Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Volume 30, capitolo 2, puntate 60-68 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:02

628

Stampa

Volume 30, capitolo 2, puntate 60-68

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Dimensione del testo AA

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Seguite le puntate che il presidente Ikeda sta scrivendo ogni giorno pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[60] Shin’ichi porse il suo benvenuto alle giovani donne di Amami, all’ingresso del Centro culturale di Tachikawa. «Benvenute di cuore! Vi ringrazio per essere arrivate da così lontano. Riposatevi un attimo. Come stanno vostro padre e vostra madre? Non dimenticherò mai i compagni di Amami che hanno aperto la strada al cammino di kosen-rufu tra le sofferenze più dure. Una volta rientrate a casa, vi prego di portare a ognuno i miei migliori auguri. Tutti voi godete di buona fortuna. Infatti i pionieri della vostra terra, lottando contro le persecuzioni, hanno gettato le basi della Soka Gakkai dedicando tutta la loro vita. Così voi adesso potete impegnarvi allegramente e senza preoccupazioni nelle attività della Gakkai partendo da queste basi. Perciò non dimenticate mai le fatiche e gli sforzi compiuti dai vostri padri e dalle vostre madri».
Appena Shin’ichi si accorse di una ragazza sulla sedia a rotelle, subito le si avvicinò dicendo: «Ti ringrazio davvero per essere venuta fin qui. Ho atteso tanto il tuo arrivo!».
Era una giovane donna di Tokushima che, a causa di una paralisi cerebrale, aveva difficoltà sia a parlare che a camminare. Aveva però deciso di recarsi al Centro delle giovani donne a Tokyo. E aveva determinato in cuor suo di incontrare assolutamente il maestro Yamamoto e di rinnovare il suo voto per kosen-rufu.
Con questo proposito aveva recitato Daimoku con tutte le forze. Inoltre, una volta presa la decisione di recarsi a Tokyo, si era impegnata al massimo negli esercizi di riabilitazione linguistica e motoria, riacquistando la capacità di camminare da sola, anche se lentamente.
Shin’ichi le disse con forza: «Stai tranquilla. Diventerai sicuramente felice». Non è la malattia a rendere infelici le persone. Pur avendo una malattia, l’importante è nutrire la speranza facendo ardere nel proprio cuore lo spirito di volersi sfidare e di non lasciarsi sconfiggere da se stessi. Questa giovane donna desiderava vivere fino in fondo la sua missione per kosen-rufu senza lasciarsi vincere dal suo handicap. Questo atteggiamento era già di per sé una vittoria su se stessa.
La fede è la forza di sfidarsi. Finché abbiamo fede, la vittoria e la felicità sono lì ad attenderci per incoronare le nostre vite. Questa è la ragione per cui Shin’ichi le aveva assicurato che sarebbe divenuta sicuramente felice.
La giovane guardò negli occhi Shin’ichi e, tra le lacrime, annuì con decisione.
In seguito si sposò, mise al mondo dei bambini e visse un’esistenza felice insieme a suo marito.

[61] «Sensei, questo è un nostro pensiero!», dicendo questo una responsabile delle giovani donne di Amami porse a Shin’ichi un mazzolino di fresie colte nell’isola Okinoerabu e uno di fiori di ciliegio di Taiwan, provenienti da Amami Oshima.
«Grazie! Sembra proprio che la primavera sia arrivata prima del previsto. La primavera, con tutte le sue varietà di fiori, è il simbolo della felicità. Tutte voi, diventate assolutamente felici! La vostra felicità è la cosa che mi dà più gioia ed è la dimostrazione che la nostra fede è corretta. Promettete dunque di diventare le più felici del Giappone e del mondo. La pratica buddista, le attività della Gakkai e la stessa causa di kosen-rufu esistono per il conseguimento della felicità».
Mentre pronunciava quelle parole, Shin’ichi consegnò a una rappresentante delle giovani donne un cartoncino su cui aveva scritto la seguente poesia waka:

La storia di questo giorno
in cui le ragazze di Amami
si sono qui riunite da così lontano,
attirerà gli elogi delle divinità protettive
dell’universo.

