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Come un pattinatore - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:39

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    Come un pattinatore

    Ricevere il Gohonzon. Un grande passo in avanti nella fede che non è un punto di arrivo, ma di partenza. Come si fa a percorrere questa strada senza imboccare vie traverse? Durante il cammino della rivoluzione umana individuale, al di là degli anni di pratica, se ci sentiamo persi, è possibile riscoprire quegli ingredienti che ci permettono di affrontare una difficoltà aprendo le ali. Senza fermarsi. Mai

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    Ricevere il Gohonzon. Un grande passo in avanti nella fede che non è un punto di arrivo, ma di partenza. Come si fa a percorrere questa strada senza imboccare vie traverse? Durante il cammino della rivoluzione umana individuale, al di là degli anni di pratica, se ci sentiamo persi, è possibile riscoprire quegli ingredienti che ci permettono di affrontare una difficoltà aprendo le ali. Senza fermarsi. Mai

    Il giorno in cui si è ricevuto il Gohonzon non lo si dimentica facilmente, è un giorno unico, come lo sono del resto le emozioni vissute in quel momento. Qualcosa di profondo affiora in noi in maniera istintiva. C’è chi piange, e chi è più compassato; c’è chi si porta dietro parenti, amici, mezzo gruppo, e chi solo il coniuge; c’è chi si presenta appena maggiorenne, e chi ci arriva con il volto solcato dalla vita; c’è chi indugia fino all’ultimo, e chi arriva a quel giorno con il cuore deciso a non smettere mai.
    Durante la cerimonia rispondiamo affermativamente al giuramento che ci viene letto: «dichiara di accettare e condividere i princìpi della religione buddista di Nichiren Daishonin e chiede pertanto di entrare a far parte dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai […] e pertanto s’impegna a dedicarsi alla fede, alla pratica, allo studio del Buddismo di Nichiren Daishonin e a seguire lo spirito e l’esempio dei tre presidenti della Soka Gakkai».
    A queste parole seguono in genere applausi, incoraggiamenti di amici, momenti commoventi, frasi toccanti. È una nuova partenza. Ricevere il Gohonzon non è altro che questo, una nuova partenza, anzi, la migliore di tutte, e dove ci porterà si può decidere soltanto noi, nessun altro. Non dipenderà dagli eventi, non dipenderà dalle persone che incontreremo durante il nostro viaggio appena iniziato, tutto dipenderà di volta in volta da noi, da come si reagirà alle situazioni che ci troveremo davanti, da come si direzionerà il nostro cuore. Scrive il presidente Ikeda: «Non si tratta del vostro ambiente o di chi vi circonda, né di come sono l’organizzazione o i responsabili. Essere sviati da questi fattori esterni è inutile. Tutto dipende da una persona: voi. Ciò che importa è che diventiate dei fari, splendenti di gioia e felicità, che viviate con fiducia e coraggio. Se risplendete, non vi può essere oscurità nella vostra esistenza» (Giorno per giorno, esperia, 22 agosto).
    Tuttavia, è facile farsi fermare, non appena si permette alla nostra oscurità di avvolgerci. Si arrivano a pensare cose orribili di noi, ci si sente sbagliati, inadeguati, impotenti, non si riescono a riconoscere i cambiamenti fatti fino all’istante prima; “fiducia” diventa una parola da vocabolario, “gratitudine” un termine sconosciuto, e la Buddità qualcosa che appartiene solo agli altri.

