In una lezione tenuta al corso delle donne a Chianciano, Sakae Takahashi offre un punto di vista ulteriore sul concetto della trasformazione del karma rafforzato dalla sua esperienza diretta di madre
Il Daishonin insegnò il principio della trasformazione del karma durante l’esilio a Sado (cfr. Katsuji Saito, La trasformazione del karma, in Buddismo e Società, n. 102, pagg. 60-65). Come possiamo trasformare il nostro karma?
Nichiren ha spiegato che la causa di tutti i mali è l’offesa alla Legge (in giapponese hobo). Offendere la Legge significa ignorare la Legge mistica inerente alla nostra vita e non percepire la natura di Budda in noi e negli altri. Il Sutra del Loto ci insegna che tutti gli esseri hanno la natura di Budda e che tutti possono raggiungere la Buddità. Non credere a questo è offendere la Legge, e ciò è dovuto alla nostra oscurità fondamentale (o ignoranza): da ciò derivano tutti i mali e tutti gli stati vitali bassi: conflitti, gelosie, avidità, arroganza, odio ecc.
Questa oscurità esiste nel cuore di ogni persona, così come esiste anche la natura del Budda, fonte di rispetto per gli altri, di speranza, di coraggio e di saggezza per affrontare le difficoltà. È la forza vitale innata che esiste dentro di noi. Solo combattendo contro l’oscurità fondamentale riusciamo a manifestare questa natura della Legge che esiste nella nostra vita. Unendo la nostra vita alla Legge mistica dell’universo riusciamo a manifestare la vita del Budda.
La chiave per poterlo fare è la fede nel Sutra del Loto che insegna l’ottenimento della Buddità di tutte le persone. Per noi discepoli di Nichiren, avere fede nel Sutra del Loto significa avere fede nel Gohonzon: in questo modo riusciamo a trasformare le nostre offese alla Legge. Con questo tipo di fede riusciamo ad avere come effetto la manifestazione della Buddità.
Nel Mondo del Gosho, il presidente Ikeda parla della legge di “causalità generale” e della legge di “causalità più grande”. La legge di “causalità generale” spiega che cause passate creano effetti nel presente. Ricevere il Gohonzon, recitare Daimoku, fare shakubuku, cioè la pratica per sé e per gli altri, sono tutte cause per ottenere la Buddità, e questa è la “causalità più grande dell’ottenimento della Buddità”.
Il presidente Ikeda afferma ancora: «Il karma negativo viene avvolto dal mondo di Buddità e purificato dal suo potere. Per fare un’analogia, l’apparizione del mondo di Buddità è come il sorgere del sole. Quando il sole sorge a est le stelle che brillavano così vividamente nel cielo notturno svaniscono immediatamente, come se non esistessero. […] Così come la luce delle stelle e della luna sembra svanire quando sorge il sole, quando facciamo emergere lo stato di Buddità nella nostra vita cessiamo di soffrire per gli effetti negativi di ogni singola offesa passata» (MDG, 1, 64).
Abbiamo accumulato tante cause nel passato, innumerevoli come le stelle; di giorno non riusciamo a vedere le stelle, perché c’è il sole, ma questo non vuol dire che non esistano più. Allo stesso modo il karma non sparisce; il punto fondamentale è che non ne siamo più influenzati e non soffriamo più a causa di questo karma. La legge di “causalità più grande” non ci fa soffrire più per le cause del passato.
La nostra vita fondamentalmente è la Legge mistica dell’universo; noi siamo persone comuni risvegliate a questa Legge mistica. Toda diceva che «il mondo di una persona comune illuminata dal tempo senza inizio è gioioso, puro, luminoso e armonioso» (Ibidem, pag. 65). Queste persone siamo noi. Per questo la nostra organizzazione è pura, gioiosa e armoniosa. Ogni tanto andiamo fuori binario, ma principalmente è così. Miriamo a essere così!
Anche se abbiamo superato la Legge generale di causa ed effetto, ovvero abbiamo fatto sorgere il sole, dobbiamo lo stesso affrontare tante difficoltà. Sempre nel Mondo del Gosho, Ikeda spiega che queste difficoltà servono ad allenare e a rafforzare la nostra vita. Grazie alla nostra fede, per quanto grandi siano le avversità – sia nella vita personale, sia nell’attività per kosen-rufu – se affrontiamo ogni cosa con una grande determinazione diventiamo più forti.
Nell’Apertura degli occhi Nichiren manifesta il suo grande voto (vedi SND, 1, 194). «Che tutte le persecuzioni mi assalgano. Io continuerò a dare la mia vita per la Legge!»: questo rappresenta il suo spirito, la sua decisione. La forza del grande voto ci dà l’energia per superare qualsiasi ostacolo e affrontare qualsiasi difficoltà, e ci fa pensare: «Per la realizzazione di kosen-rufu, per la felicità delle persone, non mi fermerò, non sarò sconfitto!». Questo nostro desiderio, questo nostro voto, diventa l’energia per affrontare il nostro karma.