«Forza… facciamo una foto ricordo tutti insieme, con la promessa di diventare felici!».
Le ragazze si divisero così in due gruppi e fecero delle foto con Shin’ichi, che non si sedette al centro, ma nell’ultima fila in alto, come per vegliare su tutte loro.
Dopo quella sessione fotografica egli disse: «Tutte voi che nutrite un incessante spirito di ricerca, siete la speranza della Soka Gakkai. La vostra fede forte e pura, che non vacilla di fronte a nulla, è la forza che ci consentirà di spalancare le porte al ventunesimo secolo. Avanziamo dunque con gioia e con un atteggiamento fiero e solenne».
Inoltre, quando venne a sapere che nel Centro si sarebbe tenuto un seminario su un tema relativo alla salute, Shin’ichi disse a un responsabile che si trovava lì in quel momento: «Visto che queste ragazze sono venute sin dalla lontana Amami, perché non presentarle ai partecipanti del seminario e dar loro l’occasione di tenere degli scambi amichevoli con i membri locali? Penso che anche questi ultimi ne sarebbero sicuramente felici».
Deciso a corrispondere con tutto il cuore al loro sincero spirito di ricerca, Shin’ichi desiderava che tutte potessero creare tanti meravigliosi ricordi della loro permanenza a Tokyo.

[62] Vedendo le giovani donne di Amami, la sala dove si teneva il seminario si infervorò. Di fronte a quelle giovani compagne provenienti dalle lontane isole dei mari del sud che si dedicavano con tanta gioia alla pratica buddista, i partecipanti provarono una sensazione di fresco stupore. Le ragazze presentarono le canzoni Shima-sodachi (Cresciuta nell’isola) e Tsuki no shirahama (La bianca spiaggia della luna) che parlavano delle bellezze di Amami, a cui seguirono fragorosi applausi.
Shin’ichi si intrattenne nuovamente in una conversazione con Rei Osada e le altre responsabili delle giovani donne di Amami, appena tornate dal seminario.
Rei gli parlò di un membro che faceva l’insegnante nell’isola Kakeroma, e di altre compagne che desideravano tanto venire a Tokyo ma non avevano potuto. Shin’ichi prestava ascolto a quei resoconti annuendo e talvolta dicendo «Ah sì? Ma davvero?».
Egli chiese inoltre notizie delle donne e degli uomini che avevano un ruolo centrale nell’organizzazione di Amami, dei pionieri del movimento locale e dei responsabili della gestione del Centro culturale.
«Come sono felice di sapere che tutti si impegnano con vigore e allegria!». E così dicendo consegnò a Rei dei messaggi, libri e vari oggetti per incoraggiare ognuno di loro.
Poi disse: «Forse le isole, le comunità in cui vivete sono piccole. Ma se ne farete delle terre modello di kosen-rufu, Amami diventerà una stella di speranza per i membri di tutto il mondo. In tal caso sarete voi a trainare il movimento di kosen-rufu mondiale. Ciò significa quindi che kosen-rufu nelle vostre comunità equivale a kosen-rufu mondiale. Decidendo che il luogo in cui vi trovate ora è la terra della vostra missione e la “terra della luce eternamente tranquilla” colma di felicità, andate avanti creando buone relazioni fra voi. Nichiren Daishonin dichiara: “Non è che si lasci il luogo in cui ci si trova per andare da qualche altra parte” (Raccolta degli insegnamenti orali, BS, 123, 53). Con le vostre forze, fate soffiare da Amami un vento nuovo che possa far avanzare il movimento di kosen-rufu nel ventunesimo secolo. Amami, metticela tutta! Amami, non arrenderti!».
Shin’ichi infine volle accompagnare le giovani donne alla loro partenza dal Centro culturale di Tachikawa fino al luogo dove erano parcheggiati i pullman.
Proprio secondo le sue aspettative, Amami divenne un’organizzazione modello che primeggiava in Giappone.
Le persone che si erano riunite a Tokyo in quell’occasione raccontano ancora oggi che gli incoraggiamenti ricevuti allora diventarono un tesoro per tutta la vita.
Le parole di incoraggiamento che nascono dal desiderio della felicità degli amici, diventano una luce capace di rigenerare le loro vite e richiamano in loro forza e coraggio.

