Primo gennaio 2014, Corsico. Gongyo di Capodanno è stato l’occasione per accogliere i membri nel nuovo Centro culturale; attraverso le loro parole è emerso un clima di gioia, partecipazione, un senso di famiglia che ha lasciato nel cuore di ognuno la voglia di ritornare al più presto “nella pancia della carpa d’oro”
È il giorno dell’apertura del Centro culturale Ikeda di Milano per la pace (nella foto). Siamo arrivati in rappresentanza da tutta Italia e abbiamo l’espressione di chi cammina a tre metri da terra, la giornata è bella e le pareti dorate riflettono il sole.
È il primo gennaio 2014 e cominciare l’anno in mezzo a ottocento facce sorridenti mi fa sentire in perfetta letizia e quasi mi mancano le parole per la gratitudine. Sono felice perché ho il privilegio di poter chiedere alle persone cosa provano a essere qui: «Come ti sei sentito entrando? Cosa hai provato?».
Claudia lavora in uno studio medico e ha percepito determinazione e gratitudine. Marita dice sorridente: «Ho sentito leggerezza, come uno spiccare il volo verso il futuro. Mi auguro che tutti i presenti “volino” alto coi loro sogni e la loro rivoluzione umana accanto a sensei». Il mobile che ospita il Gohonzon si apre lentamente mentre veniamo accolti: «In genere si dice “bene arrivati”, ma in questo caso è meglio “bene partiti”. Il sogno impossibile si è realizzato, adesso bisogna riempirlo di passione».
Il benvenuto alle regioni presenti, specie alla Sardegna che in un momento difficilissimo ha riempito le sale dell’esposizione “Senzatomica” a Cagliari, e un ricordo a Tadayasu Kanzaki scatenano applausi commossi. Nel silenzio attento il responsabile europeo Takahashi guida un solenne Gongyo.
Questo butsuma meraviglioso è pieno di Budda con gli occhi lucidi, attenti, entusiasti, determinati. Alla fine degli interventi bisognerebbe uscire, ma c’è la voglia di rimanere ancora “nella pancia della carpa d’oro” [vedi NR, 427, 9, n.d.r.]. Sofia, scrittrice, mi dice che si sente unita a sensei. Rayhane, che sta facendo la byakuren, è emozionata, la prima volta è entrata per far le pulizie: «C’era una gran confusione e mi sono messa a piangere per l’emozione. La sento come casa mia».
Angelica, magistrato, si sente piena di responsabilità nel senso profondo che intende il presidente Ikeda: «Perché qui “ci giochiamo davvero la partita”». Roberto ha la sensazione che la struttura ti abbracci: «Entrando ho percepito stabilità ed eternità che dolcemente mi hanno attraversato tutto il corpo». Marco conosce la struttura e dice che dobbiamo metterci l’anima, un’emozione fortissima che aveva avuto fin dalla prima volta che era entrato: un senso di famiglia.
Tosca a settantaquattro anni ha superato tante difficoltà e trasformato grandi dolori. Ha provato una gioia immensa e ai giovani dice di avere coraggio: «Non spaventatevi di niente, Nam-myoho-renge-kyo è la vostra vita. Non guardate in basso o indietro ma sempre avanti. Siate ottimisti».
Andrea fa l’avvocato ed è impressionato dalla grandezza e dalla semplicità del Centro: gli è piaciuta la forte partecipazione della gente. Fabio, editore di audiolibri, si è emozionato quando la prima volta è venuto per aiutare a pulire: è meravigliato dal risultato dell’impegno e degli sforzi di tutti: «Quando l’ho visto ho pensato: “ce l’abbiamo fatta!”. Oggi ho capito il valore della “famiglia Soka”, sarebbe bello che lo stesso sostegno ci fosse all’interno di ogni famiglia». E infine Angela, che riceverà il Gohonzon a fine gennaio, ha detto che quando ha visitato il Centro la giornata era uggiosa eppure la cascina brillava: «Quel posto racchiude il sole».
Questo luogo esercita un influsso benefico, trasmette equilibrio e non si vorrebbe più andar via. Torneremo presto.