Abbiamo scelto di nascere in quest’epoca per ottenere la Buddità in questa esistenza e per far diventare felici gli altri. Questo è il principio di “assumere volontariamente il karma appropriato”. Il desiderio di realizzare la felicità per noi e per gli altri esiste nella nostra vita e per realizzarlo abbiamo scelto di affrontare difficoltà nella nostra vita. Questo è il motivo per cui affrontiamo le difficoltà, nonostante il sole sia già sorto dentro di noi. Questo è il principio essenziale della trasformazione del karma. Tutti abbiamo questo voto nella nostra vita; il Gohonzon è stato iscritto per ricordarcelo.
Potremmo farci una domanda: «Il karma sparisce oppure no? La luce delle stelle può riapparire?».
Quando il sole cala le stelle riappaiono. Le stelle esistono: i nove mondi continuano a esistere nella nostra vita, non spariscono. L’oscurità fondamentale che esiste in tutte le persone non si può eliminare. Noi vorremmo eliminare soprattutto i quattro mondi bassi, ma non è possibile. Nel Mondo del Gosho, il presidente Ikeda ci spiega che i comuni mortali che soffrono a causa del karma, quando si alzano per la felicità di tutto il genere umano, diventano comuni mortali con una missione.
Anche l’oscurità fondamentale esiste nella nostra vita, ma dal punto di vista della condizione vitale non è un’esagerazione dire che non esiste più, perché non riesce più a influenzarla. Noi la utilizziamo, anzi, per rafforzare la nostra vita e realizzare la nostra missione. Non possiamo dire “il karma esiste o non esiste”, non possiamo valutare questo insegnamento con questo dualismo.
Gli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto spiegavano che il karma si poteva estinguere completamente, ma non è così. Noi possiamo costruire uno stato vitale così forte che qualsiasi karma ci affligga, non ne saremo sconfitti, anzi, lo potremo usare come carburante e avremo la forza per realizzare la nostra missione.
Il karma, quindi, continua a esistere, ma dal punto di vista dello stato vitale non esiste più, perché non ci farà più soffrire, e sorgerà al suo posto il grande voto. Lo utilizziamo per realizzare il nostro voto: questo è il significato di “assumere volontariamente il karma appropriato”, e “trasformare il karma in missione” (Buddismo e Società, n. 102, pag. 65).
Potremmo pensare: «Non riesco a credere di aver scelto questo karma così pesante che mi fa tanto soffrire! È troppo!»
In un passato remotissimo (kuon ganjo) forse eravamo insieme a Nichiren Daishonin e forse abbiamo deciso di rinascere nell’epoca malvagia di mappo per realizzare kosen-rufu. Il principio di “assumere volontariamente il karma appropriato” significa considerare i problemi della vita come carburante per realizzare la nostra missione. Il voto è la forza per superare il karma negativo, per non essere sconfitti da nessun problema. Coloro che non hanno mai sofferto non riescono a sentire la sofferenza delle altre persone. Proprio perché soffriamo, e abbiamo sofferto, riusciamo a incoraggiare fino in fondo le altre persone e riusciamo a far conoscere questo Buddismo a tante persone: per realizzare la felicità per sé e per gli altri riusciamo a superare le sofferenze. Questo vuol dire trasformare il karma in missione.
Il presidente Ikeda non solo spiega questi principi, ci vuole anche trasmettere che abbiamo un potenziale illimitato dentro di noi, e il karma non è una catena, non ci sono difficoltà che non possano essere superate! Attraverso il Mondo del Gosho ci insegna che qualsiasi cosa succeda, possiamo vivere fino in fondo per realizzare la nostra missione e diventare felici.
Vorrei raccontarvi la mia esperienza. Ho due figli e nove anni fa con la mia famiglia mi sono trasferita in Germania. Il mio secondo figlio aveva allora undici anni: già prima di partire sapeva che avrebbe dovuto cambiare scuola, ma non riusciva ad accettare fino in fondo questo cambiamento.
Nel gennaio ’95 lo abbiamo iscritto alla scuola internazionale giapponese di Francoforte. L’anno scolastico da noi inizia ad aprile e finisce a marzo, quindi lui arrivava in un posto nuovo ad anno scolastico già avanzato ed era all’ultimo anno di scuola elementare. Dopo il primo giorno di scuola, non riuscì più a frequentarla, anzi non riusciva nemmeno a entrare nell’edificio scolastico. Iniziò per lui una crisi esistenziale: «Chi sono?– si chiedeva – Perché vivo?». Non gli piaceva più niente. Noi genitori soffrivamo, discutevamo, lo incoraggiavamo. Nonostante praticasse da quando era piccolino, in quel periodo non riusciva nemmeno a recitare Daimoku. Il mio primo figlio aveva avuto una crisi simile in Giappone, quando aveva dieci anni. In quell’occasione avevo parlato con un educatore della Soka Gakkai, che mi aveva spiegato che nessuno aveva colpa per quella situazione: mio figlio stava facendo tutto ciò che era necessario alla sua vita. Mi sentii molto incoraggiata, perché mi sentivo inadeguata come madre.