[63] Dopo aver accompagnato le giovani donne di Amami alla partenza, Shin’ichi andò a trovare una coppia di membri residenti nella circoscrizione di Setagaya, a Tokyo, che si erano dedicati alle attività in modo ammirevole. Gestivano un ristorante di yakitori (spiedini di pollo, n.d.t.) nella circoscrizione di Meguro, e Shin’ichi andò a trovarli al ristorante poco prima dell’apertura. Prestando ascolto ai membri della famiglia lì riuniti, li incoraggiò spiegando che nella vita si incontrano vari tipi di avversità, irte come salite, ma quando si superano basandosi sulla fede si troverà l’infallibile cammino per il conseguimento della Buddità in questa esistenza.
Dopo quella visita, Shin’ichi si diresse verso il Centro per la pace di Meguro (successivamente denominato Centro culturale internazionale di Meguro).
Sin da gennaio dell’anno precedente, in un tempio della Nichiren Shoshu di Meguro si erano diffuse pesanti calunnie e ingiurie sul conto della Gakkai. I membri che si dedicavano incessantemente, con sincerità, alla causa di kosen-rufu, sentendosi rivolgere quei rimproveri aggressivi e autoritari non riuscivano a contenere la loro rabbia e frustrazione.
In quelle circostanze continuavano a dedicarsi con il massimo impegno alle attività, convinti che la giustizia della Gakkai avrebbe trionfato.
Anche l’11 marzo dell’anno precedente Shin’ichi si era recato al Centro per la pace di Meguro per incoraggiare i membri, più o meno un mese prima di rassegnare le dimissioni da presidente. In quell’occasione si era rivolto ad alcuni studenti delle scuole superiori che si trovavano al piano terra del Centro.
«Il futuro è vostro. Verrà presto l’epoca in cui farete attività assumendovi l’intera responsabilità di kosen-rufu. Ora pensate a impegnarvi seriamente negli studi e a rafforzarvi, e quando sarà il momento adoperatevi per il bene della gente e della società. Non vedo l’ora di ammirarvi, quando fieri e maestosi porterete avanti le vostre attività nel ventunesimo secolo».
Poi, mentre saliva le scale incontrò alcuni membri del Gruppo uomini che stavano scendendo. Erano relativamente giovani e facevano parte di un gruppo che si occupava della formazione di persone di valore.
«Come si chiama il vostro gruppo?», chiese Shin’ichi. La persona che si trovava davanti agli altri rispose con fierezza: «Gruppo dei generali coraggiosi». «Ma che bel nome! E chi è il leader del gruppo?». «Sono io», disse l’uomo. «Mi chiamo Joichi Katsuta».
Era un uomo dall’aria decisa, sulla quarantina, con le sopracciglia folte e i lineamenti marcati.
«Un Katsuta tra i generali coraggiosi? (katsu in giapponese significa “vincere”, n.d.t.).
Fantastico! I generali coraggiosi sono persone che affrontano con entusiasmo i venti che infuriano violenti, e di fronte alle avversità fanno ardere il loro spirito combattivo!».

[64] Shin’ichi si fece scattare una foto ricordo con i membri del gruppo “generali coraggiosi” sulle scale del Centro per la pace di Meguro. In seguito disse a Yukihiro Sasai, responsabile della circoscrizione di Meguro: «Portate avanti le vostre attività con allegria e vivacità, ognuno così com’è.
Un leader non deve organizzare tutto in modo uniforme, ma pensare a come ogni membro, rimanendo fedele a se stesso e sentendosi a proprio agio, possa manifestare al massimo il suo potenziale. La forza per progredire scaturisce dalla decisione del leader di diventare un modello nel prendere per primo l’iniziativa. È importante che ispiri positivamente tutti i membri attraverso le sue azioni, il suo entusiasmo e il serio impegno. Un “generale coraggioso” è colui che fa ardere nel cuore dei suoi compagni la gioia e lo spirito combattivo».
Erano passati undici mesi da quella visita. Nella sala all’ingresso del Centro, in cui si sentivano voci allegre di bambini, si trovavano alcuni membri dei Gruppi donne e uomini. Nella grande sala al primo piano stava per iniziare un seminario organizzato dal capitolo Kakinokizaka.
«Come sono felice di vedere che vi impegnate con fierezza nelle attività, nonostante le circostanze difficili!». In quel mentre si fece scattare una foto ricordo con le persone che si trovavano lì con lui, compresi i bambini. Salì poi al secondo piano, dove si erano riuniti una ventina di uomini. Si trattava proprio di un corso del gruppo “generali coraggiosi”.
Joichi Katsuta, responsabile di hombu e del gruppo, disse con aria visibilmente commossa: «Sensei! Grazie di cuore!».
«È veramente mistico incontrare nuovamente tutti voi del gruppo “generali coraggiosi”» rispose Shin’ichi.
«I membri che erano nella foto ricordo scattata l’altra volta hanno già ultimato il loro periodo di formazione nel gruppo, e questa volta si sono riuniti dei nuovi membri», disse Joichi.
«Che cosa meravigliosa! È il continuo sviluppo di persone di valore che permette al movimento di kosen-rufu di avanzare. Il semplice mantenimento di uno status quo, in realtà, significa un ristagno. La fede è quella forza che dà spazio a un’inesauribile creatività, che consente sempre di ribaltare lo stato attuale delle cose e di avanzare verso la speranza, la vittoria, il futuro. La prego dunque di continuare a formare persone di valore che diventino insuperabili condottieri, capaci di rialzarsi da soli in ogni occasione. Desidero che tutti i membri di Meguro siano dei “generali coraggiosi”, che aprano davanti a sé maestosi cammini che conducono alla vittoria e che si impegnino assiduamente nel trasmettere questo spirito in tutto il mondo. Viva Meguro, con i suoi generali coraggiosi!».

