli orgogliosamente nelle nostre comunità!
Vi prego di continuare a trionfare con gioia in ognuna delle battaglie che porterete avanti per kosen-rufu: per voi stessi e per i vostri amici, costruendo le fondamenta di una vittoria che durerà a lungo nel futuro! Facciamolo insieme!
In questa sala del Makiguchi Memorial Hall vi è il Joju Gohonzon della Soka Gakkai con l’iscrizione: «Per il compimento del grande desiderio di kosen-rufu tramite la propagazione compassionevole della grande Legge».

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