    I pilastri della fede

    Quali sono i consigli per chi è alle prime armi, per non smettere di praticare di fronte a una difficoltà? E in generale per affrontare una difficoltà senza farsi fermare?
    Fondamentale è sperimentare e sperimentarsi, senza accontentarsi dell’esperienza degli altri, come racconta Adriana, ancora principiante: «La prima cosa che ho sentito praticando è stato un senso di serenità, di pace, che cerco di trasmettere ai miei tre figli. Anche sul lavoro, ho visto che la pratica buddista mi sta aiutando. Mi sono scoperta più sicura, e riesco a gestire le situazioni in maniera diversa, decisamente migliore di prima».
    È inoltre importante avere dei legami forti con le persone nell’ambito della fede, senza i quali in certi momenti si cadrebbe: questo non vuol dire essere amico di tutti, ma avere il coraggio di aprire la propria vita agli altri e usare le riunioni di discussione come occasioni di scambio e d’incoraggiamento.
    Anche lo studio ha un ruolo chiave per dipanare i dubbi irrisolti che naturalmente si riaffacceranno nei momenti difficili. Richiede coraggio sperimentare di persona la veridicità degli insegnamenti buddisti, come per esempio una frase di Gosho, che in un determinato momento ci tocca e sembra essere stata scritta solo per noi. Diventa un’esperienza preziosa che non si dimentica più, che ci aiuta ad approfondire la fede e che ci tornerà in aiuto tutte le volte che ce ne sarà bisogno.
    Attualmente si dispone di un mare magnum di materiale di studio e chi pratica da poco può sentirsi disorientato nell’approccio; per questo può risultare utile farsi consigliare dai membri più anziani nella fede che ci hanno seguito nel nostro percorso.
    È importante anche fare attività per gli altri. A qualunque età di pratica lo si decida, porta immancabilmente a un’apertura. Ho iniziato da principiante a dedicarmi agli altri e a distanza di tanti anni, il beneficio più immediato che puntualmente riscontro è sempre un cambiamento dello stato vitale, che porta di conseguenza ad aprire, affinare e arricchire la vita di benefici meravigliosi. L’attività per gli altri è anche un salvagente a cui aggrapparsi nei momenti duri in cui si è perso fiducia e speranza, e non si sa più perché si pratica. A volte può succedere. Ecco, uscire e pensare agli altri è anche un modo per restare a galla in quei frangenti che, una volta superati, ci consentono di ripartire.

    Rinnovarsi sempre

    I pilastri della fede, per farli funzionare al meglio, vanno spolverati e rispolverati. Allora si crea un movimento che non si farà fermare tanto facilmente da una difficoltà. E se ci si sente a un punto morto, anche dopo qualche mese di pratica, si può ripartire da questi aspetti, magari da uno in particolare. È esperienza comune che iniziare un’impresa sia facile, ma quanto è più difficile portarla avanti!
    Quando la nostra esistenza ristagna, ci avvolge una sensazione di pesantezza che ci rende svogliati nel recitare o nel partecipare alle riunioni. E così, piano piano, si scivola inevitabilmente in quegli umori che ci tolgono la voglia di sperare e quel sapore di leggerezza e di benessere che ci dà, viceversa, il senso della sfida. Per uscirne è bene ricordare che dietro a un punto morto c’è sempre un punto di svolta. E se tiriamo fuori i nostri sogni, la cui realizzazione in realtà ci rende più felici, bisogna sforzarsi più che mai per concretizzarli e non invece diminuire o lasciare perdere l’attività, il Daimoku e lo studio.
    Rinnovarsi vuol dire lasciare la porta aperta, coltivare quel pizzico di entusiasmo, di curiosità, di passione. Insomma, serbare da qualche parte nel cuore il desiderio comunque di diventare felici e trasmetterlo anche agli altri.

    L’importanza del gruppo

    Quando una persona riceve il Gohonzon, a volte accade che nel suo gruppo si possa pensare: il gioco è fatto, il lavoro è finito. Invece il primo anno di pratica assume un’importanza basilare perché getta le fondamenta che accompagneranno una persona per tutta la vita. Specialmente per chi pratica da poco, può essere davvero determinante, per non mollare nei momenti di difficoltà, sentire la gioia di coloro che gli stanno vicino e il loro desiderio che lui diventi libero e felice. È davvero meraviglioso creare all’interno del gruppo questa atmosfera accogliente, una sorta di coperta invernale, che riscalda nei momenti bui e protegge in quelli incerti: una rete umana sulla quale poter sempre contare. E da cui tutti traggono grandi benefici: sia chi dà, sia chi riceve.