[65] «Facciamo Gongyo insieme!», propose Shin’ichi, e guidò le cerimonie insieme ai membri del gruppo “generali coraggiosi” pregando sinceramente per la salute di ognuno, per la prosperità delle loro famiglie e per la vittoria della Soka Gakkai di Meguro. Tenne poi degli incontri informali con le responsabili donne e giovani donne.
La responsabile donne della circoscrizione di Meguro fece a Shin’ichi una relazione accurata, raccontando come, nonostante gli attacchi dei preti fossero più duri dopo le sue dimissioni da presidente, le donne avessero concentrato le forze nelle guide personali con la ferma determinazione di non lasciare che un solo membro di Meguro abbandonasse la Soka Gakkai.
Shin’ichi disse: «Sono dispiaciuto di tutta la preoccupazione che vi ho arrecato. So che è dura, ma adesso è il momento cruciale. Troverò sicuramente una via d’uscita a questa situazione. Sono veramente dispiaciuto, ma vi prego di impegnarvi con tutte le forze».
Alle parole di Shin’ichi gli occhi della donna si riempirono di lacrime. «Sensei! Non ci lasceremo sconfiggere. Proteggeremo fino in fondo i nostri preziosi membri».
«Vi ringrazio. Confido in voi», concluse Shin’ichi.
Intervenne allora la responsabile delle giovani donne: «Le giovani donne ora stanno organizzando attivamente dei seminari a livello di capitolo per promuovere lo shakubuku e sfidarsi nella propagazione. Gli amici che iniziano a praticare stanno aumentando, e tutti avanzano gioiosamente». «Che meraviglia! – disse Shin’ichi. – È finalmente giunta una nuova era. L’epoca è qualcosa da costruire con le proprie mani. Costruiamola dunque insieme!». Era davvero felice.
Shin’ichi e Mineko si erano sposati il 3 maggio del 1952 e avevano iniziato la loro vita coniugale proprio nel quartiere Mita della circoscrizione di Meguro. La loro abitazione era vicina a quella del maestro Josei Toda. Avevano deciso di proteggere insieme il loro maestro, giurando insieme di impegnarsi per aprire il cammino al futuro della Soka Gakkai e compiere un nuovo passo avanti verso kosen-rufu.
Shin’ichi era felice nel constatare come i giovani di Meguro, nonostante le avversità, stessero avanzando fieri impegnandosi gioiosamente nell’attività di propagazione del Buddismo.
Dopo questi colloqui, Shin’ichi si diresse verso la sala al secondo piano.
I seminari erano finiti, ma erano rimasti i membri dello staff insieme a quelli dei vari gruppi. Anche qui Shin’ichi volle fare una foto commemorativa e suonò al pianoforte i brani Ureshii Hinamatsuri, Luna del deserto e Il viale alberato della vita.
«Ho voluto suonare il pianoforte augurandomi che possa essere un incoraggiamento per tutti voi. Avanziamo maestosamente e con coraggio, qualsiasi cosa accada».
Tra le tempeste delle prove più dure i compagni stavano lottando al limite delle forze. Si trattava delle prime avvisaglie dell’avvento di una nuova forza della Soka.

