Più entravo in contatto con la vita di mio figlio più le cose cambiavano, non vedevo più i suoi limiti, la sua “diversità”. I nostri dialoghi cominciarono ad arricchirsi e sempre più frequentemente usciva dal suo mondo autistico
Ho conosciuto il Buddismo nel 2006 e ho subito iniziato a praticare con entusiasmo, deciso più che mai a cambiare la mia vita. Ad aprile del 2010 mi diagnosticarono un’ernia inguinale da operare in tempi brevi. La notizia mi causò il panico, temevo molto l’ambiente ospedaliero. Recitando Daimoku mi tornarono in mente le parole di Nichiren Daishonin che esorta a vincere con la fede sulla funzione demoniaca della malattia: «Credi profondamente in questo mandala. Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (RSND, 1, 365).
Via via che la mia pratica diventava sempre più costante, cresceva in me la fiducia e l’operazione riuscì perfettamente.
Durante la convalescenza lessi un editoriale del presidente Ikeda in cui definiva il 2010 “Anno della vittoria assoluta”. Le sue parole mi incoraggiarono a mettere un obiettivo che allora consideravo impossibile: la completa guarigione di mio figlio Davide che soffriva di un “disturbo generalizzato dello sviluppo”.
Decisi che entro il 18 novembre 2010 mio figlio sarebbe guarito.
Inizialmente ci fu uno scossone: il disturbo si aggravò in “disturbo dello spettro autistico”, ma questa evoluzione invece di scoraggiarmi, mi rafforzò e fece emergere in me una determinazione ancora più forte. Fu un lungo percorso in cui aumentai il Daimoku, lo studio del Buddismo e l’attività per kosen-rufu. La mia preghiera diventò più profonda e costante.
A fine agosto ci chiamarono per una visita di controllo da un Centro sperimentale in Toscana, e ci diedero appuntamento nella settimana dal 14 al 20 novembre.
Pensavo alle parole del Daishonin: «Anche se può accadere che uno miri alla terra e manchi il bersaglio, che qualcuno riesca a legare i cieli, che le maree cessino di fluire e rifluire o che il sole sorga a ovest, non accadrà mai che la preghiera di un praticante del Sutra del Loto rimanga senza risposta» (RSND, 1, 306).
Incoraggiato dal Gosho provai una grande fiducia verso mio figlio, la condivisi con mia moglie e insieme recitammo Daimoku per il nostro obiettivo. Più entravo in contatto con la vita di mio figlio, più le cose cambiavano, non vedevo più i suoi limiti, la sua “diversità” ma, al contrario, i nostri dialoghi cominciarono ad arricchirsi ed egli si mostrava sempre più fiducioso sia nel parlare che nell’agire. E sempre più frequentemente usciva dal suo mondo autistico.
Grazie al Daimoku capii che negli anni passati, quando ero sempre agitato, cercavo la Legge al di fuori di me, non credevo nella potenzialità della mia vita né in quella di mio figlio, e mi affidavo solo ai medici, non alla Legge mistica.
Questa volta era tutto diverso: provavo una fiducia totale in mio figlio e nelle sue possibilità di cambiare. Fino a quel momento l’avevo visto solo come un “malato” da curare, come un fallimento della mia vita che non riuscivo ad accettare.
Tutto è cambiato nel momento in cui ho deciso di fare la mia rivoluzione umana.
Il 15 novembre mio figlio fu ricoverato. Pochi giorni di osservazione furono sufficienti per un’analisi completa e il colloquio finale fu fissato per il 18 novembre. Tutta l’équipe evidenziò gli enormi progressi del mio bambino e riformulò la diagnosi: «Del disturbo pervasivo dell’infanzia permangono solo alcune cristallizzazioni che potrebbero ulteriormente migliorare col tempo».
Ero incredulo e sentii un’immensa gratitudine per il Gohonzon e per mio figlio.
Ho subito condiviso questa vittoria con tutti coloro che ci avevano sostenuto: l’impossibile era diventato possibile, ora ne avevo la certezza!
Il presidente Ikeda scrive: «Qualsiasi cosa intraprendiamo dobbiamo essere decisi fino alla fine, senza scoraggiarci o perderci d’animo strada facendo, e meno che mai mollare, senza farci distrarre dall’esterno o farci deviare dalla paura di non farcela. La sola maniera di arrivare alla meta è sforzarsi fino in fondo, sinceramente, onestamente, con tenacia e determinazione».
Quella sera, dopo aver fatto Gongyo capii più profondamente che tutto dipende da me, dal mio cambiamento interiore e che con una preghiera mirata a kosen-rufu potevo realizzare qualsiasi obiettivo. Come il presidente Ikeda sentiva il forte legame con il suo maestro Toda, io percepivo il mio legame con sensei, e ogni volta che le paure o i dubbi mi mettevano in difficoltà, mi chiedevo cosa avrebbe fatto lui al mio posto.
In questi anni mio figlio è cambiato molto: è più tranquillo, è allegro e ha tanta voglia di scoprire la vita e le relazioni in casa, a scuola e nella società. Ora ha diciassette anni, ha terminato il secondo anno del Liceo musicale con buoni profitti, sta anche studiando per avere il patentino europeo per operatori di computer. È entrato nel programma con un punteggio di 83 su 100! Sono fiero del suo percorso e delle sue capacità. Continuo a recitare Daimoku affinché emergano sempre più chiare le sue peculiarità e questa malattia resti solo un ricordo. Desidero che possa vivere non ai margini della società, ma come protagonista.
In questi anni anch’io sono molto cambiato. Ho più fede nel Gohonzon e in me stesso.
In passato vedevo ogni cosa secondo le categorie “normale” o “fuori dal normale”, e la diversità mi faceva paura. Oggi, grazie a mio figlio, sento che la vita è uguale per tutti, perché semplicemente è la vita. Ho tanta gratitudine per lui che mi ha aiutato a cambiare e a crescere, e sono grato alla pratica buddista che mi ha permesso di fare questo percorso.
Unito al cuore del mio maestro, non ho più paura del futuro. Il legame con il maestro mi dà una forza incredibile e faccio del mio meglio per trasmetterlo a tutti.