Quando la situazione si ripeté con il figlio più piccolo mi ricordai di questo incoraggiamento. Mio marito e io ci eravamo trasferiti in Germania per realizzare kosen-rufu e ci domandammo se non avessimo chiesto troppo ai nostri figli. In quel momento mi ricordai di usare la “strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra cosa”. Allora decisi: «Trasformerò questo karma con la fede, pregherò fino in fondo, non importa quanto tempo ci vorrà! Anche per mio figlio tutto questo avrà un significato. Nel mondo del Buddismo non esiste nessuno spreco».
Non vidi subito una trasformazione in mio figlio, ma ci furono piccoli cambiamenti nel suo ambiente. Un maestro della scuola gli propose di andare a scuola una volta a settimana, quando tutti gli altri bambini se ne erano andati e faceva lezione solo per lui, al di fuori dell’orario di lavoro. Dopo qualche tempo si aggiunse un altro maestro, e alla fine mio figlio faceva lezione tutti i giorni, nel pomeriggio.
Alla fine di ogni ciclo scolastico nella scuola giapponese si fa una grande cerimonia, che segna una tappa fondamentale nella vita. Questa cerimonia si svolgeva alla fine di marzo. I maestri desideravano che mio figlio vi partecipasse, e anche lui lo desiderava, ma la cosa non era semplice, perché lui non riusciva ancora a entrare a scuola negli orari normali.
Il giorno prima della cerimonia parlai con lui, e gli proposi di recitare Daimoku insieme per rompere quel muro. Recitammo due ore. Sentivo la sua lotta davanti al Gohonzon. Recitando Daimoku decisi che avrei accettato e protetto la sua vita intera, anche la parte negativa. «Anche se non riuscirà ad andare alla cerimonia – pregavo – questa decisione avrà un significato nella sua vita. Non sprecherò i suoi sforzi. Che questo Daimoku apra le porte del suo futuro!». Finito di recitare, mi spiegò che non ce la faceva ad andare.
Gli dissi di non preoccuparsi, avrei avvertito io i maestri, ma gli proposi di utilizzare le vacanze scolastiche per recitare Daimoku insieme, per prepararsi al nuovo anno scolastico. Accettò, e io informai la scuola tramite un fax. Poco dopo telefonarono dalla scuola per dirci che avrebbero fatto una cerimonia esclusivamente per mio figlio, quando gli altri allievi erano già usciti. I maestri avevano percepito la sua sofferenza e la sua lotta e volevano offrirgli questo incoraggiamento. Così il giorno dopo mio figlio, mio marito e io andammo alla cerimonia: c’erano tutti i maestri e anche il preside, e fecero la cerimonia come al mattino. Nelle scuole internazionali giapponesi i presidi cambiano ogni tre anni; il preside di quel ciclo era considerato il più rigido che quella scuola avesse mai avuto: inizialmente riteneva inutile quel dispendio di forze per mio figlio, anzi ci aveva consigliato di tornare in Giappone. Invece l’idea di organizzare quella cerimonia speciale era partita proprio da lui!
L’anno seguente mio figlio frequentò la scuola tutti i giorni. Poi, finite le scuole medie decise di frequentare il liceo presso la scuola superiore Soka di Kansai, per approfondire la sua identità giapponese. Durante la scuola superiore iniziò a far parte del gruppo di sostegno alla squadra di baseball della scuola (è un’attività tipicamente giapponese e prettamente maschile, in cui si organizzano coreografie, slogan ecc.); l’ultimo anno di scuola divenne il responsabile della squadra di sostegno e aveva il compito di coordinare cinquemila persone. Tramite questa attività ha iniziato a comprendere cosa vuol dire la “pratica per gli altri”.
Qualsiasi cosa succeda, se preghiamo fino in fondo davanti al Gohonzon, sicuramente si apre una strada. Non esiste un tunnel senza uscita. Anche le persone che esprimono la loro negatività hanno una grande potenzialità. Se ci crediamo, sicuramente la vita cambia. Non è cresciuto solo mio figlio, sono cresciuta anch’io. Grazie a questo problema, riesco a credere fino in fondo in ogni persona. Ho imparato anche che con la forza della fede qualsiasi persona può trasformarsi in una buona influenza, in un buon amico.
Il vero beneficio del Gohonzon non è non avere problemi, ma trasformare qualsiasi cosa e realizzare la felicità per noi e per gli altri con coraggio, sfidandoci e attivando la protezione degli shoten zenjin. Il vero beneficio è costruire una condizione vitale libera e indistruttibile. Nichiren ci ha lasciato il Gohonzon affinché ciascuno di noi possa realizzare questo stato vitale e trasformare il nostro karma in missione.