[66] Era quasi trascorso un anno dalle dimissioni di Shin’ichi da presidente.
Una situazione ancora estremamente turbolenta avvolgeva la Soka Gakkai. Nonostante le garanzie del clero che gli attacchi, le calunnie e le attività di proselitismo dei danto tra i membri della Soka Gakkai sarebbero cessati, la maggior parte dei giovani preti ignoravano tali promesse. Al contrario, colsero l’occasione per reiterare i loro crudeli attacchi.
All’interno della Nichiren Shoshu le fazioni ostili alla Gakkai crebbero sempre di più, al punto che ben due terzi dei preti “di alto rango” facevano ormai parte di questo gruppo. Alla fine di aprile del 1979, poco dopo l’annuncio delle dimissioni di Shin’ichi dalla carica di sokoto, diedero vita a un giornale rivolto ai membri danto, chiamato Keimyo, con il preciso scopo di colpire la Soka Gakkai.
A giugno, in occasione delle elezioni del consiglio della Nichiren Shoshu per un seggio rimasto vacante, si presentò un loro candidato che venne eletto distanziando di parecchi voti il suo rivale. Tomomasa Yamawaki era colui che continuava, con i suoi attacchi alla Gakkai, a istigare questa fazione che stava accrescendo il suo peso nella Nichiren Shoshu.
La maggior parte dei giovani preti erano discepoli diretti del patriarca Nittatsu: da ragazzi avevano risposto a un annuncio del tempio e così erano divenuti monaci. Nonostante il divieto imposto da Nittatsu di criticare la Soka Gakkai essi, che avevano ormai acquisito potere nella Nichiren Shoshu, non prestarono ascolto alle sue parole.
In luglio, alla morte di Nittatsu, quando Shin-no Abe – ribattezzatosi Nikken – divenne patriarca, essi non lo seguirono, ma gli si opposero apertamente.
A gennaio del 1980, con l’inizio dell’anno, si tenne la quarta riunione nazionale dei membri danto. Essi decisero di candidarsi alle successive elezioni, che si sarebbero tenute a febbraio, per i sedici seggi del consiglio della Nichiren Shoshu. Tramavano quindi per impadronirsi della Nichiren Shoshu e mettere ancora più alle strette la Soka Gakkai.
Le circostanze erano tali che sembrava ormai inevitabile che riuscissero a conquistare un numero consistente di seggi.
Sul cammino della Soka Gakkai le funzioni demoniache avevano mostrato le loro grinfie.
Nichiren Daishonin scrive: «Ricorda, come ho sempre detto, che i discepoli di Nichiren non possono realizzare niente se sono codardi» (RSND, 1, 427). Solo affrontando con coraggio e superando le avversità che continuano ad abbattersi su di noi come onde tempestose, è possibile raggiungere il grande mare aperto di kosen-rufu.

[67] Shin’ichi sapeva perfettamente che Kiyoshi Jujo e gli altri massimi responsabili si stavano logorando i nervi tormentandosi per far fronte agli attacchi inflitti alla Gakkai e a tutti gli altri problemi causati dai preti della Nichiren Shoshu.
Tuttavia non poteva far altro che affidare ai membri del Consiglio direttivo la gestione dell’organizzazione, seguendone da vicino gli sviluppi.
Da quando aveva rassegnato le dimissioni dal ruolo di presidente, partecipava raramente alle riunioni mensili dei responsabili di Centro o alle riunioni dei dipendenti della sede centrale. Inoltre, le sue attività venivano a malapena accennate sul quotidiano Seikyo. Tutto ciò faceva parte di una macchinazione dei preti e di coloro che avevano abbandonato la Gakkai e stavano cospirando contro di essa, convinti che impedendo a Shin’ichi di agire avrebbero potuto sottomettere e manipolare i membri a proprio piacimento. Ma anche in tali circostanze molti compagni di fede, serbando nel cuore con fierezza il legame di maestro e discepolo Soka, affrontavano i venti contrari che si abbattevano su di loro. Tuttavia alcuni responsabili, perdendo il profondo desiderio e la convinzione di realizzare kosen-rufu, iniziarono a farsi notare per le loro affermazioni e comportamenti egocentrici.
Se si perde lo spirito di maestro e discepolo che è alla base della Gakkai, non si potrà adempiere alla missione della Soka, e la via di kosen-rufu, il mandato del Daishonin, verrà inesorabilmente sbarrata.
Fino ad allora Shin’ichi aveva continuato a far risplendere il suo spirito combattivo volto alla realizzazione di kosen-rufu, e quella luce era la forza che consentiva ai compagni di crescere e avanzare. Ma dopo quasi un anno da quando gli era stata negata la possibilità di parlare liberamente alle riunioni, tutti stavano poco a poco perdendo vitalità. Quando i discepoli vengono ispirati dal maestro nel profondo della loro vita, possono sviluppare ancor più coraggio e convinzione facendo emergere una gioia traboccante. Il maestro e il discepolo Soka che vivono dedicandosi alla causa di kosen-rufu sono uniti da un legame indissolubile che rimarrà saldo e inalterato per l’eternità.
Shin’ichi determinò in cuor suo: «Fondamentalmente nessuno ha il diritto di ostacolare l’unità tra maestro e discepolo. Potrò subire ogni sorta di attacco dai preti, ma per proteggere i membri della Gakkai, che sono i figli del Budda, devo assolutamente dissipare queste oscure nubi demoniache!».
Shin’ichi pensò che non doveva lasciarsi sfuggire quel momento. Quando la battaglia si inasprisce ogni istante diventa cruciale, – o si vince o si perde – perché sono le azioni compiute con prontezza che aprono le porte alla vittoria. Era finalmente sorto il giorno del contrattacco, in cui passare dalla difensiva all’offensiva.