    Il momento della difficoltà

    Detto questo, forse possiamo spingerci un po’ più in là, per capire meglio come si può vivere una difficoltà. Può sembrare una domanda scontata, a volte banale, una domanda per cui si pensa di conoscere già la risposta. Ma indipendentemente dall’idea che ha ognuno di noi, credo che sia comunque salutare porsi periodicamente domande del tipo: perché pratico, come ero prima di praticare e come sono oggi, cosa ho cambiato. Come pure può esserlo annotarsi tutti i benefici visibili e invisibili realizzati negli anni: aiuta a riscoprire la gratitudine che si è persa nei momenti duri e che viceversa è il migliore ingrediente per tenere aperta la vita. Gratitudine anche solo per avere vissuto un istante di gioia, fosse solo per quello.
    Su tutto questo credo sia opportuno fare una riflessione. Penso che sia importante chiarire a cosa serva l’insegnamento buddista, anche per evitare di praticare, a volte per tanti anni, perché si vuole arrivare a un determinato scopo, che se poi non si realizza ci porta a soffrire incredibilmente e talvolta a smettere. Questo accade per la comprensione parziale di questa pratica, nata per mettere in grado ogni persona di fare un cambiamento profondo nella sua vita e per trasmetterlo anche agli altri. È un insegnamento che permette di cambiare la visione della vita, per questo motivo Josei Toda definì l’insegnamento di Nichiren Buddismo della rivoluzione umana. Il Daishonin non parla dei desideri che diventano benefici ma dei desideri che portano alla conoscenza di sé. È del tutto naturale poi che quando mettiamo in moto un cambiamento all’interno della nostra vita, l’ambiente lo rifletta e questo porti benefici, ma è bene comprendere che se si cerca solo il risultato evitando la nostra rivoluzione umana alla fine ci si troverà a un punto morto. Il Gohonzon non ha il potere di trasformare l’ambiente bensì quello di trasformare straordinariamente e profondamente l’essere umano grazie all’infinito potere del Daimoku. Come scrive il presidente Ikeda: «È il potere supremo che muove l’universo. Il suono del Daimoku risveglia la natura di Budda dentro di noi e nel cosmo. Coloro che recitano Daimoku con vigore brillano di energia e vitalità e sono in grado di influenzare positivamente la vita dei loro amici e di tutto l’ambiente che li circonda, indirizzando la società verso la pace e la prosperità» (NR, 402, 6).

    Il pattinatore

    Certe volte m’incanto a guardare il pattinaggio artistico sul ghiaccio. Un pattinatore che piroetta sul ghiaccio mi affascina perché, nonostante stia su quelle lame così instabili, su un fondo scivoloso, mi dà la sensazione di forza e armonia. Ma soprattutto di equilibrio: un equilibrio continuamente precario e su una superficie insidiosa, dove solo la fiducia nelle sue capacità e l’allenamento infaticabile possono garantirgli risultati concreti giorno per giorno.
    Quest’immagine ci aiuta a capire che cos’è la Buddità, questa forza invisibile che ci accompagna silenziosa giorno per giorno ma che ci dà il coraggio di sfidare la realtà dei fenomeni che ci creano sofferenza riuscendo a trasformarli in ciò che desideriamo per la nostra e altrui felicità. E rimanendo in piedi. In equilibrio per giunta. Nonostante le circostanze. A volte ci capita di cadere. Ma ci rialziamo, come fa il pattinatore. Tanto più ci siamo allenati, tanto più velocemente ci tiriamo su. È solo resistendo alle difficoltà, è solo sfidandole, che stabilizziamo nella nostra vita la Buddità, il nostro massimo potenziale che è sempre stato lì, dentro di noi.
    Josei Toda, descrivendo le sensazioni che provò dopo la sua Illuminazione in prigione, disse: «È come giacere supini in un grande spazio aperto, con le braccia e le gambe distese, e guardare il cielo sovrastante. Tutto ciò che desideri immediatamente appare. Per quanto tu possa donarne agli altri, non si esaurisce mai. Prova a vedere se riesci a raggiungere questa condizione vitale» (D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, esperia, vol. 1, pag. 20).

    hanno collaborato: Pamela Alocci, Ivana Lega, Mauro Loi

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    Lo studio è una bussola, ma se non la so usare?

    Esistono molti testi per avvicinarsi e approfondire il Buddismo del Daishonin, ma da dove iniziare? I motivi che avvicinano le persone alla pratica buddista sono infiniti: c’è chi inizia per problemi finanziari, chi per guarire da una malattia oppure anche solo per saperne di più. All’inizio del percorso nella fede è fondamentale il sostegno delle persone che praticano da più tempo, ma poi ognuno deve imparare a rimanere in piedi da solo. Il Buddismo spiega esattamente il funzionamento della vita e quindi bisogna partire dal conoscere noi stessi, solo così potremo sperimentare che ciò che spiega Nichiren torna alla perfezione. Primo passo per capire il meccanismo della vita, secondo il Buddismo, è la teoria di ichinen sanzen (i dieci mondi, i dieci fattori, i tre regni dell’esistenza), poi il concetto del karma, i tre ostacoli e i quattro demoni e itai doshin. Un testo che offre una panoramica su questi e altri argomenti fondamentali è I dieci mondi di Richard Causton, Esperia edizioni, e inoltre sulle riviste si possono trovare molti altri spunti per iniziare questo viaggio alla scoperta della vita.

    Manola Fiorini

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