[68] Sul quotidiano Seikyo del 2 aprile 1980, giorno in cui ricorreva il ventiduesimo anniversario della morte di Josei Toda, Shin’ichi pubblicò un articolo intitolato In ricordo del ventiduesimo anniversario della morte del mio maestro, in cui si appellava ai membri dicendo: «Sono profondamente preoccupato pensando a coloro che distruggono il progresso del movimento di kosen-rufu e di conseguenza si oppongono allo spirito di Nichiren Daishonin e di Nikko Shonin. Noi, consapevoli di questo, determiniamo nuovamente di avanzare con coraggio per contribuire alla felicità della gente mirando al conseguimento di kosen-rufu».
Il suo maestro continuava a vivere nel suo cuore. L’immagine di quell’uomo coraggioso che aveva continuato a dedicare la vita al grande voto di kosen-rufu attraverso la compassionevole propagazione della Legge, era sempre davanti ai suoi occhi. Anche dentro di lui, da autentico discepolo di Toda, cresceva il forte desiderio di vivere fino alla fine dei suoi giorni impegnandosi con tutte le forze per la causa di kosen-rufu.
In quell’articolo scriveva inoltre: «La pratica del Buddismo del Daishonin è un viaggio dell’esistenza in cui non si indietreggia mai»: in qualità di presidente onorario della Soka Gakkai e di presidente della SGI, egli dichiarava così di volersi dedicare con ulteriore impegno al bene dei membri e alla promozione della pace e della cultura.
Dopo aver trascorso un anno attendendo tenacemente il momento propizio, ora stava “innalzandosi in volo” con grande coraggio ed entusiasmo per passare all’azione.
Nella Soka Gakkai, la “terra della gente comune”, in ogni luogo sgorgava incessante lo spirito combattivo della lotta condivisa di maestro e discepolo. Anche nel periodo in cui si ordivano manovre volte a recidere il loro legame e non era permessa la semplice azione di “gridare” il nome del maestro, c’erano uomini e giovani uomini che facevano risuonare canti coraggiosi in cui affermavano di avere un maestro per proteggere la cittadella Soka.
C’erano valorosi membri che guidati da un forte spirito di ricerca avevano compiuto la traversata in nave dall’isola di Shikoku fino a Yokohama, dove si trovava Shin’ichi; c’erano nobili giovani donne accorse a Tokyo sin dalla lontana Amami… Da tutto il paese erano giunte inoltre migliaia, decine di migliaia di lettere di membri che giuravano di avanzare nella fede senza arrendersi mai, di fronte a qualunque avversità.
Le tempeste continuavano a infuriare violente, ma era come se sotto una spessa coltre di neve cominciassero a spuntare con vigore giovani germogli.
La forza delle radici che affondano in profondità nel terreno è la forza della Gakkai, e le persone dotate di questa forza sono i tesori della Soka.
«Io mi alzo con questi compagni, per questi compagni! Soffia vento, soffia verso di me!».
Così promise nel profondo del cuore.

(fine del capitolo)

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata